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Autore: itsjudsie    06/10/2011    4 recensioni
All I want is revenge.
Sei sicuro che sia la cosa più importante?
Genere: Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Patrick Jane
Note: Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'Episodi - what if?'
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Quando Lisbon mi riferì quello che il presunto Red John le aveva detto per telefono riguardo la morte di O’Loughin e capii che coincideva con le parole dell’uomo seduto al tavolo vicino a me, sentii una stretta allo stomaco. Possibile che per tutto questo tempo fosse stato così vicino a me e che io, ingenuo, non l’avessi notato?

Mi alzai in piedi, con le mani nelle tasche della giacca, e mi diressi verso di lui. Con nonchalance mi avvicinai al suo tavolo e lo scrutai con fare sospettoso, in attesa che si accorgesse della mia presenza. Ma niente, lui continuava a leggere il suo giornale, come non ci fossi.

“Posso aiutarla?” disse ad un certo punto, dopo aver alzato distrattamente lo sguardo. Finalmente mi aveva notato.

“Si” risposi. “Con chi stava parlando?”

“E a le che cosa…che cosa importa?”

“Non scherzi con me”

“Signore, non so quale sia il suo problema, ma mi sta mettendo molto a disagio” No, in realtà sapeva benissimo quale fosse il mio problema. Ma ciò che non sapeva era che di li a poco l’avrei finalmente risolto. Oh, si. L’avrei risolto eccome. Non mi importava di che cosa Lisbon pensasse di questa faccenda. L’unica cosa che ora volevo era vendicarmi della mia famiglia.

“Ha appena parlato con Theresa Lisbon” continuai.

“Chi?” Stava bleffando. Ne ero certo. Dopotutto, sono un mentalista. No?

“Chi è lei, come si chiama?” Non volevo cedere.

“Devo chiamare la sicurezza?” Oh basta con questa farsa, John. “Chi sto prendendo in giro. Tu sai chi sono.” Finalmente si era deciso a gettare la maschera una volta per tutte.

“Dimmelo ugualmente.” Del fatto che era Red John ne ero certo, ma volevo ugualmente sentirmelo dire da lui.

“In effetti ho molti nomi. Ma qualcuno mi chiama John il Rosso.” Un lampo di luce attraversò i suoi occhi. Gli occhi di un assassino. Guardarli mi faceva tornare in mente tutto il male che aveva fatto. Tutta la mia sofferenza. La mia perdita. Angela. Charlotte. La loro vita. Ma anche la mia.
Mi sedetti al tavolo e lui mi fece intravedere la sua pistola, all’interno del giornale, puntandomela contro. Un avvertimento? Forse non sapeva di che cosa io fossi capace.

“Proiettili a espansione. Fanno un buco grande come un pugno.” Mi disse. Non che a me impostasse gran chè, dato che quella non sarebbe stata la fine. O almeno, non la mia. “Non ti farò male, se non me ne darai motivo” continuò. Credeva sul serio di farmi paura?

“E’ bello incontrarti faccia a faccia, per così dire. L’ultima volta che ti ho visto era tutto così…frenetico. Così poco rilassante. E’ difficile parlare in quel tipo di ambiente.”

“Come faccio a sapere chi dici di essere?” Non mi ero accontentato della sua confessione di poco prima. No. Io volevo di più. Volevo prove, su prove, un qualcosa di concreto per quando l’avrei sconfitto. Si, perché l’unica cosa che quel mostro di merita, è soffrire. Soffrire come io ho sofferto anni prima per l’unica cosa al mondo capace di farmi svegliare felice e il pensiero con cui mi addormentavo la sera. L’unica ragione della mia vita. Da quel giorno io ho smesso di vivere. Da quel giorno io ho smesso di esistere. E finalmente, potevo avere la mia vendetta.

“Che domanda profonda” Fu la sua risposta. “Come si fa a sapere chi sono glia altri? E tu chi sei?”
‘Il tuo incubo più grande. L’uomo che porterà per la prima e ultima volta la sofferenza nella tua vita.’ Pensai.
Ma la mia risposta fu “Che cosa vuoi?”

“Quando O’Loughin mi ha detto della tua trappola ero così felice. L’opportunità perfetta per insegnarti un’ultima lezione di vita. Ma, no. Hai prevalso per una volta. Bravo. Sinceramente. Bravo. Sai una cosa? E’ positivo, perché conferma quello che io pensavo. E’ ora di smettere.”

“Smettere.” Ripetei, impuntandomi su questa parola. Che eufemismo.

“Basta uccidere. Basta sangue. Basta. L’ho fatto e rifatto. Voglio ritirarmi. Con un nuovo volto e una nuova identità…e una nuova vita. Ho delle capacità e delle risorse che potrei mettere in pratica. Fare qualcosa di positivo, fare qualcosa per le altre persone. Tipo per i bambini. Davvero, è che ho…rincorso i miei sogni per così tanto tempo che io ho perso di vista le cose importanti della vita. Credo che succeda a molti, tu non pensi?” Questo suo tentativo di raggirarmi mi sembrava assolutamente inutile. Perché preoccuparsi tanto di ingannarmi? Ingannare un mentalista è come saltare da un palazzo di 20 piani e non farsi un graffio. O credere che Patrick Jane, con davanti Red John, non abbia sete di vendetta.

“Vorresti forse farmi ridere? Perché mi dici questo?” Voleva arrivare al dunque si o no? Da un momento all’altro sarei scoppiato.

“Beh, credo che abbiamo una connessione che dev’essere onorata, volevo dirti addio, scusarmi per tutti i mali che ti ho causato e volevo liberarti da questa maledizione che ti perseguita.”
Me di che diavolo sta parlando?

“Non c’è alcuna maledizione” Si, ne sono convinto.

“Condannato a un’infinita rabbiosa ricerca di una vendetta che non avrai mai. Direi che è una maledizione, no?”
No. Sbaglio, mio caro John. La mia vendetta piano piano sta arrivando, e non vedo l’ora di averla tra le mani. Ma tu questo ancora non lo sai. Beh, presto te en renderai conto. Lo ammetto, tu sei furbo. Ma io lo sono più di te.

“Io lo considero di più come un hobby, e l’avrò quella vendetta.”

“Vendetta.” Ripete. “Per che cosa? Ma guardami scusa, guardami! Sono un uomo qualsiasi! Scommetto pensavi che avessi le corna, eh?”

‘No, ma ci sei andato vicino’ Nella mia mente intanto si era formato un dialogo diverso da quello che invece stava realmente accadendo. Il mio alter-ego stava combattendo contro il vero me, ma non so chi dei due avrà la meglio.

“Vero? Io non sono un mostro. Non sono il diavolo. Sono solo un altro essere umano, con vizi, difetti e problemi, come tutti quanti gli altri.”

Su questo in parte aveva ragione. Vizi: uccidere gente innocente. Difetti: avermi sottovalutato. Problemi: avermi di fronte in questo momento. E questo era un grosso, anzi enorme problema, per lui.

Continuò. “Dimenticati di me. Non vale la pena rovinarsi al vita.”
Okay, ora aveva proprio superato ogni limite.

“Ovunque andrai, delirante pazzo ti cercherò, ti troverò e ti ucciderò. E solo dopo, dopo mi dimenticherò di te.” Sapevo che queste parole non gli avrebbero fatto ne caldo ne freddo, ma era soltanto la pura verità.

“Tu sei un vero duro.” Fece una pausa. “Eccomi qua. Vediamo che sai fare. Coraggio!” Ormai stava cominciando a irritarmi. Fino a che punto credeva sarei riuscito a resistere?

“Metti via la pistola e lo vedrai, cosa so fare.”

Si mise a ridere. “Sai cosa sembriamo? Due ragazzini…al parco giochi. Ma non capisci che sto provando a farti un favore? Cercare la vendetta è una perdita del tuo prezioso tempo. La tua vita è preziosa, Patrick. Vai avanti con la tua preziosa vita. Trovati una donna da amare, metti su famiglia.”

Annuii. “Quando sarai morto.”

“D’accordo. Sapevo che l’avresti presa così. Va beh. C’ho provato. Addio.” Si alzò in piedi e fece per andarsene.
Credeva sul serio che l’avrei lasciato andarsene, così? Credeva che quattro frasi studiate a memoria mia avrebbero fatto cambiare idea? Niente ci sarebbe mai riuscito! Niente e nessuno! Ma la mia mente mi fece subito notare un piccolo particolare. ‘Nessuno? Ne sei sicuro Patrick? Io avrei messo la mano sul fuoco che esiste una persona, una misera persona, ma con un potere enorme dentro di se, alla quale obbediresti sempre. Anche se ora ti dicesse che quello che stai per fare è sbagliato. Non che sia sbagliato sul serio, ma a te importerebbe di più della tua vendetta personale. Dico bene?’ La voce dentro di me aveva assolutamente ragione. Questa forza capace di fermarmi, l’unica al mondo in grado, aveva un nome. Theresa. In quel momento sentii la sua voce nella mia testa. Una voce lontana, ma ben distinguibile, che mi faceva ripensare a tutto quello che fino in quel momento lei aveva fato per me e io avevo fatto per lei. Ero stato così stupido a arrivare fino a questo punto? Volevo veramente distruggere tutto così? Ma dovevo farlo, dovevo. Altrimenti, per cosa avevo combattuto veramente? Per arrendermi? Chi avrei preferito, la vendetta o lei? John o Theresa? No. In qualche modo sarei riuscito a spiegarle tutto. Ma ora dovevo fare qualcosa. Qualsiasi cosa, per fermarlo. Dopotutto non lo facevo solo per me. No. Lo facevo soprattutto per lei. E così presi una decisione.

“Hey! Non puoi andartene così!” Lo seguii.

“Non posso? I tuoi colleghi sono andati. Che vuoi fare per fermarmi?”

“Non so se sei veramente John il Rosso.” Era la verità.

“Come vuoi. Tua moglie era davvero molto pulita. Odorava di sapone al caramello e lavanda. Tua figlia invece odorava di sudore e di fragole con la panna. Immagino che fosse dovuto ad un shampoo per bambini, non è così?”
Mi sentii morire. Nella mia mente in un lampo tornarono tutti i ricordi di quella sera. Da quando parcheggiai la macchina e salii in casa, fino a quando lessi quel maledetto foglio sulla porta della camera ed entrai. Il ricordo di quello che vidi quella notte era ancora chiaro nella mia mente. Angela. Charlotte. Sentii le lacrime salire piano piano, ma non scesero. Restarono li, come se volessero cancellare quei ricordi soffocandoli, facendoli annegare nella mia testa. Lui si girò di spalle, e in quel momento non ci pensai due volte.

“Per favore, aspetta!”
Si girò verso di me e mi trovai a meno di dieci centimetri da lui.

BANG BANG BANG!

Si udirono tre spari, e le urla della gente nacquero come dal nulla. Io continuavo a fissarlo negli occhi, mentre lui fissava me. Il mio respiro divenne affannato e l’adrenalina cominciò a scorrermi sempre più veloce nelle vene.

E cadde.

Red John, l’uomo che odiavo. Che odiavo con tutto il cuore. Lui, per il quale avrei fatto anche il giro del mondo, pur di trovarlo, cadde.

Lo guardai stendersi ai miei piedi, e con la meno destra tolsi la pistola dalla tasca, dove era rimasta fino a quel momento. Mi avviai verso il tavolo più vicino e mi sedetti, appoggiando con cura la pistola. Presi la tazza di thè e cominciai a bere. Bene, ora la mia vendetta era stata compiuta. Adesso finalmente potevo sentirmi libero, no? Un enorme peso mi era appena stato tolto. Ma perché non mi sentivo meglio di prima? Ora, quale sarebbe stato il mio compito? Ripensai ai miei colleghi. Alla piccola Grace, a Wayne, a Cho. A Theresa. E in un attimo capii che quello che avevo fatto era sbagliato.






Ciao a tutti.
Questa è la mia prima FF.
Vi chiedo di recensirla, di
farmi sapere come vi
sembra. O anche
semplicemente qualche
aiuto o consiglio per
le prossime fiction.

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