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Autore: _Dubhe    07/10/2011    14 recensioni
«Non mi piacciono gli indovinelli, mezzosangue, e neppure le conversazioni abbozzate tra un balletto e l’altro.. – sorrise, vedendola arrossire - ..mi piacerebbe proseguire questa conversazione in privato, vuoi? Domani sera alle nove, a Malfoy Manor. Non dovresti avere difficoltà nel trovarla, no?»
«Cosa ti fa credere che accetterò un tuo invito, Malfoy? – sputò velenosa lei – Il tuo fascino o la tua spudorata e immotivata arroganza?»
«Il ricatto, Granger. – rispose semplicemente lui..
***
Un ricatto, 8 Metalli, i tranelli di un Malfoy e la fierezza di una paladina della II Guerra Magica, costretta a vivere come una babbana dalle nuove leggi della Corte. Cosa nasconde Malfoy dietro il mistero delle Fiale e dei Metalli? A cosa porterà la sua ricerca? E lei, riuscirà a resistere al suo ricatto? E lui, riuscirà a resistere a Hermione Granger?
Una storia ricca di colpi di scena, sorprese e misteri ancora da svelare. Draco/Herm la ship principale. Buona lettura!
Genere: Mistero, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Your blackmail, My do wnfall. Vol 1
***

Capitolo XXI:

I'll try to fix you

 

When you try your best but you don't succeed 
When you get what you want but not what you need 
When you feel so tired but you can't sleep 
Stuck in reverse.


 

«Come, prego

Il Guardiano alzò gli occhi al cielo. «E va bene, fammi essere più preciso: se lasci i Metalli e il tuo proposito, lei rimane sana e salva… mentalmente e fisicamente. Se scegli i Metalli, Liliat qui cancellerà la sua memoria… e non è detto che un umano sopravviva e tale processo, anche se le è andata bene già una volta… te lo chiederò ancora: cosa scegli, giovane mago, la strega o i Metalli?»

Draco boccheggiò davanti a quella domanda tanto assurda, fissando Syfil confuso: cosa gli stava proponendo? Da quando Hermione e la sua ricerca avevano assunto il medesimo valore nella sua esistenza? Da mai, gli venne spontaneo rispondersi, gettando una rapida occhiata ad Hermione, che fino a quel momento aveva continuato ad evitare il suo sguardo. Adesso invece lo fissava, con la profondità dei suoi occhi nocciola che lo penetravano come pugnali, come gli occhi di una tigre che è appena uscita a caccia ed ha avvistato una prelibatissima preda. Sarebbe stato facile rispondere, da solo e senza i suoi occhi a fissarlo, ma adesso tutto sembrava assumere un connotato diverso e macabro, come se quella scelta lo rendesse un assassino o, peggio, un traditore. Qualcosa nello sguardo si Syfil lo informò che il Guardiano aveva studiato con cura quella domanda e che aveva capito bene quali punti colpire per distruggerlo definitivamente. «Bastardo, sapevi che significava farmi questa domanda! – sibilò, ringhiando a sporgendosi contro di lui, malgrado i polsi fossero ancora imprigionati da saldo metallo – Non c’entra assolutamente nulla cosa farei o non farei, Hermione non c’entra in questa faccenda più di quanto i Metalli c’entrino con lei e…» Una fitta gli mozzò il fiato, costringendolo a rannicchiarsi su se stesso e trattenere un gemito di dolore. Ricordava bene l’ultima fitta, al Manor, ma non ricordava l’intensità del dolore, non ricordava l’aria mancargli dai polmoni o piccole scosse elettriche attraversargli il sistema circolatorio. Sentì il suo nome esclamato in lontananza, con la vana speranza si fosse trattato della sua voce, e prima che se ne rendese conto il dolore cessò, lasciandolo spossato e indebolito.

Alzò lo sguardo, aprendo piano gli occhi e fissando il Guardiano che aveva davanti, che sventolava con fare teatrale l’ultima fiala, il suo Metallo, davanti alla sua faccia. In una maniera del tutto amorfa e incomprensibile, parlando per ipotesi, la sua ricerca era finalmente conclusa. L’ultimo metallo, l’ultima fiala, era proprio lì, a portata di mano: era per questo che il dolore era stato così acuto? Perché l’ultimo dei Metalli era così vicino? «Ho pensato avresti gradito averli con te, in questa ardua decisione.» Quasi a leggergli nel pensiero, Syfil stese un braccio verso l’altare di pietra alle sue spalle, sulla destra – la cui presenza non aveva notato che fino a quel momento – e vi apparvero le fiale, tutte quelle che era riuscito ad ottenere fino ad allora, con enormi sforzi e sacrifici: avesse saputo di quel misero trucchetto non avrebbe poi fatto tanta fatica! Digrignò i denti. Notò che Hermione tratteneva il fiato, indugiando ora sull’altare ora sul suo volto: perché piangeva?

«Ti prego… non c’entra nulla, lei non ha nulla a che fare con tutto questo… lasciala andare. Lasciala andare.» La fissò, disperato, rendendosi conto che in quel momento che gli occhi nocciola che l’avevano evitato fino a pochi secondi prima ora lo stavano fissando. Impassibili, freddi, vitrei. Scosse la testa confuso, mentre lei abbassò lo sguardo e si morse un labbro, lasciandosi sfuggire un gemito. Un metallo per la sua vita? Poteva arrivare a quel compromesso?

«Lascia che ti illumini, genio… - rise perfida Liliat – Una donna vuole sempre sentirsi dire di essere l’unica nella vita di un uomo, mi segui? Tu hai evitato la domanda di Syfil e ora stai temporeggiando… sai cosa dice questo? Che non solo non sai cosa scegliere ma che, inoltre, lei non è l’unica donna della tua vita anche se, ammettiamolo, essere in competizione con la migliore amica e la madre morte è difficile…»

Syfil scosse sconsolato la testa, massaggiandosi gli occhi e imprecando sotto voce. «Liliat, dolcezza, già è tanto se non ti vaporizzo per la tua totale mancanza di spina dorsale e la più completa stupidità di questo universo… almeno, potresti rendermi più facile il compito di sopportarti e… tapparti quella bocca? – la guardò in cagnesco, zittendola all’istante, prima di tornare a parlare amabilmente ai suoi ospiti, un sorriso a trentadue denti – Perdonatela, si lascia trasportare troppo qualche volta. Comunque, Draco, mi dispiace deluderti ma non posso esaudire la tua richiesta… lei non c’entrava con questa faccenda, ora ci è dentro fino al collo, esattamente quanto te. Ricordi, sei stato tu a coinvolgerla.» Si alzò con un movimento elegante, raggiungendo Hermione stavolta, abbassandosi alla sua altezza, sollevando il suo mento con due dita e fissando i suoi occhi arrossati. «Oh, povera piccola… - le asciugò le gocce salate con il pollice – Quanto mi dispiace fare questo… è doloroso, non è così? Ma posso offrirti una soluzione… non è colpa tua se ti trovi qui, lo sai tu lo so io…»

Hermione lo fissò impassibile: non le piacevano i modi studiati di quell’essere, aveva imparato sulla sua stessa pelle quanto pericolosi potessero essere quei mostri, con le loro moine e le loro false lusinghe. Adesso aveva una Spada di Damocle sulla propria testa, di passi falsi ne aveva commessi a sufficienza, non poteva permettersi di farne altri. Aveva sperato, aveva pregato, di non doversi più ritrovare in una simile situazione, la sua vita in pericolo. Il patto di Gonos era qualcosa da cui era impossibile fuggire, non c’erano scuse, non c’erano scappatoie o altre soluzioni. La morte l’avrebbe consegnata nelle mani della sua condanna… l’unica cosa che avrebbe potuto fare, l’unica cosa che avrebbe potuto ancora concedersi, era del tempo con le persone a lei care, facendo si che la morte la raggiungesse il più tardi possibile, così come la sua stessa maledizione. Non aveva di certo l’illusione di poter vivere in eterno ma, nel frattempo, aveva messo da parte la speranza. La lettera scritta a Draco era stata l’ultima scintilla di bontà e amore che aveva deciso di lasciare su quella Terra, per se stessa e per qualcun altro, se mai ne avesse avuto bisogno. Ma come sapeva che non c’era più nulla da fare per se stessa, allo stesso modo capiva bene che un futuro con l’uomo di cui era innamorata era ancor più lontano dell’illusione di una vita felice con lui. Aveva sentito dire qualcuno, una volta, che non contava il prezzo da pagare, non bisognava mai voltare le spalle all’amore. Lei si era rassegnata a farlo e non ne era pentita. Ma rivederlo, ancora lì, ancora in quelle circostanze, le spezzava il cuore, tanto da morirne.

«…risparmiami la parte in cui mi offri qualcosa che entrambi sappiamo non mi darai mai. Sai bene che diventerò proprietà di Gonos, una volta che il mio cuore avrà smesso di battere, potresti almeno concedermi il lusso di decidere da me quando porre fine alla mia libera autonomia, non credi?» Era stata brusca, forse fin troppo, ma il silenzio di Draco l’aveva colpita come uno schiaffo e necessitava riversare quell’amara delusione su qualcuno, anche se non si trattava del diretto interessato. Lei aveva sacrificato molto, tutto per lui mentre lui stesso non riusciva a scegliere tra la ragazza che diceva di amare – ancora lì, ancora viva – e le donne che aveva perduto. Ormai c’era poco da domandarsi circa le fiale e i Metalli: il loro utilizzo appariva tanto chiaro da rendere assurdo il fatto che non ci avesse pensato fino ad allora…

«Oh, cara, io sono molto più in alto di Gonos: se tu diventi sua proprietà, diventi anche mia. Posso decidere di liberarti, ora, se ne ho voglia. Vuoi andartene? Vuoi essere libera dalla tua promessa, dal patto di sangue che hai infranto e da tutto quello a cui sei stata costretta contro la tua volontà? Bene. Non devi fare altro che scegliere la tua vita e sacrificare quella del giovane Malfoy… la tua vita per la sua. Non è forse equo come scambio?» La strega scosse disgustata la testa: chi si credevano di essere quegli esseri, delle divinità, per poter disporre così delle vite altrui? Ma non c’era solo indignazione, dovette percepirlo e ammetterlo, c’era un altro sentimento, più diverso e spigoloso, che aveva sbattuto contro il suo petto non appena aveva sentito quella proposta: desiderio di vivere, desiderio di sopravvivere e di essere libera. Avrebbe sacrificato Draco, per questo? Beh, lui di certo sacrificherebbe te per le sue stramaledettissime fiale. «Le fiale. – domandò, ormai esasperata, un po’ per temporeggiare e un po’ perché sapeva di poter risolvere un dubbio che la ossessionava da mesi, gli occhi fissi in quelli di Draco – Prima che ti dia una risposta, dimmi a cosa servono. Se devo disporre della mia o della sua vita voglio almeno sapere per cosa lo sto facendo.»

Mentre Liliat sembrò trovare la risposta alquanto divertente, tanto che non si trattenne dal ridere divertita, Syfil si fece serio, quasi scontroso, guardandola con curiosità: trovava forse strano che ancora non sapesse con precisione cosa fossero quelle fiale e come dovessero essere usate? Sapeva che servivano a Draco, probabilmente per qualcosa di losco o di pericoloso, il resto era immerso nella più assoluta nebbia. Per quanto potesse sembrare strano, Syfil trovò interessante la sua domanda e alquanto interessante la risposta da darle. «Kreyia, Luran, Gonos, Nukter, Liliat, Chiunchulos, Zira e Syfil: otto metalli con lo stesso nome dei Guardiani che li custodiscono, chi con più e chi con meno ardore. Da soli sono inutili ma insieme, con un adeguato sacrificio, il loro potere è immenso: hanno la forza di sradicare la storia, distruggere Universi e, persino, volendo, riportare in vita i morti… ma c’è un prezzo da pagare… il giovane Malfoy lo sa bene, non è così?» Hermione fissò il biondo sconcertata, non ricevendo altro che uno sguardo ostinato da parte sua, quindi tornò a prestare attenzione alle parole di Syfil. «Chi impiega tutto se stesso nella Ricerca e nello scopo che essa persegue, chi vi riversa parte della propria anima, finisce con il perderla: il giovane che pensi di amare ha un’anima lacerata, ora, che potrebbe svanire per sempre se non lascerà che l’amore lo salvi. E, insieme all’anima lacerata, quasi dimenticavo, riportare in vita Daphne e Narcissa gli costerà anche cento anime innocenti… non, insomma… non te l’aveva accennato?» C’era un sadico divertimento nelle sue parole, ma non riuscì a odiarlo per la verità che le aveva appena confessato.

Hermione aprì la bocca sconcertata, fissando Draco, implorandolo in una smentita. Lui si limitò a scuotere la testa piano. «Per tutto questo tempo… mi hai usata per riportare in vita tua madre? Poi quando è morta Daphne hai solo pensato “Ma si, due boccini con una scopa!” non è così? E io che ti ho aiutato… come puoi farlo?»

«Tu non capisci! – la voce del biondo era forte, decisa, sicura di una determinazione che gli era per lungo tempo mancata – Mia madre, Daphne… entrambe mi sono state strappate così all’improvviso, così ingiustamente… non puoi farmi sentire in colpa per una cosa del genere. » Lei non capiva, nessuno avrebbe mai potuto capire.

«Vite umane, idiota! Poveri innocenti che non hanno mai fatto nulla… non credo che l’espressione “cento anime” si riferisca a una sorta di entità platonica! Eri pronto a sacrificarli per te stesso? Non posso neanche crederci io… non  so chi sei, non ti conosco… non sei mai esistito per me, in questo modo… credevo di conoscere Draco Malfoy…»

«Draco Malfoy è esistito prima di te, Hermione- la perfettina –Granger! Non credere che la mia vita ruoti intorno a te solo perché abbiamo condiviso quello che c’è stato… anzi! Sai cosa ti dico? Syfil, voglio le fiale. Rivoglio Daphne e mia madre nella mia vita…» Era furioso, accecato dal dolore e dalla rabbia. Come faceva lei a non capire? Le aveva dato il suo cuore, tutto se stesso, possibile che non potesse capire quello che l’aveva spinto a cercare di riportare le due donne nella sua vita? Certo, all’inizio si era semplicemente trattato di sua madre ma poi, con Daphne che gli moriva tra le braccia, era diventato imperativo. Suo marito, i suoi figli, Louis e Lucius, lasciati alla crudeltà del mondo senza una figura materna a proteggerli: davvero poteva restarsene in disparte, sapendo di avere in mano le carte giuste per aiutarli? Cento persone sconosciute, da qualche parte, sarebbero morte… e allora? Non era forse un sacrificio accettabile per ridare la vita alle persone che per lui significavano così tanto? E non solo per lui, ovvio… «Dimmi cosa devo fare e lo farò.» Fissava la mora davanti a se con gli occhi di sfida, non gli importava nulla… nemmeno di sapere che diavolo le sarebbe capitato. La lettera che gli aveva scritto aleggiava nella sua mente, un macigno di pietra nella sua mente di sogni di libertà e felicità. L’amore che provava per lei rendeva tutto più difficile, doveva ammetterlo, ma nulla gli impediva di farle cambiare idea, una volta che avesse concluso quella faccenda.

Il Guardiano fece scioccare le dita e le catene intorno ai suoi polsi si allentarono, permettendogli di mettersi in piedi, togliendo la polvere dal pantalone con bruschi movimenti delle mani, per poi fissare la ragazza, ancora per terra, Syfil accanto a lei, lo sguardo quasi divertito, con una scintilla che ancora non riusciva a decifrare. «Non vuoi sapere cosa le accadrà? Forse lei sarà una delle cento anime che dovrai sacrificare…»

«Non tentare di prendermi in giro, so tutto del rituale, non sarei mai arrivato fino in fondo senza averne preso atto, parola per parola: nessuno di quelli che conosco oppure ho conosciuto potrà mai morire. Lei non è nella lista.»

Mentre faceva un cenno a Liliat, Syfil gli si avvicinò. «Ma dimentichi che la scelta non era tra la vita di Hermione e le fiale, giovane mago. Ti ho offerto di scegliere tra lei e loro, ma non pagherà con la vita. Le è stata cancellata la memoria una volta, farlo di nuovo sarà per Liliat un piacere immenso…»

Draco stava per intervenire ma non fece in tempo a precedere le parole acute della mora. «Prego? Lui ha avuto la scelta e io non posso? Se anche io avevo un’alternativa anche io posso scegliere di salvarmi… no?» Il Guardiano fece un gesto noncurante con le spalle. «La tua scelta è molto più semplice: se ti libero da quelle catene, con esse andranno via tutti i tuoi tradimenti, il patto con Gonos incluso, e sarai libera di andare. In cambio, Malfoy pagherà con la vita. Solo la sua vita, nessun altro innocente morirà al posto suo e tu avrai la tua personale vendetta.» Era una proposta tanto ragionevole da sembrare scontata, pensò al volo il giovane mago, tanto che se si fosse trovato al posto della strega forse avrebbe accettato al volo. Ma non gli importava, al momento: le fiale riunite, lì sull’altare, sembravano avere un richiamo tanto forte quanto il canto di una sirena, tutte le sue emozioni e i sentimenti che sentiva e sapeva di provare per la strega erano come assopiti, nascosti nell’intimo del suo cuore, incapaci di uscire. Sentendo che la strega non replicava, quasi con una furia omicida, si voltò nella sua direzione. «Perché stai zitta? Non è il tuo sogno salvare degli innocenti e ricevere l’ennesima medaglia come Strega dell’anno? Perché non dici si? In fondo così…»

«Perché non sono un’assassina, Malfoy!» Le parole uscirono dalla sua bocca con un gemito: si accorse che stava piangendo, versava lacrime copiose e amare, che le scivolavano sulla pelle, fattasi improvvisamente molto bianca e pallida. Si accorse che il petto si alzava e si abbassava frenetico, l’aria doveva mancarle. Provò il forte impulso di correre ed abbracciarla – le fiale persero la loro attrattiva per un nanosecondo – ma poi le sue parole tornarono a colpirlo. «Non sono come te, non posso sacrificare ciò che mi pare solo perché ne ho voglia. Non gioco a fare dio con la mia vita e quella degli altri… lo lascio fare a te, ci riesci benissimo

Sapeva che aveva ragione, aveva maledettissimamente e assolutamente ragione. Eppure, più sentiva che le sue parole erano veritiere, più l’impulso di ignorarle si impadroniva di lui: che ne poteva sapere lei, Mezzosangue amata e venerata in tutto il mondo magico, delle disgrazie di un povero ragazzino, cresciuto senza l’affetto e l’amore di cui aveva avuto bisogno? E che poteva capire, di nuovo, di quello che lui aveva provato nel vedersi sottratte le uniche persone che quell’amore gliel’avevano fornito? Nulla, non poteva e non avrebbe mai capito assolutamente nulla. Mentre quei pensieri gli attraversavano la mente, una fitta gli percorse il braccio, all’altezza del Marchio Nero, come a sottolineare fisicamente quei pensieri, e un’altra lo colse all’altezza del petto, quasi a mettergli fretta. Guardò con desiderio le fiale: Syfil era lì, brillante, insieme alle altre… non l’aveva conquistata, non ancora almeno, e questo lo metteva nella posizione di domanda a Syfil cosa dovesse ancora fare, benchè l’idea non lo entusiasmasse minimamente. «L’ultimo Metallo… non è ancora mio, cosa devo fare per averlo?»

«Syfil non si cede tanto facilmente come hanno fatto i suoi fratelli e sorelle, che vedono nella forza bruta e nell’inganno i propri legittimi proprietari. Se fossi venuto qui a rubarmelo, non sarebbe venuto via con te ma avrebbe trovato un modo per rimanere. L’unico modo di conquistarlo è il sacrificio. – sorrise, diabolico, lisciandosi un po’ della barba sul mento – Cominci a comprendere perché la tua amata Mezzosangue sia qui? Il sacrificio di lei, dei suoi ricordi… forse della sua stessa vita, ti darà la possibilità di ottenere l’ultimo tassello del quadro generale. Non vedi com’è semplice? La strada è tracciata…»

A vederla in questo modo, dopotutto, non aveva torto: il cammino si stendeva dritto davanti a lui, così semplice e così lineare da portarlo esattamente dove avrebbe voluto arrivare, così vicino a quel suo desiderio da renderlo quasi materiale, tanto da poterlo sfiorare con la punta delle dita. Nel pensarlo, notò una sorta di arco delinearsi al di là dell’altare di pietra su cui erano depositate le fiale, senza nessuna porta o alcun limite materiale, solo nebbia che si intravedeva attraverso un passaggio verso un’altra dimensione. Fece un passo avanti, il primo passo verso la sua speranza e il suo sogno e l’ultimo della vita che aveva finora vissuto. Percepì una voce, la voce di colei che amava, farsi strada nella sua testa, anche se poteva benissimo trattarsi della realtà, ma non le prestò ascolto, non voleva farlo, era troppo vicino per mollare. Mentre si avvicinava all’arco immaginario, le sostanze delle fiale presero a brillare, emettendo una luce fioca ma ipnotica. Ad una ad una, le fiale si alzarono in aria, liberando il proprio contenuto. I Metalli, ciascuno con la propria particolare tonalità di colore e sfumatura, non gli erano mai parsi tanto belli, tanto graziosi ed eleganti come in quel momento: danzavano, come piccole lucciole nella notte o farfalle delicate nel sole del mezzogiorno. Sapeva che c’era solo una cosa da fare, quasi come se fosse nato per farla. Senza nemmeno staccare gli occhi da quella visione – quasi gli dispiaceva porvi fine, era uno spettacolo che avrebbe potuto osservare per il resto dei suoi giorni – fece scivolare la bacchetta in un complicato movimento di tre cerchi e due battute. La sua bocca emise qualche verso di una formula imparata a memoria in un’altra lingua, non pensava neppure di riuscire a ricordarla. Ma forse non era nemmeno la sua bocca a parlare, forse non era lui quello che stava agendo in quel momento… gli sembrava di essere un tramite davanti a tanta bellezza. Quando recitò le ultime sillabe, la luce dei Metalli parve aumentare d’intensità: le sostanze, nell’ordine in cui le aveva conquistate, si fusero insieme, formando prima una sfera di piccole dimensioni e poi, quando la luce risplendette per un ultimo istante prima di scomparire definitivamente, in una chiave. Una semplice chiave, forse con un’impugnatura leggermente più lavorata di qualsiasi altro manufatto di ottime e perfette condizioni. Ne sentì il peso sul palmo della mano che aveva steso inconsciamente per prenderla. Quindi era lì, dopo tanto cercare, la chiave che gli sarebbe servita per cancellare per sempre la propria solitudine e il proprio dolore.

Sorrise, non rendendosi neppure conto del fatto che era immerso in una sorta di bolla invisibile, impenetrabile a qualsiasi rumore o emozione che non fossero la voce della sua coscienza che lo spingeva a continuare e conquistare ciò per cui tanto aveva lottato. Lo fece. Al contatto con la nebbia percepì i muscoli distendersi, rilassarsi come sotto il getto caldo dell’acqua, e il suo stesso peso parve scomparire, tanto che la gravità risultò più una parola indistinta della sua memoria piuttosto che la concreta quotidianità fino ad allora vissuta. Si sentiva leggero, libero, e non solo in senso concreto del tempo: era come se, fino a quel momento e per tutti i momenti a venire, la libertà e la leggerezza costituissero, avessero costituito e sempre avrebbero costituito la sua realtà. Poteva mai aver provato qualcosa di diverso?

 

And the tears come streaming down your face 
When you lose something you can't replace 
When you love someone but it goes to waste 
could it be worse? 

 
«Draco…» La voce di un angelo lo scaraventò, quasi controvoglia, con i piedi per terra, lasciando che il ricordo di quello che avrebbe dovuto fare si impadronisse di lui. Era lì per sua madre e per Daphne… era lì per proteggerle e per portarle via… ma perché andarsene? Ora che si trovava lì – qualsiasi posto quello fosse – non era certo di volersene andare a sua volta. Era un luogo tanto pacifico e delicato da dargli l’impressione di… «Draco…»

Una voce diversa, una voce nuova ma sempre sua. La voce, la sua voce. Costringendo la propria mente a restare concentrata, malgrado non fosse affatto facile, si voltò, vedendo due figure emergere dalla nebbia e osservarlo, pacate. La prima aveva una delicata treccia stesa sulla spalla, l’abito bianco che aderiva morbido al corpo, una cintura dello stesso materiale in vita e uno scialle giallo ocra sulle spalle. Sua madre. Daphne, invece, indossava un abito bianco ricoperto da migliaia di piccoli fiori verdi ricamati, uno scialle verde a coprirle le spalle e i capelli sciolti dietro la schiena, intrecciati a una sorta di erbetta che gli sembrava di aver incontrato, qualche volta, sui disegni di qualche libro di erbologia. Erano una visione, entrambe, più belle di qualsiasi ricordo avesse serbato di loro, constatò con amarezza, di cui nemmeno uno riusciva a render loro giustizia. Aveva passato così tanto tempo a immaginarle e ora se le ritrovava entrambe davanti. Si aprì in un sorriso sincero, incapace di trattenersi, facendo un passo verso di loro. Si stupì di non vederle altrettanto contente, Daphne in particolar modo, che fu la prima a parlare, costringendolo a fermarsi.

«Che diavolo stai facendo, Draco? – la voce dell’amica era dura, tagliente più di un pugnale affilato – Che cosa pensi di fare con questa messa in scena?» Si bloccò, il sorriso si spense sul suo volto, lasciando spazio ad un’espressione confusa e dubbiosa: perché non era felice di vederlo? Scosse la testa, confuso, abbassando la mano che aveva steso nella sua direzione. Le aveva viste da Chunchiulos, malgrado fossero soltanto incerte circa i suoi propositi, non gli erano sembrate affatto aggressive… come adesso. Con un battito di ciglia, Daphne sorrise. «Non credere di non sapere la verità: pensi che quelle che hai visto dal Guardiano fossimo davvero noi? Quelle erano proiezioni della tua mente, della tua memoria… dicevano e pensavano solo quello che tu stesso dicevi e pensavi… i dubbi di quelle donne erano anche i tuoi. Ma qui è diverso. Qui siamo noi a parlare, non le nostre futili proiezioni. E sai cosa ti dico? Che stai commettendo lo sbaglio più grande della tua esistenza.»

Quelle poche parole furono una pugnalata al cuore. Non solo non sapeva come comportarsi ma non si era neppure preparato ad una cosa del genere: mesi spesi a cercare mappe, Guardiani e metodi possibili per liberare dalla morte persone a lui care e adesso, giunto al traguardo, scopriva che tutto era stato inutile, che nessuno dei suoi gesti era benchè minimamente desiderato o atteso. Avrebbe voluto chiedere perché, avrebbe voluto capire, dato che non ci riusciva. La sensazione di leggerezza e tranquillità con cui aveva lottato fino a pochi istanti prima scivolò via come ghiaccio scioltosi sotto il sole nel deserto, lasciando un vuoto al centro esatto del suo stomaco e del suo cuore. Non poteva essere reale, non stava realmente succedendo. «Non devi pensare che io o Daphne ti vogliamo meno di prima, Draco, non è assolutamente vero. – la voce di sua madre lo costrinse a sollevare gli occhi, lasciando scoperto il viso rigato da lacrime che non si era neppure accorto di versare – Ma stai andando incontro alla distruzione, una guerra interiore che non ti vedrà vincitore. Valiamo questo, per te? La vita di un centinaio di innocenti? Come puoi credere che siamo tanto importanti? Siamo morte…»

«Voi valete tutto per me. – articolò lui, a fatica, sperando che il tono cupo della sua voce fosse un riflesso incondizionato delle lacrime – Io non so vivere senza di voi, non posso pensare di poter andare avanti senza…»

«Stai mentendo. Non solo puoi vivere senza di noi ma l’hai già fatto… Noi siamo morte, amico mio, non potremmo tornare nemmeno volendo perché sappiamo che non è giusto. Non credi che rivorrei indietro Julian o i miei figli? Non credi che vorrei vederli crescere e abbracciarli ogni istante della mia esistenza? Disperatamente, non sai quanto disperatamente lo vorrei. Ma non è così che deve andare… non è questo il mio destino.»

«Non può essere questo il modo giusto di vedere le cose. Non può andare a finire così…»

«Non solo può ma deve.» La mano di sua madre gli accarezzò la guancia e ne sentì il calore sulla pelle, il profumo dei suoi capelli lo invase fino al midollo, ricordandogli gli ultimi giorni trascorsi insieme prima della sua morte. «Hermione è viva e può ancora far parte della tua vita. Devi solo lasciar andare il tuo proposito, lasciar andare tutto quello che è stato e sperare che la tua vita possa essere migliore di quanto tu stesso abbia mai sperato.»

«Ma io non voglio perdervi.» Si rendeva conto da se di quanto suonasse infantile da sua voce, eppure era la verità.

«Non l’hai mai fatto, saremo sempre qui per te, anche se non potrai vederci. Lascia andare, tesoro… lasciaci andare.»

Non lo decise, almeno non percepì quell’idea delinearsi nella sua testa. Le vide semplicemente scomparire, serene, beate come avrebbero dovuto essere. Capì nell’esatto istante in cui la nebbia intorno a lui parve dilatarsi che le aveva perdute. Non fu, tuttavia, una sensazione di abbandono, non un coltello che gli attraversava il torace da parte a parte, com’era accaduto quando aveva stretto Daphne tra le braccia per un’ultima volta. Era diverso. Stavolta sentiva di lasciarle andare per il loro e il proprio bene ed era un’angolazione tutta nuova da cui vedere da faccenda, era un’angolazione che non solo rimescolava le carte in tavola ma cambiava drasticamente tutte le sue prospettive. Gli parve di udire un eco farsi sempre più lieve, più rado come la nebbia che stava scomparendo: sii felice, diceva, sii felice. Avrebbe trovato il coraggio di essere felice? Strinse il pugno della mano, con decisione, rispondendosi si, l’avrebbe trovato eccome.

 

High up above or down below 
when you're too in love to let it go 
but If you never try you'll never know 
Just what your worth.


Vide Draco svanire al di là di una fitta nebbia, grande a malapena per coprirlo da capo a piedi in tutta la sua figura. Le sembrò di vedere un arco delinearsi nella nebbia ma fu quasi certa di fosse trattato di un’allucinazione. Non fu un’allucinazione, tuttavia, il singhiozzo che si lasciò scappare. Aveva scelto e lei non era stata la sua decisione, l’aveva messa da parte. E ora si sentiva spezzata, dentro, non solo ferita nell’orgoglio e nella dignità ma lacerata nel profondo, in quella parte che doveva essere la sua anima. Aveva avuto il cuore spezzato più di una volta, certo, ma questo andava al di là di qualsiasi immaginazione, al di là della sua stessa esistenza. «Bene bene, a quanto pare sarò utile, dopotutto.» Mosse a fatica la testa, alzando il volto rigato di pianto e fissando sconvolta Liliat: poteva pretendere che non le importasse ma le importava eccome, non era fatta di pietra dopotutto. E se la fierezza e l’orgoglio avevano parlato per lei alla presenza di Draco, il dolore e la sincerità parlavano per lei durante la sua momentanea assenza.

«Si, sembra di si. – commentò annoiato Syfil, gettando uno sguardo spazientito all’arco di nebbia e storcendo le labbra per il disappunto – Naturalmente dovremo aspettare il giovanotto lì per sacrificare gli umani, lingi da me agire alle sue spalle! Ma lei non rientra più nelle sue competenze… fa quello che devi.»

Non ricordava l’ultima volta che si era ridotta a implorare qualcuno per la propria incolumità – doveva essere stato durante la sua permanenza a Malfoy Manor con Bellatrix che le puntava un coltello alla gola, o anche prima, quando Gonos aveva deciso di usare Draco come uno scolapasta con le sue spade. Ora si ritrovò di nuovo in condizione di implorare per se stessa: la prospettiva di sacrificare Draco, adesso, era davvero più accettabile piuttosto che perdere i propri ricordi, dal primo all’ultimo. Come aveva potuto, di nuovo, essere così sciocca da mettere la sua morale al primo posto? Non aveva imparato che non se ne ricava mai nulla di buono? L’altruismo non paga mai quanto l’egoismo, era una lezione che avrebbe dovuto imparare, anche a costo di sacrificare i suoi stramaledetti principi. Le parole che uscirono dalla sua bocca le parvero così lontane, tanti suoni senza una precisa connessione: sapeva solo che non voleva perdere i suoi ricordi, perderli significava perdere se stessa, significava morire, anche se non nel senso materiale del termine. Nel vedere Liliat farsi più vicina, passo dopo passo, fluttuante da terra nel suo vestito fioletto di pizzo, la sua vita le passò davanti. La lettera da Hogwarts, la sua prima bacchetta da Olivander, Harry e Ron sul treno, l’Ordine della Fenice, i suoi incantesimi, perfetti sempre di più e sempre con minor sforzo, il ballo del Ceppo con Viktor – che non sentiva da secoli e non avrebbe mai più potuto sentire, la McGranitt, Silente, Voldemort e quanto avevano impiegato per sconfiggerlo. E Ron, il bello e il brutto dell’averlo avuto nella sua vita, e tutti i ricordi legati alla Corte, alle nuove decisioni per i Nati Babbani, lei inclusa, e la sua esperienza di menzogne e bugie. Il dolce, caro Harry, i suoi genitori. Avrebbe voluto estrometterlo dal quadro importante della sua esistenza, eppure il suo volto fece breccia quasi a forza nella sua coscienza, il sorriso appena accennato su quel volto imperturbabile di pietra, sempre così freddo, astuto e calcolatore, con qualche piano da organizzare e qualcosa da pianificare: Draco.

«Non temere, piccina, non te ne accorgerai neppure…»

Urlò, con quanto fiato avesse il gola, ma non fu sufficiente: la mano di Liliat si posò delicata sul suo volto, lasciando che il nero dell’incoscienza di impadronisse di lei. Quindi semplicemente prese a recitare una formula, una lenta e ipnotica litania che poche volte nella sua esistenza le era capitato di intonare. Era melodiosa, lenta, letale quasi quanto era bella. Un processo lungo e lento, tuttavia. Man mano che i ricordi scivolavano via dalla mente di Hermione Granger, Liliat poteva vederli davanti agli occhi: a partire dai pochi istanti precedenti, andando a ritroso nella sua insulsa vita umana, dai genitori, alle amicizie discutibili con individui di dubbia igiene personale… Doveva essere stata una vita soddisfacente, quella di una ragazza come lei, si scoprì a pensare la mora, forse con troppa umanità per i suoi standard, decisamente una degna di essere ricordata, anche se lei non se ne sarebbe resa neppure conto, una volta che avrebbe terminato con lei. Sempre se fosse sopravvissuta.

«Ora basta. Stupeficium.» Sentì una forza violenta infrangersi contro di lei, prima che potesse reagire, fluttuando dietro la forza violenta del getto magico che l’aveva investita, sbattendo contro il muro e toccando il suolo per la prima volta in chissà quanti decenni. Sbuffò rabbiosa, tornando a librarsi in aria e fissando furibonda la mano del mago che aveva osato tanto. Draco Malfoy era fermo davanti al tavolo dove le fiale, ormai vuote, giacevano. Senza staccare il volto da quello di Syfil – che sembrava divertirsi molto più di quanto uno nella sua posizione avrebbe dovuto, date le circostanze – gettò con disprezzo la chiave sul tavolo, lasciando che brillasse sotto la luce artificialmente bianca della stanza. «Non la voglio, non intendo andare fino in fondo. Scelgo lei

«Ma che… ma come osi alzare la bacchetta contro di me, lurido umano insignificante! Sai cosa potrei farti?»

«Forse non più di quello che potrei farti io, carina, se non le ridai la memoria all’istante.»

La mora si limitò a sbuffare. Con un’occhiata affrettata, Draco constatò che Hermione era svenuta, i capelli sparsi disordinati sulle spalle e la testa poggiata di lato, il corpo abbandonato sul pavimento. Era arrivato troppo tardi? Poteva mai aver commesso un simile errore senza poter rimediare, adesso? Guardò furioso Syfil. «I patti erano che potevo scegliere tra lei e i Metalli: scelgo lei. Ti prego, lasciaci andare via... non intendo più rifare l’errore che ho commesso: non posso pensare alla morte se possiedo la vita.»

«Sagge e argute parole, per un giovane e inesperto umano. – fece un cenno con il capo e le catene di Hermione si sciolsero, lasciandola scivolare sul pavimento – C’è un motivo per cui indosso abiti umani, Draco Malfoy: sono molto curioso verso la vostra razza, a differenza dei miei fratelli e sorelle, ritengo che abbiate del potenziale e tu ora me lo stai dimostrando. Questo tuttavia non cambia i fatti… e i fatti sono questi.» Mimò il gesto di stringere qualcosa con un pugno e il petto di Draco si strinse in una morsa tale da togliergli il fiato, il cuore che pulsava a mille e la forza delle ginocchia che veniva meno. Senza riuscire a restare in piedi, fu costretto a inginocchiarsi, stringendo una mano sulla gola e faticando a ritrovare l’aria. Syfil distese la mano e il dolore scomparve. «Hai messo a repentaglio la tua anima per salvare qualcosa che non era in natura concedere ai tuoi desideri. Non posso ridarti l’anima, non lo farò.» Malgrado non riuscisse ad immaginare una vita con un simile fardello, come già Hermione aveva fatto con Gonos quando avevano preso il metallo numero cinque da Liliat, fece l’unica cosa ragionevole che gli si potesse presentare al momento: con un brusco cenno del capo, diede il proprio consenso. Il Guardiano parve apprezzare la cosa, tanto che liquidò con un gesto annoiato la nascente protesta di Liliat, che era già sul punto di intervenire. La mora parve particolarmente offesa e, senza aspettare ulteriori ordini, gettando un’occhiata di puro odio a Hermione, scomparve. Draco fu sul punto di richiamarla – se andava via, chi avrebbe ridato la memoria a Hermione?

«Non può riavere indietro i suoi ricordi. – pronunciò perentorio il moro, guardando duramente il ragazzo che aveva davanti – Ciò che le è stato tolto non può essere riportato indietro, nemmeno se riunisci nuovamente i Metalli… Oh!» Non si trattenne dal ridere, dato che la sua stessa battuta parve divertirlo non poco. Certo, agli occhi di un immortale la sua ricerca e i suoi propositi dovevano essere parsi tanto futili già una volta, figuriamoci ripetere l’errore. Si riprese dopo pochi secondi, tornando a fissare l’umano che aveva davanti. «E nemmeno con te posso fare molto. Vedi, hai deciso di fermarti a metà strada… non è ancora morto nessuno di quelli che sarebbero stati sacrificati eppure tu hai fuso i Metalli per aprire i Cancelli della morte. Sai che cosa vuol dire? La tua anima resterà lacerata per sempre. Non potrai mai più ritenerti libero da questa maledizione, anche se potrai alleviarla…» Indicò Hermione con un gesto della mano, indifferente, avvicinandosi alle fiale vuote e cominciando a recitare una strana litania per far si che la chiave si disintegrasse e i Metalli si dividessero, tornando al loro posto. Senza poter credere alla sua fortuna – era di questo che si trattava, dopotutto, no? – il mago si avvicinò a Hermione sollevandole la testa e controllando che il battito ci fosse ancora: era viva. Ma cosa era rimasto della Hermione Granger che ricordava?

«Quanta memoria le ha tolto Liliat? – domandò sottovoce, sicuro che Syfil potesse udirlo – Cosa ricorderà?»

«Oh, ad esserti sincero non ne ho la più pallida idea: la memoria non è il mio campo di competenza. Io sono più bravo con la roba manuale, tipo questa. Ma suppongo un bel pezzo di memoria… non so quanto grande o consistente… ringrazia che sia viva, almeno.» Sorrise tra sé, tornando ad occuparsi dei Metalli. Draco si guardò intorno, cercando una via d’uscita: anche se erano vivi, non voleva di certo dire che erano fuori pericolo. Erano ancora alla mercè di Syfil, anche se sembrava abbastanza lunatico come tipo, doveva riconoscerglielo. Almeno non si è ancora deciso a trafiggermi con qualche spada, sono progressi questi… Quasi a intuire quello che passava per la mente del ragazzo, anche se non era da escludersi che potesse davvero leggere i suoi pensieri, il
Guardiano parlò di nuovo, senza voltarsi stavolta. «E’ inutile che rimani lì. Puoi anche materializzarti a casa tua.. non ti sto mica trattenendo. Sei stato un così divertente esserino in questi mesi! Hai tolto la monotonia dalle mie giornate e, te l’assicuro, la monotonia è qualcosa con cui impari a convivere, dopo tanti millenni. Vai, vattene ora.»

Anche se era certo che se ne sarebbe pentito, non riuscì a trattenersi dal chiedere un’ultima cosa. «Mi lasci andare così? Non merito nessuna punizione per… quello che ho fatto o ho cercato di fare? E Hermione è… libera?»

«Punizione? – la parola incuriosì il moro, che assunse un’aria pensierosa – Hai un’anima lacerata con cui convivere per tutta la vita e la tua ragazza, sempre se si ricorderà di te, forse non ti amerà mai più come prima. Direi che il sacrificio è una punizione adeguata, giovane Malfoy. Per quanto la riguarda… non ricorda nulla di ciò che ha fatto e, quando Liliat ha iniziato il processo per portarle via i ricordi è come se… si fosse portata via anche il resto. Capisci?» Draco lo fissò sconcertato: no non capiva. Hermione sarebbe ancora diventata adepta di Gonos? Syfil sbuffò spazientito.

«Oh, maledizione, lascia perdere! Dimentico sempre che la tua mente umana è troppo limitata per capire certi processi… ti basti sapere che no, non diventerà più adepta né di Gonos né di nessun altro. Quando morirà, diventerà niente di più e niente di meno che un’anima, come quelle delle due donne che hai appena incontrato. E ora vattene, dico sul serio, altrimenti potrei farmi venire la sadica curiosità di usarti come bersaglio a freccette… Gonos mi ha detto che è stato divertente…» Senza aver bisogno di indugiare ulteriormente o di sfidare in qualche altro modo la sua buona sorte, prese la bacchetta e roteò su se stesso, Hermione in braccio, lasciando che il familiare strappo all’ombelico lo riportasse a casa. L’ultima visione che ebbe della stanza bianca fu Syfil chino sulle fiale e una di esse riempita del suo originario contenuto: forse, in un futuro lontano, qualcuno avrebbe di nuovo tentato di mettere insieme le fiale per i propri scopi, ma non lui, non più. Aveva capito, finalmente, cosa fosse realmente importante e non aveva intenzione di dimenticarlo per il resto della sua esistenza.

 

Tears streaming down your face 
I promise you I will learn from my mistakes 
Tears stream down your face and I...

 

Si materializzò in salotto, la luce della luna ancora alta che filtrava delicata dalle tende appena dischiuse. Wimpy stava spolverando e nel vedere il padroncino apparire così all’improvviso gettò un urlo acuto e lasciò cadere una scatoletta di argento per terra, urlando ancora di più nel notare che se l’era lasciata sfuggire. Draco sarebbe stato divertito dalla scena se non avesse temuto più per la vita di Hermione. «Smettila di strillare, inutile elfo. Porta uno dei pigiami che la Granger usava quando viveva qui in camera mia… devono essercene rimasti un paio di seta, neri o verdi, fa un po’ tu. Ma fa in fretta.» L’elfo annuì convinto, posò la scatoletta al suo posto, nella teca di vetro, e scomparve con un leggero pop. Draco si rese conto che nel tempo in cui era stata lontana da lui, la strega doveva essere leggermente ingrassata, anche se non l’avrebbe mai notato guardandola dall’esterno: era comunque secca come un grissino e ancora sufficientemente leggera, per i suoi gusti. Senza troppe difficoltà, salì le scale e entrò nella propria stanza, depositandola con delicatezza sul letto. Le spostò una ciocca dietro l’orecchio, con un’abitudine quasi inconscia, che gli era terribilmente mancata. Gli era mancato anche guardarla dormire, gli occhi chiusi e la fronte rilassata, come in quel momento. Chissà se sarebbe riuscita a svegliarsi e, una volta aperti gli occhi, chissà sa si sarebbe ricordata di lui. Era un pensiero terribile e, ancor più grave, era dover aspettare una risposta senza sapere quanto sarebbe arrivata.

L’elfo portò il pigiama richiesto – uno dai pantaloni di seta nera una canotta nera di cotone – e Draco glielo infilò con delicatezza, dopo aver gettato sul pavimento gli abiti che indossava. La coprì con il lenzuolo e ordinò all’elfo di vegliare su di lei finchè non si fosse svegliata: non voleva allontanarsi da lei ma, al contempo, non voleva starle troppo addosso e rischiare di spaventarla, una volta sveglia, se non si fosse ricordata di lui. Gli si spezzava il cuore al solo pensiero eppure sapeva di dover fare i conti anche con quell’eventualità, neppure tanto remota. Con un’ultima occhiata alla sua figura distesa nel letto, uscì dalla stanza e si diresse in bagno: per una volta avrebbe usato lui la sua Jacuzzi, sempre se Hermione non si fosse svegliata prima e avesse ingaggiato battaglia con Blaise per quel diritto. Il bagno fu meno rilassante di quanto avrebbe voluto ma, nel complesso, ottenne l’effetto sperato di rimuovere i pensieri più cupi, almeno in parte: una fitta all’altezza dello stomaco gli ricordò che non tutte le cicatrici di quello che aveva fatto sarebbero scomparse, mai del tutto. Ebbe anche l’impressione di essersi appisolato ma non ne fu certissimo, almeno finchè non notò i primi raggi filtrare dalla finestra.

Trovò Blaise seduto in cucina, a sorseggiare un succo di frutta e a leggere la Gazzetta, probabilmente aperta come sempre alla sua preziosissima pagina sportiva. Il moro non alzò gli occhi dal giornale che per un secondo, tornando poi a fissare con interesse l’articolo che stava leggendo, almeno in apparenza.

«Ho notato che una fanciulla di tua conoscenza è comodamente raggomitolata tra le coperte del tuo letto: devo dedurre che è tutto sistemato?» Draco sorrise con amarezza: quanto avrebbe voluto che tutto fosse così semplice. Ma non era così, non lo sarebbe stato mai probabilmente. Scosse la testa e si prese una tazza di caffè. Stranamente, tornare alla normalità, qualsiasi essa potesse essere, era molto più confortante di qualsiasi altra cosa: non aveva la certezza che tutto si sarebbe sistemato ma, stranamente, aveva una vaga positività che gli faceva vedere il bicchiere “mezzo pieno” invece che il solito “mezzo vuoto”. Non solo sperava che Hermione si sarebbe ripresa ma, addirittura, era quasi certo fosse fuori pericolo. Non sapeva nemmeno cosa gli desse quella certezza né il perché si sentisse così tranquillo. Forse era perché finalmente non aveva più un segreto così grande da portare avanti, forse era perché la Ricerca era finita, e non solo quella dei metalli. In un modo malsano e contorto, tutto era andato al proprio posto.

«Allora, quell’allenamento? E’ andato tutto per il meglio? – domandò con naturalezza, sedendosi su una delle sedie della cucina e sorseggiando il caffè – Spero siate pronti perché la prossima partita è…» Si bloccò, notando lo sguardo scioccato di Blaise che fissava qualcosa alle sue spalle, terrorizzato e a bocca aperta. Non ebbe neanche bisogno di chiedere…

«Malfoy, ora tu mi spieghi perché diavolo sono vestita in questo modo, nel tuo Manor, e perché mi sono svegliata nel tuo letto. E già che ci sei perché non dici a Zabini di chiudere quella bocca, rischia di perdere quel poco fascino che gli rimane con quell’espressione da Magonò.» Si voltò con lentezza, trovandola in piedi accanto all’entrata della cucina, le braccia incrociate sul petto e un’espressione furente sul volto. Senza neanche rispondere, si voltò verso l’amico.

«Blaise, che dici, un altro po’ di succo?»

Non si ricordava di lui ma stava bene, sarebbe andato tutto bene.

 

Lights will guide you home 
and ignite your bones 
And I will try to fix you







 
Note dell’autrice ù.u

Ok, sto morendo. Non nel senso che sto male ma nel senso che sto piangendo come una fontana: eccoci, è la fine. Naturalmente manca ancora l’epilogo, che dovrà farvi un po’ di chiarezza (se possibile) su come andranno le cose con gli altri personaggi e anche, perché no, con i due protagonisti. No, davvero, sono così commossa in questo momento che non potete neanche crederci – sono le 15.21 del primo di ottobre, anno 2011 (questo è il momento in cui ho finito il capitolo, così giusto per ricordarmelo xD) – e guardo con orgoglio "l’ultimo capitolo della storia".

Le scelte circa il finale: potete fare ciò che volete, potete pensare che siano discutibili, essere pienamente d’accordo con il finale o completamente in disaccordo con la fine… me ne rendo conto: ognuno sogna con una storia, quando la legge, e non si può sapere mai fino alla fine come andrà a finire. Io stessa, quante volte ho odiato autori e autrici che non concludevano la vicenda come dicevo io? Tantissime, ma è così che va purtroppo. Draco fa la sua grande scelta, anche se in ritardo naturalmente. Hermione, anche lei, comprende tardi cosa il suo altruismo comporti, anche se nemmeno per un secondo si smuove da quella che è la linea diretta della sua morale. Syfil non è buono quindi toglietevelo dalla testa: insomma, da a Draco e Herm una scelta non indifferente, mi pare, ed esiste la violenza psicologica, sapete? Lui stesso dice che si divertirebbe un sacco a lanciare spade addosso a Draco (e potrebbe farlo!) ma non è il suo stile e quindi non è da lui. Daphne e Cissy un po’ diverse da come lo erano state quando erano apparse nella nebbia di Chunchiulos: li erano proiezioni dei ricordi di Draco, qui sono invece le entità concrete delle due donne. Naturale che vogliano il suo bene, naturale che gliene dicano quattro… e quindi la decisione dell’ultimo minuto.

Cosa ha cancellato Liliat a Hermione? Tutto, potrei dire, ma non sarebbe esatto: lei non ricorda nulla di quello che è accaduto con Draco, né la Ricerca, né i Metalli né il fatto che si è innamorata di lui durante quell’arco di tempo. Non lo ricorda e, come dire Syfil, non può farle ricordare nulla: già una volta è sopravvissuta a quel processo ma non è detto che accada. Vi chiederete giustamente perché si riprenda così velocemente rispetto alla prima volta: è come un virus, mettiamola così, dopo che l’ha preso una volta è come se il suo corpo (in questo caso la sua mente) abbia imparato a combatterlo. La volta scorsa, inoltre, non c’era solo lo sforzo mentale della cancellazione dei ricordi di Liliat ma anche la brusca violenza di Gonos. Perché non diventerà sua adepta? Non lo so O.O no, giuro, non sono riuscita a capirmi nemmeno io quando ho scritto quella parte: diciamo solo che – se così si può dire – la punizione di Liliat della memoria si è sovrapposta al giuramento fatto in precedenza e, non ricordandolo, lei non può adempirlo. Aggiungeteci che forse anche Syfil ci mette lo zampino… boh! xD

La canzone? Fix you – Coldplay. E’ stata davvero la mia ispirazione durante l’intero capitolo, vi consiglio di ascoltarla… se non durante la lettura almeno all’inizio o alla fine, è qualcosa di unico come le parole di questa si adeguino alla perfezione alla storia. Dico davvero.
Lascio i ringraziamenti all’epilogo, fino ad allora mi auguro di non avervi troppo delusi. Ci vediamo tra due settimane. =)

P.S. Grazie come sempre ai mitici recensori e a colore che seguono, preferiscono e ricordano la storia: sono certa che loro resteranno nel mio cuore quanto la stessa storia in se.

   
 
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