Prefazione
Ringrazio tutti coloro che hanno deciso
di cliccare su “Antartika” con l’intenzione di
leggere questo sequel, come ho già detto, di “Due Cuori e una Serpe”.
Innanzitutto volevo scusarmi per aver
accidentalmente eliminato la storia dal sito(non sapete quante urla ho tirato
tra queste quattro mura-.-), ma vi prometto che entro domani la troverete al
punto in cui la trovavate un giorno fa, ovvero al capitolo 3. Come ho da poco
spiegato anche sulla pagina Facebook ( –
Midori92 EFP-) la mia intenzione era quella di
eliminare il capitolo di riassunto per permettere un miglior accesso alla
lettura per poi inserire un link in questo capitolo nel quale indicavo la
pagina in cui avreste potuto trovare il famigerato riassunto. Ora, tutto ciò
esiste ed è mio preciso volere indicarvelo nel caso non vogliate leggervi l’intera
fiction precedente a questa à Riassunto
di "Due Cuori e una Serpe".
Veramente non so come scusarmi con tutte coloro che avevano
inserito la fiction tra le seguite, preferite o ricordate e con Artemys che ha deciso di commentarla fin dall’inizio. La
stanchezza e i primi giorni di università uccidono anche me, evidentemente.
Vi lascio al capitolo il quale, premetto non è affatto collegato
al mondo di Harry Potter, ma ad un mondo tutto mio, ad un personaggio tutto mio
e ad un’idea tutta mia.
A presto.
PROLOGO
The dark side of the Moon
Dedico
questa storia a mio padre
Con
affetto
O |
cchi di ghiaccio, freddi come il metallo e magnetici come dei buchi neri
scrutavano attenti la tempesta che imperversava attorno ad essi.
Un lungo mantello si confondeva con il biancore luminescente della
coltre di neve e una spada di Pietra Nera, il materiale più resistente di tutto
il Mondo Magico, spiccava nitida sulla stoffa candida.
I corti capelli castani venivano scompigliati dalla furia del vento
antartico e la pelle diafana era leggermente arrossata a causa dei diversi
gradi sotto lo zero.
Il solito formicolio alle mani di quando voleva combattere e non vedeva
l’ora di stendere l’avversario che in quel momento stava di fronte a lei, o
meglio, era tutt’intorno a lei.
In mezzo alla tempesta macchioline scure spiccavano nitide e immobili.
La ragazza si mosse lentamente, afferrò l’elsa ed estrasse la spada con
un colpo secco, portandosela di fronte, pronta ad ogni eventuale attacco.
Una risata agghiacciante si diffuse nell’aria fino ad arrivare alle sue
orecchie chiara e limpida, una voce strascicata di donna, che ormai conosceva
benissimo.
Si chiedeva solamente quando l’avrebbe lasciata in pace.
Mai.
Questo era un dato di fatto; la sua maledizione non l’avrebbe mai
lasciata in pace.
La sua condanna.
Ghignò mostrando i denti bianchi e perfetti e subito dopo si inumidì le
labbra con la lingua.
I suoi occhi di ghiaccio saettavano da una macchia scura all’altra, in
cerca di un movimento inesistente.
- Attacca…-
Disse in un sibilo.
La sua voce era profonda e un po’ rauca a causa della mancanza di esseri
umani con cui parlare in quel posto così desolato e lontano da tutta la civiltà
magica.
Era una strega potente, troppo, e il suo esilio le era stato imposto con
la forza da suo padre.
O meglio, il suo patrigno. Un assassino, un uomo avaro, perfido e
cinico…beh, d’altra parte anche lei lo era.
Maledetto.
Quell’uomo l’aveva distrutta interiormente, mai, mai, lo avrebbe
perdonato per quello che le aveva fatto!
Un grido di rabbia repressa per troppo tempo scaturì dalle labbra
socchiuse, quando le veniva in mente il suo passato una furia cieca la invadeva
e la razionalità non esisteva più.
Cominciò a fendere l’aria con la lama nera e affilata, in cerca di
un’entità che ben si guardava nel mostrarsi a quella furia scatenata.
Le piccole macchioline si compattarono in un unico corpo nero, per poi
dare forma ad una splendida ragazza, identica a quella che, arrabbiata, fendeva
ancora l’aria.
I colori si erano invertiti.
Una era completamente vestita di bianco, l’altra era completamente
vestita di nero. Le loro spade erano rispettivamente nere e bianche, così come
i loro capelli.
In un sol gesto si slacciarono il mantello cha cadde sul soffice manto
di neve.
Rabbrividirono all’unisono per il freddo pungente ma non vi fecero caso,
dopo tutti quegli anni trascorsi in solitudine tra i ghiacci!
- Non pensi sia meglio smettere per oggi?-
La figura con il mantello nero parlò con voce preoccupata.
La sua metà bianca non vi badò e, riprendendo in mano la spada di Pietra
Nera, ricominciò con il suo allenamento e puntò subito alla gola di colei che
aveva parlato.
Mai mettersi contro di me…anche se
tu sei me stessa…la mia maledizione.
Il vento le sferzava la pelle, violento e determinato a vincere la sua
voglia di combattere.
La ragazza in nero guardò la sua pari in tralice e ghignò divertita.
- Non dirmi che non ti stai divertendo, in fondo tu sei me.-
Negli occhi dell’altra passò un lampo di pura paura.
- La strega ci separerà, prima o poi, lo so…-
Gli occhi di ghiaccio dell’altra lampeggiarono di rabbia al sol pensiero
della strega, un essere orrendo, senza pietà. La donna che avrebbe volentieri
ucciso con le proprie mani.
- Non dopo la sua morte…-
- Il nostro corpo verrà sconvolto e moriremo…- un sussurro mentre una
lacrime rigava la guancia della ragazza in nero, scatenando la furia dell’altra
che spinse ancora di più la lama sulla gola diafana di colei che le era di
fronte.
- Quando fai così…ti odio-
Odiava la parte di sé stessa debole, non tollerava l’idea di essere
fragile e indifesa, si era sempre arrangiata nella vita, aveva imparato tutto
da sola.
Tanto i miei era come se non
esistessero!
Distolse lo sguardo dalla sua parte debole e la sua espressione mutò da
dura ad amareggiata.
Era stanca di vivere in quel limbo senza uscita.
Si sentiva un animale in cattività, allevato dalla peggior donna
esistente sul pianeta.
Il freddo si era insinuato sotto i suoi vestiti, sotto la sua pelle,
fino a raggiungere il suo cuore, il quale, oramai, non batteva più.
Un pezzo di ghiaccio.
Un organo inutile.
Era lì, spostato appena a sinistra nella gabbia toracica, avvizzito e
stretto da catene invisibili, che lo inchiodavano a costrizioni sempre più
disumane. Era nato morto.
Riusciva solo a pompare il sangue necessario per gli organi interni, ma
mai, mai, era riuscito a causare un mutamento di colore nelle guance diafane
della Guerriera di Ghiaccio.
Oh, si di ghiaccio. Fredda e calcolatrice, cinica, restava nell’ombra attendendo
pazientemente la sua vendetta.
La ragazza dal mantello bianco allargò le braccia, decidendo di porre
fine a quell’allenamento notturno.
L’altra assunse un’espressione di sollievo e avvicinandosi a poco a poco
si unì al corpo di colei che l’aveva richiamata in sé.
Il mantello bianco volteggiava irrequieto nell’aria, mentre la ragazza
posava il suo sguardo freddo sul medaglione al collo.
Il Leac Oighir, adesso manca il
Tine…
La
sua condanna si stagliava netta al suo collo. Un catena di titanio incantato le
impediva di levarsi una volta per tutte il medaglione di cristallo, dove dentro
vorticavano fili di luce argentata.
Una meraviglia di collana, direte voi…
Non c’è peggior cosa al mondo…
E con il suo solito ghigno si smaterializzò, lasciando le sue impronte
sulla neve fresca, che ben presto vennero coperte dalla neve che sferzava
ancora l’aria antartica.
Lontano dal gelo di quel posto sconosciuto.
Lontano da pericoli
Tra le lenzuola violette della sua camera si rigirava nel letto Samantha
Helena Granger.
I capelli incollati al viso sudato e le mani contratte stringevano il
lenzuolo spasmodicamente.
La sua mente vagava in un’altra, senza possibilità di evitarne la lettura,o meglio, la visione orrenda.
Scene di morte aleggiavano nella sua mente, ombre cariche di tristezza,
occhi vacui…tutto le pareva così distorto.
Gemette nel sonno mentre una strana voce gelida e distaccata le si
insinuava nella mente.
Ascoltami
Shyuna…
La determinazione in quella voce così inumana la fece rabbrividire.
Nulla del genere le era mai capitato nei suoi diciassette anni di vita.
Nessuno la chiamava con quel nome da almeno cinque anni…dalla fine della
guerra.
Ciò che non poteva sapere era che sua sorella maggiore, Hermione Jane
Granger era ridotta nel suo stesso stato e il vecchio spirito di Lilith, la
regina dei venti, si stava lentamente risvegliando in lei. E, di conseguenza,
anche il suo lato oscuro e sensitivo.
Una storia nella loro mente…un fatto…raccontato da quella voce per nulla
rassicurante.
Era il giorno del mio settimo compleanno, mi svegliai come tutte
le mattine molto presto, andai nel bosco vicino al castello per andare a fare
quattro tiri con l’arco, quando mi sentii chiamare da una voce familiare…
- Niamh dove sei? Dai vieni a colazione ti stiamo aspettando
tutti!- Urlò mio padre dalla finestra della cucina.
- Padre non ho molta fame questa mattina!- Gli urlai di rimando
- Non mi interessa figliola! Tu devi mangiare per diventare una
grande guerriera e regina!- Era sempre così con lui non potevi evitare di volergli bene e di
ubbidirgli, così feci come mi aveva detto e lo raggiunsi.
A tavola c’erano proprio tutti, dai nonni ai cugini più lontani, certi
perfino non li avevo mai visti. Mi sedetti a capotavola come mi era stato
indicato e mio padre mi fece aprire i regali. C’era anche il mio migliore
amico: Phoenix. Mi guardava felice e ad un certo punto, quando ebbi finito di
scartare i regali mi prese per mano e mi portò fuori dal castello correndo.
Non avevo idea di cosa volesse fare ma non mi opposi e mi lasciai
trainare dalla sua delicata stretta. Dieci minuti dopo ci trovammo in una
radura al cui centro vi era un grande albero. Ne rimasi estasiata, le sue
fronde si muovevano accarezzate dal vento e tutto ciò che c’era intorno
sembrava volesse accompagnare questa sua danza. Così cominciai a danzare
anch’io come se con me vi fosse un principe azzurro invisibile. Ad un tratto mi
sentii afferrare la mano e il fianco: era il caro Phoenix che cominciò a
ballare un valzer con me. Quella mattina risi come non avevo mai fatto.
- Adesso seguimi . –
Mi disse Phoenix. Mi prese ancora una volta per mano e mi portò
nel folto del bosco, mi bendò e sentii i suoi passi sparire per alcuni minuti
che a me parvero anni.
Ad un tratto sentii uno scalpiccio sommesso e chiesi:
- Phoenix… Sei tu?Dai non farmi uno dei tuoi scherzi!-
Ma qualcosa di viscido si appoggiò alla mia spalla. Io come un
fulmine estrassi il pugnale che ero solita tenere nello stivaletto e scattai
alla mia destra. Mi tolsi la benda, ormai certa che non si trattasse del mio
amico.
- Chi diavolo sei tu?-
Azzardai. Davanti a me si stagliava un grosso signore dalle mani
provviste di tentacoli. Rabbrividii alla sua vista e mi misi in posizione
d’attacco con il pugnale stretto forte sopra la mia testa.
- Ehi, ragazzina, sei piuttosto veloce per avere solo sette anni!-
Mi disse con voce rauca.
Mi sentii orgogliosa di quel complimento e accennai ad un gelido sorriso
guardando di sott’ecchi l’avversario.
- Ma penso ti passerà la voglia di combattere quando vedrai la
fine che farà il tuo amico!-
Detto questo rise selvaggiamente e sputò a terra. Dopo poco arrivò
un suo alleato che teneva prigioniero il mio migliore amico che si dimenava e
scalciava come un cavallo imbizzarrito.
- Phoenix! Maledetti, cosa gli volete fare?-
Furibonda mi lanciai contro l’uomo dalle mani di polipo e gli
tranciai un dito con il pugnale. Egli urlò di dolore e si spostò in seconda
fila lasciando campo libero al suo amico che era ancora più mostruoso di lui.
Infatti al posto delle spalle possedeva una coppia di corna da rinoceronte e la
sua faccia sembrava quasi quella di un goblin. Quest’ultimo prese Phoenix per i
capelli neri facendolo urlare, ma lui riuscì a mordergli un braccio e
,rotolando a terra, mi raggiunse, recuperò il suo pugnale caduto e insieme lo attaccammo. Io mi aggrappai con
tutta la forza che avevo in corpo alla sua schiena e lo colpii alle scapole
ripetutamente, il mostruoso essere si voltò verso di me e con una mano mi prese
per il vestito e mi scagliò contro una roccia. Presi una violenta botta alla
testa e evidentemente cominciai a sanguinare copiosamente, ma non me ne curai.
Barcollando cercai di raggiungere Phoenix che strepitava e tirava calci al
nemico, caddi a terra non so quante volte ma finalmente riuscii a urlare:
- Phoenix scappa!-
Lui mi guardò e, lanciando il pugnale contro l’essere, mi prese in
braccio e corse via.
- Ny stai bene?- Mi domandò una volta arrivati al castello.
Lo guardai a lungo negli occhi cobalto, certa che anche senza
parole avrebbe capito il mio stato d’animo. Ero stata umiliata, sconfitta e
ferita da un mostro apparso dal nulla che cercava di portarmi via una delle
persone più importanti della mia vita. Gli sorrisi debolmente e allungai la
mano per poi adagiarla delicatamente sulla sua guancia. Lui era più grande di
me di tre anni.
- Sei il mio fratellone, lo sai? –
Gli dissi ,ma poi la vista mi si appannò e tutto divenne buio e
freddo.
Mi svegliai che era notte fonda, ero finita in camera mia e vicino
al mio letto c’era mia madre che evidentemente si era appena addormentata
piangendo. Ultimamente si angosciavano tutti troppo per la sottoscritta, come
se mi dovesse capitare sempre qualcosa di brutto.
La testa mi girava ancora un po’ ,ma nonostante ciò mi alzai e
caracollai verso la finestra. Provenivano delle voci dal giardino, mi affacciai
alla finestra e scorsi mio padre e il consigliere di corte.
- …non pensate sia meglio parlarle del segreto che questa famiglia
racchiude?- Il consigliere parlava a voce normale incurante di me che origliavo
dalla finestra.
- E’ un peso troppo grande per lei, non posso dirglielo ora…-
Aggiunse nervoso mio padre.
- Almeno parlatele del medaglione che ha al collo!- Insistette il
consigliere.
- Si a quello avevo già pensato, non preoccupatevi, comunque non
voglio rivelarle il segreto del Leac Oighir…lo scoprirà da sé! E’ una bambina
molto intelligente e furba mi creda!-
Presi in mano il medaglione che avevo legato al collo da quando
ero nata e lo esplorai con lo sguardo. Era composto da un cerchio
d’argento,come i miei occhi, da cui partivano delle diramazioni che andavano
verso l’interno fino a raggiungere una sfera con varie sfumature di colori
freddi che vorticavano in continuazione.
Mi chiesi a cosa servisse, avendocela sempre al collo non ci avevo
mai dato molta importanza, ma ora che mio padre ne parlava con così tanta
segretezza mi assalì una curiosità inaudita, tanto che mi sporsi dalla finestra
per sentire meglio cosa dicevano.
- Il medaglione è simbolo della nostra famiglia ormai da molti
secoli, ma non pensavo racchiudesse un potere così grande dentro di sé.- Ammise
mio padre.
- Infatti! E’ proprio per questo che sua figlia deve sapere
l’importanza del potere che porta con sé giorno dopo giorno! Ma comunque faccia
attenzione perché sento che il pericolo è nelle vicinanze, ha visto vero cosa è
acceduto a vostra figlia oggi nel bosco? Mi creda, al giorno d’oggi non vi sono
posti abbastanza sicuri dove poter giocare tranquillamente!- Esclamò rassegnato
il consigliere.
- Non credevo proprio che gli uomini di Donia arrivassero a tanto!
A meno che non vogliano il medaglione di mia figlia!Niamh è nata sotto la
stella del coraggio della dea Luna e poi è stata anche consacrata ad ella.
Pensate che grande pericolo potrebbe essere per l’esercito delle tenebre!
Riteniamoci fortunati che sia sopravvissuta all’attacco di oggi, ma vedrai come
me la pagheranno!-
Detto questo sfoderò la spada e stringendo forte la lama nel palmo
della mano giurò:
- Che questo sangue mi dia la forza necessaria per poter
proteggere mia figlia Niamh da ogni attacco nemico!Giuro che se non riuscirò
nel mio intento pagherò con la mia stessa vita!-
Lo vidi mentre lasciò
cadere a terra delle gocce di sangue e il suo corpo cominciò a brillare
di luce propria e sulla sua fronte si formò un marchio che non riuscii a vedere
bene perché dopo pochi secondi svanì insieme alla luce.Ne rimasi abbagliata e
dovetti strofinarmi gli occhi per poter vedere cosa stavano facendo in quel
momento,ma mi sporsi troppo e caddi in mezzo ai cespugli di rovi.
- Chi va là!-
Esclamò mio padre che si
girò verso i cespugli con il mano la spada.
-Ahi…che botta!N..No padre sono io Niamh! Perdonate la mia
impudenza, non volevo origliare!- L’avevo combinata grossa e non l’avrei
passata liscia. Ma con mia enorme sorpresa mio padre si avvicinò, mi tirò fuori
dai rovi e mi abbracciò calorosamente.
- Ah! Tesoro sei sempre la solita sbadata!-
Mi disse in tono scherzoso. Forse mio padre si comportava così con
me perché ero solo una bambina e avevo già tanti pesi che gravavano su di me.
Per prima cosa la mia malattia demoniaca incurabile. Ogni volta che la luna
sorgeva nel suo primo quarto io cambiavo e al posto di essere la solita bambina
diventavo una creatura demoniaca dagli occhi perlacei che distruggeva tutto ciò
che le era attorno.
Non ero più me stessa.
Odiavo essere così: destinata a fuggire ogni qualvolta appariva la
luna nel suo primo spicchio nel cielo. Ma d’altra parte non potevo farci
niente. Quando sono nata una demone mi ha raggiunto nella culla e, sapendo che
ero stata consacrata alla dea Luna, la più acerrima nemica dei demoni, non
riuscì ad uccidermi,ma mi portò nel regno degli inferi dove la regina del clan:
Donia, mi maledisse costringendomi a questa mia “malattia”.
Mio padre ed io rimanemmo abbracciati per lungo tempo, ignari di quello che ci
sarebbe capitato di lì a poche ore. Egli mi riaccompagnò in camera dove non
feci altro che incubi, uni dei quali sembrò particolarmente reale…
Un demone mi stava sfiorando i capelli castani mentre ero sdraiata
nel mio letto che dormivo, mi segnò sul collo una “X” e io, in men che non si
dica, ritornai la creatura demoniaca che si mostrava quando c’era il primo
quarto di luna.
I miei occhi si aprirono gelidi mentre mi alzavo dal letto e mi
dirigevo verso la camera dei miei fratelli. Afferrai la mia spada di foggia
elfica e mi specchiai in quella lama così tagliente e pericolosa.
Entrai a capofitto nella stanza, sfondando la porta.
Il più piccolo dei miei fratelli urlò vedendomi, ma io lo feci
fuori con un colpo solo: la sua testa vorticò per qualche secondo nell’aria per
poi cadere a terra in un lago di sangue. La guardai e sorrisi contenta di
quello che stavo facendo alle persone che più amavo.
Volevo svegliarmi, ma non ci riuscivo.
Cercai di urlare,ma non avevo voce.
Chiesi aiuto, ma solo nella mia mente rimbombava l’eco della mia
richiesta.
Uccisi tutti i miei fratelli, ad uno, ad uno, mi guardai le mani
sporche di sangue e risi di gusto, talmente forte che mi sentirono anche gli
altri parenti.
Appena entrarono nella camera videro il massacro che avevo
compiuto e rimasero lì fermi a guardarmi con disprezzo. In quel momento lo zio
Fidge mi prese per un braccio cercando di farmi tornare normale, pronunciando
parole senza senso per me, poiché non ascoltavo altro che il mio istinto
demoniaco.
Lo guardai gelida e con la spada lo trapassai da parte a parte più
volte.
Egli cadde a terra con un gemito strozzato.
Tutti quella sera cercarono di fermarmi, ma tutti fecero la stessa
fine, anche mia madre che mi aveva dato alla luce e alla quale volevo un bene
enorme.
Dentro di me piangevo e strepitavo, ma nessuno mi sentiva.
Ero nel vuoto più totale e non riuscivo ad uscirne. Guardavo
esterrefatta la scena che si parava davanti ad occhi non miei. Ad un tratto
ecco mio padre. Una voce non mia lo rimproverò:
- Beh! Che fai stupido vecchio! Non attacchi? -
Lui mi guardò senza disprezzo prese tra le mani un globo luminoso
e vi infilò una mano dentro. Quando la ritirò stringeva un bastone magico con
lo stesso stemma del mio medaglione e me lo puntò contro. Ma dal nulla apparve
quel demone che mi aveva trasformata e deviò l’attacco magico di mio padre.
Lui, o a dire il vero, lei, era la stessa che mi aveva maledetta da neonata
costringendomi a vivere nell’oblio.
Ed ora era lì, davanti a me che mi difendeva.
Dagli angoli delle pareti ad uno, ad uno apparvero i fantasmi
bluastri dei miei parenti che mi incatenarono polsi e caviglie con le loro
catene di fumo blu,cercai invano di liberarmi.
Allora la demone pronunciò una formula e sulla mia spalla sinistra
si incise il simbolo della mia famiglia, il sangue usciva a fiotti
dall’incisione e io urlavo di dolore. Ma dal mio medaglione uscì un getto
argenteo che mi circondò e mi fece tornare la bambina di sempre..poi, di nuovo
il buio…
Il mattino seguente mi svegliai incatenata al muro, quando aprii
gli occhi i miei parenti erano a terra massacrati e io mi misi ad urlare per lo
spavento, piansi quando mi resi conto che il sogno che avevo fatto la notte non
era affatto un sogno, ma la cruda realtà. Avevo ucciso i miei parenti perché il
demone che mi aveva inflitto la malattia da neonata era venuto a risvegliare la
creatura che era dentro di me. Donia, era il suo nome, regina dell’oscurità e
delle tenebre.
Mi promisi che l’ avrei uccisa con la mia spada; la cercai nella
mia stanza, ma non la trovai.
Non poteva essere!!! La mia fida amica che non mi abbandonava mai!
Dovevo assolutamente trovarla, ma le catene con cui mi avevano imprigionata gli
stessi miei parenti mi impedivano ogni mossa stringendosi sempre di più ad ogni
mio movimento.
Alzai lo sguardo bruciante di rabbia e spalancai gli occhi.
Mio padre…giaceva esangue su di una poltrona di legno…
MORTO…
Tutti ma non lui, non colui che aveva persino giurato di
proteggermi con un incantesimo arcano e potentissimo.
Notai che sul suo petto, ormai privo di abiti, si stagliava nitido
lo stesso sigillo che era marchiato a fuoco sulla mia spalla.
La mia condanna.
La mia morte.
Urlai fino a non aver più voce…
Le catene strinsero talmente forte le mie carni da lacerarle e da
farne uscire rivoli incessanti di sangue. Il mio dolore si ampliò quando vidi
anche il corpo di mia madre accasciato ai piedi di mio padre.
Era colpa mia..
Era tutta colpa mia…
Ma non sapevo ancora che danni mi avrebbe causato quella
maledizione…
…ma non lo so tutt’ora..
MY-SPACE
Eccomi qui a spiegare questo prologo confuso.
Spero di non avervi fatto impazzire perchè qui i misteri sono tantissimi
e la storia si strutturerà in base a questo capitolo, essenziale per la
riuscita della fiction.
Quindi non preoccupatevi se vi sembra campato per aria perchè dal prossimo
capitolo comparirà Hogwarts e i nostri amati maghetti con Sam, Eliane, Yvès,
Hermione, Draco e qualche nuova sorpresa.
Artemys sarà contentissima di trovare il nome del suo
personaggio pure qui, tra le mie righe, in una versione totalmente diversa. Spero
tu possa tornare al più presto gemella cara!
Lascio a voi il piacere di commentare questo piccolo, grande
esperimento, di cui vado particolarmente fiera. E questo è il caso di mettere
la modestia da parte, perchè mi piace proprio. Scrivere questa fiction sarà uno
spasso e spero che per voi leggerla sarà lo stesso.
A presto
Ilaria