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Autore: Girl_in_Blu    29/09/2011    9 recensioni
One-shot che descrive la morte di Mirai Vegeta, su cosa abbia pensato o a chi abbia pensato.
Quando si muore, si ha ben altro che pensare alla morte [cit. Svevo] e così il fiero principe riflette sugli ultimi eventi della sua vita, su ciò che avrebbe desiderato compiere, in particolare la vendetta mancata per la dipartita del suo miglior nemico e…
Estratto:
“Era il suo tormento, Kakatoth era presente nei suoi pensieri anche negli ultimi momenti della sua esistenza poiché, prima di morire, avrebbe voluto sconfiggerlo, tutto il resto, morte compresa, non gli interessava.
Il suo obiettivo era stato, semplicemente, distruggerlo…”
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Il Principe dei Saiyan'
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Everything ended
Quando si muore, si ha ben altro da fare che pensare alla morte.

[Italo Svevo]

 








 
 
Era il suo tormento, Kakatoth era presente nei suoi pensieri anche negli ultimi momenti della sua esistenza poiché, prima di morire, avrebbe voluto sconfiggerlo, tutto il resto, morte compresa, non gli interessava.
Il suo obiettivo era stato, semplicemente, distruggerlo.

Rantolava a terra, nel sudicio fango con sfumature rossastre, per il dolore.
Imprecava contro quei Cyborg, contro il suo acerrimo nemico che non gli aveva concesso vendetta.
Sputava rabbia e frustrazione, con il sangue, ricordando la morte del saiyan che più di tutti aveva segnato la sua vita, con un colpo letale che aveva lasciato in lui una cicatrice profonda, riapertasi poi alla sua morte.
 


 
Vegeta lo aveva avvertito, aveva sentito l’aura eclissarsi e non aveva compreso appieno cosa stesse accadendo.
Si era precipitato alla casa sui monti Paoz, non credeva che mai avrebbe fatto una visita di cortesia a quella famiglia, non che la sua fosse tale, ma simile abbastanza poiché lo richiedeva l’evento inatteso.
Fino a quel giorno aveva creduto che Kakaroth si sarebbe ripreso, ne era convinto poiché un saiyan poteva morire soltanto in battaglia.
Ma quando avvertì la sua nemesi spegnersi, volò. 
Corse per vedere, per accertarsi che la sua mente non gli giocasse l’ennesimo tiro mancino, perché era assurdo che morisse così!

Entrato in quella stanza, fu colto da una consapevolezza che lo travolse, come se fosse stato colpito dal più potente degli attacchi –fin ora- mai ricevuto, capendo che la sua fine fosse vicina.
Con i denti digrignati per la sofferenza, si rigirava nel letto, tenendosi  il petto –con una mano-  all’altezza del cuore.
Lo ascoltò lamentarsi come il più comune dei terrestri, lo vide distrutto da qualcosa che non poteva essere sconfitto, lo osservò dolorante per un attacco che non fosse il suo.
Era attonito Vegeta, era completamente assorto nei sui pensieri, nelle sue egoistiche riflessioni.
Solo lui avrebbe potuto ucciderlo, lui che era stato depredato dell’unica cosa che possedesse: la vendetta e così doveva riprendersela, Kakaroth non poteva morire, poiché doveva lottare con lui prima di esalare l’ultimo respiro.

Si accorse della gente nella stanza, i familiari non badarono a lui, ma avvertì lo sguardo indagatore di alcuni  presenti, tra i quali la stessa Bulma che lo aveva avvisato, ma come credere a quelle parole?
-Sta morendo Vegeta…- gli aveva detto il giorno prima –tsk, è impossibile- le rispose lui, apparentemente indifferente, ma sincero nel credere nell’impossibilità di realizzazione di quell’affermazione.
Avvertì l’aura diminuire e, mentre lo guardava, trasalì capendo che la sua vita, ormai, non aveva più alcun senso.

Kakaroth, per lui, non era stato un semplice avversario.
No, era ciò che rimaneva di una specie estinta; era una parte indissolubile del suo passato, ma al tempo stesso del suo presente.
Era quel filo conduttore tra il guerriero e l’uomo, fra la bramosia di combattere e la necessità di trovare una patria.

Era ciò al quale si era aggrappato per sopravvivere al fine di vivere, non appena lo avesse distrutto con le sue mani; sgretolando, con la sua forza, ogni briciola di quel traditore che aveva usurpato il suo posto: quello del più potente dei saiyan.
Lui era, per Vegeta, le radici e l’arbusto del suo passato e di un presente nefasto.
Goku era una sfida, una vendetta irrisolta e voglia di rivalsa, era un nemico, una patria.

Ed era ciò che di più simile a lui avesse mai conosciuto.

Sentì l’aura spegnersi, osservò il petto fermarsi e la mano che lo reggeva cadere di lato.
Vide il corpo contratto rilassarsi e, con l’ultimo anelito, udì un pianto straziato. Allora uscì, silenzioso.
Aveva visto morire la sua vendetta e la speranza di riprendersi in mano le redini della sua vita, di ritornare ciò che era e, in fine, di risanare l’orgoglio leso.
Invece il destino volle che, con il cadavere dell’eroe della Terra, fosse seppellito lo spirito di un altro guerriero: quello del principe di un popolo estinto barbaramente.
Kakaroth era morto come aveva vissuto, pensò: come Goku, il terrestre che tutti avrebbero ricordato.
 
 


Anche in punto di morte Vegeta ripensava a quel giorno.
Un’ultima scarica di adrenalina attraversò il suo corpo martoriato da ferite grondanti collera e sangue, ma per un attimo, in quell’ultimo istante, sorrise malefico.
Era tornato, con l’avvento della morte era riapparsa la voglia, precisamente, la smania di combattere per il gusto di farlo.
Ghignò, guardando le gocce di rosso carminio cadere sul terreno, fradicio d’acqua e insozzato dal sangue di chi, prima di lui, era stato sconfitto.

Si alzò faticando, ma l’ultimo colpo, l’ultimo pugno al volto della donna, fu scagliato con forza, purtroppo non abbastanza.
Per quanto ne fosse certo, non indietreggiò, colpì semplicemente, con la consapevolezza che, almeno lui, sarebbe morto da saiyan: ovvero lottando.
Ciò che vide fu una sfera luminosa travolgerlo.

Ormai non avvertiva più alcun dolore, ogni parte del corpo che, fino a poco prima, doleva in corrispondenza delle ossa rotte, o bruciava per le ferite –superficiali e profonde- adesso, pian piano, si stava rilassando.
I muscoli cominciarono a distendersi, avvertì così che le energie lo stessero abbandonando e con esse la vita.
Steso a terra, supino, osservò l’unico scorcio di cielo visibile, non oscurato dalle nubi cariche di pioggia e che, da poco, avevano smesso di scrosciare.
Aveva combattuto con tutte le sue forze, aveva lottato per sé e la propria natura, si ripeteva felice di incorrere in una morte, per lui, dignitosa.
Sputò sangue e, affannando, guardò l’azzurro, quel colore che tanto, negli ultimi anni, lo aveva perseguitato e rise, beffardo.

L’ultimo anelito portò con sé il viso paffuto di quel bambino che tanto aveva rinnegato, di quel figlio così diverso.
Vide per un momento i suoi occhi e per, la prima volta, riconobbe in lui qualcosa di suo: lo stesso cipiglio.
La vista offuscata fu il presagio dell’imminente fine e, nonostante, fosse in punto di morte, non ammise a se stesso che la dipartita di Kakaroth e la mancata vendetta non fossero i sui unici rimpianti.
Morì da guerriero: combattendo; ma inaspettatamente, in quella battaglia, lottò non soltanto per se stesso.

E, per un’ultima volta, volle guardare l’azzurro del cielo
… e tutto finì.
 
 
 
 
 
 
 
 
 













































Angoletto di Girl_in_Blu:

Leggermente scoraggiata, anzi molto, vi propongo questa fan fiction che spero vi piaccia.
A presto Jo
  

   
 
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