Io che fino a quel momento lo avevo deriso e rifiutato
Io che lo rinnegavo con tutto me stesso
Io che non sapevo cosa significasse e mi ero illuso,
Mi ero convinto che non esistesse,
che fosse un invenzione,
un modo per torturarsi,
una buona scusa per giustificare una mancanza in cui la razza umana nella sua infinità stupidità ritrovava il senso della propria esistenza.
io che mi credevo superiore a tutto questo
adesso mi distruggevo la mente
mi graffiavo dentro,
tutto pur di non ammettere che stavo rinnegando me stesso e la mia natura
per quell’invenzione astratta
quella sensazione impalpabile che la razza umana chiamava amore.
Ma in questa vita, ho amato.
In modo distorto e anormale forse, ma ciò non toglie che io abbia amato.
Credo di essermene innamorato subito,
da quando alzando lo sguardo mi ha guardato con quegli occhi pieni di una disperazione così simile alla mia,
così caparbiamente nascosta come la mia.
Solo che non capivo.
Quello che provavo guardandolo o parlandogli
non riuscivo a ricollegarlo a niente che la mia mente potesse catalogare e definire.
Così non potendolo amare perché sordo ai richiami della mia coscienza, feci l’unica cosa che potesse rispecchiare quello che provavo e che la mia mente potesse riuscire a concepire:
Lo odiai.
Lo odiavo così tanto da poterne morire.
E lui mi ricambiava alla grande.
Così le carezze divennero graffi e i baci divennero lividi.
La nostra concezione dell’amore era talmente assurda e pericolosa che ci avrebbe potuto condurre alla morte.
Ne eravamo consapevoli e ne godevamo.
Ma la nostra guerra. Il nostro amore. Si manteneva su un equilibrio instabile.
Quante volte avrei potuto allungare il viso e sfiorare le sue labbra?
quante volte gli ero stato così vicino da percepire il suo respiro misto al tabacco delle sue dannate sigarette
ed ero rimasto immobile.
Immobile e sordo alla mia coscienza.
Ma lui.
Lui non era come me.
Il mostro che era in lui era come me.
Lui era più umano di me.
Lui non era rimasto immobile.
Lui aveva allungato il viso e mi aveva sfiorato le labbra,
lui mi era stato così vicino da rubarmi il respiro.
lui lo fa sempre
come fosse un suo diritto.
E ora,
sdraiato su un letto che non mi appartiene
Tra lenzuola disfatte che profumano di lui, di me.
mentre lo vedo socchiudere appena le lebbra
addormentato sereno
rido e commisero me stesso
perché mi sento sprofondare,
e mi manca l’aria
non riesco a respirare
perché so che passerò un’altra dannata notte insonne
a guardarti
aspettando che i tuoi occhi si aprano in me
e mi facciano riprendere fiato.
Grazie per avermi donato il vostro tempo. Bubzy.