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Autore: Thiana    30/09/2011    1 recensioni
Un alternativo primo incontro tra Alex e Neal.
"Perchè i veri tesori sono quelli che nessuno vede. Li dobbiamo scoprire da noi." La bambina ci pensò per qualche minuto.
[Neal Caffrey/Alex Hunter] Il titolo è preso dall'omonima canzone di Fabio Concato.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Neal Caffrey
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Scritta prima di vedere la puntata in cui si vede il primo incontro tra Neal e Alex. 

Buona lettura.


La bambina osservò la punta delle scarpette blu. Erano perfette. Come i suoi capelli, i vestiti e i modi. Erano perfette come le cose che gli altri bambini odiavano di lei. Si alzò dal basso muretto di cemento che bordava il parco e poggiò la delicata pelle delle scarpe sul bordo del cemento.
Voleva rovinarle, renderle imperfette. Vedendo quei graffi forse quei bambini l'avrebbero voluta. Spinse ancora li più la scarpa contro il muretto, ma poi lo sentì.
"Non farlo" La piccola fermò l'azione sul nascere. Si voltò a guardare quel bambino. Forse era più grande di lei, forse dimostrava solo i suoi sette anni a confronto dei cinque della bambina.
"Sono così carine. Le rovineresti solo, e loro non ti accetterebbero comunque. Forse userebbero proprio la scusa delle tue scarpe rovinate."
La bambina si sedette di nuovo, portando i lunghi capelli mossi sulla spalla lontana dal bambino, seduto accanto a lei.
"Perchè parli con me, anche che con loro?"
"Perchè i veri tesori sono quelli che nessuno vede. Li dobbiamo scoprire da noi." La bambina ci pensò per qualche minuto. Quando tornò a guardare quelle iridi azzurre scorse un barlume di sincerità. E convinzione. Sorrise verso quel bambino che le aveva risparmiato dei brutti graffi sulle scarpe, e una bella ramanzina.
Il bambino giocherellava con una pietra trovata a terra. Era perfettamente tonda e levigata, aveva un forellino, quasi fosse fatta apposta per essere un ciondolo. Al centro aveva una macchia nera. La passò tra le dita e gliela porse, quando le finì in mano la bambina la trovò calda.
Lui si passò una mano tra i capelli, imbarazzato. La piccola non aveva mai visto un gesto del genere. Era troppo personale per essere scambiato con quello di chiunque altro.
"Io devo andare." Mormorò il bambino, guardando oltre la strada. "Tieni cura delle tue scarpe."
"Ciao, bambino." Gli rispose lei.
"Neal. Sono Neal. Ciao, bambina."
"Alex. Sono Alex." Sussurrò allora la piccola, ma forse era troppo tardi. Il bambino era già corso via.


New York era perfetta. Le persone correvano da una parte all'altra senza fermarsi un momento. La ragazza sistemò i capelli dietro le spalle e iniziò a camminare a passo svelto. Quando si scontrò con l'uomo dal completo costoso ci impiegò un secondo. Con solo l'aiuto dell'indice e il medio sfilò il portafogli dalla tasca dell'uomo e lo gettò nella borsa che teneva in spalla. Voltò il busto, rallentando appena l'andatura, chiese velocemente scusa e continuò a camminare tra le persone. Ne urtò un altro, e un altro ancora. Era pronta ad uscire dal fiume di gente che affollava il marciapiede ma si bloccò vedendo una cosa che solo una volta in tutta la sua vita aveva visto. Fissò il ragazzo che ancora una volta si passò la mano tra i capelli castani. 
La donna si toccò automaticamente la piccola catenella che teneva al collo, la seguì fino ad incontrare una pietra tonda e levigata. Sorrise e si avvicinò cauta al ragazzo. Fece in tempo appena a sentire la destinazione che il ragazzo diede al tassista, poi l'auto gialla sparì dalla sua vista. Ancora sul bordo del marciapiede allungò il braccio per fermare un taxi. Dopo aver pagato la corsa in taxi con i soldi presi da un portafogli rubato quel giorno ordinò del cibo cinese a domicilio e lo mangiò studiando la partita arrivata a New York di calici d'oro risalenti al Romanticismo forgiati per Re Francesco I.
Il giorno dopo, sperando nell'abitudine dei Newyorkesi, si recò nello stesso indirizzo che avevo sentito dettare al tassista da quel ragazzo il giorno prima. Lo vide camminare distratto dall'interlocutore al telefono. La ragazza camminò verso di lui, prese il portafogli e lasciò scivolare nella tasca del cappotto del ragazzo un telefono cellulare usa e getta.
Si scusò con il solito clichè a si allontanò rapidamente. Fece passare una manciata di minuti, poi compose il numero. Sorrise sentendo la sorpresa nella voce del ragazzo.
"Tra 10 minuti nel parco. La panchina che dà le spalle alla fontana dei leoni. Se vuoi indietro il tuo portafogli compra due caffè." Chiuse la chiamata senza aspettare alcuna risposta. Scosse la testa vendo le mani tremarle. Si sarebbe ricordato di quando erano bambini? Probabilmente no. Ma tanto valeva provarci. Specchiandosi contro una vetrina riprese sicurezza in se stessa, sorrise e si diresse verso il parco.
Lo trovò dove gli aveva indicato: il telefono in mano e i due caffè accanto a lui, in bilico tra le stecche della panchina. Si avvicinò piano, sedendosi accanto. Senza dire nulla aprì la chiusura della collana e la lasciò pendolare davanti gli occhi del ragazzo. Prese uno dei due caffè, lo sorseggiò e parlò con calma.
"Sai, qualche anno fa ero pronta a rovinare il più bel paio di scarpe che una bambina possa avere, solo per essere accettata. Ma arrivò un bambino e mi convinse a non farlo. Mi regalò questo," giocherellò ancora con il ciondolo, "dicendomi che le cose più preziose dobbiamo trovarle da noi." Lo passò ancora tra le dita, come se lo vedesse per la prima volta. "Per molto ho creduto fosse un angelo. Lo sai, Neal?"
L'uomo spalancò gli occhi, ricordandosi improvvisamente di quella bambina dalle scarpette blu e rise. Quante volte s'era chiesto se il destino avesse in serbo di farli incontrare ancora?
Sorrise, stavolta anche con lo sguardo.
"Mi ridaresti il portafogli, Alex?"

   
 
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