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Autore: HellenaMaezono    28/09/2011    2 recensioni
Dopo quella telefonata, di nuovo il silenzio. Ma stavolta era un silenzio doloroso, che venne rotto da una notizia ancora più dolorosa, in grado di spezzare definitivamente il cuore della ragazza...
Ivan non c'era più.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Russia/Ivan Braginski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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* Titolo: В надежде на чудо - Sperare in un miracolo

* Fandom: Axis Powers Hetalia

* Personaggi: Russia/Ivan Braginski; OC

* Genere: Malinconico, Sentimentale

* Rating: Arancione

* Avvertimenti: One-Shot

* Note:

1.
Questa fanfic è stata creata a seguito di vari eventi avvenuti durante alcune delle mie roleplay su Facebook. La ragazza di cui si parla nella storia è dunque il personaggio che ruolo io, mentre l'Ivan in questione è ora un profilo abbandonato, per il quale sto disperatamente cercando un nuovo player che sappia ruolarlo decentemente.
2. Essendo questa la prima fanfic completa che scrivo su APH e che pubblico su EFP, chiedo cortesemente a voi tutti lettori di lasciare una recensione per farmi sapere cosa ne pensate, se ci sono errori da correggere o se c'è qualcosa che vi ha particolarmente colpito. Tutto è ben accetto, purché siano critiche costruttive.
3. Chiedo venia se questa fanfic sembra non avere un filo conduttore dal punto di vista storico; non avendo mai capito molto di storia, preferisco non seguirla per evitare di scrivere strafalcioni... migliorerò, promesso. Inoltre, chiedo ancora perdono se in alcuni punti Ivan sembra OOC; mi sono limitata a scrivere secondo quello che è accaduto nelle roleplay e secondo come lo vedo io: un dolcissimo ragazzo costretto a diventare quello che è da avvenimenti che hanno segnato per sempre la sua identità.

Con quest'ultimo punto, penso di aver finito. Buona lettura.
 

~ В надежде на чудо ~


 
Ottobre, Russia. L'estate è ormai un ricordo lontano, vista e considerata la temperatura che, per la giovane italiana, era già troppo bassa per una normale giornata autunnale. Ma in quel periodo, da giorni, nulla di tutto ciò aveva importanza per lei. Quella sera, come suo solito, era seduta accanto al letto dove giaceva il corpo inerte del suo fidanzato, piangendo tutte le sue lacrime per l'ennesima volta in quei giorni, sola e sconsolata. Sola come mai si era sentita prima di quel momento, sconsolata come solo una madre abbandonata in balia della paura e della solitudine poteva essere.

Perché, oltre ai suoi cari amici che le stavano accanto in quel momento tanto difficile, l’unica cosa che le era rimasta, in grado di darle anche solo un minimo barlume di speranza era quella creatura che portava in grembo, ancora così piccola ed indifesa da sembrare solo un’ipotesi ancora lontana.

Eppure esisteva, era lì, si muoveva e necessitava di tanta protezione. Forse, anche più della protezione che era venuta a mancare a quella - ancora - piccola ventenne gracile e spaventata, che si era ritrovata sbalzata in quella situazione senza nemmeno rendersene conto, così innocente da essere ancora scambiata per una bambina. Ma non aveva mai dato tanto rilievo a quel fatto; quello che importava per lei era dare al suo amato una famiglia calda e piena d'amore, quell'amore che non aveva mai ricevuto, quella famiglia di cui nessuno dei due aveva mai fatto parte, ed erano pronti a crescerla insieme per puro atto d'amore nei riguardi di entrambi e della piccola creatura che aspettava solo di affacciarsi al mondo.

Fin dall'inizio aveva sempre saputo che il suo adorato Ivan aveva alle spalle una carica importante e dei doveri inderogabili, e per rispetto verso la sua persona mai aveva trovato da ridire su quel fatto, anzi, la faceva sentire importante ed era fiera di lui, di quel 'bambinone' come si ostinavano a chiamarlo in molti a causa della sua voce sottile, delle sue guance paffute e dei suoi modi di comportarsi; poteva essere tranquillo e sorridente o diventare tutto insieme il demonio in persona, violento, sadico e spaventoso, oppure semplicemente lasciarsi andare a delle forti crisi di pianto a cui avevano assistito in pochissimi, durante le quali apriva totalmente il suo cuore e si liberava delle orrende sensazioni e dei ricordi che gli attanagliavano l'anima e lo avevano reso così psicologicamente instabile, fino a rasentare la schizofrenia.

Ma lei lo amava lo stesso nonostante avesse assistito a tutti quei repentini cambi di personalità, nonostante lui stesso avesse tentato di ucciderla una volta: il sorriso che gli aveva visto dipinto sul viso si era trasformato in un ghigno perverso, i suoi occhi dolci erano diventati il ritratto della follia. Era agghiacciante, ma lei non fuggì. E, molto probabilmente, fu proprio quello a salvarla: con quel gesto, aveva dimostrato al giovane che non l'avrebbe mai lasciato solo come gli era sempre accaduto in passato, che dolce o violento lei lo amava per quello che era, non per quello che voleva che fosse. Aveva preso coraggio e gliel'aveva detto, pochi istanti prima di venire colpita dal rubinetto di ferro che utilizzava per massacrare le sue vittime, ed aveva chiuso gli occhi, pronta a morire per mano sua... ma le cose non erano andate come credeva, ed invece che ricevere il colpo aveva sentito il suono metallico della spranga incontrare il pavimento mentre veniva avvolta dalle possenti braccia del giovane in un abbraccio carico di angoscia mista a gratitudine, sentendolo stringere forte ed affondare il suo naso tra i capelli e scoppiare in un pianto sommesso e disperato.

Da quella volta, l'atteggiamento del ragazzo era cambiato radicalmente nei suoi confronti. Mentre con gli altri restava sempre freddo e distaccato, con lei era dolce e protettivo, quasi fosse stata la cosa più preziosa del mondo, del SUO mondo. E questo lato del ragazzo non poteva che farle piacere, la faceva sentire importante e speciale.

E, in effetti, lo era.

Nessuno si era mai avvicinato tanto ad Ivan di sua spontanea volontà proprio a causa dei suoi sbalzi di personalità, mentre lei era la sola, oltre alle sue sorelle, a restargli accanto ed a confortarlo in ogni momento, da quando entrava in depressione post-sbornia a quando rientrava a casa dal lavoro stanco ed amareggiato, per motivi che mai aveva voluto spiegarle. Non voleva farla preoccupare, diceva.

Quella loro relazione non era mai andata oltre dall'essere puramente platonica, erano entrambi troppo timidi ed innocenti per tentare un qualunque altro modo di esprimere affetto che stare semplicemente mano nella mano. Finché un giorno estivo in uno sgargiante e smisurato campo di girasoli situato poco lontano dalla casa della giovane, forse a causa dell'infinita felicità del ragazzo alla vista dei fiori che adorava tanto, le loro bocche si incontrarono per la prima volta, e fu per entrambi l'esperienza più bella che avessero mai potuto provare. Per lei quell'evento era stato come un fulmine a ciel sereno; aveva scoperto che, al contrario di ciò che le aveva insegnato la sua mesta vita, quello che accadeva nelle fiabe che tanto l'avevano fatta sognare aveva un fondo di verità.

Dopo quel bacio la loro vita era cambiata; avevano finalmente avuto la possibilità di realizzare tutti quei desideri proibiti e soddisfare quei bisogni fisiologici dovuti all'attrazione fisica dell'uno verso l'altro. Ma oltre quello c'era di più. Non era sesso, era amore. Non era passione carnale, era voglia di condividere tutto con la persona amata: i baci, le carezze, i sospiri. Con l'unica differenza che Ivan, stando a contatto con altra gente, era a conoscenza tutto ciò che riguardava quei momenti, anche se solo per sentito dire. Lei invece, non sapeva niente; si era ritrovata a provare un dolore tanto intenso quanto sconosciuto che l'aveva poi guidata verso una sensazione meravigliosa, della quale non avrebbe più potuto fare a meno, esattamente come non avrebbe potuto più fare a meno dei baci e delle carezze del suo amato.

E la sua gioia giunse al culmine quando, dopo aver condiviso le loro anime per la terza volta, il giovane le aveva infilato il suo pegno d'amore all'anulare destro. Non sarebbe mai potuto esistere un modo più bello di quello per proporre ad una donna di sposarla: nell'aria e nelle loro orecchie ancora aleggiava la dolce musica dei loro sospiri e, attorno al divano su cui giacevano, i loro abiti erano abbandonati a terra. Ma tutto quello sarebbe svanito al più tardi nel giro di ventiquattr'ore.

Quell'anello, invece, era per sempre.

Purtroppo però, dopo la loro prima volta, Ivan aveva cominciato ad essere sempre più impegnato a causa del lavoro. Spesso partiva, e quando tornava era sempre stanchissimo e depresso: e la giovane se ne accorgeva, e per fargli sentire che non era solo moltiplicava le attenzioni verso di lui, cercando di comprendere il motivo che spingeva il suo adorato a sospirare con tanta angoscia.

Ma, almeno, tornava.

E lei lo aspettava sempre. Anche quando non si faceva sentire. Anche quando la nostalgia si impadroniva del suo corpo, facendo fremere la creatura che portava in grembo da quando portava quell'anello al suo anulare destro.

Ma qualcosa era andato storto. Ivan era sparito di nuovo, e lei sentiva che quella situazione era strana. Troppo silenzio, troppa inquietudine; il russo non tornava, e lei era pronta per partire ed andarlo a cercare, incinta o meno.

Però, dopo tanto tempo, fu proprio lui a dirle di non farlo. Le aveva telefonato per sentire la sua voce, una fredda lettera non gli sarebbe bastato per fargli battere il cuore come gli succedeva quando la vedeva; si era scusato, si era sentito in colpa per averla lasciata così senza sue notizie. Chiedeva del bambino, le parlava del loro matrimonio, e lei poté chiaramente sentirlo tirare su col naso. Le venne da sorridere, era proprio tenero quando si commuoveva. Però poi la notizia del motivo per il quale si era assentato le fece balzare il cuore in gola: era stato molto male, e ancora aveva bisogno di cure per riprendersi. Con quello, aveva sentito una voce in sottofondo e lui con un 'я тебя люблю1' l'aveva salutata, promettendole di tornare e riabbracciarla presto.

Dopo quella telefonata, di nuovo il silenzio. Ma stavolta era un silenzio doloroso, che venne rotto da una notizia ancora più dolorosa, in grado di spezzare definitivamente il cuore della ragazza...

Ivan non c'era più.

Dapprima non riuscì a credere a ciò che le avevano appena detto. Ivan no, non poteva essere morto. Lui le aveva promesso che sarebbe tornato. Pregò che fosse tutto uno scherzo, che Ivan stesse tornando sulla via di casa canticchiando ed aspettando solo di riabbracciarla...

Ma quelle furono tutte illusioni. Soltanto illusioni.

Poté averne la certezza quando un gruppo di soldati sovietici le riportarono a casa il corpo senza vita del suo amato. Alla sua vista, i suoi occhi si riempirono tanto di lacrime da non renderle possibile riconoscere nessuno di loro. Non ebbe la forza di fare più niente. Seppe solo piangere. Prima di andare via, uno dei soldati le posò una mano sulla spalla sussurrandole delle parole di conforto nella sua lingua, quella lingua che stava imparando tanto in fretta grazie al suo amato... ma che le sembrò fosse ormai diventata sconosciuta ed incomprensibile... rimase a piangere per ore, per poi decidere di fare qualcosa per Ivan.

Aveva sentito che le Nazioni erano immortali, che nulla poteva ucciderle, se non mandarle in una sorta di coma profondo fino al momento in cui sarebbero state pronte per risorgere. Il suo Ivan non era morto, se lo sentiva. Prese coraggio e tornò in camera da letto dove il corpo del ragazzo era messo supino, il collo ben dritto ed entrambe le mani posate all'altezza del suo stomaco, una sull'altra. Lo guardò e lo toccò come faceva di solito quando voleva trasmettergli affetto: si, era freddo, ma non era rigido. Sembrava morto, ma non era pallido. Fosse stato un essere umano come lei la natura avrebbe già cominciato il processo di decomposizione, e non sarebbe valsa la pena di riportarlo a casa...

Ma lui era speciale.

Gli accarezzò i capelli, osservando lo stato in cui lo avevano lasciato prima di ricondurlo da lei: il sangue, seppur rappreso, era ancora visibile ovunque, incrostato sulla pelle del suo viso ed assorbito in modo indelebile dalla stoffa della sua divisa, così come le macchie di terra e d'erba perfettamente individuabili sulle parti visibili del suo corpo. Anche la sua adorata sciarpa era sporca e stracciata in alcuni punti... nel vederlo a quella maniera, pensò che seppure non fosse morto, non poteva assolutamente lasciarlo riposare in quelle condizioni... raccolse quindi tutte le sue forze per pulirlo, sistemarlo, curarlo nel migliore dei modi.

La notizia della morte del ragazzo girò immediatamente tra gli amici della giovane, così sola e disperata da non esser più uscita di casa dal giorno in cui le avevano riportato il corpo del suo amato, che non aveva più abbandonato nemmeno per un secondo, rimanendo ferma in silenzio accanto al suo letto per cercare di captare un qualsiasi suono, un qualsiasi movimento che avrebbe segnato il suo ritorno alla vita.

Ma dopo giorni e giorni di attesa, ancora niente. Oltre ad essere logorata dal dolore, dentro di sé sentiva un forte sentimento nei confronti del russo, e non era il solito che provava quando lo vedeva. No. Stavolta era rabbia. Le aveva promesso che sarebbe tornato, che l'avrebbe riabbracciata. E lei lo aveva atteso per così tanto tempo... per poi vederselo capitare a casa senza vita, senza essere in grado di sorriderle, senza poterla guardare negli occhi e dirle quanto l'amava... senza poterle toccare la pancia e salutare il suo bambino.

Si sentì quasi tradita; Ivan non aveva mantenuto la sua promessa...

Ma poi, le parole di uno dei suoi amici furono in grado di aprirle gli occhi. Era stato Austria a dirgliele mentre lei piangeva sulla sua spalla, accarezzandole i capelli come faceva Ivan, senza però interrompere il suo pianto disperato che dimostrava come quella sensazione di tradimento che aveva provato in quei giorni era stata puramente dettata dall'egoismo e dall'ignoranza:

"Ti amava davvero molto, Ivan. Per questo lo hanno portato a casa. Le Nazioni non vengono portate dalla persona che hanno al proprio fianco se non per esplicita richiesta delle stesse."

Rimase sbigottita a quell'affermazione: Ivan aveva chiesto di tornare da lei. Ivan non l'aveva abbandonata, lei era stata il suo ultimo pensiero. Il suo cuore batté più forte ed il bambino si mosse con uno scatto, come se avesse avuto un singhiozzo; lo stesso singhiozzo che le partì dal diaframma per farla scoppiare in lacrime non appena ritornò a sedersi accanto al letto del suo adorato, stavolta spingendola a stringergli una mano ed a ringraziarlo per aver mantenuto la sua promessa.

Il suo corpo era tornato. Ora aspettava soltanto di poter guardare nuovamente in fondo ai profondi occhi color ametista del russo, di potergli sorridere e di potergli dire nuovamente quanto l'amasse e quanto fosse in grado di darle i brividi e renderla speciale.

"...torna presto, любимый2... я тебя люблю..."

E con quelle parole, tornò a pregare, aspettare, sperare...

Sperare in un miracolo.

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1. Ti amo; 2. Amore

   
 
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