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Autore: XXXDadoXXX    06/10/2011    0 recensioni
Edward Hughes, alla fine della sua carriera, dedica un po' del suo tempo ad una piccola emittente inglese, raccontando stralci della sua storia. Un piccolo testo buttato così di getto, in un momento di totale ozio.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Intervista ad un assassino

 
Potrebbe cominciare dicendoci il suo nome, cognome e la sua professione?
- Mi chiamo Edward Hughes, assassino.
 
Abbiamo notato con che naturalezza lei dica alle nostre telecamere il suo, se così possiamo chiamarlo, mestiere. Da cosa deriva tutta questa sicurezza?
- Signor… Williams, giusto? Signor Williams, la pregherei di non sminuire con tali commenti il mio lavoro. Lei fa il giornalista e prende soldi, io uccido le persone e prendo soldi. Una cosa che ci accomuna rende sia l’assassinio che il giornalismo dei lavori, ma non credo lei sia così poco arguto da non aver capito questa… cosa. Ma torniamo all’argomento principale, la sicurezza. Potrei risponderti che alla fine di questa intervista sarete tutti morti ma non sarebbe il mio stile per due motivi: ho chiesto io questa intervista e non uccido se non sotto pagamento. Will… posso chiamarti Will? Vedi Will, io faccio il mio lavoro da circa 40 anni, la polizia è al corrente della mia identità ma non ha mai trovato prove della mia colpevolezza. Sai quanti anni ho ora Will? 65. Sono vecchio e non ho più il fisico per un lavoro simile. La mia sicurezza deriva dalla consapevolezza che probabilmente la polizia starà venendo qui per arrestarmi e mettere fine alla mia carriera, già finita da tempo. Ti ho offerto la possibilità di intervistarmi per offrire all’opinione pubblica un punto di vista… diciamo, diverso.
 
Scusi se glielo faccio notare, non voglio offenderla, ma possiede un’ottima abilità oratoria. Non è mai stato un problema nel suo lavoro?
- Intendi la mia parlantina? Ahaha… molti dei miei colleghi me lo hanno fatto notare parecchie volte e confesso di aver quasi rivelato informazioni scomode ad alcuni dei miei bersagli…
 
Aspetti. Lei è venuto a contatto con i suoi bersagli durante le sue commissioni? Non è qualcosa che non si dovrebbe fare?
- Will, ogni assassino lavora a modo suo e la società ha erroneamente contribuito a creare uno stereotipo di assassino sdraiato sul tetto di un edificio con il suo fucile da cecchino pronto ad uccidere la sua preda appena mette fuori la testa. Io l’ho fatto un paio di volte ma lo trovo parecchio stressante e statico. Un assassino è semplicemente qualcuno che uccide indipendentemente dai metodi che utilizza. Veleno, coltelli, aghi, pistole, fucili non fanno differenza, siamo tutti assassini.
 
Grazie per aver dissipato questo nostro dubbio, ora può tornare alla precedente domanda.
- Dov’ero rimasto? Ah si, le informazioni scomode. Ricordo una volta mi commissionarono l’uccisione di un poliziotto proprio di fronte a Scotland Yard. Il cliente mi aveva offerto una bella somma e tutte le informazioni che mi servivano. Verso sera mi dirigo alla stazione della polizia e lo trovo lì, come aveva detto il mio cliente, a parlare al telefonino con non so chi. Per avvicinarlo nel modo più normale possibile fingo di essere ubriaco e… scusi ma mi viene da ridere al solo ripensarci, insomma, allungo le mani sul didietro di una ragazza che passava in quel momento. Questa comincia ad urlarmi contro e io, senza pensarci, sto per dargli il mio vero indirizzo di casa invece di dargliene uno finto. Fortunatamente me ne sono reso conto. Il resto potete immaginarlo.
 
No no prego, continui pure con il suo aneddoto.
Oh, ti ringrazio Will. Il poliziotto come previsto si avvicina a noi e fa allontanare la ragazza per poi prendersela con me. Rimaniamo solo noi due là davanti. Mentre mi urla contro io fingo un mal di testa per poi sfilare un piccolo ago dalla tasca sinistra infilandoglielo nel collo spingendolo fino a farlo incastrare tra due vertebre cervicali, in modo tale da ucciderlo e lasciargli la testa dritta. Poi l’ho preso al volo prima che cadesse e l’ho appoggiato al muro più vicino, andandomene. Credo si siano accorti della sua morte la mattina dopo. Io ero già lontano. Quello fu sicuramente uno dei miei omicidi più pittoreschi.
 
Ora mi sorge spontanea una nuova domanda signor Hughes, lei non prova mai rimorsi nell’uccidere i suoi bersagli? Insomma, quel poliziotto lo avrà visto in faccia mentre moriva giusto?
- Mi aspettavo questa domanda e ti dirò che è impossibile che un assassino non provi rimorso. All’inizio della sua carriera o per sempre. Io ormai sono abituato e quell’aneddoto avvenne quando io avevo già 40 anni e 20 anni di carriera alle spalle. E’ normale che i primi omicidi siano più difficoltosi. Sei titubante, esiti, sudi, balbetti e ti tremano le mani. Pensi che è sbagliato farlo e che quell’uomo o donna non ha fatto nulla per meritarsi la morte. Poi pensi ai soldi, pensi che una persona in meno nel mondo non farà la differenza e porti a termine il tuo primo lavoro. Da lì diventa tutto più facile. E’ come fare l’amore no? … ma non muore nessuno.
 
Quale è stato il suo primo omicidio o lavoro come preferisce chiamarlo lei?
- E’ terribilmente imbarazzante raccontarlo, soprattutto se sono io a farlo. Ho una certa reputazione e nessuno è a conoscenza di questo fatto. Avevo seri problemi economici e quindi decisi di buttarmi in questo mestiere. Avevo già qualche contatto disponibile, furono loro a convincermi ad uccidere e mi procurarono il mio primo lavoro. Una roba facile dico io ora, ma a quel tempo mi sembrava la cosa più difficile del mondo. Era uno spacciatore di Soho che stava facendo concorrenza ad un gruppo più grande e loro non volevano sporcarsi le mani perché avevano una reputazione da difendere e quindi mi ero ritrovato immischiato in quel casino. Ero teso e la mia mente chiusa e ad un assassino la fantasia serve, altrimenti non va da nessuna parte. Insomma in breve tutto quello che feci fu andargli in faccia pestandolo fino alla morte senza pensare a nulla, altrimenti rischiavo di fermarmi. Al solo pensiero mi viene da ridere perché anche io ce ne ho prese molte, lui mi chiedeva cosa volessi e io di tutta risposta gli assestavo un diretto sul naso e così finchè non l’ho buttato giù rimettendoci tre costole, uno zigomo tra varie ferite e graffi su tutta la faccia. L’assassinio meno discreto di tutti i tempi, indubbiamente. Poi i miei contatti mi portarono da un medico di cui potevamo fidarci che mi rimise insieme in pochissimo tempo. Quella fu davvero una bella esperienza.
 
Posso chiederti cosa provi nell’uccidere le persone?
- Soddisfazione. Si, sembra malato da dire ma provo soddisfazione come tutti quelli che portano a termine un lavoro nel modo migliore possibile. Ho imparato che le emozioni e i sentimenti non sono i tuoi migliori amici in questo mondo e quindi mi sono abituato a fare l’uomo di ghiaccio ogni volta che ammazzo qualcuno.
 
E ti sei sempre comportato così?
- Ovviamente no. La soddisfazione c’è sempre stata ma quando ero giovane amavo la vista del sangue e della mia vittima che cadeva a terra inerme. Il mio… quinto omicidio fu il primo in cui usai un fucile da cecchino, mi piacque l’immagine del cranio che esplodeva e le cervella che volavano. Guardai tutto attraverso il mirino ottico e lo trovai… si, carino.
 
Ora, a 65 anni, vorrebbe tornare indietro nel tempo per rivivere tutti i suoi anni da carriera da assassino?
- Oh no no. E’ come andare a scuola, nessuno vorrebbe rifarsi tutti quegl’anni una seconda volta. La vita è una e va vissuta al massimo delle possibilità, non bisogna desiderare di riviverla o almeno questo è quello che penso io e poi non voglio pestare nuovamente quel tipo. E’ ora che io paghi per quello che ho fatto e non ho nessun rimpianto, peccato che non prenderò nulla di liquidazione.
 
Ci fa piacere vedere che è molto a suo agio nonostante la polizia sia già qui nello studio, aspettando solo che lei finisca quest’intervista. Lei è sicuramente uno degli assassini più strani che io abbia mai visto.
- Non credo. Ora parlo così perché vedo tutto da un punto di vista diverso. Sono vecchio per il mio lavoro e ora ricordare tutto quello che ho fatto mi fa ridere e conoscere il mio destino non mi fa preoccupare. Da giovane ero come tutti: spaventato dalla polizia ed eccitato nell’uccidere. E’ stato fortunato a non stare antipatico a nessuno e a non incontrarmi nei miei anni d’oro.
 
Anni d’oro?
- Si, così chiamo i miei 5 anni migliori. Dai 30 ai 35 anni. Ho dato sfogo alla mia fantasia e completato penso… centinaia di lavori con incredibile semplicità.
 
Centinaia di lavori? Scusi ma lei quante persone ha ucciso?
- Più di quante possa immaginarne.
 
Ugh… credo di non volerlo sapere. La ringrazio ugualmente per il tempo che ci ha dedicato, vuole dare un ultimo messaggio ai nostri spettatori?
- Credo di essere il meno appropriato per dare un “messaggio” come dici tu Will. Posso dire che uccidere una persona non è così semplice come ho descritto io. “Sembra” semplice dopo 10 anni che lo fai ma non lo sarà mai effettivamente. Non me la sento ne di dirvi di non diventare come me ne di non diventarci. Fate come volete e non piangetevi mai addosso se vi sbattono dentro.
 

Intervista a Edward Hughes, assassino.
Conteggio approssimativo delle vittime: 748
Conteggio effettivo delle vittime: N/A
Morto a 87 anni, ucciso dal suo compagno di cella

 
   
 
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