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Autore: Kourin    27/09/2011    7 recensioni
Com'era insolito il luogo scelto per quel duello notturno! Il terreno era irregolare, lo spazio ristretto. Non si udiva nessun altro suono oltre a quello dell'incessante scorrere dell'acqua che, imprigionato dall'argine, rimbalzava da una sponda all'altra fino a far perdere il senso dell'orientamento a chi si trovava sulla sua traiettoria.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hikaru Matsuyama/Philip Callaghan, Kojiro Hyuga/Mark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Seguendo il fiume di stelle

 

 

A detta dei suoi nuovi compagni di squadra era stata una giornata molto calda. A lui però era parsa tutto sommato sopportabile.

Kojiro Hyuga veniva da Okinawa, l'isola bagnata dai raggi di un sole alto e torrido che lo aveva visto rinascere. Rientrato a Tokyo aveva vinto il campionato nazionale e, subito dopo, aveva appreso di essere stato selezionato per la squadra giovanile Under 16. Si sentiva invincibile e stavolta lo era per davvero: non come quando, ancora bambino, aveva accumulato sconfitte su sconfitte nel tentativo di aggredire un mondo al di fuori della sua portata.

Gli allenamenti di quel giorno erano stati piuttosto leggeri: riscaldamento, esercizi di base, tiri in porta. Era scesa la sera e poi era giunta la notte, ma Hyuga non aveva voglia di andare a dormire. Temeva che il sonno potesse inghiottire la felicità che aveva faticosamente raggiunto, mordendo un po' per volta i bei sogni fino a lasciargli nel cuore lo scheletro scarnificato della realtà. In quel momento voleva tenere in mente sua madre e i suoi fratelli così come li aveva visti nel giorno della vittoria, i volti illuminati dal sorriso e gli occhi lucidi di lacrime di gioia.

Hyuga si alzò dal letto. La rete metallica scricchiolò e il suono riecheggiò tra le pareti della stanza vuota. Wakashimazu e gli altri non erano ancora rientrati.

L'indomani sarebbe stato eletto il capitano della squadra. Non senza una certa sorpresa, i ragazzi avevano appreso che la nomina non sarebbe arrivata direttamente dal mister, ma che sarebbero stati loro stessi a scegliere. La notizia aveva causato un certo fermento e, a giudicare dagli schiamazzi che di tanto in tanto giungevano fino al piano superiore, le discussioni erano destinate a protrarsi ancora per un bel po'. Al ritiro si respirava aria di festa e Mikami chiudeva spesso un occhio sulle infrazioni al regolamento.

Hyuga indossò la maglia scura della Toho, arrotolò le maniche come era solito fare e passando dal retro dell'edificio imboccò una scorciatoia che serpeggiava tra piccoli fabbricati anonimi. Dopo pochi minuti raggiunse la strada che costeggiava l'argine, dove al mattino aveva guidato la corsa di riscaldamento.

Di notte la zona era scarsamente illuminata. Sorvegliato da una lunga schiera di blocchi di cemento, il torrente scorreva smuovendo l'ingenua aria estiva che tentava di adagiarsi sulla sua superficie. Hyuga si soffermò ad assaporare la piacevole frescura finché, inspiegabilmente, gli venne voglia di alzare gli occhi verso l'alto. Gli apparve un cielo limpido come i suoi pensieri, senza Luna, solcato da una Via Lattea straordinariamente luminosa. Sembrava che si muovesse, trascinando con sé le stelle che si affacciavano sul suo corso.

Rapito da quell'insolito spettacolo, Hyuga per poco non si accorse che qualcun altro stava camminando lungo l'argine. Aveva con sé un pallone. Il rumore sordo della sfera metteva a tacere i grilli coraggiosi che, con il loro frinire, non avevano rinunciato a sfidare il muggito della corrente.

Era un ragazzo. Indossava una maglietta candida, chiara come la carnagione che risaltava nella notte. Anche se il buio non gli permetteva di distinguere il volto, Hyuga riconobbe subito Hikaru Matsuyama.

Non gli piaceva di essersi lasciato sorprendere con il naso all'insù. Infilò le mani in tasca e tornò a volgere lo sguardo verso il torrente, respirando il soffio di brezza che accompagnava l'arrivo del capitano della Furano. Fu solo quando il suono dei rimbalzi si interruppe che si voltò verso il compagno di squadra.

“Hyuga,” esordì per primo Matsuyama. Sorrideva. I suoi occhi neri dal taglio allungato brillavano del riflesso delle stelle. Spuntavano da una frangia fatta di ciocche folte, vispi come quelli un animale selvatico.

“Matsuyama,” replicò Hyuga. “Ancora ad allenarti?”

“Non riuscivo a dormire.” Senza dare altre spiegazioni, Matsuyama alzò lo sguardo verso il cielo. “E' incredibile, la Via Lattea stasera. Sembra che si stia muovendo. Non credevo che si potesse vedere qui a Tsumagoi.”

“Già.” Hyuga, sorpreso da quell'affermazione che pareva essere uscita dritta fuori dai suoi pensieri, non ebbe altro da aggiungere. Trascorsero alcuni secondi, o forse alcuni minuti, o forse di più. Gli era difficile quantificare lo scorrere del tempo.

Ad un certo punto Matsuyama fece per andarsene. “Ciao,” mormorò laconicamente prima di incamminarsi verso il centro sportivo.

Hyuga accennò una smorfia che forse era un sorriso e proseguì nella direzione opposta seguendo la corrente dell'acqua. Per qualche strana ragione si sentiva sconcertato, ma per risolvere le perplessità non gli veniva in mente nessuna alternativa se non quella di avanzare per la sua strada.

Aveva percorso un centinaio di metri nell'oscurità, quando l'istinto gli fece percepire l'arrivo di qualcosa. Era il pallone. Senza pensarci su due volte si voltò, lo stoppò di petto, lo lasciò scivolare in terra.

“Ci ho ripensato!” Matsuyama gli stava correndo incontro. Era abbastanza evidente che si trattava di una sfida.

Hyuga si scrollò via di dosso la coltre di smarrimento che aveva avviluppato i muscoli delle sue spalle. Scese senza indugio dall'argine, conducendo pallone e sfidante sulla distesa di erba incolta che fiancheggiava il letto del torrente. Com'era insolito il luogo scelto per quel duello notturno! Il terreno era irregolare, lo spazio ristretto. Non si udiva nessun altro suono oltre a quello dell'incessante scorrere dell'acqua che, imprigionato dall'argine, rimbalzava da una sponda all'altra fino a far perdere il senso dell'orientamento a chi si trovava sulla sua traiettoria.

Matsuyama era sempre stato molto agile ed era in ottima forma fisica. Lo scontro per il possesso di palla, uno contro uno, era la sua specialità. Aveva una considerevole probabilità di vincere, ma Kojiro Hyuga, centravanti della Toho, non era certo tipo da tirarsi indietro.

Attese che Matsuyama si piazzasse davanti a lui. Era consapevole delle sue capacità e stava pregustando l'inizio dello scontro. La notte non riusciva a celare del tutto né il suo sguardo serio, né il suo sorriso da bambino. A Hyuga tornò in mente il giorno della semifinale del campionato delle elementari, quando la Meiwa aveva superato la Furano per un soffio. Stravolto per la febbre, non era riuscito a credere ai suoi occhi quando aveva scoperto nel numero dieci della squadra avversaria una forma di ferocia che, prima di allora, aveva creduto soltanto sua.

Hyuga iniziò a correre, Matsuyama lo seguì. Il pallone faceva fatica ad avanzare nell'erba alta, tuttavia le gambe allenate tra la sabbia e le onde riuscivano ugualmente ad imporre la direzione dettata dalla loro volontà. Almeno apparentemente.

Avanti, indietro, destra, indietro. Sinistra, stop, avanti.

Hyuga si rese conto di aver girato un'infinità di volte su se stesso, ballando al buio secondo un ritmo che si stava gradatamente trasformando nel ritmo del suo opponente. Stava facendo il suo gioco. Doveva liberarsi da quella trappola. Spinse il pallone in avanti con forza, allo scopo di sfondare l'insopportabile marcatura.

Matsuyama non si lasciò sorprendere e lo contrastò con un movimento sicuro e fulmineo. Il pallone si impennò. Hyuga colse un guizzo di soddisfazione negli occhi dell'avversario, alzò lo sguardo e individuò la sfera sospesa nel luccichio di stelle.

Era il momento di saltare. Matsuyama aveva una buona elevazione, ma Hyuga era più alto. Staccò, inarcò la schiena e colpì di testa il pallone schiacciandolo alla sua sinistra. Atterrarono quasi uno addosso all'altro, ma ancora prima che Hyuga se ne rendesse conto, l'avversario era già scattato in avanti. Come se volasse. Come un rapace notturno che si avventava sulla preda, la stessa preda della tigre. La tigre, che non se la sarebbe lasciata sottrarre, scattò a sua volta. Il misto di disperazione e orgoglio che era sempre stata la sua risorsa segreta prese la forma di un tackle scivolato che non lasciava scampo.

Matsuyama non poteva evitare che il piede di Hyuga ghermisse il pallone, ma tentò ugualmente di bloccarlo con la caviglia. Trascinato dall'impatto, finì a terra. Il suo grido di disapprovazione fu ingoiato dallo sciabordio dell'acqua. Si trovavano vicini, troppo vicini, al torrente.

Hyuga, impossessatosi del pallone, non fece in tempo a metterlo al sicuro. Matsuyama si era già girato su se stesso attaccando a sua volta con un tackle scivolato. Riuscì a catturare e ad arrestare la sfera a pochi centimetri dall'acqua, dove nessuno avrebbe potuto più contrastarlo.

Rideva. Il sorriso di chi aveva vinto. Lo stesso sorriso di quel giorno di quattro anni prima. “Hai visto? Sono riuscito neutralizzare il tuo tackle!” Diceva.

Quella sera Hyuga aveva commesso un errore. Aveva desiderato che il tempo non andasse avanti, e il tempo lo aveva beffato tornando indietro. Regalandogli una sconfitta. Era inaccettabile. Si avvicinò a Matsuyama e dopo avergli appoggiato una mano sulla spalla, lo spinse. Lui, preso di sorpresa, cadde nell'acqua. Non era profonda, ma in compenso era gelida. Almeno a giudicare dagli schizzi che colpirono il corpo accaldato di Hyuga, prima che Matsuyama stesso gli si lanciasse contro. Lo slancio fu tale che Hyuga non poté evitare di ricadere a sua volta all'indietro, placcato a terra dal compagno furioso che lo strattonava per la maglia.

“Questa te la faccio pagare!” Ringhiava. Le sopracciglia aggrottate, i lineamenti deformati dalla collera.

Ma Hyuga rise e volto di Matsuyama un po' per volta si distese. Rilasciò la maglia e premette le mani sulle spalle dell'ex avversario, inchiodandolo ancora di più al terreno, tanto da permettergli di indovinare la forma di ciascuno dei piccoli sassi che premevano contro le sue vertebre.

“E' il conto in sospeso numero due, ricordatelo” sentenziò solenne. Dalle ciocche di capelli fradici scendevano gocce d'acqua che andavano a spalmarsi sul volto di Hyuga, quasi a ribadire il concetto.

“Va bene,” disse quest'ultimo colpendogli leggermente la spalla con un pugno.

Matsuyama allentò la pressione, si stese a fianco del compagno di squadra e tacque, lasciando che la corrente si insinuasse nel silenzio fino a riempirlo. Poi, a poco a poco, piccoli lampi di luce verdognola iniziarono a tremolare sugli steli d'erba più alti. Incoraggiate dalla quiete che si era creata, sul greto erano comparse le lucciole.

“Sarà vero che siamo così forti?” Chiese il capitano della Furano.

Le lucciole si alzarono in volo, finché la loro luce si confuse con quella degli astri.

“Siamo tutti così euforici, ma forse ci stiamo sopravvalutando. L'Europa è un altro mondo. Se andiamo sui fatti concreti, il calcio giapponese laggiù non ha mai combinato nulla.”

Era difficile interpretare l'espressione di Matsuyama, ma non era colpa dell'oscurità. Lui di solito parlava in modo semplice e diretto, mentre adesso pareva pretendere una risposta ad una domanda che non aveva nemmeno formulato.

“Che cosa vuoi dire?”

Matsuyama si rialzò in piedi. Sulla maglia bianca come il ghiaccio che pareva assorbire frammenti di luce del cielo si leggeva chiaramente il numero dieci. “Tu hai un talento eccezionale. Io non lo possiedo, è evidente.”

Hyuga vide affiorare qualcosa a lui noto. Assomigliava alla sensazione di impotenza da cui era riemerso dopo aver affrontato le onde del Pacifico, sotto la pioggia torrenziale di un tifone. Si levò a sedere, come per scrutare meglio l'animo del suo interlocutore.

“Da quando in qua fai questi discorsi? Non sono da te.”

“Da quando mi hanno detto che potrei essere il capitano della squadra. Io oppure tu. Lo sai, no?”

Hyuga non rispose. Certo che lo sapeva. Ma fino ad allora si era comportato come se la cosa non lo riguardasse: la sua unica preoccupazione era sempre stata quella di continuare a vincere, il resto veniva di conseguenza. Abbassò lo sguardo verso il corso d'acqua, come se questa potesse lavare via la fastidiosa incertezza che lo aveva colto impreparato.

“Hyuga, io voglio che il capitano sia tu,” affermò Matsuyama tendendogli la mano.

Hyuga la afferrò e si rialzò in piedi. La stretta era salda e fresca. Diversa dalla sua, ancora incandescente di rabbia. No, loro due non si assomigliavano per niente.

“Matsuyama, io voterò per te.”

Matsuyama lo guardò allibito, poi sorrise. Un sorriso ampio, nato nella notte che in principio aveva temuto, come affiorato da un fiume fatto di stelle. “Allora è proprio una sfida,” disse con voce limpida, chiudendo la mano del rivale tra le sue.

“Per cancellare i conti in sospeso, dato che ci tieni tanto,” replicò Hyuga che, stavolta, non si sentì in imbarazzo nel fissare il cielo. Agli occhi ormai abituati all'oscurità la Via Lattea apparve ancora più luminosa e nitida.

Una, due stelle cadenti condussero il suo sguardo in direzione del campo sportivo.

Chissà se laggiù qualcuno pensava ancora che il capitano della Toho e quello della Furano non sarebbero mai andati d'accordo.

 




Note dell'autrice

 

Matsuyama e Hyuga mi piacciono da morire. Da quando avevo undici anni.

Oh, la scena della mensa. Quanto ho odiato Tsubasa e Misugi, colpevoli di aver interrotto con insopportabile eleganza una rissa per me piena di fascino. E' cominciato tutto da lì. Di tempo ne è passato (davvero tanto, tanto, tanto) ma sono sempre rimasta fan dura e pura questa bella amicizia maschile. Così ho deciso che nella mia carriera di fanwriter non poteva mancare una storiella dedicata a queste due amabili bestioline ^_^

Piccola nota estetica: nelle descrizioni faccio riferimento al manga, dove la maglia della Furano è bianca (molto poeticamente, come la neve XD). I colori scelti nei vari anime mi fanno un po' orrore...

 

Kourin

  
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