Fanfic su artisti musicali > Cinema Bizarre
Ricorda la storia  |      
Autore: makeDreamlast    05/10/2011    2 recensioni
Trovarsi in bilico su un filo appeso. Dover scegliere tra l'amore di una vita, sognato, non ricambiato ma che cambierà, e tra l'amore appena nato, fedele e vero ma che, forse, finirà.
Non ne avevo ragione, diritto e neanche dovere di tradirlo, nemmeno se mi avessero proposto la cifra più improponibile mai esistita in tutta la storia della moneta!
[...]
In ballo c'era molto più di un'ingente somma di denaro.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Se ti dicessi che...

***

«Ma se...Metti caso che...Il cantante più strafigo di tutto il mondo mi chiedesse di andare in tour con lui, tu...cosa diresti?»
Allora avevo solo quindici anni. Avevo quindici anni quando posi questa domanda a mia mamma, si.
Fuori faceva freddo e io, lei e mio fratello eravamo seduti a tavola per cena. Fui spontanea, e comunque non parlavo seriamente dato che ero più che certa che questo non sarebbe mai successo. Lei però non si era riservata la risposta, ragion per cui così spontanea come lo fui io mi rispose «L'importante è che non disturbi.»
Era senz'altro il genere di risposta che volevo sentirmi dire, ma che anche lei non mi avrebbe più ripetuto.
Avevo da poco compiuto diciotto anni quando posi nuovamente quella domanda, ma la persona cui era posta non era mia madre, così cercai di essere il più tranquilla possibile.
«Come la prenderesti se ti dicessi che il cantante per cui stravedo mi chiedesse di andare con lui?»
Di scatto si voltò per guardarmi, spiazzato.
Lui era il mio fidanzato da sette mesi e venti giorni. Era un ragazzo d'oro, lo è stato fin da subito, solo per questo non avrei mai pensato di tradirlo, con nessuno! Se poi aggiungiamo il fatto che era estremamente dolce e un poco geloso ma che comunque mi lasciava i miei spazi quando ne avevo bisogno, allora no, non ne avevo ragione, diritto e neanche dovere di tradirlo, nemmeno se mi avessero proposto la cifra più improponibile mai esistita in tutta la storia della moneta!
Lui non meritava di essere trattato così, eppure in quel momento mi trovavo in bilico su un filo teso. In ballo c'era molto più di un'ingente somma di denaro.

Tutto era successo quando, quel lontano dicembre (quattro mesi prima), mi arrivò la mail dal forum ufficiale dicendomi che avevo vinto il contest, che ero stata scelta insieme ad altre quattro ragazze e che ognuna di noi poteva portare con sé al massimo due amiche.
Le prime ed uniche che mi vennero in mente furono proprio Francesca e Martina.
Saremmo dovute arrivare presto alla location del concerto, che per fortuna era vicino a casa -più o meno un'ora di macchina- e con un pass che mi fu spedito per posta ci avrebbero riconosciute.
Quella mattina eravamo in fila già dalle nove, eravamo così agitate.
Ad ogni modo riuscivamo a trovare distrazioni che ci facevano tenere occupato il tempo.
Non so dire con precisione che ore fossero quando dal vialetto vedemmo entrare un pullman blu lucente. Si fermò proprio di fianco a noi e ne uscirono cinque ragazzi. Cercammo in tutti i modi più impossibili di avvicinarli, ma fu praticamente impossibile. Impiegarono si e no trenta secondi per scendere e dileguarsi all'interno del pub.
«Ragazze, qui la vedo male. Non si fermano nemmeno per un autografo.» disse Martina, scoraggiata.
Forse aveva ragione.
Da brave furbe, come tutte le presenti, appena arrivammo ci facemmo scrivere sul dorso della mano un numero. Quel numero avrebbe indicato il nostro posto in fila.
Tranquillamente, all'ora di pranzo uscimmo da quella fila disordinata e raggiungemmo un chiosco poco più lontano. Mangiammo altrettanto tranquillamente una piadina e bevemmo coca-cola. Per digerire e per non annoiarci in fila decidemmo che un bel giretto sulla spiaggia non faceva male.
Era quasi primavera, mancavano quattro giorni al mio diciottesimo compleanno e quello era il regalo più bello che si potesse ricevere!
Arrivammo sul bagnasciuga, quei posti li avevo visti così tante volte. Mi sentivo un pò come a casa, in fondo i miei genitori mi avevano concepita lì, quando ero bambina i miei nonni mi ci portavano sempre in vacanza e da qualche anno ci tornavo anche con il mio papà. Era bello stare lì, era pieno di tranquillità e l'odore del mare era squisito.
«A che ora ci vengono a chiamare?» chiese Francesca controllando l'orario sul suo cellulare.
«Nella mail c'era scritto alle quattro, che ore sono?»
«Le tre e mezza, torniamo là?»
«Credo sia meglio.» rispose in fine Martina.
Salutai quel posto magnifico che avrei rivisto appena tre mesi dopo e tornammo al pub.
La gente che aspettava era sempre di più e quindi anche il rumore delle voci e delle urla era aumentato. Con soddisfazione passammo davanti a quelle ragazze che erano arrivate da poco e ci sedemmo per terra, lì dove eravamo quella mattina.
Camminammo con calma, perciò venti minuti passarono in fretta. Ne mancavano solo dieci.
Speravo di aver già digerito tutto, in fondo non avevo mangiato molto, eppure mi venne un mal di stomaco tremendo. Forse era l'ansia che si faceva viva.
Era la prima volta che li vedevo dopo due anni e mezzo, non sapevo che effetto potessero farmi. Io ad ogni modo il contest lo avevo provato e con mia grandissima fortuna avevo pure vinto! Motivo in più per far contente anche le mie amiche.
Quando mancavano cinque minuti alle quattro uscì una ragazza mora, molto carina, che chiamò i nostri nomi. Superammo quelle poche ragazze che avevamo davanti e mostrammo i nostri pass, ci raggiunsero anche le altre dodici fortunate ragazze, molte di loro erano in preda al panico. Io tutto sommato ero tranquilla, così come anche Martina e Francesca.
Seguimmo la ragazza mora, che si presentò come Alice e insieme a tutte le urla di disprezzo da parte delle ragazze rimaste in fila, ci dileguammo all'interno del pub. Proseguimmo attraverso un largo corridoio buio, lo zaino iniziava ad appesantirci le schiene. Da quel corridoio entrammo in una grande sala dove qualche tecnico -ad occhio e croce mi parvero otto- stava già allestendo il palco. Attraversammo tutta la sala e svoltammo a destra, in un altro corridoio più stretto. Era tutto bianco, anche le cinque porte che lo circondavano erano tutte bianche. Per un momento pensai di essere morta e di aver raggiunto il paradiso, ma quando Alice ci disse di aspettare lì composte e ordinate come delle scolare capii che era giunto il momento.
Entrò lei per prima e disse qualcosa in tedesco, da quel poco che sapevo aveva detto «Sono arrivate.» Poi uscì e fece entrare le prime tre ragazze. Mi salì una rabbia mista a gelosia anche se poco dopo sarebbe toccato a me. Non sapevo nemmeno cosa volesse dire quella gelosia, perchè ero gelosa?
Sentimmo le prime voci e riconoscemmo senza alcun dubbio Hannes. Martina iniziò a farsi aria con la mano, ottenendo pochissimi risultati.
Grazie a Dio, il mal di stomaco mi era passato. Ero tranquilla, mai stata così tranquilla in tutta la mia vita. Ma sapevo che dietro a quella tranquillità si nascondeva qualcosa di peggiore.
Ero totalmente distratta a fissare e studiare quel paradisiaco bianco per accorgermi che erano entrate anche le ragazze davanti a noi. Me lo fece notare Francesca.
«Monica!! Monicaaaa!!! Dopo tocca a noi!!!»
Non sapevo perchè fosse così agitata, in fondo anche lei provava su per giù quello che provavo io. Per noi erano solo cantanti. E Martina li aveva visti già tante volte che si può dire avesse preso l'abitudine.
Ci stavano mettendo troppo, oppure era il tempo che non passava più? Provai a sbirciare dentro la stanza, ma Alice mi fermò subito posandomi una mano sulla spalla e guardandomi con compassione, quasi stessi andando a morire!
Il solo sapere che mancavano pochi secondi mi mandò in ecstasi, proprio quando le tre ragazze stavano uscendo dalla stanza con le lacrime agli occhi.
«Oddio tocca a noi!» dissi quando, ancora una volta, Alice mi posò la mano sulla spalla. Feci passare prima Martina seguita da Francesca. Svoltai per ritrovarmi sulla soglia. La prima faccia che identificai tra tutte fu proprio quella di Seb. Per un momento dovetti reggermi alla porta evitando di cadere, le mie ginocchia non mi tenevano più e le lacrime stavano iniziando a scendere.
Di fronte avevo Seb, Hannes e Romeo seduti su un divano in pelle nera a tre posti, di fianco c'erano Tim e Kristian seduti su due poltrone uguali. Al centro c'era un piccolo tavolino in vetro scuro ornato con piccoli pacchetti regalo, foto, lettere e fiori, tutte cose che avevo visto poco prima dalle altre ragazze.
Alice mi spinse e allora non potevo più tornare indietro. Mi avvicinai titubante al più vicino, Tim. Mi salutò e mi strinse la mano, gli porsi un piccolo foglio bianco e lui ci scrisse sopra "Shin". Notò la macchina fotografica che avevo in mano, così mi chiese «Vuoi fare una foto?» e si alzò.
Senza pensarci, dalla mia bocca uscì un semplice e automatico «Ja!» così lui mi cinse il fianco e io provai a scattare una foto. Impossibile. Il braccio mi tremava troppo.
«Falla tu.» gli dissi accennando un sorriso.
Tim prese la macchina fotografica sfiorandomi la mano, appoggiò la testa alla mia e scattò una foto. Lo ringraziai e invece di proseguire verso sinistra, passai di fianco al tavolino e andai da Kristian. Ci salutammo e ci presentammo -come se ci fosse il bisogno di sapere il suo nome-, anche con lui porsi il foglio che firmò, ci abbracciammo e gli feci scattare una foto. Senz'altro le foto scattate da loro erano migliori di quelle scattate da me.
Io, Francesca e Martina non seguivamo molto l'ordine in cui erano disposti i cinque ragazzi, cercavamo di tenere per ultimi quelli che ci interessavano. Così ci intralciammo tutti quanti, tanto che i ragazzi dovettero alzarsi e spargersi per tutta la stanza.
Mentre stavo raggiungendo Romeo, che era andato dall'altra parte della stanza, notai che Francesca faticava molto a parlare con Kristian, mi voltai e notai le lacrime sul suo viso. Martina invece stava già parlando con Hannes, segno che con gli altri aveva finito. Lei era l'unica a non avere problemi, non piangeva! Ma come faceva? Era così forte, avrei voluto essere come lei. Ma non era possibile.
Dopo aver costretto Romeo a scattare la foto (non perchè non volesse farla, gli spiegai che mi tremava la mano) mi infilai tra Martina e Hannes.
«Marty scusa, ma mi manca solo lui.»
«Non sei andata da Seb?» parlavamo in italiano, escludendo il ragazzo che capiva solo i nomi dei suoi amici.
«No, e non credo di volerci andare.»
Martina si spostò di lato, lasciando che Hannes scrivesse il suo soprannome sul mio foglio, le porsi poi la macchina fotografica e le chiesi di scattare una foto che prendesse tutto il corpo. Insomma, Hannes non si può tagliare a metà!!
La ringraziai e mi voltai verso Seb. Era piegato sul tavolo più grande, alla sinistra del divano, stava scrivendo qualcosa. Ah no, stava leggendo. Mi sporsi per vedere attraverso il suo corpo, era una lettera di una fan. Gelosia. Ancora gelosia. Così tanta che non ne avevo mai provata.
Sentii il cuore esplodere, la testa mi girava tantissimo. Tutta la stanza girava. Iniziavo anche a faticare nel respirare, non era di certo una bella situazione. Sentivo gli occhi sempre più gonfi, bruciavano e vedevo sempre più opaco. Segno che da lì a poco avrei cominciato a piangere.
Mi avvicinai a lui senza far rumore, titubante alzai il braccio e con l'indice gli sfiorai la spalla. Lui ebbe un sussulto, lo feci spaventare. Fu proprio quel sussulto a far si che una lacrima scendesse e rigasse la mia guancia.
«Ciao.» mi disse. A quel punto le lacrime erano diventate indomabili.
«Posso abbracciarti?»
Lui sorrise e si avvicinò a me «Certo che puoi.» Passò le sue braccia intorno ai miei fianchi, io alzai le mie e alzandomi in punta di piedi le legai attorno al suo collo. Lo stavo toccando. Il suo corpo era così caldo. La camicia bianca era così morbida. Trovai il collegamento tra il corridoio e lui: il paradiso e Dio. Si, senza dubbio ero morta.
Piangevo, piangevo e ancora piangevo. Per quanto cercassi di trattenere le lacrime, loro imperterrite continuavano a scendere.
«Calmati.» Mi disse lui dolcemente. Ma lui non capiva cosa significava per me stare tra le sue braccia. Sentii un leggero muoversi da parte sua, segno che forse voleva sciogliere l'abbraccio.
Io con una velocità felina strinsi ancora più forte il suo collo e urlai «No, non lasciarmi. Ti prego non lasciarmi! Non farlo. Non adesso. Ti prego, ti prego, ti prego.»
A questo punto era inevitabile che tutti si girassero.
Seb iniziò ad accarezzarmi i capelli, questo servì solo a peggiorare lo stato in cui già mi trovavo.
Solo quando fui pronta allentai la presa e alzai il viso verso il suo.
«No, tu non sei vero. Non sei tu.» gli dissi, ancora piangendo.
«Come non sono io? Chi sono, se no?»
«Non lo so chi sei, ma non sei tu!»
Rise.
A quella risata non resistetti più. Le ginocchia diventarono palline di farina e acqua impastate, tutto il corpo non poteva reggersi su della pasta. Ebbi un capogiro e caddi tra le braccia di Seb.
Non ero svenuta, ma era come se tutte le forze me le avesse rubate lui.
Sentii che mi portava al divano, sul quale poi mi ci sedetti. Così mi ripresi.
«Stai bene?» mi chiese, preoccupato.
Mi si avvicinarono anche gli altri e le mie amiche.
«Cos'è successo?» chiese Tim a Seb.
«Deve aver perso i sensi. Ha mangiato?» guardò Martina e Francesca.
«Si, e anche tanto!»
«Si sta riprendendo.» Hannes era piegato su di me, mi fissava negli occhi.
«Si, si sta riprendendo poi vede te e sta male di nuovo.» Lo rimproverò Romeo da dietro il divano.
Sentivo tutto e dentro di me ridevo, chi sa se erano così tutti i giorni!
«Se le lasciate aria magari si riprende, no?» Seb agitò le braccia per far spostare i ragazzi che indietreggiarono solo di qualche passo.
Qualche forza era ritornata nel mio corpo, così mi tirai su con la schiena sistemandomi meglio sul divano.
«Mony, come stai? Che hai fatto? Cosa è successo?» Francesca mi si avvicinò, preoccupata.
«Non lo so, ma non portatemi via da qui.» Era come se qualcun'altro stesse parlando al posto mio.
«Tranquilla, non lo faremo.» Mi sussurrò Seb, poi guardò la porta e alzando la voce disse «Alice, puoi far entrare le altre.»
Altre tre ragazze entrarono nella stanza, mentre Martina e Francesca mi accompagnavano al tavolo per aspettare che i ragazzi finissero di ricevere le fan.

Era successo tutto così.
Un minuto prima ero tranquilla, un minuto dopo ero sconvolta.
Naturalmente, non avevo mai pensato che potesse succedere una cosa così, non ero preparata. Fu proprio un colpo duro.
Ma più dura fu quella sua domanda.
«Tu non sei come le altre. Hai espresso qualcosa che nessuno di noi aveva mai visto prima.» E che nemmeno io sapevo di poter esprimere. «Per questo vorrei chiederti una cosa.»
«Cosa?»
«Se ti dicessi di lasciare tutto e di venire via con noi?»
Tutto il tempo di fermò.
Non potevo farlo. Avevo un fidanzato, non ero maggiorenne, non parlavo tedesco. L'unica cosa positiva è che avevo smesso di andare a scuola, l'unico impegno che non avevo.
«Non lo so, sai, ho un fidanzato che mi aspetta a casa, non sono maggiorenne e non parlo neanche tedesco.»
«Per il tedesco non c'è problema. Ho visto che l'inglese lo sai, tutt'ora stiamo parlando in inglese. Saprò anche aspettare che diventerai maggiorenne, quanto manca?»
«Quattro giorni.»
«Perfetto. E per il tuo fidanzato...Quello è un problema.»
«Appunto. Il vero problema però è dirti di no, sapendo che potevo benissimo dirti di si.»
«E allora perchè dovresti dirmi di no? Posso chiederti...Da quanto aspetti questo momento?»
«Due anni e mezzo.»
Nella stanza non c'era più nessuno. Francesca e Martina avevano seguito gli altri quattro ragazzi nella stanza degli strumenti. C'eravamo solo io, Seb e un problema da risolvere più grande di quanto si potesse immaginare.
«Ecco. Da quanto stai con il tuo fidanzato?»
«Sette mesi.»
«Sono di più due anni e mezzo o sette mesi?»
«Due anni e mezzo, ma non capisco cosa vuoi intendere.»
«Io non voglio condizionare i tuoi pensieri, capirò se mi dirai che vuoi stare con il tuo fidanzato. Ma dopo due anni e mezzo, quando ti capita di nuovo un'occasione come questa?»
«Credo mai.»
«Hai trovato la soluzione.»
«A patto però che mi lasci un pò di tempo per spiegarglielo e che vengano anche le mie amiche.»
«Se loro vorranno, saranno le benvenute!»

Ecco come mi sono ritrovata a chiedergli come l'avrebbe presa. Ma credo che non gliene sia importato più di tanto. Mi aveva risposto con un semplice «Vai pure.», forse non credeva che stessi parlando sul serio, ma il giorno dopo già non c'ero più e non avevo avuto ripensamenti.
Seb mi aveva dato tutto il tempo di cui avevo bisogno e io non lo avevo fatto aspettare più di tanto.
Il giorno del concerto mi aveva lasciato il suo numero di telefono, sarebbe bastato uno squillo, lui mi avrebbe richiamata, io gli avrei detto che avevo scelto di andare con lui e lui il giorno dopo avrebbe preso l'aereo per venirmi a prendere.
Ero maggiorenne da dieci giorni, non ero più fidanzata da un giorno e da undici anni parlavo inglese.
Dopo due anni e mezzo l'unico vero desiderio che avevo si era avverato, non potevo chiedere nient'altro di meglio dalla vita!

 

***

Q u i troverai le anticipazioni dei capitoli successivi e quelle delle one shot in pubblicazione!
Ringrazio TE, lettore, per essere arrivato fin qui e, se lo farai, grazie anche per la tua recensione ♥

Vostra, Cornelian
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Cinema Bizarre / Vai alla pagina dell'autore: makeDreamlast