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Autore: Midori92    01/10/2011    0 recensioni
Ed ecco il sequel di "Due Cuori e una Serpe"!
in questo episodio troveremo Samantha Elena Granger (Alias la sorella minore di Hermione) come protagonista, attorniata dai suoi migliori amici Eliane Zabini e Yvès Braque. La ragazza, serpente fino al midollo, intraprenderà nuove e oscure avventure nella nuova sede di Hogwarts che, indovinate un po', è in Antartide per ignoti motivi.
Nuovi personaggi(la maggior parte a dire il vero) e nuovi misteri si celano dietro il sangue demoniaco di Sam. Che succederà questa volta?
N.B: dato che sono baka ho cancellato la storia involontariamente e ora la ri-posterò a velocità supersonica in questi due giorni. Spero mi perdonerete.
Genere: Dark, Erotico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Blaise Zabini, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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PROLOGO

 

 

 

Prefazione

 

Ringrazio tutti coloro che hanno deciso di cliccare su “Antartika” con l’intenzione di leggere questo sequel, come ho già detto, di “Due Cuori e una Serpe”.

Innanzitutto volevo scusarmi per aver accidentalmente eliminato la storia dal sito(non sapete quante urla ho tirato tra queste quattro mura-.-), ma vi prometto che entro domani la troverete al punto in cui la trovavate un giorno fa, ovvero al capitolo 3. Come ho da poco spiegato anche sulla pagina Facebook ( – Midori92 EFP-) la mia intenzione era quella di eliminare il capitolo di riassunto per permettere un miglior accesso alla lettura per poi inserire un link in questo capitolo nel quale indicavo la pagina in cui avreste potuto trovare il famigerato riassunto. Ora, tutto ciò esiste ed è mio preciso volere indicarvelo nel caso non vogliate leggervi l’intera fiction precedente a questa à Riassunto di "Due Cuori e una Serpe".

Veramente non so come scusarmi con tutte coloro che avevano inserito la fiction tra le seguite, preferite o ricordate e con Artemys che ha deciso di commentarla fin dall’inizio. La stanchezza e i primi giorni di università uccidono anche me, evidentemente.

Vi lascio al capitolo il quale, premetto non è affatto collegato al mondo di Harry Potter, ma ad un mondo tutto mio, ad un personaggio tutto mio e ad un’idea tutta mia.

A presto.

 

 

 

 

 

 

 

 

PROLOGO

The dark side of the Moon

 

 

 

 

 

Dedico questa storia a mio padre

Con affetto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

O

cchi di ghiaccio, freddi come il metallo e magnetici come dei buchi neri scrutavano attenti la tempesta che imperversava attorno ad essi.

Un lungo mantello si confondeva con il biancore luminescente della coltre di neve e una spada di Pietra Nera, il materiale più resistente di tutto il Mondo Magico, spiccava nitida sulla stoffa candida.

I corti capelli castani venivano scompigliati dalla furia del vento antartico e la pelle diafana era leggermente arrossata a causa dei diversi gradi sotto lo zero.

Il solito formicolio alle mani di quando voleva combattere e non vedeva l’ora di stendere l’avversario che in quel momento stava di fronte a lei, o meglio, era tutt’intorno a lei.

In mezzo alla tempesta macchioline scure spiccavano nitide e immobili.

La ragazza si mosse lentamente, afferrò l’elsa ed estrasse la spada con un colpo secco, portandosela di fronte, pronta ad ogni eventuale attacco.

Una risata agghiacciante si diffuse nell’aria fino ad arrivare alle sue orecchie chiara e limpida, una voce strascicata di donna, che ormai conosceva benissimo.

Si chiedeva solamente quando l’avrebbe lasciata in pace.

Mai.

Questo era un dato di fatto; la sua maledizione non l’avrebbe mai lasciata in pace.

La sua condanna.

Ghignò mostrando i denti bianchi e perfetti e subito dopo si inumidì le labbra con la lingua.

I suoi occhi di ghiaccio saettavano da una macchia scura all’altra, in cerca di un movimento inesistente.

- Attacca…-

Disse in un sibilo.

La sua voce era profonda e un po’ rauca a causa della mancanza di esseri umani con cui parlare in quel posto così desolato e lontano da tutta la civiltà magica.

Era una strega potente, troppo, e il suo esilio le era stato imposto con la forza da suo padre.

O meglio, il suo patrigno. Un assassino, un uomo avaro, perfido e cinico…beh, d’altra parte anche lei lo era.

Maledetto.

Quell’uomo l’aveva distrutta interiormente, mai, mai, lo avrebbe perdonato per quello che le aveva fatto!

Un grido di rabbia repressa per troppo tempo scaturì dalle labbra socchiuse, quando le veniva in mente il suo passato una furia cieca la invadeva e la razionalità non esisteva più.

Cominciò a fendere l’aria con la lama nera e affilata, in cerca di un’entità che ben si guardava nel mostrarsi a quella furia scatenata.

Le piccole macchioline si compattarono in un unico corpo nero, per poi dare forma ad una splendida ragazza, identica a quella che, arrabbiata, fendeva ancora l’aria.

I colori si erano invertiti.

Una era completamente vestita di bianco, l’altra era completamente vestita di nero. Le loro spade erano rispettivamente nere e bianche, così come i loro capelli.

In un sol gesto si slacciarono il mantello cha cadde sul soffice manto di neve.

Rabbrividirono all’unisono per il freddo pungente ma non vi fecero caso, dopo tutti quegli anni trascorsi in solitudine tra i ghiacci!

- Non pensi sia meglio smettere per oggi?-

La figura con il mantello nero parlò con voce preoccupata.

La sua metà bianca non vi badò e, riprendendo in mano la spada di Pietra Nera, ricominciò con il suo allenamento e puntò subito alla gola di colei che aveva parlato.

Mai mettersi contro di me…anche se tu sei me stessa…la mia maledizione.

Il vento le sferzava la pelle, violento e determinato a vincere la sua voglia di combattere.

La ragazza in nero guardò la sua pari in tralice e ghignò divertita.

- Non dirmi che non ti stai divertendo, in fondo tu sei me.-

Negli occhi dell’altra passò un lampo di pura paura.

- La strega ci separerà, prima o poi, lo so…-

Gli occhi di ghiaccio dell’altra lampeggiarono di rabbia al sol pensiero della strega, un essere orrendo, senza pietà. La donna che avrebbe volentieri ucciso con le proprie mani.

- Non dopo la sua morte…-

- Il nostro corpo verrà sconvolto e moriremo…- un sussurro mentre una lacrime rigava la guancia della ragazza in nero, scatenando la furia dell’altra che spinse ancora di più la lama sulla gola diafana di colei che le era di fronte.

- Quando fai così…ti odio-

Odiava la parte di sé stessa debole, non tollerava l’idea di essere fragile e indifesa, si era sempre arrangiata nella vita, aveva imparato tutto da sola.

Tanto i miei era come se non esistessero!

Distolse lo sguardo dalla sua parte debole e la sua espressione mutò da dura ad amareggiata.

Era stanca di vivere in quel limbo senza uscita.

Si sentiva un animale in cattività, allevato dalla peggior donna esistente sul pianeta.

Il freddo si era insinuato sotto i suoi vestiti, sotto la sua pelle, fino a raggiungere il suo cuore, il quale, oramai, non batteva più.

Un pezzo di ghiaccio.

Un organo inutile.

Era lì, spostato appena a sinistra nella gabbia toracica, avvizzito e stretto da catene invisibili, che lo inchiodavano a costrizioni sempre più disumane. Era nato morto.

Riusciva solo a pompare il sangue necessario per gli organi interni, ma mai, mai, era riuscito a causare un mutamento di colore nelle guance diafane della Guerriera di Ghiaccio.

Oh, si di ghiaccio. Fredda e calcolatrice, cinica, restava nell’ombra attendendo pazientemente la sua vendetta.

La ragazza dal mantello bianco allargò le braccia, decidendo di porre fine a quell’allenamento notturno.

L’altra assunse un’espressione di sollievo e avvicinandosi a poco a poco si unì al corpo di colei che l’aveva richiamata in sé.

La Guerriera di Ghiaccio era al completo, anche se non sapeva ancora per quanto.

Il mantello bianco volteggiava irrequieto nell’aria, mentre la ragazza posava il suo sguardo freddo sul medaglione al collo.

Il Leac Oighir, adesso manca il Tine…

La sua condanna si stagliava netta al suo collo. Un catena di titanio incantato le impediva di levarsi una volta per tutte il medaglione di cristallo, dove dentro vorticavano fili di luce argentata.

Una meraviglia di collana, direte voi…

Non c’è peggior cosa al mondo…

E con il suo solito ghigno si smaterializzò, lasciando le sue impronte sulla neve fresca, che ben presto vennero coperte dalla neve che sferzava ancora l’aria antartica.

 

 

Lontano dal gelo di quel posto sconosciuto.

Lontano da pericoli

Tra le lenzuola violette della sua camera si rigirava nel letto Samantha Helena Granger.

I capelli incollati al viso sudato e le mani contratte stringevano il lenzuolo spasmodicamente.

La sua mente vagava in un’altra, senza possibilità di evitarne la lettura,o  meglio, la visione orrenda.

Scene di morte aleggiavano nella sua mente, ombre cariche di tristezza, occhi vacui…tutto le pareva così distorto.

Gemette nel sonno mentre una strana voce gelida e distaccata le si insinuava nella mente.

 

Ascoltami Shyuna…

 

La determinazione in quella voce così inumana la fece rabbrividire.

Nulla del genere le era mai capitato nei suoi diciassette anni di vita. Nessuno la chiamava con quel nome da almeno cinque anni…dalla fine della guerra.

Ciò che non poteva sapere era che sua sorella maggiore, Hermione Jane Granger era ridotta nel suo stesso stato e il vecchio spirito di Lilith, la regina dei venti, si stava lentamente risvegliando in lei. E, di conseguenza, anche il suo lato oscuro e sensitivo.

Una storia nella loro mente…un fatto…raccontato da quella voce per nulla rassicurante.

 

 

 

 

 

 

Era il giorno del mio settimo compleanno, mi svegliai come tutte le mattine molto presto, andai nel bosco vicino al castello per andare a fare quattro tiri con l’arco, quando mi sentii chiamare da una voce familiare…

- Niamh dove sei? Dai vieni a colazione ti stiamo aspettando tutti!- Urlò mio padre dalla finestra della cucina.

- Padre non ho molta fame questa mattina!- Gli urlai di rimando

- Non mi interessa figliola! Tu devi mangiare per diventare una grande guerriera e regina!- Era sempre così con lui  non potevi evitare di volergli bene e di ubbidirgli, così feci come mi aveva detto e lo raggiunsi.

A tavola c’erano proprio tutti, dai nonni ai cugini più lontani, certi perfino non li avevo mai visti. Mi sedetti a capotavola come mi era stato indicato e mio padre mi fece aprire i regali. C’era anche il mio migliore amico: Phoenix. Mi guardava felice e ad un certo punto, quando ebbi finito di scartare i regali mi prese per mano e mi portò fuori dal castello correndo.

Non avevo idea di cosa volesse fare ma non mi opposi e mi lasciai trainare dalla sua delicata stretta. Dieci minuti dopo ci trovammo in una radura al cui centro vi era un grande albero. Ne rimasi estasiata, le sue fronde si muovevano accarezzate dal vento e tutto ciò che c’era intorno sembrava volesse accompagnare questa sua danza. Così cominciai a danzare anch’io come se con me vi fosse un principe azzurro invisibile. Ad un tratto mi sentii afferrare la mano e il fianco: era il caro Phoenix che cominciò a ballare un valzer con me. Quella mattina risi come non avevo mai fatto.

- Adesso seguimi . –

Mi disse Phoenix. Mi prese ancora una volta per mano e mi portò nel folto del bosco, mi bendò e sentii i suoi passi sparire per alcuni minuti che a me parvero anni.

Ad un tratto sentii uno scalpiccio sommesso e chiesi:
- Phoenix… Sei tu?Dai non farmi uno dei tuoi scherzi!-

Ma qualcosa di viscido si appoggiò alla mia spalla. Io come un fulmine estrassi il pugnale che ero solita tenere nello stivaletto e scattai alla mia destra. Mi tolsi la benda, ormai certa che non si trattasse del mio amico.

- Chi diavolo sei tu?-

Azzardai. Davanti a me si stagliava un grosso signore dalle mani provviste di tentacoli. Rabbrividii alla sua vista e mi misi in posizione d’attacco con il pugnale stretto forte sopra la mia testa.

- Ehi, ragazzina, sei piuttosto veloce per avere solo sette anni!-

Mi disse con voce rauca.

Mi sentii orgogliosa di quel complimento e accennai ad un gelido sorriso guardando di sott’ecchi l’avversario.

- Ma penso ti passerà la voglia di combattere quando vedrai la fine che farà il tuo amico!-

Detto questo rise selvaggiamente e sputò a terra. Dopo poco arrivò un suo alleato che teneva prigioniero il mio migliore amico che si dimenava e scalciava come un cavallo imbizzarrito.

- Phoenix! Maledetti, cosa gli volete fare?-

Furibonda mi lanciai contro l’uomo dalle mani di polipo e gli tranciai un dito con il pugnale. Egli urlò di dolore e si spostò in seconda fila lasciando campo libero al suo amico che era ancora più mostruoso di lui. Infatti al posto delle spalle possedeva una coppia di corna da rinoceronte e la sua faccia sembrava quasi quella di un goblin. Quest’ultimo prese Phoenix per i capelli neri facendolo urlare, ma lui riuscì a mordergli un braccio e ,rotolando a terra, mi raggiunse, recuperò il suo pugnale caduto e  insieme lo attaccammo. Io mi aggrappai con tutta la forza che avevo in corpo alla sua schiena e lo colpii alle scapole ripetutamente, il mostruoso essere si voltò verso di me e con una mano mi prese per il vestito e mi scagliò contro una roccia. Presi una violenta botta alla testa e evidentemente cominciai a sanguinare copiosamente, ma non me ne curai. Barcollando cercai di raggiungere Phoenix che strepitava e tirava calci al nemico, caddi a terra non so quante volte ma finalmente riuscii a urlare:

- Phoenix scappa!-

Lui mi guardò e, lanciando il pugnale contro l’essere, mi prese in braccio e corse via.

- Ny stai bene?- Mi domandò una volta arrivati al castello.

Lo guardai a lungo negli occhi cobalto, certa che anche senza parole avrebbe capito il mio stato d’animo. Ero stata umiliata, sconfitta e ferita da un mostro apparso dal nulla che cercava di portarmi via una delle persone più importanti della mia vita. Gli sorrisi debolmente e allungai la mano per poi adagiarla delicatamente sulla sua guancia. Lui era più grande di me di tre anni.

- Sei il mio fratellone, lo sai? –

Gli dissi ,ma poi la vista mi si appannò e tutto divenne buio e freddo.

 

 

Mi svegliai che era notte fonda, ero finita in camera mia e vicino al mio letto c’era mia madre che evidentemente si era appena addormentata piangendo. Ultimamente si angosciavano tutti troppo per la sottoscritta, come se mi dovesse capitare sempre qualcosa di brutto.

La testa mi girava ancora un po’ ,ma nonostante ciò mi alzai e caracollai verso la finestra. Provenivano delle voci dal giardino, mi affacciai alla finestra e scorsi mio padre e il consigliere di corte.

- …non pensate sia meglio parlarle del segreto che questa famiglia racchiude?- Il consigliere parlava a voce normale incurante di me che origliavo dalla finestra.

- E’ un peso troppo grande per lei, non posso dirglielo ora…- Aggiunse nervoso mio padre.

- Almeno parlatele del medaglione che ha al collo!- Insistette il consigliere.

- Si a quello avevo già pensato, non preoccupatevi, comunque non voglio rivelarle il segreto del Leac Oighir…lo scoprirà da sé! E’ una bambina molto intelligente e furba mi creda!-

Presi in mano il medaglione che avevo legato al collo da quando ero nata e lo esplorai con lo sguardo. Era composto da un cerchio d’argento,come i miei occhi, da cui partivano delle diramazioni che andavano verso l’interno fino a raggiungere una sfera con varie sfumature di colori freddi che vorticavano in continuazione.

Mi chiesi a cosa servisse, avendocela sempre al collo non ci avevo mai dato molta importanza, ma ora che mio padre ne parlava con così tanta segretezza mi assalì una curiosità inaudita, tanto che mi sporsi dalla finestra per sentire meglio cosa dicevano.

- Il medaglione è simbolo della nostra famiglia ormai da molti secoli, ma non pensavo racchiudesse un potere così grande dentro di sé.- Ammise mio padre.

- Infatti! E’ proprio per questo che sua figlia deve sapere l’importanza del potere che porta con sé giorno dopo giorno! Ma comunque faccia attenzione perché sento che il pericolo è nelle vicinanze, ha visto vero cosa è acceduto a vostra figlia oggi nel bosco? Mi creda, al giorno d’oggi non vi sono posti abbastanza sicuri dove poter giocare tranquillamente!- Esclamò rassegnato il consigliere.

- Non credevo proprio che gli uomini di Donia arrivassero a tanto! A meno che non vogliano il medaglione di mia figlia!Niamh è nata sotto la stella del coraggio della dea Luna e poi è stata anche consacrata ad ella. Pensate che grande pericolo potrebbe essere per l’esercito delle tenebre! Riteniamoci fortunati che sia sopravvissuta all’attacco di oggi, ma vedrai come me la pagheranno!-

Detto questo sfoderò la spada e stringendo forte la lama nel palmo della mano giurò:

- Che questo sangue mi dia la forza necessaria per poter proteggere mia figlia Niamh da ogni attacco nemico!Giuro che se non riuscirò nel mio intento pagherò con la mia stessa vita!-

Lo vidi mentre lasciò  cadere a terra delle gocce di sangue e il suo corpo cominciò a brillare di luce propria e sulla sua fronte si formò un marchio che non riuscii a vedere bene perché dopo pochi secondi svanì insieme alla luce.Ne rimasi abbagliata e dovetti strofinarmi gli occhi per poter vedere cosa stavano facendo in quel momento,ma mi sporsi troppo e caddi in mezzo ai cespugli di rovi.

- Chi va là!-

 Esclamò mio padre che si girò verso i cespugli con il mano la spada.

-Ahi…che botta!N..No padre sono io Niamh! Perdonate la mia impudenza, non volevo origliare!- L’avevo combinata grossa e non l’avrei passata liscia. Ma con mia enorme sorpresa mio padre si avvicinò, mi tirò fuori dai rovi e mi abbracciò calorosamente.

- Ah! Tesoro sei sempre la solita sbadata!-

Mi disse in tono scherzoso. Forse mio padre si comportava così con me perché ero solo una bambina e avevo già tanti pesi che gravavano su di me. Per prima cosa la mia malattia demoniaca incurabile. Ogni volta che la luna sorgeva nel suo primo quarto io cambiavo e al posto di essere la solita bambina diventavo una creatura demoniaca dagli occhi perlacei che distruggeva tutto ciò che le era attorno.

Non ero più me stessa.

Odiavo essere così: destinata a fuggire ogni qualvolta appariva la luna nel suo primo spicchio nel cielo. Ma d’altra parte non potevo farci niente. Quando sono nata una demone mi ha raggiunto nella culla e, sapendo che ero stata consacrata alla dea Luna, la più acerrima nemica dei demoni, non riuscì ad uccidermi,ma mi portò nel regno degli inferi dove la regina del clan: Donia, mi maledisse costringendomi a questa mia “malattia”.

Mio padre ed io rimanemmo abbracciati  per lungo tempo, ignari di quello che ci sarebbe capitato di lì a poche ore. Egli mi riaccompagnò in camera dove non feci altro che incubi, uni dei quali sembrò particolarmente reale…

Un demone mi stava sfiorando i capelli castani mentre ero sdraiata nel mio letto che dormivo, mi segnò sul collo una “X” e io, in men che non si dica, ritornai la creatura demoniaca che si mostrava quando c’era il primo quarto di luna.

I miei occhi si aprirono gelidi mentre mi alzavo dal letto e mi dirigevo verso la camera dei miei fratelli. Afferrai la mia spada di foggia elfica e mi specchiai in quella lama così tagliente e pericolosa.

Entrai a capofitto nella stanza, sfondando la porta.

Il più piccolo dei miei fratelli urlò vedendomi, ma io lo feci fuori con un colpo solo: la sua testa vorticò per qualche secondo nell’aria per poi cadere a terra in un lago di sangue. La guardai e sorrisi contenta di quello che stavo facendo alle persone che più amavo.

Volevo svegliarmi, ma non ci riuscivo.

Cercai di urlare,ma non avevo voce.

Chiesi aiuto, ma solo nella mia mente rimbombava l’eco della mia richiesta.

Uccisi tutti i miei fratelli, ad uno, ad uno, mi guardai le mani sporche di sangue e risi di gusto, talmente forte che mi sentirono anche gli altri parenti.

Appena entrarono nella camera videro il massacro che avevo compiuto e rimasero lì fermi a guardarmi con disprezzo. In quel momento lo zio Fidge mi prese per un braccio cercando di farmi tornare normale, pronunciando parole senza senso per me, poiché non ascoltavo altro che il mio istinto demoniaco.

Lo guardai gelida e con la spada lo trapassai da parte a parte più volte.

Egli cadde a terra con un gemito strozzato.

Tutti quella sera cercarono di fermarmi, ma tutti fecero la stessa fine, anche mia madre che mi aveva dato alla luce e alla quale volevo un bene enorme.

Dentro di me piangevo e strepitavo, ma nessuno mi sentiva.

Ero nel vuoto più totale e non riuscivo ad uscirne. Guardavo esterrefatta la scena che si parava davanti ad occhi non miei. Ad un tratto ecco mio padre. Una voce non mia lo rimproverò:

- Beh! Che fai stupido vecchio! Non attacchi? -

Lui mi guardò senza disprezzo prese tra le mani un globo luminoso e vi infilò una mano dentro. Quando la ritirò stringeva un bastone magico con lo stesso stemma del mio medaglione e me lo puntò contro. Ma dal nulla apparve quel demone che mi aveva trasformata e deviò l’attacco magico di mio padre. Lui, o a dire il vero, lei, era la stessa che mi aveva maledetta da neonata costringendomi a vivere nell’oblio.

Ed ora era lì, davanti a me che mi difendeva.

Dagli angoli delle pareti ad uno, ad uno apparvero i fantasmi bluastri dei miei parenti che mi incatenarono polsi e caviglie con le loro catene di fumo blu,cercai invano di liberarmi.

Allora la demone pronunciò una formula e sulla mia spalla sinistra si incise il simbolo della mia famiglia, il sangue usciva a fiotti dall’incisione e io urlavo di dolore. Ma dal mio medaglione uscì un getto argenteo che mi circondò e mi fece tornare la bambina di sempre..poi, di nuovo il buio…

Il mattino seguente mi svegliai incatenata al muro, quando aprii gli occhi i miei parenti erano a terra massacrati e io mi misi ad urlare per lo spavento, piansi quando mi resi conto che il sogno che avevo fatto la notte non era affatto un sogno, ma la cruda realtà. Avevo ucciso i miei parenti perché il demone che mi aveva inflitto la malattia da neonata era venuto a risvegliare la creatura che era dentro di me. Donia, era il suo nome, regina dell’oscurità e delle tenebre.

Mi promisi che l’ avrei uccisa con la mia spada; la cercai nella mia stanza, ma non la trovai.

Non poteva essere!!! La mia fida amica che non mi abbandonava mai! Dovevo assolutamente trovarla, ma le catene con cui mi avevano imprigionata gli stessi miei parenti mi impedivano ogni mossa stringendosi sempre di più ad ogni mio movimento.

Alzai lo sguardo bruciante di rabbia e spalancai gli occhi.

Mio padre…giaceva esangue su di una poltrona di legno…

MORTO…

Tutti ma non lui, non colui che aveva persino giurato di proteggermi con un incantesimo arcano e potentissimo.

Notai che sul suo petto, ormai privo di abiti, si stagliava nitido lo stesso sigillo che era marchiato a fuoco sulla mia spalla.

La mia condanna.

La mia morte.

Urlai fino a non aver più voce…

Le catene strinsero talmente forte le mie carni da lacerarle e da farne uscire rivoli incessanti di sangue. Il mio dolore si ampliò quando vidi anche il corpo di mia madre accasciato ai piedi di mio padre.

Era colpa mia..

Era tutta colpa mia…

Ma non sapevo ancora che danni mi avrebbe causato quella maledizione…

…ma non lo so tutt’ora..

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MY-SPACE

Eccomi qui a spiegare questo prologo confuso.

Spero di non avervi fatto impazzire perchè qui i misteri sono tantissimi e la storia si strutturerà in base a questo capitolo, essenziale per la riuscita della fiction.

Quindi non preoccupatevi se vi sembra campato per aria perchè dal prossimo capitolo comparirà Hogwarts e i nostri amati maghetti con Sam, Eliane, Yvès, Hermione, Draco e qualche nuova sorpresa.

Artemys sarà contentissima di trovare il nome del suo personaggio pure qui, tra le mie righe, in una versione totalmente diversa. Spero tu possa tornare al più presto gemella cara!

Lascio a voi il piacere di commentare questo piccolo, grande esperimento, di cui vado particolarmente fiera. E questo è il caso di mettere la modestia da parte, perchè mi piace proprio. Scrivere questa fiction sarà uno spasso e spero che per voi leggerla sarà lo stesso.

A presto

 

Ilaria

 

   
 
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