- Hic et nunc.
Capitolo 2
HAPPILY EVER AFTER doesn't exist.
- Niente ferisce, avvelena, ammala, quanto la delusione.
- Perché la delusione è un dolore che deriva sempre da una
speranza svanita,
- una sconfitta che nasce sempre da una fiducia tradita cioè
dal voltafaccia di qualcuno o qualcosa in cui credevamo.
- Oriana Fallaci.
- Il telefono continuava
a squillare imperterrito e sembrava proprio non volerne sapere di smettere.
Emma aprì lentamente un occhio e poi l’altro, accaldata dal corpo di Micheal
anchilosato sopra il suo. Provò a spostare il braccio del suo fidanzato e dopo aver
fatto una specie di acrobazia, saltò giù dal letto per rispondere a
quell’insistente persona che si azzardava a chiamare di venerdì mattina.
- «Pronto! »
- La voce di Em era assonnata e innervosita,
tanto che non si era neppure fermata a leggere il numero sul display.
- «Finalmente ho il
piacere di parlare con mia figlia ».
- Raggelò
all’istante, rimanendo in piedi impalata e pietrificata. Il suo unico pensiero
era che avrebbe fatto meglio a rimanere a letto.
- «Mamma ».
- «Sono quattro
settimane che non rispondi alle mie telefonate ragazzina, voglio una spiegazione ».
- Ragazzina. Quasi ventotto anni e sua madre la
chiamava ancora ragazzina.
- «Non avevo voglia
di sentirti ».
- «E si può sapere il perché? Perché pensiamo che vivi in
un appartamento miserabile, scrivendo idiozie sul tuo computer? Non puoi andare
avanti così Emma… »
- I pugni di
quest’ultima si strinsero in una morsa, cercando di mantenere il controllo.
- «Se tu non
l’avessi ancora capito…sì, posso farlo. E sai perché mamma? Perché questa è la mia vita. Non la tua. E perché sono maggiorenne e vaccinata da tanto tempo, per cui
la tua opinione non mi interessa ». La sua voce divenne rotta e marchiata da un
velo di amarezza.
- «Ah, quindi non
possiamo dirti che per noi stai sbagliando tutto?
»
- Emma sentì gli
occhi farsi più pungenti ed ebbe quasi l’impulso di sbattere in faccia il
telefono a sua madre, anche se conoscendola dopo quel gesto sarebbe piombata lì
nel giro di qualche quarto d’ora.
- «Ti ripeto,
chiudiamo il discorso. Non ho voglia di litigare, soprattutto alle sette e
mezza del mattino; per cui se volevi dirmi solo quello, arrivederci. » fece per
chiudere il telefono quando la voce di sua madre per poco non fece vibrare il
cordless.
- «Aspetta! »
- «Che cosa?» La sua voce poteva essere paragonata ad un
ruggito.
- «Io e tuo padre
volevamo sapere se allora verrai qui per il tuo compleanno.. Devo anche avvisare
Mallory e John ».
- «Non credo di… »
- «Okay, perfetto!
Vedrai che organizzerò tutto come piace a te. Buona giornata Emma » chiuse la
chiamata, lasciando la figlia interdetta, triste e arrabbiata.
- Tornò di là in
camera ma non appena vide la bocca di Micheal semi-aperta e sentì il suo
russare pesante, chiuse la porta per poi andarsi a vestire.
- Doveva uscire da
quella casa, in quel preciso istante.
- Indossò un
maglione pesante, un paio di Jeans ,gli UGG regalatole dalla sua amica Christina
e un cappotto pronto ad affrontare la gelida mattinata londinese.
- Sapeva dove
andare e sapeva anche che quel giorno, però nessun Carter ci sarebbe stato.
- La Shipley era il
suo porto sicuro e anche il suo cruccio maggiore, ma era lì che puntualmente
ogni venerdì sentiva il bisogno di andare.
- Era lì che quella
mattina doveva andare.
- Chiuse la porta
di casa con cautela, facendo molta attenzione a non farla sbattere, se avesse
svegliato Mike avrebbe dovuto dargli spiegazioni. Spiegazioni che al momento
non voleva dare.
- Avvolse il suo
collo in una sciarpa beige e si diresse verso la stazione.
- Come di routine,
durante il tragitto iniziò a scrivere qualche parola sul suo block notes.
Scriveva poesie, stati d’animo, storie che nessuno mai avrebbe letto, perché
erano solo sue e sempre lo sarebbero rimaste.
- Ho
una netta sensazione di brivido che arriva dento ai posti più caldi,
- dove
vivono i sentimenti di un ricordo lontano,
- tanto
da percuotere i viaggi fatti in una storia,
- che
brucia e allo stesso tempo si raffredda…
- per
spegnersi,
- per
sempre.
- Buttò di getto
senza rendersene conto.
- Era una poesia
che aveva scritto da piccola, a circa sette anni. Quando l’aveva mostrata alla
sua maestra, quest’ultima le aveva chiesto dove l’avesse copiata.
- Si sentì ferita e
non fece leggere più niente di suo, a nessuno.
- Tracciò i
contorni delle sue parole con le dita, come se bruciassero davvero.
- Perché lei si
sentiva così, fredda, spenta, senza uno scopo.
- Tranne ciò che
scriveva, quello si, che bruciava.
- Chiuse gli occhi
per un secondo che le parve infinito, fino a quando l’altoparlante della metro
avvisò di essere arrivati a Covent Garden.
- Scese
stringendosi nel suo cappotto
infreddolita e tirando su con il naso. Si era presa un bel raffreddore,
su questo non c’erano dubbi.
- Si affrettò per
le scale per scaldarsi, fino a quando come tutti i venerdì non entrò in
libreria.
- Si sentì, stranamente
a casa.
- «Sei venuta
presto oggi, Em,.. » le disse bonariamente Tom, indicando l’orologio sopra alla
sua testa.
- Le otto e venti.
- «Mia madre mi ha
chiamato all’alba... »
- Tom le sorrise.
- «Ci sono novità?
»
- «Un ragazzo è
venuto pochi minuti fa... lo stesso della settimana scorsa. Ha comprato due
copie. Oh... guarda: eccolo! »
- Lo stesso ragazzo
che non avrebbe rivisto mai più.
- Lo stesso ragazzo
che in quel momento le stava sorridendo e stava andando verso di lei aprendo la
porta della libreria.
- «Non dire nulla».
- Il vecchio,
perplesso annuì, anche se non capendo esattamente ciò che doveva tacere.
- « Cosa ci fai qui?
» Gli chiese Emma ricambiando il
sorriso.
- «Speravo di
incontrarti ».
- Semplice, diretto e il cuore della ragazza
perse un battito.
- «Hai comprato
qualcosa? »
- «Sì, volevo fare leggere alla mia sorellina e a
mia madre il libro di cui abbiamo parlato l’ultima volta » e detto questo,
prese dal sacchetto il libro di Emma, Emma Mills, lei.
- «Penso proprio
che lo leggerò, visto che è una mia omonima »
rispose la ragazza, notando l’occhiata stranita del libraio e il sorriso
di Carter.
- «Allora ti è
piaciuto “Un giorno” di David Nicholls? »
- Come poteva
ricordare il libro che aveva acquistato sette giorni addietro? Emma non
riusciva a capire, come un ragazzo, bello, attraente, fascinoso, riuscisse a
ricordare un suo dettaglio così insignificante.
- «Ho pianto per
quasi due giorni di fila, anche tu l’hai letto? »
- Carter annuì
sorridendo. «Che ne dici se ci prendiamo un caffè come l’altra volta e ne
parliamo? »
- Emma sentì il
cuore aumentare pericolosamente i suoi battiti, ebbe quasi paura che Carter
riuscisse a sentire il rimbombare fastidioso del suo petto.
- «Direi che è un
ottima idea... »
- Tom li salutò e
come la volta precedente andarono verso Starbucks, da Amanda. Emma era in
imbarazzo, le gote deliziate da un pudico rossore, mentre Carter era
sorridente, quasi divertito nel vederla così timida.
- Le aprì la porta,
facendola andare avanti e lei non poté che rimanere lusingata da tali
atteggiamenti. Nessuno, nemmeno Mike agli inizi del loro rapporto si era
comportato così nei suoi confronti.
- «Ciao Em » la
salutò Amanda come sempre, sorridendole con calore. «Di nuovo in compagnia? »
- Emma sorrise e
annuì seguendo Carter nello stesso tavolo della scorsa settimana. Quella
situazione era così assurda.
- «Cosa vi porto? »
- «Mm… un cupcake
al cioccolato e un frappuccino » disse Emma conscia che affogare i dispiaceri
in quantità esagerate di calorie non fruttasse alcun beneficio.
- «Per me un caffè
».
- «Okay, arrivano
subito ».
- Li lasciò da
soli, timidi, imbarazzati e con una gran voglia di scoprirsi.
- Em iniziò a
tamburellare le dita sul tavolo nervosa, mentre come sempre Carter la osservava
corrucciato, cercando di memorizzare il suo viso, i suoi sorrisi.
- «Vuoi che me ne
vada? » le chiese lui all’improvviso e l’attenzione di Emma fu subito riportata
all’ordine. «Andartene? Ma cosa dici? » Più diretta e sincera del previsto.Calma
i bollenti spiriti Emma.
- «Scusa ho
semplicemente frainteso il tuo silenzio... »
- «Questa giornata
non si è dimostrata delle migliori, tutto qui. Ma la tua compagnia è ben
accetta ».
- Un altro sorriso
scambiato, uno sguardo fugace che all’interno nascondeva più cose di quante ne
avesse mostrate in realtà.
- Bastava solo
cogliere le sfaccettature nel viso di Emma o di Carter per capire che una
strana elettricità aleggiasse nell’aria.
- «Allora cosa ne
pensi di David Nicholls? »
- Emma storse la
bocca.
- «L’ho adorato, decisamente uno dei più bei
libri letti ultimamente. Anche se tutta questo sadismo a volte non lo comprendo
».
- Carter ragionò un
attimo sulla sua risposta. «Sai... io l’ho trovato molto bello proprio per
quello. Le storie d’amore non finiscono quasi mai con un felici e contenti ».
- «Colgo del
cinismo nella tua voce » lo riprese lei.
- «Non cinismo,
forse realismo. Siamo abituati a troppi film, siamo abituati a leggere storie
dove ogni cosa è perfetta, dove non esistono malattie, non esistono persone che
muo… »
- Vennero
interrotti da Amanda con le loro ordinazioni e dopo aver sorseggiato un po’ di
frappuccino e caffè espresso, ripresero la conversazione.
- «Quello che dici
è … giusto, però credo che una persona trovi sfogo proprio nei libri o nei film.
La realtà fa schifo, i libri sono una finzione ma... quando mi immergo in
quella finzione sto bene. » Emma non
capiva perché continuava a rivelare più parti di lei del previsto, come se in
presenza di quel ragazzo dalle ciglia immensamente lunghe, non riuscisse a
mentire o a tacere parti di lei.
- Si sentiva nuda,
senza alcuna barriera, come se la stesse leggendo.
- «Capisco cosa
intendi...basta non dimenticare mai la realtà e non rifugiarsi perennemente in
quella finzione ».
- Em annuì,
assolutamente d’accordo, prima di addentare il suo cupcake ipercalorico che le
sarebbe costato un’ora di cyclette il giorno successivo insieme a Chris.
- Rimasero in
silenzio una decina di secondi fino a quando non divenne insostenibile per
entrambi.
- «Quindi... sono
curiosa, di cosa ti occupi tu? » gli chiese,
arrossendo lievemente per aver chiesto qualcosa di così personale.
- Dopotutto lui era
uno sconosciuto che aveva incrociato per sbaglio in libreria. Niente di più.
- E aveva solo
definito il suo libro, bello.
- Questo, non
riusciva a toglierselo dalla mente.
- Carter le sorrise
prima di rispondere: «Se te lo dico poi dovrò ucciderti ».
- Emma alzò gli
occhi al cielo. «Prometto di mantenere il segreto, al limite mi taglierai la lingua.
»
- «Hai mai visto la
pubblicità a Times Square della coca cola? »
- «Sì, è fantastica
».
- «Beh, diciamo che
l’ho fatta io ».
- La bocca di Emma
si spalancò. «Dici sul serio? »
- Carter ridacchiò.
«Te lo giuro. Lavoro nella JWT come media planner ».
- «Wow» commentò. «Deve essere un lavoro stupendo ».
- Lui asserì con il
capo. «Non mi lamento. Tu invece di cosa ti occupi? »
- Scrivo romanzi da dodici sterline. Uno
di questi l’hai letto. No, di certo non avrebbe risposto così.
- «Ho lavorato come
assistente in qualche giornale e adesso sto scrivendo qualcosa per conto mio. »
disse, rimanendo sul vago.
- «Mi dovrai far
leggere qualcosa prima o poi. »
- Em sorrise.
«Prima o poi » e affondò il viso arrossato dentro alla tazza con il
frappuccino.
- ** * **
- «Sei fidanzata? »
- Okay, questa
domanda era l’ultima cosa che si sarebbe aspettata.
- «Direi di si ».
- Una ruga di
incomprensione si formò sulla fronte di Carter. «Diresti? »
- «Beh... siamo
insieme da tanti anni ormai. E’ come viaggiare sempre nella stessa direzione,
capisci? »
- Il ragazzo annuì.
«Beh, l’importante è che ti faccia stare bene » .
- Già. Stare bene. Lei non stava bene per niente.
- «E tu? Qualche
donna importante, magari alla casa bianca? »
- Non poté non ridacchiare.
- «Al momento, no.
Sono stato sposato, ma per un tempo talmente breve che non lo ricordo » .
- Sposato. Wow. Pensò Em, sbalordita.
- Quell’uomo
nascondeva più segreti che altro. Era così enigmatico, così... speciale.
- «Non mi avresti
mai dato del divorziato, vero? » continuò
accennando di nuovo quel sorriso capace di far perdere il filo logico dei
pensieri di Em.
- «Beh, pensavo
fossi un ragazzo di ventidue anni…Divorziato? Proprio no. »
- «Sei davvero singolare, Emma ».
- Uh. «Cosa è
successo fra di voi? » sviò lei,
cercandp di non pensare alle sue parole.
- «Doveva andare a
comprare un pacchetto di sigarette e in verità aveva un volo per Los Angeles da
prendere ».
- «Stai scherzando?
» disse con la voce più alta di un
ottava e avvicinandosi di più a Carter; i loro bracci si sfioravano.
- «No, ma
d’altronde è meglio così. Non ero tagliato per fare il marito ».
- «E non l’hai più
sentita da allora? »
- Scosse la testa.
«Mai. »
- «Che gran
bastarda! » Subito dopo aver espresso
quella frase colorita si coprì la bocca con le mani. «Ecco.. non volevo dire
proprio.. »
- Il ragazzo rise
forte. «Si, puoi dirlo forte, era una gran bastarda. »
- Em si rilassò
sperando di non aver fatto una brutta figura.
«Okay, beh... la professione la sappiamo, situazione sentimentale anche,
io ti ho detto dove vivo, tu? »
- «Abito a Notthing
Hill, in un appartamento. »
- «Sarà stupendo...
ho sempre voluto abitare lì, cioè a Notthing Hill. »
- Carter ridacchiò.
«Beh è abbastanza modesto. »
- Emma guardò l’orologio
sul suo polso, erano ormai più di sessanta minuti che parlavano
ininterrottamente e lei doveva andare a fare la spesa per Mike.
- «Dovrei andare…»
- «D’accordo ». Nella voce di Carter era presente una nota di
delusione.
- Si alzarono per
andare a pagare ed Em fu più rapida e dopo aver fatto l’occhiolino ad Amanda,
pagò per entrambi.
- «Ti restituisco i
soldi ».
- «No, non esiste ». rispose Emma, uscendo dalla caffetteria.
- «Non esiste che
tu debba pagare ».
- «Dalle mie parti
si divide, la scorsa volta hai pagato tu e ora tocca a me ».
- Carter provò ad
infilarle i dieci dollari nella borsa ma senza successo, visto che la ragazza
fu più svelta a defilarsi.
- «Sei proprio
impossibile » disse, sorridendo e
fermandosi davanti ad una cabina telefonica.
- «Me lo dicono in
tanti » rispose lei, ricambiando quel sorriso così sincero.
- Non avrebbe
voluto andarsene, ma purtroppo aveva degli impegni.
- «Beh.. allora
venerdì prossimo pago io. Tu, invece scegli il libro di cui parlare ».
- E il cuore di Em
perse un battito. Le capitava troppe volte in quel periodo. Lui voleva
rivederla, voleva parlare di nuovo con lei…
- Cosa c’era di
sbagliato in tutto quello?
- Cosa c’era di
sbagliato nell’avere un ragazzo con cui fare colazione?
- Niente.
- Eppure si sentiva
come se stesse tradendo Mike… perché l’attrazione che provava per Carter era
innegabile.
- Iniziò a giocherellare
con le mani agitata, ma poi il desidero di rivederlo ebbe la meglio sui sensi
di colpa. «Ci sto ».
- «Beh allora a
venerdì prossimo ».
- Si avvicinò al
suo viso e per un momento Em pensò di voltare la guancia per premere le labbra
sulla bocca di Carter.
- Invece fu un
bacio casto sulla guancia, nulla di eccezionale se non fosse per il fatto che
le labbra di Carter erano soffici e il suo profumo decisamente invitante.
- Sapeva di …
pastafrolla e fiori freschi.
- Si staccarono,
lui sorridente e lei imbarazzata.
- «Credo che questo
sia l’inizio di un’ottima amicizia » mormorò prima di andarsene, lasciando Em
imbambolata a fissargli il fondoschiena.
- ** * **
- La giornata passò
lenta, Em andò a fare la spesa continuando a ripensare all’incontro di quella
mattina... in verità fu un pensiero praticamente fisso che non la abbandonò
neppure quando si ritrovò nel letto
insieme a Micheal.
- Non vedeva l’ora
che la settimana passasse per poter tornare seduta in quel tavolo da Starbucks
con a fianco uno degli uomini più belli che avesse mai visto.
- Carter era... tutto ciò che aveva sempre cercato in un
uomo.
- Gli occhi scuri e
ipnotici, una carnagione leggermente abbronzata, i capelli castani, un viso
regolare e le labbra più belle che avesse mai visto.
- Sembravano così soffici, così invitanti.. No, decisamente non poteva permettersi il lusso di
pensare ad un altro uomo mentre si trovava sotto le coperte con il suo
fidanzato.
- «Emmie… che fai?
Non dormi? »
- Emma si voltò
verso Micheal dall’altra parte del letto, assonnato e con i capelli arruffati.
- «Stavo pensando ».
- «A cosa? »
- All’uomo che mi piacerebbe avere nel
mio letto, in questo momento.
- «Che tra tre
settimane siamo invitati a casa di mia madre, per il mio compleanno » mentì
spudoratamente, facendo scorrere le lenzuola sopra il suo viso.
- Aveva la terribile
abitudine di iniziare a sbattere le ciglia velocemente quando mentiva.
- «Siamo sempre
andati a casa dei tuoi per il tuo compleanno » rispose semplicemente, avvicinandosi
e premendo le labbra sulla sua fronte.
- «Ho ventotto
anni, Mike… e non ho combinato ancora niente nella mia vita».
- Niente,
tranne quel libro.
- «Sei tu che non
vuoi combinare nulla, sei tu quella che si ostina a passare i pomeriggi
rintanata a scrivere o in cantina a
riempire le tele di colore... Potresti trovare un lavoro serio ».
- «Pensi che non ce
la farò mai a pubblicare qualcosa di importante, eh? » gli chiese con il magone in gola.
- «Sinceramente?
No. Non è il tuo destino, Em. Potresti provare a lavorare come segretaria,
saresti perfetta. Ordinata, mansueta, sempre pronta ad aiutare gli altri ».
- Una lacrima cadde
dal viso di Emma.
- «Ora dormiamo.
Domani mattina mi devo svegliare presto ».
- Mike si voltò
dall’altra parte, mentre lei iniziò a piangere in silenzio, rannicchiandosi e
cercando di trattenere i singhiozzi che le animavano il petto.
- Verso le cinque
del mattino, ancora agitata e scossa andò in cantina, tirando giù una tela
dallo scaffale.
- Doveva sfogarsi
in qualche modo, e al momento quella era l’unica soluzione.
- Raccolse i
capelli in una piccola coda, per poi intingere il pennello nel colore blu e con
rabbia lo iniziò a passare sulla tela
bianca.
- Quando tornò al
piano di sopra, Micheal era già andato al lavoro.
Note:
Penso che ormai siate tutte a conoscenza del mio periodo "no" della scrittura, se non è così lo ribadisco.
Ho passato quest'ultimo mese senza scrivere una riga e mi dispiace davvero per questo enorme ritardo, spero che non accada mai più.
Per quanto riguarda questo capitolo, ho da dire due cose.
La prima è che la poesia scritta da Emma sul treno l'ho davvero scritta io, mostrata alla mia maestra e sono stata trattata come l'ultima dei copioni e non è nemmeno tutta questa meraviglia.
La seconda è che la Christina amica di Emma, esiste davvero. La potete trovare all'indirizzo Crys_Pattinson87 , e leggere le sue bellissime storie. Il personaggio ovviamente sarà ispirato a lei.♥
Prometto di essere più veloce con il prossimo aggiornamento, comunque troverete in questi giorni gli spoiler o nel mio blog Qui ed Ora. oppure sul mio profilo facebook Martybet Efp
Ringrazio le 22 splendide persone che hanno recensito il primo capitolo e le 60 che hanno aggiunto Hic et Nunc tra le preferite e seguite: http://media.tumblr.com/tumblr_lreq0pnly21qc3rnv.gif
Un bacione,
Martina :*