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Autore: Memory of dream    07/10/2011    1 recensioni
Le verwir sono una civiltà di guerriere, gli uomini le hanno definite le amazzoni dello spazio.
Rentje è una verwir ed è un'abile pilota di caccia, forse troppo. Se non fosse così non avrebbe attirato addirittura l'attenzione dell'imperatrice e delle sue consigliere.
Questa sua bravurà però non potrebbe rivelarsi un'arma a doppio taglio, non solo per lei ma anche per chi le sta attorno?
Non potrebbe diventare un ostacolo per qualcuno? E in quel caso non sarebbe forse meglio eliminare il problema alla radice?
Genere: Azione, Drammatico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lo sguardo correva lungo i monitor, che ricoprivano l'intera cabina, per individuare chi la stava tenendo sotto tiro. Il segnale acustico, che segnalava il tentativo di aggancio di un sistema di puntamento, si avviava ogni volta che lasciava il suo caccia procedere per una rotta fissa.
Eseguì un tonneau e per qualche istante il suono si fermò per poi riprendere a manovra eseguita.
Sapeva che il suo avversario le era da qualche parte alle spalle, però non riusciva a vederlo e non poteva nemmeno usare tutti i sistemi del Drake: era a corto di energia e aveva dovuto disattivare parte dell'elettronica.
Sul monitor che inquadrava lo spazio alle sue spalle qualcosa la incuriosì, una stella lontana sembrava sdoppiarsi.
Eseguì una mezza esse col dito già pronto sul grilletto.
L'avversario si rese conto di cosa stava per accadere troppo tardi, si era fidato eccessivamente del sistema mimetico e ne pagò le conseguenze.
Il caccia nemico esplose nel più assoluto silenzio, illuminando leggermente di più la cabina di pilotaggio di chi l'aveva colpito.

«Etzel 02, 03, 04 e 05 rapporto.» una voce femminile col tipico accento di Lothy raggiunse gli altri quattro membri della squadra.
«Nessun rilevamento, tutti gli ostili sono stati neutralizzati.» uno dopo l'altro tutti i membri della squadriglia riferirono lo stesso messaggio.
«Ben fatto!» disse complimentandosi con i compagni «SS Koth qui Etzel 01: minaccia neutralizzata. Chiedo il permesso di rientrare.»
«Etzel 01 qui SS Koth: permesso accordato. Corridoio di rientro cinque.»

La ragazza diede alcune istruzioni ai suoi sottoposti, inserì alcuni dati nel computer di bordo tramite la tastiera olografica e si abbandonò contro il sedile, lasciando che fosse il pilota automatico a portarla fino al corridoio indicato.
La squadriglia Etzel era una di quelle di punta e come si conviene avevano un mezzo d'élite: lo XF 114 Drake, uno dei caccia più versatili in servizio nella flotta dell'impero di Verwir e di tutto l'universo conosciuto.
Ideato per l'utilizzo sia nel vuoto siderale sia in operazioni in atmosfera, aveva il corpo centrale allungato, la parte frontale a forma di punta affusolata, mentre sul retro trovavano posto i quattro propulsori al plasma. Attaccate alla fusoliera vi erano le due ali, nessuna traccia invece della deriva, per scelta non era stata montata, così che sia in condizioni di volo spaziale che atmosferico l'eccezionale manovrabilità del mezzo era dovuta a una corposa schiera di propulsori rcs gestiti elettronicamente.
Una struttura di prim'ordine come quella del Drake senza un'avionica di livello altrettanto alto sarebbe stata sprecata e così gli ingegneri militari avevano montato quanto di più sofisticato e affidabile esistesse a quel tempo. Scudi deflettori ad alta efficienza, scanner di precisione tripla rispetto agli standard, cannoni laser leggeri a impulsi e i restanti sistemi avevano però un costo: richiedevano energia, energia in quantità tale da poter rimanere operativo, con tutti i sistemi attivati, non più di due ore, un quarto della durata di un caccia standard.

In prossimità del corridoio di rientro Etzel 01 riprese il comando manuale, preferendo come al solito eseguire personalmente tutta l'operazione d'attracco, un'abitudine presa durante l'addestramento e mai abbandonata.
Come caposquadriglia avrebbe attraccato per ultima, dovendo assicurarsi che tutti i suoi sottoposti rientrassero, avendo così la possibilità di scrutare la SS Koth.
Vi prestava servizio da quasi un anno e aveva modo di vederla ad ogni uscita, ma ogni volta, notava qualche nuovo particolare o semplicemente restava affascinata dalla maestosità.
In sé l'astronave non era elegante, una semplice classe Sfir, un parallelepipedo trapezoidale lungo mille metri con qualche protuberanza in evidenza, il fascino derivava dall'essere una delle navi chiave nella cattura di Giur, la base militare Drogdar, a cui seguì un lungo periodo di pace.

Etzel 01 rimase a osservare la nave qualche minuto, lasciandosi ammaliare dalle superfici di metallo nero, che non si confondeva col buio dello spazio solo per via delle luci di posizione che ricoprivano l'intero scafo.

«SS Koth qui Etzel 01: tutti i membri della squadriglia sono rientrati.» disse tornando a concentrarsi sul proprio lavoro.
«Etzel 01 qui SS Koth.: rientro confermato. Corridoio libero. Dirigiti verso l'hangar due.»

Il corridoio di rientro era delimitato, sui suoi monitor, da due strisce verdi discontinue che arrivavano fin dentro la nave. Furono sufficienti un paio di correzioni con la cloache e il muso del caccia si trovò nella posizione giusta per il rientro. Portò la mano destra al pannello davanti a sé, alzò le coperture di sicurezza nere di quattro interruttori che portò in posizione off e le riabbassò, i propulsori al plasma si spensero, senza nemmeno una vibrazione, lasciando che il caccia percorresse per inerzia le poche centinaia di metri che rimanevano.

 ***

«Suthernt Rentje.» l'accolse il suo capo meccanico mettendosi sull'attenti.
«Non c'è bisogno di essere tanto formali Rady» disse, ricambiando il saluto, il comandante della squadriglia Etzel, Rentje dau Lothy, con il casco ancora infilato, mentre usciva dall'abitacolo del Drake.

Rady era uno dei tanti “non verwiriani” presenti sulla nave. Tutti erano a conoscenza della natura da conquistatrici delle verwir, ma era altrettanto nota la loro capacità di integrare i pianeti conquistati e le loro popolazioni alla loro civiltà, molto meglio di quanto facevano alcune repubbliche che si dichiaravano tanto evolute.
Qualcuno lo riteneva un atto necessario essendo le verwir solo di sesso femminile e avendo bisogno di individui alieni di sesso maschile per la riproduzione.
Non che la cosa importasse poi a molti, i conquistati entravano a breve a far parte della civiltà di conquistatrici, con pari diritti e pari doveri e privati solo della possibilità di accedere alle cariche militari più elevate e al trono. A tali condizioni, il come si fosse entrati a far parte di un tale regno perdeva d'importanza.
Non era quindi strano che il capo-meccanico personale di Rentje e responsabile di tutti i Drake fosse un essere umano, benché non di origine terrestre.
Appena trentenne e con un viso ancora da ragazzino, aveva dimostrato in più occasioni la sua abilità e in una società che riconosce solo i meriti e nessun'altra forma di avanzamento non meritocratica, la sua carriera era assicurata.

L'hangar era abbastanza grande da consentire di alloggiare i cinque Drake della squadriglia Etzel, con tutto il necessario per la loro manutenzione e avanzare ancora spazio sufficiente a alloggiarne un egual numero: lo spazio in una classe Sfir come la SS Koth non era certo un problema.  

Rentje si sfilò il casco e si ravvivò i lunghi capelli viola passandogli una mano ancora inguantata. Alle sue spalle i meccanici erano già al lavoro sul suo mezzo, sorvegliati dallo sguardo serio e attento di Rady.
Davanti a lei gli altri quattro Drake, disposti su due file, erano circondati, come il suo, da decine di meccanici in tuta gialla. Le loro voci e il rumore degli attrezzi dopo due ore in cui gli unici suoni erano stati le voci dei compagni e degli operatori della nave, per le brevi comunicazioni delle missioni, le sembravano troppo forti, disturbanti.

Rady sembrò capire «Suthernt preferisce rimandare a più tardi?»

«Sì, è meglio. Non che ci sia molto da segnalare.» in quel momento una discussione tecnica sul Drake e sul suo comportamento era l'ultima cosa che voleva.

***
La sensazione dell'acqua, che scivolava sulla pelle, le piaceva in modo particolare, per questo dopo essersi lavata, appoggiava la schiena al muro e rimaneva così per decine di minuti. Era considerato uno spreco, lo sapeva. Le veniva fatto notare anche dai superiori, ma lo trovava troppo piacevole per rinunciare.

«Sarai ripresa ancora.» affermò una voce proveniente dal box-doccia accanto.
«Principessa...»
«Rentje» ribatte spazientita la persona dall'altra doccia «ho un bellissimo nome, non usarlo solo  in certe occasioni. In più non mi sembra il caso che ti preoccupi se c'è qualcuno ad ascoltare, non più.» concluse con un tono tra il triste e il divertito.
«Viktoriane se mai dovessero riprendermi ancora dirò che mi hai autorizzata.» disse cercando di rispondere a tono al piccolo dramma inscenato dalla futura imperatrice dell'impero: Ute Viktoriane.
«Ren le battute proprio non ti vengono.»  affermò l'imperatrice che cercò in tutti i modi di trattenere la risata, dovuta più alla situazione che alla freddura dell'amica,  ma anche se soffocata, non poteva sfuggire a Ren, a cui l'azzurro delle guance si colorò di violetto per la vergogna.

Uscì dalla doccia e si avvolse in un corto asciugamano bianco che la copriva dall'altezza fino a poco sotto le natiche.
Si asciugò velocemente, cercando di recuperare il troppo tempo passato sotto la doccia, come d'abitudine. La figura che si rifletté nello specchio dell'armadietto era quella di sempre: la pelle di un azzurro chiaro tipico della giovinezza, un corpo atletico temprato da un allenamento costante e i capelli viola leggermente mossi che le andavano a accarezzare le spalle. Più di qualcuno l'aveva definita bella, lei non ci faceva molto caso, l'unica parte del suo corpo di cui andava orgogliosa erano gli occhi: dorati e dai riflessi ipnotici.

Alle sue spalle, silenziosa come sempre, arrivò Viktoriane; di pochi anni più grande di lei eppure con un fascino di donna adulta che a Rentje mancava, a partire dalla disinvoltura con cui la futura imperatrice, in quel momento, vestiva la propria nudità.
Non era l'unico particolare, in lei tutto contribuiva a renderla diversa, superiore: i capelli di un blu intenso lunghi fino alle caviglie, l'iridi azzurro ghiaccio, il modo in cui indossava l'uniforme, la stessa uniforme nera, gialla e grigia indossata da tutti gli ufficiali e mille altri particolari.

«Avresti potuto aspettarmi!» fu il rimprovero di Viktoriane che si fingeva offesa, poi cambiò argomento «Anche oggi ti sei data da fare.»
«Nulla di eccezionale,» affermò Ren cercando di concentrarsi sui suoi vestiti e di distogliere lo sguardo dallo specchio che rifletteva il corpo nudo della futura sovrana che non dava cenno di volersi coprire «un gruppo di ricognitori inesperti e con mezzi superati da anni, chiunque li avrebbe abbattuti.»
«Erano numerosi e tanto basta a renderli pericolosi anche se piloti un caccia di ultima generazione. Poi la cosa più importante è che non c'è una sola nave nei dintorni, quindi devono avere la base qui da qualche parte e forse nascondono qualcosa che non vogliono farci trovare.»

Ren si fermò a riflettere col pettine fermo tra i capelli. Sì spostò impercettibilmente e nello specchio comparve di nuovo l'immagine di Viktoriane, questa volta mentre stava indossando una semplice maglietta bianca a maniche corte, come sempre senza indossare biancheria. Un attimo e lo sguardo penetrante dell'amica incontrò il suo. Ren arrossì vedendone il sorriso di compiacimento e riprese  un po' inquieta il discorso di poco prima.

«S...sono, cioè può essere, ma secondo me non tiene conto di alcune cose. P...per prima che un Peg può volare per decine e decine di ore. È obsoleto ma ha un'autonomia tripla rispetto alla maggior parte dei caccia, è l'unico motivo per cui è ancora un servizio.»
«Va bene e quindi?»
«Quindi questo vuol dire che potrebbero essere partiti da una nave abbastanza distante da riuscire a ingannare i nostri strumenti con un sistema di occultamento.»

Viktoriane aveva ancora qualche dubbio ma fece cenno a Ren di continuare.

«Se ci fosse qualcosa nei dintorni non sarebbe più logico ridurre al minimo ogni attività? Da quando questo pianeta è stato colpito» disse Ren riferendosi all'impatto avvenuto un centinaio di anni prima tra un asteroide di dimensioni colossali e il pianeta Cedm «la sua orbita assomiglia ad una fascia di asteroidi. Trovare un avamposto, se ben schermato, richiederebbe tempo e nessuno si sognerebbe di cercarlo senza una motivazione.»

La spiegazione fu sufficiente e Viktoriane la interruppe professandosi convinta, poi le buttò le braccia al collo stringendola quel tanto che bastava a farle sentire il seno premere contro la schiena, separate solo dai pochi indumenti indossati e chiese «Ceniamo insieme?»


***

Sistema di Uniba
Pianeta di Verwir
Lothy – capitale dell'impero

Verwir, pianeta natale dei verwiriani, era il sesto corpo celeste del sistema che aveva come suo centro la gigante azzurra denominata “Zur”, e contrariamente a molti altri popoli, decisero di mantenerlo come capitale e organizzarono le loro conquiste in modo da conservare una posizione di centralità.

La città principale di Verwir era Lothy, da tempo immemore residenza dell'imperatrice e luogo di riunione del consigli. L'intera città era un'opera d'arte che inneggiava alla potenza imperiale. Fulcro della città era la residenza dell'imperatrice che si erigeva al di sopra di tutto in posizione dominante. Intorno, in strati concentrici come quelli di un tronco, si sviluppavano i numerosi quartieri, tutti seguendo il medesimo stile architettonico che fondeva armoniosamente linee diritte e curve seguendo una complicata logica che non tralasciava nemmeno la funzionalità.
Il colore dominante era il bianco, coadiuvato al blu in tutte le sue sfumature: dall'azzurro più chiaro, appena percettibile, al più scuro, il blu del mare notturno che veniva usato per i tetti.
Il poeta hanjo Rui Ell Im vedendola disse «Una città ricavata da un iceberg seguendo le linee che la natura aveva tracciato.»

Simbolo della città era la torre che sorgeva al suo centro, poco distante dalla residenza imperiale. Era una costruzione imponente, il diametro della base sfiorava i cinquecento metri e si innalzava per oltre un chilometro sfidando tutte le leggi della fisica, creata con il preciso scopo di farne un simbolo: il potere dell'imperatrice rende possibile l'impossibile. Per realizzarla c'erano voluti decenni, l'ingegno di centinaia tra architetti e ingegneri e un numero indefinito di manovali, ma alla fine il miracolo era stato compiuto.
Quel luogo aveva quindi assunto un ruolo centrale anche nella politica del paese, accentrando al suo interno tutte le funzioni: era lì che l'imperatrice teneva le udienze, lì era che ascoltava le sue consigliere e sempre lì emanava i suoi ordini.

In quel momento, in una delle stanze agli ultimi piani, era in corso uno dei tanti incontri informali tra l'imperatrice e le consigliere, preferendoli come sempre a quelli formali e al loro tedioso cerimoniale.

«Sarebbe schiocco non ammettere una tale verità Ghernel Tamas!» sbottò la più giovane delle consigliere presenti nei confronti della più anziana.

Ghernel Tamas sembrò non essere scossa dalla sfuriata, ma era logico: aveva solo sessantaquattro anni quando era diventata una delle consigliere dell'imperatrice e a breve ne avrebbe compiuti duecentotre, quasi centotrentanove li aveva passati in situazioni come quella, cercando di moderare le fasce più estremiste per fornire alla divina imperatrice le informazioni più corrette possibili per decidere.
Mantenendo la sua leggendaria compostezza ribatté le affermazioni della giovane Ghernel Sadris «Mi sembra che si corra un po' troppo, lanciandosi in accuse troppo gravi per poterle sostenere.»

Le altre undici consigliere e la stessa imperatrice ascoltarono con attenzione la disquisizione dell'anziana consigliera rimanendo in silenzio a riflettere ogni volta che questa aveva finito.

L'imperatrice seduta sul trono, posto su un piano rialzato di cinque gradini, guardò le sue consigliere disposte a semicerchio davanti a lei lungo un unico tavolo. Nonostante fosse un incontro informale aveva indossato un lungo kimono bianco ornato con un grande arabesco, simbolo della casata d'appartenenza, che lasciava risaltare la pelle che iniziava ad assumere una tonalità di blu più scura, tipica di chi si era lasciata alle spalle il fiore degli anni.

«Quindi cosa proponete di fare, Tamas?» chiese l'imperatrice riferendosi alla consigliera senza l'uso del grado militare.
«Maestà, come ho altre volte suggerisco in merito alla questione, sono dell'idea di non fare assolutamente nulla...»
«Inammissibile! Cosa faremo quando...» esordì Ghernel Kungdral interrompendo Ghernel Tamas alzandosi di scatto e sbattendo le mani sul piano del tavolo accalorandosi anche solo all'idea di una cosa del genere.
«La questione» rispose Ghernel Tamas con tono calmo, ma che non ammetteva ulteriori interruzioni «non è quando ma se. E se questo avverrà avremo modo di agire con un certo margine di sicurezza.»

L'imperatrice si alzò, scese i pochi gradini del palco su cui era e si avvicinò a una delle finestre ad arco stretto della sala. Toccò il muro in un punto preciso e il vetro si smaterializzò lasciando entrare una leggera brezza che fece ondeggiare le lunghe manico del kimono reale.
Per un secondo rabbrividì, poi gli abiti si accorsero dell'abbassamento di temperatura e si regolarono di conseguenza per garantire come sempre il massimo comfort.

«Promuovetela e trasferitela.»
Nonostante fossero parole dell'imperatrice o forse proprio per quello, dalle consigliere si alzò un brusio di voci stupite, solo Ghenrel Tamas rimase, come sempre, impassibile, anche se  nei suoi occhi anche solo per un istante passo un'ombra.

***

Birger Slaom aveva aspettato dieci minuti davanti alla porta dell'appartamento di Rentje, aveva anche suonato più volte, ma non aveva ottenuto risposta.
La fortuna volle che la vicina di stanza uscisse per il suo turno proprio prima che Birger decidesse di andarsene e gli spiegò dove trovarla.

Se agli ufficiali e ai piloti erano riservate semplici stanze non troppo spaziose, che qualcuno ancora insisteva a chiamare appartamenti, i tre vani assegnati alla futura imperatrice erano una vera e propria reggia. Il confronto con i dormitori comuni della truppa semplice era poi impossibile.
Per arrivare alla residenza dell'erede al trono dovette prendere un particolare ascensore, l'unico di pubblico dominio a raggiungere il centro dell'astronave, il luogo più sicuro.

Arrivato cercò di riprendere fiato e si sistemò alla meglio l'uniforme, tirò bene le falde della giacca e si aggiusto il cappello, poi suonò.
Anche qui non sembrò aver fortuna, ma non sapendo dove altro cercare e non volendo tornare senza aver eseguito il suo dovere decise che aspettare qualche altro minuto non avrebbe guastato.
Appoggiò la schiena contro la parete metallica del corridoio e attese. Attesa non proprio piacevole dato che immaginò cosa gli sarebbe accaduto per essere tornato senza aver compiuto la sua missione, evento che diventava ogni momento più probabile.

La porta si aprì: Suthernt Rentje era sull'uscio, i capelli spettinati, occhiaie blu intenso sotto gli occhi, avvolta da un lenzuolo che manteneva con il braccio destro mentre la mano sinistra tratteneva la porta.

«Bu... bu... Buo... ehm Buongiorno Suthernt Rentje» disse Birger mentre arrossiva come un ragazzino «Ho un messaggio per voi.»
«Un messaggio?» disse Rentje senza dimostrare troppo interesse «Non potevano mandarmi una comunicazione sul terminale?»
«Ho ricevuto l'ordine di consegnare personalmente questo messaggio,» disse Birger porgendo la busta giallo ocra di formato A4 «non so altro!»

Ren allungò la mano per prenderla e il lenzuolo che la copriva scivolò un po' più in basso. Birger tentò di non guardare, ma la tentazione fu molto più forte di lui. D'altra parte lei sembrò non accorgersene, o fece finta di non farlo, lui in ogni caso ne fu grato.

Stava già risalendo con l'ascensore quando, come un lampo, gli tornò alla mente la scena che aveva visto, con la coda dell'occhio, mentre se ne andava: dall'oscurità della stanza era emersa un'altra figura avvolta anche lei da un lenzuolo; aveva attirato a sé Suthernt Rentje in modo aggraziato eppur autoritario, poi la porta si era chiusa.
Lì per lì non aveva capito bene cosa era successo, l'illuminazione aveva tardato ad arrivare ma infine aveva compreso, le voci che aveva sentito erano tutte vere «La futura imperatrice e Suthernt Rentje...» mormorò senza concludere la frase.

***

Su uno dei pochi ponti d'osservazione che poteva permettersi una nave da guerra, una figura, avvolta in una semplice tuta a pezzo unico arancione,  era sdraiata con lo sguardo rivolto verso lo spazio affollato di stelle lontane. Fra le mani stringeva un pezzo di carta che le aveva portato una buona notizia eppure non ne era felice.

«Riuscirai mai a stare su un ponte d'osservazione senza sdraiarti?» fu la domanda di Viktoriane, con indosso la stessa tuta da esercitazione della compagna, e battendo il piede aggiunse «Sarà anche pulito ma diavolo se è scomodo. Come fai a starci?»

Ren ignorò la domanda e si limitò a invitarla a stendersi accanto a lei «Vieni a vedere.»

La SS Koth stava viaggiando a circa un quarto della velocità della luce in direzione del portale più vicino, solo un trentasettesimo di parsec, una distanza che consentiva il viaggio tradizionale.
Sopra di loro decine di piccoli lampi azzurri e verdi creavano per le due spettatrici uno strano effetto, un'aurora artificiale ma ugualmente bella.
Quando superavano una certa velocità la navigazione doveva avvenire per forza con gli scudi attivati, infatti tanto più si andava veloce tanto più si rischiava di venir colpiti da qualcosa con gravi conseguenze, senza contare all'aumentare della velocità anche i singoli atomi divenivano pericolosi.
Quelle micro-collisioni con gli scudi causavano il particolare fenomeno luminoso.

«Dovresti essere più contenta. È una promozione e lo sai bene.»

Ren girò la testa e si ritrovò a riflettersi negli occhi di Viktoriane «Lo so, ma mi ero affezionata alla nave. E poi così potremmo vederci solo di rado.»

«Non contarci troppo, credi che come futura sovrana non ti raggiungerò al più presto?»

 

Note:

Suthernt= grado militare equivalente a quello di tenente

Ghernel= grado militare equivalente a quello di generale

  
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