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Autore: Martybet    02/10/2011    22 recensioni
L’unica libreria che vende il libro di Emma si trova nel centro di Londra. La Shipley possiede una ventina di copie e poche sono state vendute.
Nemmeno la sua famiglia e il suo ragazzo hanno sprecato tempo per leggerlo, e lei ogni giorno passa per Covent Garden fissando la vetrina con rammarico.
Ventotto anni, Micheal – il fidanzato di sempre-, e una vita fatta di libri, musica e infelicità.
Sfoga la rabbia repressa scrivendo, spingendo contro i tasti del suo Mac del 2007, e qualche volta riempendo di colore le tele che ha in garage.
Qualcosa però sta per cambiare, o meglio qualcuno sta per entrare nella sua vita.
E tutto questo, grazie alla ventina di copie riposta su uno scaffale nascosto della Shipley di Convent Garden.
Tutto questo,grazie all’unico che comprerà inconsapevolmente il suo libro.
Conosci un sacco di persone e nessuna di loro ti tocca realmente. Poi ne incontri una e la tua vita cambia per sempre.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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hoho
 
Hic et nunc.



 


Capitolo 2




HAPPILY EVER AFTER doesn't exist.


Niente ferisce, avvelena, ammala, quanto la delusione.
Perché la delusione è un dolore che deriva sempre da una speranza svanita,
una sconfitta che nasce sempre da una fiducia tradita cioè dal voltafaccia di qualcuno o qualcosa in cui credevamo.
Oriana Fallaci.

 
 
 
 
 
 
Il telefono continuava a squillare imperterrito e sembrava proprio non volerne sapere di smettere. Emma aprì lentamente un occhio e poi l’altro, accaldata dal corpo di Micheal anchilosato sopra il suo. Provò a spostare il braccio del suo fidanzato e dopo aver fatto una specie di acrobazia, saltò giù dal letto per rispondere a quell’insistente persona che si azzardava a chiamare di venerdì mattina.
«Pronto! »
 La voce di Em era assonnata e innervosita, tanto che non si era neppure fermata a leggere il numero sul display.
«Finalmente ho il piacere di parlare con mia figlia ».
Raggelò all’istante, rimanendo in piedi impalata e pietrificata. Il suo unico pensiero era che avrebbe fatto meglio a rimanere a letto.
«Mamma ».
«Sono quattro settimane che non rispondi alle mie telefonate ragazzina, voglio una spiegazione ».
Ragazzina. Quasi ventotto anni e sua madre la chiamava ancora ragazzina.
«Non avevo voglia di sentirti ».
«E si può  sapere il perché? Perché pensiamo che vivi in un appartamento miserabile, scrivendo idiozie sul tuo computer? Non puoi andare avanti così Emma… »
I pugni di quest’ultima si strinsero in una morsa, cercando di mantenere il controllo.
«Se tu non l’avessi ancora capito…sì, posso farlo. E sai perché mamma? Perché questa è la mia vita. Non la tua. E perché sono maggiorenne e vaccinata da tanto tempo, per cui la tua opinione non mi interessa ». La sua voce divenne rotta e marchiata da un velo di amarezza.
«Ah, quindi non possiamo dirti che per noi stai sbagliando tutto? »
Emma sentì gli occhi farsi più pungenti ed ebbe quasi l’impulso di sbattere in faccia il telefono a sua madre, anche se conoscendola dopo quel gesto sarebbe piombata lì nel giro di qualche quarto d’ora.
«Ti ripeto, chiudiamo il discorso. Non ho voglia di litigare, soprattutto alle sette e mezza del mattino; per cui se volevi dirmi solo quello, arrivederci. » fece per chiudere il telefono quando la voce di sua madre per poco non fece vibrare il cordless.
«Aspetta! »
«Che cosa?»  La sua voce poteva essere paragonata ad un ruggito.
«Io e tuo padre volevamo sapere se allora verrai qui per il tuo compleanno.. Devo anche avvisare Mallory e John ».
«Non credo di… »
«Okay, perfetto! Vedrai che organizzerò tutto come piace a te. Buona giornata Emma » chiuse la chiamata, lasciando la figlia interdetta, triste e arrabbiata.
Tornò di là in camera ma non appena vide la bocca di Micheal semi-aperta e sentì il suo russare pesante, chiuse la porta per poi andarsi a vestire.
Doveva uscire da quella casa, in quel preciso istante.
Indossò un maglione pesante, un paio di Jeans ,gli UGG regalatole dalla sua amica Christina e un cappotto pronto ad affrontare la gelida mattinata londinese.
Sapeva dove andare e sapeva anche che quel giorno, però nessun Carter ci sarebbe stato.
La Shipley era il suo porto sicuro e anche il suo cruccio maggiore, ma era lì che puntualmente ogni venerdì sentiva il bisogno di andare.
Era lì che quella mattina doveva andare.
Chiuse la porta di casa con cautela, facendo molta attenzione a non farla sbattere, se avesse svegliato Mike avrebbe dovuto dargli spiegazioni. Spiegazioni che al momento non voleva dare.
Avvolse il suo collo in una sciarpa beige e si diresse verso la stazione.
Come di routine, durante il tragitto iniziò a scrivere qualche parola sul suo block notes. Scriveva poesie, stati d’animo, storie che nessuno mai avrebbe letto, perché erano solo sue e sempre lo sarebbero rimaste.
 
Ho una netta sensazione di brivido che arriva dento ai posti più caldi,
dove vivono i sentimenti di un ricordo lontano,
tanto da percuotere i viaggi fatti in una storia,
che brucia e allo stesso tempo si raffredda…
per spegnersi,
per sempre.
 
Buttò di getto senza rendersene conto.
Era una poesia che aveva scritto da piccola, a circa sette anni. Quando l’aveva mostrata alla sua maestra, quest’ultima le aveva chiesto dove l’avesse copiata.
Si sentì ferita e non fece leggere più niente di suo, a nessuno.
Tracciò i contorni delle sue parole con le dita, come se bruciassero davvero.
Perché lei si sentiva così, fredda, spenta, senza uno scopo.
Tranne ciò che scriveva, quello si, che bruciava.
Chiuse gli occhi per un secondo che le parve infinito, fino a quando l’altoparlante della metro avvisò di essere arrivati a Covent Garden.
Scese stringendosi nel suo cappotto  infreddolita e tirando su con il naso. Si era presa un bel raffreddore, su questo non c’erano dubbi.
Si affrettò per le scale per scaldarsi, fino a quando come tutti i venerdì non entrò in libreria.
Si sentì, stranamente a casa.
«Sei venuta presto oggi, Em,.. » le disse bonariamente Tom, indicando l’orologio sopra alla sua testa.
Le otto e venti.
«Mia madre mi ha chiamato all’alba... »
Tom le sorrise.
«Ci sono novità? »
«Un ragazzo è venuto pochi minuti fa... lo stesso della settimana scorsa. Ha comprato due copie. Oh... guarda: eccolo! »
Lo stesso ragazzo che non avrebbe rivisto mai più.
Lo stesso ragazzo che in quel momento le stava sorridendo e stava andando verso di lei aprendo la porta della libreria.
«Non dire nulla».
Il vecchio, perplesso annuì, anche se non capendo esattamente ciò che  doveva tacere.
« Cosa ci fai qui? »  Gli chiese Emma ricambiando il sorriso.
«Speravo di incontrarti ».
  Semplice, diretto e il cuore della ragazza perse un battito.
«Hai comprato qualcosa? » 
«Sì,  volevo fare leggere alla mia sorellina e a mia madre il libro di cui abbiamo parlato l’ultima volta » e detto questo, prese dal sacchetto il libro di Emma, Emma Mills, lei.
«Penso proprio che lo leggerò, visto che è una mia omonima »  rispose la ragazza, notando l’occhiata stranita del libraio e il sorriso di Carter.
«Allora ti è piaciuto “Un giorno” di David Nicholls? »
Come poteva ricordare il libro che aveva acquistato sette giorni addietro? Emma non riusciva a capire, come un ragazzo, bello, attraente, fascinoso, riuscisse a ricordare un suo dettaglio così insignificante.
«Ho pianto per quasi due giorni di fila, anche tu l’hai letto? »
Carter annuì sorridendo. «Che ne dici se ci prendiamo un caffè come l’altra volta e ne parliamo? »
Emma sentì il cuore aumentare pericolosamente i suoi battiti, ebbe quasi paura che Carter riuscisse a sentire il rimbombare fastidioso del suo petto.
«Direi che è un ottima idea... »
Tom li salutò e come la volta precedente andarono verso Starbucks, da Amanda. Emma era in imbarazzo, le gote deliziate da un pudico rossore, mentre Carter era sorridente, quasi divertito nel vederla così timida.
Le aprì la porta, facendola andare avanti e lei non poté che rimanere lusingata da tali atteggiamenti. Nessuno, nemmeno Mike agli inizi del loro rapporto si era comportato così nei suoi confronti.
«Ciao Em » la salutò Amanda come sempre, sorridendole con calore. «Di nuovo in compagnia? »
Emma sorrise e annuì seguendo Carter nello stesso tavolo della scorsa settimana. Quella situazione era così assurda.
«Cosa vi porto? »
«Mm… un cupcake al cioccolato e un frappuccino » disse Emma conscia che affogare i dispiaceri in quantità esagerate di calorie non fruttasse alcun beneficio.
«Per me un caffè ».
«Okay, arrivano subito ».
Li lasciò da soli, timidi, imbarazzati e con una gran voglia di scoprirsi.
Em iniziò a tamburellare le dita sul tavolo nervosa, mentre come sempre Carter la osservava corrucciato, cercando di memorizzare il suo viso, i suoi sorrisi.
«Vuoi che me ne vada? » le chiese lui all’improvviso e l’attenzione di Emma fu subito riportata all’ordine. «Andartene? Ma cosa dici? » Più diretta e sincera del previsto.Calma  i bollenti spiriti Emma.
«Scusa ho semplicemente frainteso il tuo silenzio... »
«Questa giornata non si è dimostrata delle migliori, tutto qui. Ma la tua compagnia è ben accetta ».
Un altro sorriso scambiato, uno sguardo fugace che all’interno nascondeva più cose di quante ne avesse mostrate in realtà.
Bastava solo cogliere le sfaccettature nel viso di Emma o di Carter per capire che una strana elettricità aleggiasse nell’aria.
«Allora cosa ne pensi di David Nicholls? » 
Emma storse la bocca.
 «L’ho adorato, decisamente uno dei più bei libri letti ultimamente. Anche se tutta questo sadismo a volte non lo comprendo ».
Carter ragionò un attimo sulla sua risposta. «Sai... io l’ho trovato molto bello proprio per quello. Le storie d’amore non finiscono quasi mai con un felici e contenti ».
«Colgo del cinismo nella tua voce » lo riprese lei.
«Non cinismo, forse realismo. Siamo abituati a troppi film, siamo abituati a leggere storie dove ogni cosa è perfetta, dove non esistono malattie, non esistono persone che muo… »
Vennero interrotti da Amanda con le loro ordinazioni e dopo aver sorseggiato un po’ di frappuccino e caffè espresso, ripresero la conversazione.
«Quello che dici è … giusto, però credo che una persona trovi sfogo proprio nei libri o nei film. La realtà fa schifo, i libri sono una finzione ma... quando mi immergo in quella finzione sto bene. »  Emma non capiva perché continuava a rivelare più parti di lei del previsto, come se in presenza di quel ragazzo dalle ciglia immensamente lunghe, non riuscisse a mentire o a tacere parti di lei.
Si sentiva nuda, senza alcuna barriera, come se la stesse leggendo.
«Capisco cosa intendi...basta non dimenticare mai la realtà e non rifugiarsi perennemente in quella finzione  ».
Em annuì, assolutamente d’accordo, prima di addentare il suo cupcake ipercalorico che le sarebbe costato un’ora di cyclette il giorno successivo insieme a Chris.
Rimasero in silenzio una decina di secondi fino a quando non divenne insostenibile per entrambi.
«Quindi... sono curiosa, di cosa ti occupi tu? »  gli chiese, arrossendo lievemente per aver chiesto qualcosa di così personale.
Dopotutto lui era uno sconosciuto che aveva incrociato per sbaglio in libreria. Niente di più.
E aveva solo definito il suo libro, bello.
Questo, non riusciva a toglierselo dalla mente.
Carter le sorrise prima di rispondere: «Se te lo dico poi dovrò ucciderti ».
Emma alzò gli occhi al cielo. «Prometto di mantenere il segreto, al limite mi taglierai la lingua. »
«Hai mai visto la pubblicità a Times Square della coca cola? »
«Sì, è fantastica ».
«Beh, diciamo che l’ho fatta io ».
La bocca di Emma si spalancò. «Dici sul serio? »
Carter ridacchiò. «Te lo giuro. Lavoro nella JWT come media planner ».
«Wow»  commentò. «Deve essere un lavoro stupendo ».
Lui asserì con il capo. «Non mi lamento. Tu invece di cosa ti occupi? »
Scrivo romanzi da dodici sterline. Uno di questi l’hai letto.  No, di certo non avrebbe risposto così.
«Ho lavorato come assistente in qualche giornale e adesso sto scrivendo qualcosa per conto mio. » disse, rimanendo sul vago.
«Mi dovrai far leggere qualcosa prima o poi. »
Em sorrise. «Prima o poi » e affondò il viso arrossato dentro alla tazza con il frappuccino.
 
 
** * **
 
 
 
«Sei fidanzata? »
Okay, questa domanda era l’ultima cosa che si sarebbe aspettata.
«Direi di si ».
Una ruga di incomprensione si formò sulla fronte di Carter. «Diresti? »
«Beh... siamo insieme da tanti anni ormai. E’ come viaggiare sempre nella stessa direzione, capisci? »
Il ragazzo annuì. «Beh, l’importante è che ti faccia stare bene » .
Già. Stare bene. Lei non stava bene per niente.
«E tu? Qualche donna importante, magari alla casa bianca? »
 Non poté non ridacchiare.
«Al momento, no. Sono stato sposato, ma per un tempo talmente breve che non lo ricordo » .
Sposato. Wow. Pensò Em, sbalordita.
Quell’uomo nascondeva più segreti che altro. Era così enigmatico, così... speciale.
«Non mi avresti mai dato del divorziato, vero? »  continuò accennando di nuovo quel sorriso capace di far perdere il filo logico dei pensieri di Em.
«Beh, pensavo fossi un ragazzo di ventidue anni…Divorziato? Proprio no. »
«Sei davvero singolare, Emma ».
Uh. «Cosa è successo fra di voi? »  sviò lei, cercandp di non pensare alle sue parole.
«Doveva andare a comprare un pacchetto di sigarette e in verità aveva un volo per Los Angeles da prendere ».
«Stai scherzando? »  disse con la voce più alta di un ottava e avvicinandosi di più a Carter; i loro bracci si sfioravano.
«No, ma d’altronde è meglio così. Non ero tagliato per fare il marito ».
«E non l’hai più sentita da allora? »
Scosse la testa. «Mai. »
«Che gran bastarda! »  Subito dopo aver espresso quella frase colorita si coprì la bocca con le mani. «Ecco.. non volevo dire proprio.. »
Il ragazzo rise forte. «Si, puoi dirlo forte, era una gran bastarda. »
Em si rilassò sperando di non aver fatto una brutta figura.  «Okay, beh... la professione la sappiamo, situazione sentimentale anche, io ti ho detto dove vivo, tu? »
«Abito a Notthing Hill, in un appartamento. »
«Sarà stupendo... ho sempre voluto abitare lì, cioè a Notthing Hill. »
Carter ridacchiò. «Beh è abbastanza modesto. »
Emma guardò l’orologio sul suo polso, erano ormai più di sessanta minuti che parlavano ininterrottamente e lei doveva andare a fare la spesa per Mike.
«Dovrei andare…»
«D’accordo ».  Nella voce di Carter era presente una nota di delusione.
Si alzarono per andare a pagare ed Em fu più rapida e dopo aver fatto l’occhiolino ad Amanda, pagò per entrambi.
«Ti restituisco i soldi ».
«No, non esiste ».  rispose Emma, uscendo dalla caffetteria.
«Non esiste che tu debba pagare ».
«Dalle mie parti si divide, la scorsa volta hai pagato tu e ora tocca a me ».
Carter provò ad infilarle i dieci dollari nella borsa ma senza successo, visto che la ragazza fu più svelta a defilarsi.
«Sei proprio impossibile »  disse, sorridendo e fermandosi davanti ad una cabina telefonica.
«Me lo dicono in tanti » rispose lei, ricambiando quel sorriso così sincero.
Non avrebbe voluto andarsene, ma purtroppo aveva degli impegni.
«Beh.. allora venerdì prossimo pago io. Tu, invece scegli il libro di cui parlare ».
E il cuore di Em perse un battito. Le capitava troppe volte in quel periodo. Lui voleva rivederla, voleva parlare di nuovo con lei…
Cosa c’era di sbagliato in tutto quello?
Cosa c’era di sbagliato nell’avere un ragazzo con cui fare colazione?
Niente.
Eppure si sentiva come se stesse tradendo Mike… perché l’attrazione che provava per Carter era innegabile.
Iniziò a giocherellare con le mani agitata, ma poi il desidero di rivederlo ebbe la meglio sui sensi di colpa. «Ci sto ».
«Beh allora a venerdì prossimo ».
Si avvicinò al suo viso e per un momento Em pensò di voltare la guancia per premere le labbra sulla bocca di Carter.
Invece fu un bacio casto sulla guancia, nulla di eccezionale se non fosse per il fatto che le labbra di Carter erano soffici e il suo profumo decisamente invitante.
Sapeva di … pastafrolla e fiori freschi.
Si staccarono, lui sorridente e lei imbarazzata.
«Credo che questo sia l’inizio di un’ottima amicizia » mormorò prima di andarsene, lasciando Em imbambolata a fissargli il fondoschiena.
 
 
** * **
 
 
La giornata passò lenta, Em andò a fare la spesa continuando a ripensare all’incontro di quella mattina... in verità fu un pensiero praticamente fisso che non la abbandonò neppure quando si ritrovò  nel letto insieme a Micheal.
Non vedeva l’ora che la settimana passasse per poter tornare seduta in quel tavolo da Starbucks con a fianco uno degli uomini più belli che avesse mai visto.
Carter era...  tutto ciò che aveva sempre cercato in un uomo.
Gli occhi scuri e ipnotici, una carnagione leggermente abbronzata, i capelli castani, un viso regolare e le labbra più belle che avesse mai visto.
Sembravano così soffici, così invitanti.. No, decisamente non poteva permettersi il lusso di pensare ad un altro uomo mentre si trovava sotto le coperte con il suo fidanzato.
«Emmie… che fai? Non dormi? » 
Emma si voltò verso Micheal dall’altra parte del letto, assonnato e con i capelli arruffati.
«Stavo pensando ».
«A cosa? »
All’uomo che mi piacerebbe avere nel mio letto, in questo momento.
«Che tra tre settimane siamo invitati a casa di mia madre, per il mio compleanno » mentì spudoratamente, facendo scorrere le lenzuola sopra il suo viso.
Aveva la terribile abitudine di iniziare a sbattere le ciglia velocemente quando mentiva.
«Siamo sempre andati a casa dei tuoi per il tuo compleanno » rispose semplicemente, avvicinandosi e premendo le labbra sulla sua fronte.
«Ho ventotto anni, Mike… e non ho combinato ancora niente nella mia vita».
  Niente, tranne quel libro.
«Sei tu che non vuoi combinare nulla, sei tu quella che si ostina a passare i pomeriggi rintanata a  scrivere o in cantina a riempire le tele di colore... Potresti trovare un lavoro serio ».
«Pensi che non ce la farò mai a pubblicare qualcosa di importante, eh? »  gli chiese con il magone in gola.
«Sinceramente? No. Non è il tuo destino, Em. Potresti provare a lavorare come segretaria, saresti perfetta. Ordinata, mansueta, sempre pronta ad aiutare gli altri ».
Una lacrima cadde dal viso di Emma.
«Ora dormiamo. Domani mattina mi devo svegliare presto ». 
Mike si voltò dall’altra parte, mentre lei iniziò a piangere in silenzio, rannicchiandosi e cercando di trattenere i singhiozzi che le animavano il petto.
Verso le cinque del mattino, ancora agitata e scossa andò in cantina, tirando giù una tela dallo scaffale.
Doveva sfogarsi in qualche modo, e al momento quella era l’unica soluzione.
Raccolse i capelli in una piccola coda, per poi intingere il pennello nel colore blu e con rabbia  lo iniziò a passare sulla tela bianca.
Quando tornò al piano di sopra, Micheal era già andato al lavoro.
 

Note:

Penso che ormai siate tutte a conoscenza del mio periodo "no" della scrittura, se non è così lo ribadisco.
Ho passato quest'ultimo mese senza scrivere una riga e mi dispiace davvero per questo enorme ritardo, spero che non accada mai più.
Per quanto riguarda questo capitolo, ho da dire due cose.
La prima è che la poesia scritta da Emma sul treno l'ho davvero scritta io, mostrata alla mia maestra e sono stata trattata come l'ultima dei copioni e non è nemmeno tutta questa meraviglia.
La seconda è che la Christina amica di Emma, esiste davvero. La potete trovare all'indirizzo Crys_Pattinson87 , e leggere le sue bellissime storie. Il personaggio ovviamente sarà ispirato a lei.
Prometto di essere più veloce con il prossimo aggiornamento, comunque troverete in questi giorni gli spoiler o nel mio blog Qui ed Ora. oppure sul mio profilo facebook Martybet Efp
Ringrazio le 22 splendide persone che hanno recensito il primo capitolo e le 60 che hanno aggiunto Hic et Nunc tra le preferite e seguite:  http://media.tumblr.com/tumblr_lreq0pnly21qc3rnv.gif
 
Un bacione,
Martina :*

 

   
 
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