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Autore: CherryPoppins    04/10/2011    1 recensioni
Il dolore non ci abbandona, ed è figlio del ricordo. Ma se cancelliamo il ricordo perchè è l'unico modo per rimuovere il dolore, che resta di noi? Quanto ancora siamo, davvero, NOI?
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non sono molti i modi di sconfiggere il dolore, e lo sapeva bene Mike Wallenby.
Quando sua moglie era morta, dieci anni prima, aveva capito cos’è un buco nel cervello.
Un buco nel cervello, diceva sempre Mike, è quando qualcosa fa male, ma fa così male che non puoi guardarci dentro, e quando cerchi il perché di questo male anche il perché precipita in questo vortice, che gira e gira e gira e si porta dietro tutti i perché di tutti i perché di tutta la vita. E non puoi più parlare con te stesso per estirparlo, quel male. Perché vortica così tanto che poi non lo fermi più, e diventa un burrone e dentro c’è qualcosa, qualcosa di oscuro, che ti trascina con sé e poi finisce che non ne esci più.
Ecco perché Mike aveva inventato la Erasing Machine. Meglio di tutte le macchine del tempo, meglio di qualsiasi magia e di qualunque trucco.
Mike aveva trovato il modo di distruggere il vortice: bastava rimuovere il ricordo alla base della catena degli eventi. Era sufficiente strappare via la radice, come quando ti va storto qualcosa e allora parte un effetto domino che non finisce più e tu sai che sarebbe bastato che quella prima cosa non fosse accaduta, quella prima piccola cosa, perché tutta la sfiga che sarebbe venuta dopo non ti avrebbe sfiorato.
Per eliminare il dolore, era sufficiente rimuovere il ricordo.
Non il suo, no. Il suo l’avrebbe conservato per ricordare perché, per non lasciare per sempre nell’oblio il motivo per cui era diventato un Martire Della Memoria. Gli restava solo quel senso da dare alla sua vita. Aveva eliminato padri violenti, stupri, bulli al liceo, rapine, fidanzati traumatici e scene da panico. Lo avevano sempre ringraziato, nessuno si era mai lamentato. Era un professionista, lui. Solo lavori di fino. Non usciva mai dalle linee tratteggiate, non rimuoveva mai un bit di più.
Un giorno, una donna si era presentata da lui. La ricordava: le aveva rimosso i ricordi dell’orfanotrofio nel quale aveva vissuto per dieci anni. Immagini che la tormentavano giorno e notte e che non le permettevano di dormire: lui l’aveva aiutata. Ma ora, lei chiedeva:
“Perché ho perso il filo della mia vita? Non trovo spiegazioni di ciò che sono. Non conosco i miei perché. Non ho senso. Mi restituisca a me stessa.”
E Mike capì. E mentre tirava la prima martellata alla macchina, disse a sé stesso: “Non c’è nulla di sbagliato nel dolore, né in ciò che fa di noi. Non si può cancellare la vita”.

  
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