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Autore: LaU_U    02/10/2011    4 recensioni
"Senti un dolore crescente alla testa. Sembra aumentare progressivamente, divenire ogni istante più forte, ogni secondo più devastante. È come se qualcuno ti stesse stringendo il cranio in una tagliola. In realtà non lo puoi sapere, una tagliola l’hai vista solo nei cartoni di Bugs Bunny, ma sei sicuro che il male che provocherebbe uno strumento del genere piazzato ad attanagliarti le tempie sarebbe identico."
Castle è stato catturato da un pericoloso criminale che vuole costringerlo a parlare. A tutti i costi.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Rick Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione, Contesto generale/vago
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Avvertimento: violenza e male parole.
Buona lettura a chi non si farà fermare da ciò!




Senti un dolore crescente alla testa. Sembra aumentare progressivamente, divenire ogni istante più forte, ogni secondo più devastante. È come se qualcuno ti stesse stringendo il cranio in una tagliola. In realtà non lo puoi sapere, una tagliola l’hai vista solo nei cartoni di Bugs Bunny, ma sei sicuro che il male che provocherebbe uno strumento del genere piazzato ad attanagliarti le tempie sarebbe identico.
Aspetta. Non è vero, non è così. Non sta crescendo, ora te ne stai rendendo conto. Prima non lo sentivi perché avevi perso conoscenza. Però questo dolore è troppo forte per permetterti di rimanere incosciente. Percepisci anche una fitta alla mandibola. E una in pancia. E sul petto, fra le costole. Sono rotte, sono decisamente rotte.
Quello nella tua bocca è di sicuro sangue. Ha un sapore insopportabile ed è diffuso su tutto il palato. Se sposti la lingua lo senti anche sui denti. Temi che non se ne andrà neanche con del dentifricio. Sempre che tu riesca ancora a rivedere uno spazzolino da denti.
Devi capire dove sei. Socchiudi gli occhi. Persino questo fa male. Per fortuna la luce è talmente fioca che non ti abbaglia, anche se per ora non vedi nulla. Quella deve essere una lampada. Sì, è una lampada da scrivania, ma la lampadina illumina a malapena. Non è sopra un tavolo. No, è poggiata su una sedia di legno. Che altro c’è? Nulla, non vedi nulla. Dove ti trovi? Sembra un posto enorme. Forse dietro di te…
Non ti muovi. Oh, cazzo, sei bloccato. Ti hanno legato le mani dietro alla schiena, quei bastardi. Ma certo, devi essere ancora nel magazzino dove vi hanno trascinati. Ora ricordi. Ma… un attimo, che fine ha fatto?
«Beckett? Beckett, dove sei?»
Silenzio. No, Beckett, no. Perché non ti risponde? Beckett, digli qualcosa.
«BECKETT?»
Per favore, fatti sentire.
Devi liberarti. Forse se inizi a strattonare… Devi ondeggiare, stando attento a non cadere. Destra, sinistra, destra, sinistra, destra, sinistra. Il male è lancinante anche alle spalle adesso. È troppo stretto, il nodo è troppo stretto, non ce la fai. La consapevolezza di questa impotenza ti abbatte. Che puoi fare?
«KATE?»
«Non sprecare il fiato, non è qui.»
È la voce dello scozzese, però non riesci a vederlo.
«Dov’è? Cosa le avete fatto?»
Non dice nulla. Questo stronzo lo vorresti riempire di botte. Però una stretta sui polsi ti fa capire che non andrai da nessuna parte.
«Se solo le avete fatto qualcosa, io…»
«Tu cosa?»
Ti zittisce. Ha una voce raggelante, perfettamente controllata, fredda. Ha ragione. Cosa puoi fare? Nulla.
Senti un rumore. Qualcosa che struscia, forse? No, vedi una fiamma, dritta davanti a te. Il rumore e la fiamma. Il rumore e la fiamma. È un accendino. Quando appare il fuoco si palesa un viso. Ora sei certo che lui è in piedi dinanzi a te ad una decina di metri. Torna il buio. Resta un pallino rosso, la punta di una sigaretta che si muove nell’oscurità.
«Mi avete fatto un bello scherzo, voi due. Per poco non avete bloccato il mio piano, non sono in molti a potersi vantare di aver fatto lo stesso.»
Il puntino rosso diventa più acceso. Sta inspirando.
«A dir la verità nessuno può vantarsi di questo. Non più, ormai.»
Delle risate sommesse ti fanno capire che c’è qualcun altro celato nel buio.
Stai impazzendo dalla rabbia. Vorresti spaccare il muso a quell’uomo e alla sua banda di imbecilli scozzesi, vorresti picchiarli finché non ti avranno detto dov’è Kate, ma sai che sarà molto più facile che saranno loro a pestare te.
«Credi che adesso sia giunto il momento per iniziare a collaborare?»
«Prima dimmi dov’è la mia partner.»
«No, mio caro, lo decido io che cosa succede prima.»
Te lo ritrovi davanti alla faccia in un istante, senza neanche aver avuto il tempo di accorgerti del suo spostamento. La sua risposta è rapida, tagliente e brutale, ti fa sobbalzare per lo spavento. La cosa ti umilia, detesti sapere che lui ha sicuramente percepito la tua paura. Detesti che lui possa averti in pugno così. Quest’uomo non scherza e non hai possibilità di tenergli testa.
Quel che puoi fare è tacere.
«Allora?»
Resti in silenzio.
«Sto aspettando.»
Non ti sembra spazientito. È come se nulla gli facesse perdere il controllo di sé. Sa sempre perfettamente quel che vuole fare.
«MacNeil.»
Dice solamente un nome e senti uno dei suoi scagnozzi muoversi e avvicinarsi a te. Provi ancora a strattonarti in avanti nella vana speranza di liberarti e salvarti, ma un pugno ti raggiunge dritto sul mento. Senti le ossa scrocchiare e la mandibola spostarsi e nonostante tutto il dolore che già provavi, questo è ancora più lancinante.
Serri le palpebre, non puoi fare niente di più. Ma ancora non parli. Il silenzio è la tua ultima difesa.
«Sai, il nostro caro MacNeil è piuttosto arrabbiato con voi poliziotti. Hanno arrestato suo fratello ingiustamente e lui ha preso la cosa un po’ sul personale. Ma come dargli torto? A volte voi vedete solo quel che volete vedere.»
Il suo tono è di scherno. Si prende gioco di te.
«Io non sono un poliziotto» affermi sdegnato fra i denti.
«Oh, già, ma certo. Tu sei Richard Castle. Lo scrittore che può permettersi di comprarsi un passatempo piuttosto esclusivo. Quanti soldi dai al Dipartimento per farti gironzolare con quei detective? In fondo si può dire che sei tu a stipendiarli.»
Vorresti rispondergli, ma non sai cosa dire. MacNeil ti toglie ogni dubbio e ti tira un altro pugno nello stesso punto. Resti con la testa a penzoloni sopraffatto da una fitta indescrivibile.
«Rick, se ti serve una donna non hai bisogno di correr dietro ad una poliziotta tutti i giorni. Una prostituta ti costerebbe molto meno. Anche se devo ammettere che la tua amichetta non è niente male una volta che le fai cadere di dosso quella sua fastidiosa determinazione da sbirro e quelle camicette da santarellina.»
Ti senti ribollire di rabbia. Scatti in avanti facendo un verso. Vuoi saltare addosso a quel lurido verme e seppellirlo nella terra, dove merita di stare. La sedia si sposta, ma ti trattiene. Un cazzotto e altre quattro braccia ti riportano indietro. Senti quell’uomo ridere. Ti sta rigirando come un calzino e ti sei fatto fottere un’altra volta. Ma come fai a sapere che è solo una menzogna? Come fai ad essere certo che Kate stia bene e che non le abbiano fatto nulla? Ti ritrovi a sperare che le abbiano riservato il tuo stesso trattamento, ma che non l’abbiano toccata in altro modo. Che non abbiano osato… Non vuoi neanche immaginarlo.
«Non mi ero sbagliato allora. È proprio quello il motivo per cui giochi a fare il piedipiatti: il banale ed antico bisogno delle gambe aperte di una cagna.»
Non lo guardi. Non puoi farlo perché altrimenti sei sicuro che perderesti anche l’ultimo briciolo di controllo che ti è rimasto. Stringi i denti, serri i pugni, sforzi tutti i muscoli del tuo corpo sperando che quella collera si esaurisca in tal modo. Ti auguri che il dolore fisico ti distragga dal desiderio di morte che stai sentendo.
«Va bene, Rick.»
Perché ti chiama per nome? Nessuno gli ha detto che può farlo.
«Abbiamo giocato, ci siamo divertiti insieme, ma adesso è il momento di tornare ai discorsi seri. Cosa sa la polizia di noi?»
Non otterrà niente, quel bastardo. Niente!
«Forse non mi sono spiegato bene, cosa ne dici Keogh? Non sono stato abbastanza esplicito?»
«Magari potremmo spiegarglielo meglio» propone lo scagnozzo ridacchiando.
È stupido. Te lo senti nelle ossa che quello è stupido come pochi altri esseri umani al mondo. La sua voce è stupida, lui deve esserlo all’ennesima potenza. Ti aspetti un altro cazzotto. È così che danno spiegazioni loro. Lo attendi a nervi tesi.
«E allora facciamogli un piccolo esempio. È uno scrittore, forse capisce più le parole dei fatti.»
Sempre. Perennemente. Padrone della sua voce. È una macchina. Una viscida, disgustosa, spietata macchina della morte.
Si avvicina, fa un ultimo tiro alla sua sigaretta, vedi il cerchiolino rosso accendersi. Poi scaglia il mozzicone a terra e si china in avanti. Mette la sua faccia proprio di fronte alla tua, così vicina che non riusciresti a metterla a fuoco neanche se ci fosse più luce. Apre la bocca e ti soffia il fumo addosso. Si insinua nelle narici. La tua gola si chiude, infastidita.
«Se tu non ci dici quello che vogliamo sapere…»
Fa una pausa, sa che così ti torturerà meglio.
«Noi andiamo dalla tua bella detective e ci divertiamo un po’ con lei. La trasformiamo nel nostro giocattolino erotico preferito; quello che usi e riusi finché non è così consumato da necessitare di essere buttato nella spazzatura. Sarà lei stessa ad implorarci di ucciderla pur di farla finita, te lo posso assicurare.»
Non sai che fare. Non puoi parlare, ma prima di tutto non puoi permettere che le facciano qualcosa del genere. Nessuno deve permettersi neanche di sfiorarla.
Cosa farebbe Beckett al posto tuo? Non lo sai, non hai la testa per pensare razionalmente. D’impulso gli sputi addosso. La saliva lo colpisce sul viso e per la prima volta percepisci un minuscolo sussulto in lui. Fa un respiro profondo mentre si raddrizza. Gli altri assieme a lui non fiatano.
«Andiamo da lei» dice con decisione, allontanandosi a passo rapido.
«NO! NOOO!»
Le tue urla non lo fermano. Non può andare così. Non deve andare da Kate.
«NO, PARLERÒ.»
Si bloccano.
«Parlerò.»
L’ultima parola è un fruscio. Sei rassegnato. Distrutto.
«Ha cominciato a ragionare, signor Castle.»
Adesso ti dà del lei. Rimpiangi il suono del tuo nome, Rick, che usciva dalla sua bocca.
Afferra qualcosa e la trascina. Ha il rumore delle unghie strusciate su una lavagna. Sono le gambe di una sedia che sfregano sul pavimento sporco. Si siede di fronte a te, unisce le sue mani, come fosse in preghiera.
«Mi dica.»
Non ce la fai. Ti stai odiando per essere finito in quella situazione e per non avere nessuna idea per uscirne. Stavolta non vedi speranza. Stavolta è finita per davvero. Ma come vorresti almeno una minuscola sicurezza. Fai una domanda, sussurri. È solo per lui, non riguarda gli altri uomini nel magazzino:
«Lei sta bene?»
Ti trema la voce. Lui sembra riflettere, pensare se risponderti o meno. O forse cosa risponderti.
«Mi chiedi se sta bene?» bisbiglia. «No, non sta bene. Sarebbe stata meglio se avesse parlato, ma anche quella donna, come te, non l’ha ancora fatto. Faremo un secondo tentativo quando avrà ripreso conoscenza.»
Senti un colpo in mezzo al petto, anche se nessuno ti ha tirato un pugno questa volta.
«La lascerete andare?» supplichi.
«Non lo so ancora. Magari lei potrebbe aiutarmi a prendere questa decisone.»
Ora sta a te. Lo sai. Sai che non la lasceranno. Sai che Beckett è un poliziotto e loro sono dei criminali che si sono macchiati di rapimento e violenza su un pubblico ufficiale. Lasciarla andare sarebbe da folli nelle loro condizioni. Ma non hai scelta. Lui ti ha aperto un microscopico spiraglio e l’unico barlume di speranza è in mano a te. Se c’è anche un’infinitesima possibilità che le tue azioni le permettano di salvarsi allora devi farlo. Devi parlare. Tacere non è più una possibilità.
«Va bene.»
E dici tutto. Rispondi ad ogni domanda. Sveli qualsiasi dettaglio ti stanno chiedendo. Ad ogni parola ti senti morire, ogni rivelazione ti fa sentire un traditore, un persona orribile che sta vendendo i propri compagni ad un uomo senz’anima. Il tuo addio al mondo è una sconfitta.
Vorresti cambiare le cose, vorresti riscrivere il finale. Basterebbe un colpo di scena: Esposito e Ryan che entrano e vi salvano. Sfondano la porta del magazzino, seguiti da una squadra di federali. Arrestano gli scozzesi, sparano al loro capo. Corrono a liberare Kate, che ha solo qualche graffio e lei viene a slegarti e vi abbracciate.
Basterebbe un colpo di scena. Fissi l’ingresso dell’edificio. Non lo vedi bene, ma noti lo spiraglio di luce che proviene da sotto di esso. Sputi fuori le verità che ti chiedono e osservi quel punto in attesa di vedere un fucile amico.
Ora hai detto tutto, non c’è altro da aggiungere.
È giunto il momento in cui si tirano le somme. L’uomo si alza e porta via la sedia, avendo cura di trascinarla in modo che quel’intollerabile rumore ti penetri ancora una volta i timpani.
«Molto bene, signor Castle.»
È la fine. Esposito, adesso è il momento per entrare ad armi puntate.
«MacNeil.»
Dice solamente un nome e senti uno dei suoi scagnozzi muoversi e avvicinarsi a te con passo pesante. Poi un rumore metallico. Una semiautomatica che viene caricata.
Basterebbe un colpo di scena.





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Il Signore Oscuro ha preso possesso di me e ha guidato le mie dita e la mia mente (non in quest'ordine) nella stesura di questa one-shot. Diversa da tutte quelle che ho scritto in precedenza.
Ho messo rating arancio, ma non ne sono certa.
Mi auguro che vi sia piaciuta, nonostante la stituazione poco divertente.
Ringrazio LaAngol che ha letto in anteprima l'inizio e approvato e che mi ha prestato la sua narrazione in seconda persona ;)
Grazie a lettori e commentatori!

PS: Credo di aver promesso a cutuletta che avrei dedicato a lei la prima fanfiction che avessi pubblicato, quindi: buon compleanno Moni! Una bella storia divertente per te! :P

   
 
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