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Autore: Luz_    03/10/2011    1 recensioni
Fu un lieve sospiro a infrangere quel silenzio ormai opprimente. “Granger.”
“Malfoy?”
“Sarà reale solo se vogliamo che sia così.”
“E quale sarà il confine tra giusto e sbagliato, poi?”
“Noi. Lo saremo noi.”
Il bene e il male. Il giorno e la notte. La luce e il buio.
Il giusto e lo sbagliato.

E quando Hermione si avvicinò a quel viso marmoreo, seppe con certezza di star facendo l’errore più giusto della sua vita.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Il trio protagonista | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
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Eccomi qui a postare la mia prima Dramione, a cui per qualche strambo motivo già sento di essere legata particolarmente. Non è molto che seguo questo fandom, devo essere sincera, ma dal momento in cui ho iniziato a dedicarmi ad esso, sono stata letteralmente rapita. Perciò, penso di dover dire grazie alle brave scrittrici di quelle ff che hanno influenzato positivamente il mio giudizio.
Passando a questa fan fiction, che dire? E'
ambientata al sesto anno del magico trio. Draco Malfoy non dovrà uccidere Silente e Piton rimarrà insegnante di Pozioni. All'interno della ff ci sono elementi del libro sesto, naturalmente inseriti in situazioni simili o del tutto diverse.
Il primo capitolo è sempre ciò che odio di più. E' la difficoltà maggiore da affrontare, poichè chi scrive, a parer mio, vuole mostrare subito qualcosa che colpisca, che lasci un segno e sia abbastanza convincente, perciò si desidera inserire il più possibile per giungere a ciò.
Il primo capitolo è una panoramica generale di tutta la storia e spero che vi possa incuriosire un pò e possa sentire la vostra opinione.
Prima di lasciarvi alla lettura un ringraziamento alla mia Beta speciale, che mi sopporta ormai da troppo tempo. Grazie Londoner!
Signori e signore, buona lettura!


Heaven doesn't seem far away anymore.

 

Passi lievi, felpati.
Il pavimento di pietra sotto i suoi piedi. Irregolare, ruvido.
Il silenzio profondo e totale.
L’ombra, scaturita dalla luce soffusa proveniente dalle lanterne affisse alle pareti di pietra, accompagnava il giovane lungo il corridoio del castello.
I suoi occhi erano fissi davanti a sé.
Il battito delle ciglia quasi inesistente.
L’udito attento ad ogni minimo accenno di rumore.
La mano destra a sfiorare la bacchetta nella tasca del mantello, in attesa di essere afferrata alla prima necessità.
I pensieri del giovane vorticavano confusamente nel suo capo, ma egli non pareva scomporsi. I lineamenti marcati. Il viso leggermente appuntito. La bocca tesa in una linea perfetta. Nulla poteva presagire un tormento interiore.
Infine raggiunse la porta dell’aula. Osservò per diversi secondi le venature del legno e la maniglia di ferro scuro. Le dita da pianista, lunghe e affusolate, si arrestarono per un attimo su di essa, poi vinte dal coraggio spinse la porta dell’aula, dove il giovane entrò.
Fu un sospiro a dargli il benvenuto.


 

1. Everything has a beginning.
 

L’intero corpo studentesco della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts popolava la grande e confortevole Sala Grande, punto di ristoro e degli incontri scolastici.
Quattro tavolate, lunghe ed affollate, occupavano gran parte della sala ed in fondo, anteposto alla maestosa vetrata, i cui colori si infrangevano come arcobaleno nell’ambiente, sedeva il corpo docenti di Hogwarts.
Albus Percival Wulfric Brian Silente percorse con lo sguardo cristallino i quattro tavoli a lui posti di fronte ed un sorriso benevolo comparve leggero sulle sue labbra sottili, nascoste tuttavia da una folta e lunga barba argentea.
Quattro Case. Quattro capostipiti. Quattro ideali differenti.
Tuttavia in quei momenti di raccolta nella Sala Grande ogni studente di Hogwarts diveniva parte del tutto. Nessuna distinzione, nessuna competizione, solo tanto cibo da condividere assieme.
Silente scrutò i visi dei suoi studenti: volti affamati, abbattuti, allegri, seriosi. Volti di futuri grandi maghi e Albus Silente non riuscì a non sentirsi fiero del ruolo che ricopriva per tutti quei giovani.
Si soffermò in particolare su un capo bruno, dalla pettinatura scomposta e disordinata. Le labbra distese in un sorriso solare e genuino, gli occhi smeraldi, incorniciati da circolari lenti da vista. Harry Potter, il Ragazzo Che E’ Sopravvissuto, così lo appellavano.
Fu quel sorriso sereno, che tuttavia celava pensieri nascosti ben lontani dall’essere gai, a far provare al vecchio preside un moto di speranza per il futuro del mondo magico.

 

***
 

“Oh mio dio, Ronald. Peggiori di giorno in giorno!”borbottò la giovane maga dalla capigliatura leonina, osservando con una punta di fastidio il ragazzo, intento nel divorare una coscia di pollo con l’uso delle mani. Un estraneo avrebbe osato affermare che probabilmente il povero Ronald Weasley aveva digiunato per diverse settimane, vista la voracità di cui era dotato. Tuttavia l’ormai Re Weasley era ben conosciuto per il suo stomaco dalla infinita profondità, disposto ad accogliere qualsiasi tipo di sostanza gli si fosse presentata davanti.
Il rosso parve non udirla e continuò a strappare pezzi di carne da quella che una volta era stata una tenera coscia di pollo.
“’mione, perché non mangi?”mugugnò a bocca piena, accorgendosi solo in quell’istante dell’occhiata che la maga gli aveva riservato.
Hermione Granger spinse lontano da sé il suo piatto, lo stomaco stretto in una morsa di disgusto: non sarebbe riuscita mai ad abituarsi. “No, grazie. Mi è passata la fame.”
Accanto a sé, l’affascinante Harry Potter si godeva la scena come uno spettatore al cinema in compagnia di un maxi contenitore di popcorn. Erano oramai sei anni che quei continui battibecchi occupavano ogni singola giornata trascorsa assieme ed Harry si trovò a riflettere che non avrebbe mai potuto farne a meno. I due grifondoro coloravano la sua giornata, riportandogli alla mente quanti fossero i diversi motivi per desiderare di poter cambiare le cose.
Solo in quel momento si accorse della mano di Hermione che sventolava davanti i suoi occhi. “Harry, sei tra noi?”
Il Prescelto tornò con la mente al presente e le sorrise, mentre si aggiustava gli occhiali tondi sul naso.
Ron, che finalmente aveva riacquistato la capacità di parlare, attirò la loro attenzione, facendo un cenno del capo verso l’ultima tavolata alla destra dei Tassorosso. “Ehi, avete notato una certa assenza oggi?”
I due amici seguirono lo sguardo del rosso e i loro occhi incrociarono le divise verdi e argentate dei Serpeverde.
"Serpeverde ti aiuterà sulla via della grandezza." Questo era il loro mantra, la loro sicurezza.
La grandezza rappresentava la vetta della gloria e l’unico elemento che avesse potuto garantire l’eternità dei loro nomi. Alle Serpi non interessava il modo con cui essa veniva ottenuta, era bensì il risultato ad essere rilevante.
Il fine giustifica i mezzi.
Erano spregiudicati. Si, probabilmente era il termine più adatto per descriverli. Spregiudicati, ma al contempo profondamente vigliacchi. Strano, no?
“Già, potrei quasi provare nostalgia delle battute idiote di Malfoy.”borbottò Harry, punteggiando il suo sformato di carne con la forchetta.
“Non si è presentato neppure alla lezione di Pozioni, questa mattina.”aggiunse Ron, senza distogliere lo sguardo dalla tavolata. “E Piton non ha fatto domande a Zabini o al resto della combriccola.”
“In effetti Mister Mondo non vi pare un po’ troppo nervoso, oggi?”riflettè Harry, mentre scrutava il tavolo delle serpi.
Blaise Zabini, la tranquillità e la compostezza in persona, quel giorno appariva agitato - per quanto la sua indole glielo permettesse - e al suo canto Daphne Greengrass gli lanciava sguardi eloquenti di cui lui tuttavia pareva non accorgersi.
I due amici, così persi nelle loro congetture mentali, non avevano prestato particolare attenzione all’assenza di un parere da parte di Hermione, che invece aveva deciso di dedicare la sua attenzione al piatto di cibo.
Quando infine un’altra chioma infuocata li raggiunge al tavolo, si ridestarono, prestando attenzione alla nuova arrivata.
“Ciao gente!”esclamò con la solita vivacità Ginny, la più piccola della famiglia Weasley.
Ron le lanciò un’occhiata ammonitrice.“Gin, sai che giorno è oggi?”
Lei posò lo sguardo su ciascuno di loro, finchè con voce titubante rispose: “Lunedì?”
Il fratello annuì seccamente. “Esatto. Potresti cortesemente avere rispetto per la depressione del lunedì di cui tutti noi, gente comune, siamo affetti?”
Ginny rimase in silenzio qualche secondo, mentre sul suo volto si dipingeva un’espressione divertita, che incrementò il nervosismo del fratello.
Gli posò una mano sottile sulla spalla con fare consolatorio. “Hai per caso mangiato troppo velocemente, RonRon?”
“No! Io..”
“Sai che quando ti abbuffi i tuoi nervi non resistono e scoppiano. Boom!”continuò imperterrita, mimando con le sottili dita un’esplosione.
“Ginny, smettila, noi..”
Ma lei lo interruppe nuovamente, accarezzandogli amorevolemente il capo. “Va tutto bene. Un riposino pomeridiano è ciò che ti serve. Vedrai.”e come era giunta, così andò via, raggiungendo Dean Thomas dall’altra parte del tavolo.
Ron la seguì con lo sguardo infuriato, finchè incrociò quello dei suoi amici, i quali volti gridavano il bisogno di lasciarsi andare a delle risa divertite.

 

***
 

La fresca brezza di ottobre era stata accolta dagli studenti di Hogwarts con poco entusiasmo, tuttavia essi approfittavano di quelle ultime giornate di sole per trascorrere il loro tempo libero nel vasto parco del castello.
Hermione osservò dalla finestra socchiusa dell’aula di Storia della Magia il lontano profilo del lago, il lieve incresparsi della sua superficie al lieve soffiare del vento, i movimenti vitali del Platano Picchiatore in lontananza. Tutto avrebbe potuto presagire l’inizio della Primavera.
Vagò con lo sguardo per l’aula e si trovò a sorridere fra sè quando osservò gli sguardi vacui dei suoi amici, le bocche semiaperte e il pugno chiuso contro le loro guance.
Lo stato dei restanti studenti non era così diverso: Dean Thomas e Seamus Finningan avevano ormai perso qualsiasi speranza di poter seguire le parole lente e noiose del professor Rüf, così da prediligere il riposino del primo pomeriggio sulla superficie rigida del banco. Calì Patil e Lavanda Brown erano intente a ridacchiare su ignoti scoop dell’ultima ora, lanciando ripetute occhiate verso il bel serpeverde Zabini, la cui mente pareva viaggiare verso ignote galassie.
Fu allora che, osservando alla sinistra di quest’ultimo, lo vide.
Non si era minimamente accorta di quando avesse fatto ingresso in aula nè di quando avesse preso posto nell’ultima fila di banchi. Hermione scrutò il suo viso basso, rivolto verso un foglio di pergamena sul banco; muoveva su di esso la matita distrattamente, tracciando segni privi di alcun senso.
Poi, come un fulmine a ciel sereno, alzò il capo e la Grifondoro percepì il calore familiare delle sue iridi scontrarsi con i suoi occhi color del cioccolato. Fu un semplice infinito attimo, poi la privò di quel contatto, tornando a vergare quel pezzo di pergamena.
Hermione fece altrettanto, ma oramai la sua attenzione verso il professor Rüf era del tutto smarrita. Così permise – come raramente accadeva - ai suoi pensieri di vagare liberamente per la sua mente, a briglia sciolta, mentre la sua mano iniziò involontariamente a muoversi sull’angolo del libro con rapidità.
Non avvertì il leggero pizzicore sulla nuca, segno che due occhi tempestosi la stavano scrutando sovrappensiero. Non avvertì le ultime parole del professore, prima di dichiarare la lezione terminata nè quelle di Ron e Harry, che la chiamavano ripetutamente per attirare la sua attenzione.
La ragazza infine sobbalzò e si accorse che ormai l’aula era quasi del tutto vuota.
Lanciò uno sguardo imbarazzato verso i suoi amici, che l’attendevano già pronti per uscire. “Scusatemi, ero sovrappensiero.”
Diede un’ultima occhiata a ciò che la sua mano aveva creato, prima di chiudere con un tonfo sordo il libro.
Due occhi estremamente conosciuti la guardavano privi di espressione.

Ron sbadigliò sonoramente, mentre ripercorrevano a ritroso il corridoio per raggiungere l’aula di Storia della Magia ed Harry dal canto suo manteneva gli occhi semichiusi, tipici di un recente risveglio.
“Se fossi preside di questa scuola, abolirei questa materia seduta stante!”borbottò il rosso, lasciandosi poi andare all’ennesimo sbadiglio.
Harry annuì d’accordo e mentre si stroppiciava un occhio assonato, si girò verso la maga. “Hai preso appunti Herm, vero?”
Hermione abbassò lo sguardo e si lasciò sfuggire un piccolo sorriso. “In realtà no.”
“Okay, il mondo sta ufficialmente per giungere al termine.”esclamò Harry con espressione alquanto sconvolta. Ron non era da meno: la osservava come se fosse divenuta all’improvviso un’aliena.
“Cosa c’è?”domandò ingenuamente.
“Hai per caso sbattuto la testa prima di venire a lezione?”
“Certo che no, Ronald!”
“Allora non è possibile.”e si scambiò un’occhiata perplessa con l’amico.
Alzò gli occhi al cielo in uno sbuffo. “Scusatemi, è così impensabile che io non abbia preso qualche appunto?”
Domanda stupida, Hermione, domanda davvero stupida.
“Si!”risposero all’unisono i due ragazzi.
Appunto.
La ragazza si lasciò andare all’ennesismo sbuffo e superò gli amici, lasciandoli nel mezzo del corridoio a scovare un qualche motivo abbastanza probabile per quel cataclisma.
Tuttavia Hermione, appena svoltò l’angolo, se lo ritrovò davanti agli occhi.
L’ennesimo fulmine a ciel sereno, l’ennesimo sentimento di sollievo nel vederlo lì, appoggiato contro il muro di fredda pietra a braccia conserte. Il suo profilo così mascolino, la linea rigida della sua mascella, il collo candido interrotto dalla camicia della divisa.
Hermione non volle proseguire con lo sguardo verso l’alto, timorosa di vedere cose di cui avrebbe desiderato fare a meno.
Draco Lucius Malfoy si voltò.
La vide lì, ferma nel bel mezzo del corridoio, il libro stretto convulsamente al petto e i capelli ribelli che incorniciavano il suo viso dai tratti delicati. Le labbra rosee a forma di cuore erano torturate da quei denti sempre così famelici di attanagliare la carne morbida della bocca.
Si guardarono per qualche istante senza proferir parola, finchè lui non si staccò dal muro avvicinandosi di un passo a lei.
“Ciao.”disse con tono basso e tranquillo.
La maga finalmente sollevò il suo sguardo e lo puntò in quelle nubi ghiacciate che erano gli occhi di Malfoy.
“Come stai?”gli chiese. Nessun saluto di circostanza. Dritta a ciò che l’aveva tormentata per l’intero giorno.
Il ragazzo scrollò le spalle, senza aprir bocca. Infilò le mani nelle tasche dei pantaloni neri e scrutò per un attimo il pavimento irregolare, pensieroso.
Poi le fece un cenno verso l’aula davanti cui erano. “Vuoi?”
Domanda stupida, Draco, domanda davvero stupida.
Hermione senza rispondere lo precedette ed entrò nell’aula spoglia, che sapeva venisse utilizzata per corsi eccezionali di Incantesimi; alle sue spalle udì un Colloportus e il rumore metallico della serratura che scattava.
Si sentiva così a disagio e non riusciva a capacitarsene. Era ormai un mese che quel ragazzo era divenuto quasi una quotidianeità per lei, un confindente, un amico - si, quella parola la lasciava ancora profondamente incredula. –
Un incontro casuale, scambio di battute di troppo, un’occhiata meno velenosa del solito avevano dato vita a quello strano e impensabile incontro o, per così dire, rapporto.
Era stato difficile impedire che altri venissero a scoprire tutto ciò, ma ben presto i due riuscirono a proseguire i loro incontri nel modo più anonimo possibile, comunicando spesso con monete simili a quelle che la stessa Hermione aveva prodotto per l’Esercito di Silente.
E si erano scoperti più compatibili di quanto avessero mai potuto pensare. Certo, non completamente compatibili, ma erano capaci di sapersi comportare civilmente per almeno la metà del tempo. Dopotutto, erano pur sempre Malfoy e Granger.
Gli antipodi. L’A e la Z. L’antitetico, il contraddittorio, il dissenziente.
L’inavvicinabile.
“Cosa hai?”sentì chiederle. Hermione volse leggermente il capo e lo imitò, scrollando le spalle.
Sarebbe stato tremendamente stupido ammettere di sentirsi improvvisamente a disagio in sua presenza, come se per la prima volta dopo settimane un velo trasparente si fosse frapposto fra loro.
Draco avanzò lentamente, mentre con gli occhi percorreva l’esile figura di Hermione, ancora volta verso il fondo dell’aula. Al contrario, lui sapeva bene cosa le passasse per la mente: come ormai accadeva spesso, era capace di precedere anche le stesse rriflessioni che Hermione realizzava successivamente. Era tanto inspiegabile, quanto inquietante.
Le sfiorò con le dita lunghe e affusolate i ciuffi che le erano sfuggiti dalla crocchia fermata con una matita.
“Andiamo, chiedimelo.”soffiò.
“Cosa dovrei chiederti?”
“Perchè ero assente questa mattina, ad esempio.” Un sorriso si dipinse sulle sue labbra, quando le spalle della ragazza sussultarono impercettibilmente. “Su mezzosangue, so che stai morendo dalla voglia di saperlo.”
“Chiamami di nuovo mezzosangue e ti affatturo.”
“Va bene, mezzosangue.”
Hermione si volse di scatto, la bacchetta impugnata prontamente in una mano, ma non fu abbastanza veloce da impedire alla mano di Malfoy di bloccarle il polso. Una presa gentile, ma al contempo così ferrea da impedirle di muoversi.
Il biondo serpeverde le sorrise sardonico, un sopracciglio ben sollevato verso l’altro. “Perchè sei così arrabbiata?”
“Io non sono arrabbiata!” Peccato che la sua risposta assomigliasse fortemente ad un ringhio; infatti Draco non resistette e si permise di ridere apertamente sotto lo sguardo adirato della Grifondoro, il cui polso era ancora imprigionato in quella leggera stretta.
Sbattè ritmicamente un piede sul pavimento, finchè l’attacco di risa andò scemando. “Potresti lasciarmi libera, di grazia?
“Non credo, a meno che tu non mi chieda ciò che ti passa per quella testolina ricciuta.”
“La mia testa non è..”
“Finiscila e parla, Hermione!
Eccolo il tono rigoroso di un Malfoy, che non permetteva repliche né esitazioni di alcun genere.
Calcolatore, manipolatore. Stronzo.
Tuttavia Hermione era l’unica a sapervi resistere.
“Sai bene che con me le maniere forti non danno alcun risultato, Malfoy.”
Quest’ultimo sbuffò esasperato, e alzando gli occhi al cielo, sospirò: “Va bene, va bene! Te lo dirò comunque!”
Vittoria per Hermione Granger, signore e signori.
La ragazza si accomodò su un banco in tranquillità e si lisciò la gonna sotto lo sguardo torvo del ragazzo. “Prego, puoi iniziare.”
‘Non replicare, Malfoy, non replicare. Non l’avrà sempre vinta, vedrai.’si auto convinse il giovane serpeverde. La capacità della Granger di incastrarlo con le spalle al muro era una delle poche cose che più gli mandavano il sangue al cervello. Non si capacitava di come ciò fosse possibile o piuttosto del perché lui lo permettesse.
Si stropicciò gli occhi in un sospiro ed intanto parlò. “Ho ricevuto ieri sera una lettera da mia madre, che mi chiedeva di tornare a casa per motivi urgenti, che si sono rivelati un’unica semplice cosa: mio padre.”
“E’ tornato?”
Malfoy annuì, ma non osò incrociare gli occhi di lei. Non aveva alcun bisogno di trovarvi pietà né compassione né ribrezzo. Non aveva alcun bisogno di sentire nulla di ciò che avrebbe pensato. Non aveva bisogno della sua solidarietà.
E nuovamente lei lo sorprese. “Continua.”
“Non c’è nulla da dire. E’ tornato a casa. Quella stupida di mia madre gli avrebbe baciato i piedi se non avesse avuto ancora un briciolo di orgoglio dentro di sé. Abbiamo parlato, se così si possa definire quel monologo, poi si è alzato ed è tornato in quel maledetto suo studio ed io a scuola.”
“Cosa vi siete detti?”la sentì mormorare con voce priva di qualsiasi giudizio.
Perché fosse così, Draco non ero riuscito ancora a comprenderlo; tuttavia era proprio quella caratteristica di lei ad averlo aiutato ad abbattere l’immensa muraglia che si frapponeva fra loro. In sua compagnia non si sentiva giudicato.
In sua compagnia lui era Draco, solo questo.
Probabilmente se fosse dipeso esclusivamente dalla conoscenza dei cinque anni passati, una valanga di giudizi e offese sarebbero fuoriuscite dalle labbra rosate di lei, ma per qualche strambo motivo sapeva che non vi era più la necessità di farlo.
Lui era Draco, solo questo.
“Nulla di importante.”le rispose, mentre i suoi occhi percorrevano le linee frastagliate del pavimento, imponendosi di non puntarli davanti a sé.
Tuttavia aveva sottovalutato la fermezza di Hermione, che silenziosamente si era avvicinata a lui, inondandolo con la sua fragranza all’essenza di vaniglia.
Posò l’indice sotto il mento del ragazzo e lo invitò gentilmente a guardarla.
“Davvero nulla di importante, Draco?
Per la prima volta mentire gli parve la cosa più difficile da compiere. Avrebbe mentito con gli occhi. Con le labbra. Con la voce. E con tutto se stesso.
Ma infine disse:
‘Davvero. Nulla di importante, Granger.’

   
 
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