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Autore: Tsukichan    27/09/2011    6 recensioni
Sollevò il coperchio di quel piccolo carillon che aveva abbandonato anni addietro nel suo armadio.
Ne venne fuori una leggera nenia francese ...
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Nami/Zoro
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Angolo di Tsuki:

Intrusione d’obbligo, prima della lettura e prima di rovinare tutto s’intende.

·         Primo: non ero scomparsa ero semplicemente persa nel maledetto blocco dello “scrittore”

·         Secondo: questa fic è dedicata a Rolo che ogni sera mi sostiene e non mi ha mai mandata male nonostante la tediassi con la mia incapacità nello scrivere qualcosa di almeno passabile

·         Terzo: io consiglierei la lettura con il sottofondo della canzone qui sotto, da cui ho preso in prestito il titolo

http://www.youtube.com/watch?v=4By8WffJhSU&feature=related

·         Quarto: buona lettura e non lanciate i pomodori o sotterrerete la mia autostima ahaha, scherzo:p

 

Le temps des cerises

 

Tossì prepotentemente a causa della nuvola di polvere che si era sollevata dopo che una montagna di scatoloni le era caduta praticamente addosso.

Si spolverò gli abiti, cercando di tornare a respirare normalmente e per poco non cadde a terra per colpa di qualcosa che le era finito sotto i piedi. Si piegò sulle ginocchia per raccoglierlo, dopo averlo tirato fuori da un cumulo di roba sparsa ovunque, ormai, per tutta la camera.

-          Oh mio dio! – riuscì semplicemente a sussurrare

Sollevò il coperchio di quel piccolo carillon che aveva abbandonato anni addietro nel suo armadio.

Ne venne fuori una leggera nenia francese, che tempo fa sapeva a memoria, ma adesso sembrava essersi nascosta nei meandri della sua testa.

Non seppe spiegarsi neanche lei come successe, le lacrime dispettose le correvano sulle guance, finendo sulla leggiadra ballerina che ruotava su se stessa a tempo della canzoncina. Sfiorò quella ballerina umida e la fece ondeggiare sotto i tocchi delle sue dita, giocherellando con il suo tutù azzurro.

Chi le aveva regalato quel carillon lo ricordava benissimo, purtroppo e per quel motivo le lacrime scesero più copiose.

Sbattè pericolosamente lo sportellino del carillon, rischiando di danneggiarlo irreparabilmente e mise fine a quella canzone che le stava entrando troppo nella testa, dopo troppo tempo.

Maledette pulizie di primavera. Lo gettò sul letto seguendolo dopo qualche istante anche lei, affondando il viso nei cuscini e accarezzando gli intarsi di legno che decoravano l’oggetto gettato malamente tra la roba da buttar via.

Prese una decisione in quel momento. Indossò il cappotto e si avvolse in una sciarpa, afferrò l’ombrello, il carillon e di gran lena uscì fuori casa.

Il vento era gelido e le graffiava quasi il viso, scompigliandole, anche, i lunghi capelli rossi. Si nascose ancora di più nella sciarpa e continuò a camminare verso una meta che aveva imparato a conoscere negli anni.

Entrò in un quartiere residenziale elegante, molto elegante. Superò ad una ad una le villette a schiera illuminate dalle luci, mentre un leggero chiacchiericcio proveniente dal loro interno riempiva la strada, rendendola meno vuota e tetra.

Superò il quartiere e percorse una strada completamente isolata, fino ad arrivare davanti ad un enorme cancello.

Lo socchiuse entrando dentro, cercando di fare meno rumore possibile, visto il luogo dove si trovava.

Eccola era arrivata e ancora di chiedeva se aveva fatto bene a raggiungere quel luogo.

Non tornava lì da quattro, no cinque anni, facendo bene i calcoli.

Prese un profondo respiro e iniziò a percorrere un piccolo sentiero battuto, stando attenta a dove metteva i piedi.

Eccola, l’aveva raggiunta. Si accovacciò davanti ad una lapide accarezzando la foto di un ragazzo poco più che ventenne, con un ghigno stampato in faccia che faceva segno a qualcuno di muoversi a scattare quella dannata foto. Osservò il suo viso, i suoi capelli e poi inchiodò gli occhi sulle parole incise lì a fianco:

Roronoa Zoro

19/11/1970-15/11/1996

Amico fedele, marito esemplare.

Quella stupida frase di cortesia non l’aveva voluta lei, ma i suoi parenti l’avevano costretta a metterla.

Fedele ed esemplare un corno, aveva invece pensato lei quando gliel’avevano suggerita. Se fosse stato fedele allora sarebbe stato con lei e non sarebbe morto, se fosse stato marito esemplare non l’avrebbe mollata quella maledetta sera per andare a vedere cosa stavano combinando in centro un gruppo di teppisti.

Ancora una volta le lacrime le pizzicarono gli occhi e nel giro di qualche istante scivolarono calde sul suo volto. A stento riusciva a fermare i singhiozzi e a cercare un fazzoletto nella sua tasca oltre a tirar fuori il carillon di poco prima.

Ne sollevò ancora una volta il coperchio e la nenia partì.

Lo poggiò sul freddo marmo, sfilandosi dai capelli un vecchio nastro verde che le aveva regalato al loro primo appuntamento, annodandolo alla vita della ballerina.

-          Nami

-          Mamma

Riconobbe quelle voci e asciugandosi le lacrime si voltò ritrovandosi Ace e Harumi che l’aspettavano poco distante. L’avevano seguita dopo averla vista uscire di casa di corsa.

Li raggiunse sorridendo e tentando di mascherare quel dolore che le stava praticamente facendo smettere di battere il cuore.

-          Non volevo farvi preoccupare, torniamo a casa

Si voltò verso la tomba e si sentì una completa stupida, vuota, donna di ormai quasi quarant’anni. Sapeva che non l’avrebbe mai più rivisto, che non l’avrebbe più avuto al suo fianco, ma sapeva anche che era legata a lui da un invisibile filo che non si era spezzato né con la sua morte, né con il suo secondo matrimonio.

Ora finalmente l’aveva ammesso, lei Nami Cocoyashi era legata a Zoro Roronoa da un filo invisibile che prima o poi li avrebbe fatti rincontrare, in un fantomatico aldilà, in una seconda vita, ovuque, ma nulla e dico nulla li avrebbe potuti tenere separati per sempre.

   
 
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