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Autore: Sari555    28/09/2011    1 recensioni
L'Akastuki ha ormai il controllo assoluto su ogni territorio e persona. Depreda, distrugge, uccide a suo gradimento.
Pain a capo dell'organizzazione, vuole immedesimarsi in Dio e ricostruire un mondo fatto sulla base delle sue regole, schiavi forti che possano combattere per lui e che lo possano servire.
E poi c'è Ami (sorella di ...) una ragazzina imprigionata dall'organizzazione alba, che lotta per sopravvivere in quella giungla.
Cosa succederà?
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akasuna no Sasori , Akatsuki, Altri, Hidan, Nuovo Personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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(Ri)Trovarsi?




Ami P.o.v.

 
 
La vita mi aveva dato tanto, e con la stessa facilità mi aveva tolto ogni cosa.
Ogni notte, rannicchiata nell’angolo più buio e sporco della cella, cercavo di diventare invisibile a tutti; cercavo di sopravvivere.
Non bastava fare silenzio e seguire gli ordini per rimanere in vita (se si poteva chiamare tale), dovevi trasformarti in fantasma e sfuggire da possibili occhi assassini; così prendevo quei pochi stracci che consideravo di mia proprietà, e mi facevo tutt’uno contro il muro dell’ala ovest.
Varcare la soglia di fuggire era morte certa, un suicidio per così dire. In tanti, nel corso della mia “permanenza”, ci avevano provato, in troppi erano i corpi privi di vita, accatastati uno sull’altro, e io non volevo essere uno di quelli. Ero ingenua, non stupida.
-Ami-chan- una bambina dai corti capelli azzurri e gli occhi profondi, si stava avvicinando. L’unica con cui, durante gl’anni, mi ero permessa un contatto.
-Chiyo!- il labbro della piccola era decisamente gonfio e sanguinante -Cosa ti è successo?!- tenevo a quella bambina, la consideravo un sorella che doveva essere protetta a costo della vita.
-L’uomo cattivo mi ha fatto la bua- di sicuro una guardia con poca pazienza. Io ne sapevo qualcosa, visto che quando ero stata portata via dalla mia casa, dai miei affetti e tutto ciò che mi permetteva di sorridere, ero solamente una bambina.
 -Su, vieni qui- lei era come me, strappata alla madre che urlava di dolore, e portata in quel lurido posto, per sottostare alla più potente e pericolosa organizzazione criminale, chiamata Akastuki, organizzazione con a capo Pein, il Dio in terra, colui che doveva controllare il mondo. Assurdo!
Dio era uno, e il suo nome era Jashin.
-Ami-chan?- a ridestarmi dai miei pensieri, la vocina di Chiyo squillava allegra come un tintinnare di campanelli.
-Dimmi, piccola Chiyo- l’unica cosa che mi permetteva di andare avanti, erano quei pochi attimi con la bambina. Una bambina che ricordava fin troppo me.
-Da dove vieni Ami-chan?- il posto da dove venivo, non puzzava di muffa e l’aria non era così rarefatta. Il posto da dove venivo non aveva barre in metallo che non permettevano la libertà. Aimè, il posto da dove venivo ormai era distrutto -Si chiamava Villaggio delle Caldi Primavere- non tentavo neanche di trattenere le lacrime, con lei me lo potevo permettere -E dove si trova?- dentro il mio cuore, il suo ricordo mi seguiva sempre -Nel paese dell’acqua calda, un piccolo villaggio nascosto a occhi indiscreti- ancora oggi, mi ricordavo il rumore della cascata di fronte casa, lo scosciare  perenne e rilassante dell’acqua faceva di sottofondo alle giornate, per non parlare dell’odore di pini che invadeva l’aria e ci rimaneva impresso. Un odore così intenso che potevi perdere i sensi se non eri abituato.
-Senti Ami-chan… hai una famiglia?- un timido sorriso si faceva largo su quelle labbra disidratate e secche che una volta erano sempre all’insù. Ogni giorno pensavo a loro, a quello che rimaneva nella mia mente, tanto da aver consumato il ricordo -Avevo una famiglia- mi guardava con occhi tristi, ma io continuavo a sorridere convinta.
-Prima di tutto questo ..- dissi indicando lo spazio che mi circondava, e le catene che legavano i miei piedi l’uno all’altro -.. avevo una mamma, un papà e un fratellone- con gesti rassicuranti e goffi ,Chiyo, incominciava ad accarezzarmi i lunghi capelli argentei, segno che dovevo continuare -Non eravamo una famiglia perfetta, del resto non esiste la perfezione, però ero felice anche quando litigavamo e mamma e papà si arrabbiavano. Ero davvero felice- dissi prima di perdermi in quello che, sicuramente, era il ricordo più tenero che custodivo gelosamente.


-Fratellone!Fratellone! Aspettami- il ragazzo dagl’occhi violacei, guardava divertito quella “baka” della sua sorellina -Sei tu che devi muoverti, non io che devo aspettarti- replica a voce bassa.
Il periodo della pioggia di ciliegi, era considerato magico e speciale. Un evento unico nel suo genere, un evento che il Dio Jahin aveva donato ai suoi sudditi -Dici che Jashin sarà felice di questi bei fiorellini?- durante il viaggio per il tempio, la bambina si era fermata  a raccogliere dei bellissimi tulipani cremisi. Tipici del luogo per il colore rosso intenso, colore che sembrava vivo.
-Tsk .. Jashin richiede sangue di eretici, non miseri fiori da giardino- delusa, Ami, stava per lasciargli cadere per terra, lasciargli morire senza aver visto il tempio in tutta la sua bellezza e complessità   -Tuttavia, sono sicuro che gli troverà incantevoli per il loro colore così intenso- disse abbozzando un sorriso impacciato -e per il loro odore afrodisiaco- aggiunse velocemente quest’ultimo.

-Davvero?- il sorrido che sembrava eclissatosi dietro a un broncio, ricomparve più soleggiato di prima, pieno di soddisfazione per quelle parole -Si, stupida e ora muoviamoci se non vuoi rimanere nelle ultime file- il ragazzo prese la manina esile e indifesa della bambina e la strinse alla sua.
Voleva bene a Ami, odiava vederla delusa e triste, ma nonostante tutto però ostentava quel sentimento, si comportava come se non ci fosse, ma avrebbe dato la vita per lei. Perché Hidan amava sua sorella.
 


    -Sai Ami-chan, non ricordo com’è fatta la mia mamma, tu?- ricordavo le urla strazianti di quella notte, ricordavo occhi color cielo, impauriti e pieni di lacrime, come pioggia cadere sulle guance pallide dalla paura, ma soprattutto ricordavo rosso. Questo posto mi aveva risucchiato ogni cosa, anche i ricordi di per sé sbiaditi.
-Vorrei dire che ricordo il modo in cui mi cullava la notte, le sue mani accarezzare i miei capelli o altre piccole cose ma grandi per me. Eppure non ricordo nulla prima di quella notte, solo paura e terrore-
Ero talmente presa da quelle parole intrise di tristezza e consapevolezza dei miei vuoti personali, che non mi ero resa conto della piccola Chiyo, addormentata sulle mie gambe con ancora una ciocca di capelli in mano.
Dormire mi avrebbe fatto dimenticare, almeno per qualche ora.
 
 



Hidan P.o.v.
Erano passati dieci anni dalla sua scomparsa.
Dieci anni di attesa, di ricerca, di sacrifici dopo sacrifici e di mancanza. Mancanza di quella mocciosa che ancora infestava la mia mente come un ossessione.
I suoi sorridi, le sue risate, i suoi abbracci. Cazzo, non vedevo l’ora di vedere la fine di questo maledetto giorno.
Toc Toc
Aspettavo un segnale per recarmi nella sala delle riunioni. Si sarebbe discusso di decisioni importanti, soprattutto riguardo gli schiavi in sovrannumero. Ma a me non me ne importava nulla, erano esseri deboli e patetici, gli avrei dati in pasto alla mia falce se solo avessi potuto.
Eppure Pain non era della stessa idea. Voleva ricostruire un impero con lui a capo come Dio (che assurdità! Jashin era l’unico Dio che potesse esistere e che si potesse venerare) e per questo gli servivano schiavi, persone da influenzare con le sue fandonie che avrebbero lottato per lui.
Chiusi a chiave la mia stanza, in modo che nessuno potesse metterci lo zampino, primo tra tutti Deidara. Quel dinamitardo era un’insopportabile eretico, lui e la sua stupida arte priva di alcun fondamento.
Ora che eravamo arrivati al potere, non dovevamo più nasconderci in tane sotterranee o fossati puzzolenti. Eravamo liberi di agire indisturbati, di distruggere ogni cosa ci capitasse a tiro, di farla nostra e cosa più importante di uccidere chi si opponeva a noi.
 La porta della sala era socchiusa, avevano già incominciato senza di me. In effetti per quanto m’importasse avrebbero potuto escludermi, tuttavia se c’era di mezzo lo sterminio di qualcuno, dovevo assolutamente essere io a compierlo.
Mi accomodai di fianco a Kakuzu, un altro eretico dominato dal potere del denaro, che sarà destinato all’inferno bruciante e all’ira di Jashin.
- .. donne, bambini, malati vanno eliminati, chiunque non riesce stare al passo, eliminatelo senza esitazione- concluse Pain nel suo breve monologo.
La parte che preferivo di più in quel giorno pieno di sentimentalismo. Uccidere per dimenticare.  








  
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