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Autore: Pulcini_in_Calore    07/10/2011    1 recensioni
"Surya, o Solaris che fosse, socchiuse di poco le palpebre portando la mano destra dalle lunghe dita affusolate a sfiorare la tempia sinistra della cucciola di Neko accanto a sé."
"Yiliriàan manteneva teso il proprio braccio destro rivestito di squame serpentine, stringendo e riaprendo più e più volte il palmo della mano dalle grosse e tozze dita terminanti in spuntoni nerastri estremamente ingombranti – artigli, ben capaci di squarciare un petto umano a mossa singola."
"La campana che le sirene probabilmente avevano preso da qualche relitto di navi, o qualche dono lanciato dai piccoli umani che stufi dei loro giocattoli si erano divertiti a lanciarli nell’acqua, suonò tre volte ed insistentemente. Un avviso: la nuova e futura regina voleva già parlare al suo popolo.
Quando Annette la sentì, si decise finalmente ad alzarsi senza troppi problemi dal masso. Oltrepassò con qualche spinta dell’enorme coda il giardino di cristalli, e si apprestò a rintanarsi in quello che in lontananza sembrava un’imponente foresta formata da alghe. Alghe fitte e nerastre, dall’aria sinistra."
Le razze convengono in un solo destino.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Così, mi lasci qui anche tu.”

In silenzio, signore di ciò che arde e consuma.
“Surya.”
“Lascio qui la mia signora. Amare e perdere.”
“Riponi qui il tuo silenzio.”
“Continuerà ad attendermi?”
“Sino a che morte non vi separerà. Il vostro legame è un filo turpe ed inscindibile.”
“Vivere in eterno reca…”
“Angoscia eterna altrettanto?”
“Le illusioni di una speranza.”
“I morti non tornano indietro, Surya.” Concluse l’anziana nutrice.

Ma se c’è speranza per i sogni di realizzarsi all’alba di domani stemperati dal fuggire del silenzioso scorrere degli attimi, lui continuerà a lottare.

“La signora è morta, Divino Solaris?”

Surya, o Solaris che fosse, socchiuse di poco le palpebre portando la mano destra dalle lunghe dita affusolate a sfiorare la tempia sinistra della cucciola di Neko accanto a sé.
Poté appena percepirne la fronte tremolante, contornata da piccole goccioline perlacee di sudore caldo provocato dall’alta temperatura delle fiamme crepitanti attorno all’Hirizema nel quale la loro “signora” era placidamente distesa, il lividore delle gote macabro testimone dell’algido rigor mortis a penetrarle carne e tessuti.

“Andiamo via, Kisara.”
“Non…” Azzardò la piccola, tirando su col musetto ferino a tartufo e abbassando repentinamente le minuscole orecchie da gatto sopra la testolina “Non salutiamo la signora?”
Surya chinò il capo, mordendosi appena accentuatamente il labbro inferiore con i canini acuminati, e dunque prese in spalla la lama dal manico composto di carne organica pulsante ed egualmente istoriata, dando più o meno frettolosamente le spalle alla vecchia, alla Neko e a colei che doveva esser stata qualcosa per lui – sorella, amica, amante o consorte, ed avviandosi oltre la fragile porta d’ingresso composta di vimini intrecciati. Anche per una bambina come la piccola Kisara fu chiaro come il passo del giovane, per essere la movenza di una divinità, fosse sin troppo rapido per poter rientrare nel circolo della casualità, e dunque, subito dopo aver rivolto un riverenziale inchino con la testolina all’indirizzo dell’anziana e della salma distesa nel futon in terra, ripose i due yoyo ognuno in una rispettiva tasca e s’avviò al seguito di Solaris.

“Divino?”
“Gli esseri umani.”
“Gli esseri umani?”
“Sono stati loro ad ucciderla.”

Kisara, per alcuni attimi, non ebbe il coraggio di controbattere, limitandosi vieppiù a voltare di lato la testolina, socchiudendo gli occhi con aria intimorita nonostante lo sguardo di Surya non fosse diretto su di lei.

“E ora pagheranno.”
“Divino…”
“Mi venerano come Solaris…”
“Divino, vi scongiuro…”
“…divinità del Sole, in cuor loro.”
“Lasciate che imparino.”
“Impareranno a modo mio.”
“Cosa intendete insegnar loro?”
“Quanto il sole possa bruciare al termine della propria vita.”

***


Yiliriàan manteneva teso il proprio braccio destro rivestito di squame serpentine, stringendo e riaprendo più e più volte il palmo della mano dalle grosse e tozze dita terminanti in spuntoni nerastri estremamente ingombranti – artigli, ben capaci di squarciare un petto umano a mossa singola.
Dietro la ragazzina, una Drakan di stirpe Seiryu, rimanevano rannicchiate e tremanti alcune draghette antropomorfe di dimensioni appena più contenute; strette fra loro, non parevano avere alcuna intenzione di dar contro all’ordine di Yiliriàan circa il restare in un angolo evitando d’intralciarla più del dovuto.

A poca distanza dal gruppo di Drakan, tre uomini rivestiti da tute color scarlatto che coprivano loro i corpi da capo a piedi si tenevano a propria volta pronti, muovendo tuttavia gradualmente passi su passi nei pressi della giovinetta.

“Cacciatori di Drakan.” Sussurrò Yiliriàan, la voce resa appena più sibilante dalla lingua serpentina biforcuta “Non pensavo vi spingeste sin qui.”
“Una Seiryu. Nobile della stirpe.” Azzardò il cacciatore a capo del gruppo, avanzando alcuni passi verso la preda “Se prenderemo anche solo la tua testa, non avremo bisogno degli altri.”
Yiliriàan si lasciò andare ad un breve sorriso, scoprendo la fila di denti tripartiti e portando le palpebre a rivestire del tutto le pupille grigiastre dal taglio ferino.

“Non è certo un buon motivo per lasciarmi ammazzare. Nobile non sta per santa.”
“Fuori le armi.”

A propria volta, altri due cacciatori mossero alcuni passi all’indirizzo della Drakan, richiamando fra le mani filamenti d’una luce evanescente dal ché di turchese; questa, in pochi istanti, andò a formare due rispettive spade eteree, una nella mano di ognuno dei due.
Contemporaneamente, la Seiryu rialzò il braccio destro innanzi al viso, lasciando scrocchiare rumorosamente la mano artigliata.

“Uccidetela.”
Ad un sussulto, entrambi sollevarono le spade verso l’alto, lanciandosi quindi con una poderosa spinta verso la dragonessa e lasciando ridiscendere le lame da due angoli opposti; ma sgranarono gli occhi da sotto il casco quando si resero conto di come, sogghignando, Yiliriàan le avesse appena bloccate entrambe estendendo in maniera inverosimile un solo artiglio nerastro della mano destra tirando di poco indietro il braccio, il metallo delle spade a stridere insopportabilmente contro l’appendice ossea della Drakan.

“Appetitosi.” Sussurrò quest’ultima, rialzando la mastodontica coda di scaglie nerastre verso l’alto e schioccandola in terra per il tempo di un istante – subito prima di estendere anche tale appendice posteriore a stringere per i busti e sollevare verso l’alto entrambi i cacciatori; mentre uno dei due già dimostrava la poca propensione al lavoro da portare avanti, tremolando già da ora incapacitato dal terrore a muoversi in qualsiasi modo, l’altro – avendo entrambe le mani libere – affondò la propria lama di luce nella coda, causando il prorompere di un piccolo ruggito di dolore dalle labbra della Seiryu. Fu la sua ultima soddisfazione, ad ogni modo, giacché in conseguenza di quel gesto Yiliriàan lasciò fuoriuscire nel lato della coda che teneva i due svariate decine di spuntoni ossei collegati all’appendice, consentendo ai due nulla più che un ultimo strepitio di dolore mortifero prima di estrarre la lingua serpentina, avvolgendo loro i colli tramite la stessa e, attimi a seguire, staccando via le teste di entrambi in una macabra fontana scarlatta che macchiò il corpo seminudo della giovane mentre questa lanciava i due capi umani verso le Drakan dietro di sé.

“Mangiate.” Ordinò imperitura, gettando uno sguardo di sbieco al gruppo rannicchiato in un angolo; una bimba fra le altre dragonesse, in particolar modo, non poté fare a meno di leccarsi le labbra tremolanti alla vista delle teste umane ricadute loro innanzi, e timidamente s’avviò verso una delle due, raccogliendola con entrambe le mani e quindi prendendo a staccarne piccole morsetti poco per volta prima di offrirla ad una Drakan adulta accanto a sé, che accettò l’offerta addentando a propria volta il capo – ripetendo infine il giro e passando il tutto man mano alle altre compagne.

Impietrito, l’ultimo cacciatore prese ad indietreggiare scuotendo fra sé il capo, come a volersi impedire di accettare la scena poc’anzi testimoniata; non poté tuttavia evitare di portare la mano sinistra innanzi alle labbra pur coperte dal casco, cercando di trattenere istintivamente un conato di vomito nel continuare ad arretrare.

“La stagione è difficile, Umano. Siamo in pieno inverno.” Accennò la Drakan, avanzando verso il cacciatore a passi brevi e scrocchiando nuovamente la mano destra innanzi al proprio viso. “Non potremmo in teoria permetterci di risparmiare nemmeno te, giacché da una singola creatura della tua specie si ottiene cibo per giorni. Cosa vi ha fatto pensare di poter scalare impunemente la nostra montagna e sconfiggerci come se nulla fosse senza correre il rischio di passare da cacciatori a prede? Cosa vi ha fatto compiere questa pazzia? Pensavate andassimo in letargo nei periodi invernali, o cosa?”
“S-stai lontana da me, mostro!”
“Ah…voi lo chiamate de-na-ro, giusto?”
“STAI LONTANA!”

Il cacciatore non ebbe modo di pronunciare altre parole, che già Yiliriàan gli si era lanciata addosso di salto, riatterrandogli sulla schiena e bloccandolo con il proprio peso in terra.

“Ma facciamo così.” Sussurrò, avvicinando vistosamente il proprio volto a quello tremolante dell’Umano, del quale in brevi attimi sollevò il mento con l’artiglio nerastro della mano destra, sì da condurlo più vicino a sé “Noi rinunciamo ad una buona scorta per l’inverno lasciando in vita un Umano puzzolente in più. L’Umano puzzolente, però, ci lascia i corpi dei propri compagni e scende giù nella propria comunità, informando gli altri che chi s’avvicina troppo alla nostra montagna ci fa da scorta invernale. Sabarinè, Umano?”

L’altro annuì frettolosamente per il poco che gli fu possibile, tentando tuttavia al contempo di distaccarsi dalla pressione corporea della Drakan.

Taranakàr. Ora vattene via.”

***


L’autunno. Non risparmiava nessuno, nemmeno l’acqua del mare che da calda, estiva, si trasformò pian piano a fresca, e poi in seguito a gelida. Lo avvertivano prima di tutti i pesci, che sguazzando sempre più in profondità, sembravano cercare qualcosa di più tiepido negli antri del loro mondo. Poi ogni singola altra creatura: da pesci più grandi o piccoli - squali, polipi, o qualsiasi altra cosa potesse esservi stato in quel mare-, a vere e proprie sirene, rinchiuse nel loro piccolo regno fatto di alghe. Non era semplice vivere, cibarsi di piccole particelle presenti nell’acqua pur di non uccidere propri simili. Il cannibalismo non faceva per loro, piuttosto avrebbero preferito morire, come tutte le cose che varcando la profondità massima del mare, finivano per affogare senza più respiro. A cuor loro, non gli importava più di tanto.

Anzi, amavano vedere le cose sprofondare, venir calate giù fino all’ultimo momento. Soprattutto se quelle ‘cose’ erano gli umani: lo adoravano. Gli stessi che con i loro stupidi rifiuti inquinarono già da tempo l’acqua, e resero la maggior parte delle particelle nutritive presenti, tossiche e mortali.

“La regina ti vuole, Annette.” Mormorò una di quelle sirene verso una sua compagna, avente una pinna azzurra e il corpo fanciullesco dai tratti appena femminili. Ancora non sviluppato del tutto, vista l’età giovane.
“Noi non abbiamo una regina.” Rispose l’altra in un sorriso, agitando l’enorme pinna violacea, e scostando il capo corvino più e più volte. “E’ morta ormai da un’ora.”
“Lo so, ma la futura regina ti vuole.” Insistette l’altra, aguzzando lo sguardo smeraldino come la stessa acqua che la ospitava, e prendendo una delle mani della compagna per trascinarla a sé. Ma seduta com’era lei su un masso marino, non riuscì a smuoverla nemmeno di un millimetro.
“Ma tanto morirà domani…” Esitò ancora una volta, stufa di tutta quell’insistenza da parte della più giovane. Lei era la più adulta di fisico, più sviluppata perché superò l’età adolescente già cinque anni prima. Ma in quanto a mentalità, si ritrovava ad avere quindici anni, o ancora meno. Il contrasto non reggeva con il corpo.
“Proclamerà ancora un successore, dannazione Annette!” Sbuffò urlicchiante la piccina, lasciando quella mano liscia e profumata di alghe. Mosse la coda velocemente solo per dirigersi lontana dall’adulta che non si mostrò minimamente interessata. Se ne andò in una scia d’invadenti bollicine, sprizzando rabbia da tutti i pori.
“Ogni giorno lo fanno, non ne capisco la novità.” Sussurrò semplicemente, inclinando la testa d’un lato e posizionando gli occhi castani su una superficie di cristallo, lì dove era solita specchiarsi. Vide brevemente il suo volto ovale, e rimase disprezzante per la sua somiglianza con quello degli umani. Molte di loro avevano almeno qualche segno di branchie venute male, alghe incastonate tra la pelle, spuma marina e conchiglie tra i capelli e le orecchie. Lei non aveva niente di tutto ciò, il suo viso era perfettamente liscio, e questo la infastidì così tanto da farle fare una smorfia disgustata.

La campana che le sirene probabilmente avevano preso da qualche relitto di navi, o qualche dono lanciato dai piccoli umani che stufi dei loro giocattoli si erano divertiti a lanciarli nell’acqua, suonò tre volte ed insistentemente. Un avviso: la nuova e futura regina voleva già parlare al suo popolo. Quando Annette la sentì, si decise finalmente ad alzarsi senza troppi problemi dal masso. Oltrepassò con qualche spinta dell’enorme coda il giardino di cristalli, e si apprestò a rintanarsi in quello che in lontananza sembrava un’imponente foresta formata da alghe. Alghe fitte e nerastre, dall’aria sinistra.

“Sei in ritardo.” La ammonì un’altra sirena anziana dalle folti rughe presenti su volto e busto, e la pinna ormai color marrone, che diede l’impressione di essere marcia e fatiscente. La fermò prima che potesse mettere mani su una di quelle alghe, allungando in sua direzione la punta di una specie di bastone spinato che teneva stretto alle mano. “Sai cosa succede se non ti trovano al tuo posto, Annette?” La rimproverò minacciosa, corrugandosi in un’espressione truce.
“Meno male che mi hai visto tu in ritardo, e non altri, madre Ruan.” Bisbigliò amorevole, con tanto di occhiate gentili e fintamente riconoscenti.
“Smettila di giocare. Poi ci si domanda come mai non ti hanno più scelto, in tutti questi anni.”
“Io non me lo domando.” La oltrepassò, lei, il suo inutile borbottio e quella specie di bastone osceno, sciogliendo con le mani trecce su trecce di alghe che le sbarravano la strada, slegandole così da aprire un varco per passare. tentò di superarlo, dovette spingere con tutte le forze che si ritrovava sia dagli arti, che dalla coda possente. Impiegò più di qualche minuto, ma alla fine dopo l’ennesima spinta, si ritrovò sbilanciata dentro. No, non era precisamente una foresta alla fine. Era una barriera, che una volta superata dava spazio a una specie di piazzetta marina con tanto di sassi, massi, alte rocce che sorgevano a circolo per far sedere le sirene del popolo. E poi una al centro in tutti quei massi circolari, adornata con alghe, conchiglie, stelle marine, ed adatta perfettamente alla regina. Molte di quelle sirene erano già ai loro posti, ma il bisbiglio generale di tutta quella massa definita popolo, le distrassero dal notare la figura di Annette che si apprestò a prendere il primo posto libero, lì accanto alla precedente piccina.

“Alla fine sei venuta.”
“Non potevo farne a meno!” Altamente ironica, si passò una mano sul petto ‘ove alghe coprivano le intimità, accennando poi un sorrisetto non molto convincente.
“Mh, alto tradimento?” Azzardò l’altra, inclinando il capo verdaceo. “E’ questo che ti spaventa?”
“Non esattamente.” Ridacchiò divertita, strabuzzando gli occhi. No, l’accusa delle altre non le interessava. Ma non voleva morire di fame, esiliata ed allontanata da quel misero regno. Le avrebbero privato di ogni cosa, se non si fosse attenuta alle regole. La regina fece ben presto la sua comparsa, e tutti quei bisbigli si zittirono in un secondo, facendo spazio ad un’immensa pinna blu scuro che si mosse regalmente, ad alghe pregiate dai mille colori adagiate su una figura elegante, aggraziata e soprattutto ben proporzionata, ed una coroncina di conchiglie e perle sul suo capo. Quando si posizionò sul masso delle regnanti, tossì come per voler richiamare l’ordine, ed allo stesso tempo per schiarire la voce. Ordine che già c’era, dopo tutto, in attesa di una sua parola.

“La regina è sempre splendida.” Si sentì mormorare appena da un’anziana sirena sulle prime file, che intanto adornò la propria coda di una strana polverina dorata che si sparse nell’acqua.
“Hai perfettamente ragione, Crissàl. La regina Lineea ha fatto bene a scegliere la presente regina Plaean.” Mormorò un’altra sirena, ancor più anziana della precedente, come orgogliosa di qualcosa che non le era mai riguardato direttamente.
“Senza contare la decisione della regina Sedifèl, ancor prima di Plaean, e di Yaern—“
“Volete finirla voi due di biascicare?” Urlò infastidita Annette, lì sulla terza fila, attirando così l’attenzione dei presenti che si girarono verso lei.
Ma non solo loro rimasero scioccati dal comportamento della sirena, anche la regina le riservò occhiate gigantesche, scostando il capo ramato con rassegnazione.

“Amiche, compagne, sorelle.” Iniziò così il suo discorso, ora che il silenzio totale –in un modo o nell’altro- fece la sua insistente apparizione. “Questo è il mio primo giorno come regnante del nostro popolo, ma anche l’ultimo come ben sappiamo.”
Ma non si mostrò delusa o frustrata, bensì assai determinata in quel che ormai era il suo destino.
“Sarò concisa, e abbastanza schietta: sono onorata di sostituire la regina Plaean.” Breve pausa, un sospiro. “Ed allo stesso tempo dispiaciuta a causa della sua morte. La corrente Allineryya non ha ricevuto abbastanza sua energia, ed a quanto pare…”
Ma alla visione delle prime sirene che incominciavano ad abbassare il capo con gli occhi ricolmi di sostanza cristallina, lei scostò il capo per l’ennesima volta, continuando con un sorriso. “Ad ogni modo, ciò non accadrà mai più. Le mie energie sono molte, Allineryya le accetterà e donerò con il mio stesso animo nuova vita al nostro mondo.”
“Sei un’idiota, Annette.” Sbuffò lei, donando occhiate cariche di disappunto all’adulta. “Come fai a rimanere impassibile di fronte a tutto questo?”
“Perché la storia si ripete sempre, e dopo un po’ ti fai il callo.”
“Secondo me ti dà fastidio il fatto che è da anni che non ti scelgono come regina.” Azzardò, storcendo le labbra e solo dopo breve socchiudendo gli occhi così tanto da renderli simili a due piccole fessure.
“No, ti sbagli!” S’imbestialì quasi a quelle accuse, alzando istintivamente la voce. Cosa che le portò nuovamente attenzione su di sé. Scrollò le spalle, ritornando ai sussurri. “Rinuncerei volentieri a tutte le scorte di particelle Hym, piuttosto che fare la regina.”
“Menti.”
“Forse un tempo l’avrei fatto.” Forse. Quell’unica parolina le vorticò nella testa, e non volle più andarsene. Forse avrebbe voluto, forse avrebbe potuto. Ma le parole della regina la fecero ritornare nel mondo acquatico con una velocità sorprendente.
“Devo decidere chi sia la più adatta come regnante, prima di domani. Ed ho deciso ora.”
Il cuore le batté in petto, lo tormentò così tanto che le fece male.
“Madre Isirea, penso che tu sia la più adatta a ricoprire questo ruolo. Domani quando verrò assorbita dalla corrente, sarai tu a prendere il mio posto.”

Parole che sollevarono l’animo di Annette, facendole tirare un sospiro di sollievo. Non scegliendola, le donò vita ancora per qualche ora. Fino a quando il giorno dopo, l’altra –nuova- regina avrebbe dovuto scegliere nuovamente qualcuno. La madre Isirea si alzò dal suo masso, mostrando la sua coda color bianco perlaceo, e il suo fisico appena robusto cosparso di alghe rosa e gialle. La sua chioma bionda vorticò nell’acqua salata, per tutte le volte che la pinna si agitò per raggiungere la regina. S’inchinò poi immensamente con il busto, abbassando sia sguardo che capo.
“Mia regina, sono onorata della sua scelta. Accetto il mio destino.” Pronunciò umilmente, rialzandosi solo al cenno della mano della regina.

“Vedrai che farai un ottimo lavoro. Ora puoi andare, e così anche gli altri.”
Ancora applausi, e man a mano che la futura regina se ne andò, pure le altre sirene incominciarono a percorrere la strada a ritroso, uscendo dalla barriera di alghe. Quando Annette però accennò ad alzarsi, sentì la regina intervenire con un profondo tossicchiare, richiamando la sua attenzione solo quando arrivò a sfiorarle con una mano la spalla sinistra. “Annette, devo parlarti.”
“Non puoi farlo ad un’altra riunione?” Mormorò lei dandole del tu senza problemi, increspando le labbra appena al sentire il contatto gelido della regina con il suo corpo.
“No, non posso farlo.” Si chinò ad altezza dell’ormai adulta per quel mondo, sedendosi comodamente su un masso lì di fronte. “Mi dicono che sei indisponente.”
“Sono solo dicerie.” Ribatté lei, sbuffando.
“Mi dicono che la regina Isirea ti sceglierà come regina dopodomani.” Pacata, glielo sussurrò come un segreto inudibile, inclinando pacatamente il capo nel vedere la sua reazione. Annette raggelò, e scosse freneticamente la testa immersa dal panico.
“Non… voglio.”
“Ma devi, Annette.”
“No, morirò se lo faccio. Non ho abbastanza energie.”
“Morirai se non lo farai, ti esilieranno. E’ il sistema.” Rincarò la dose, eppure non come se avesse voluto farle un dispetto. Era un’informazione, qualcosa di terribile che purtroppo doveva accadere in caso di un suo rifiuto. E per ciò si limitò a dirlo con tranquillità, senza minimamente pensare ad eventuali reazioni negative.
“Tu sei una regina, puoi cambiare il sistema.”
“No, sai che non è così. Io sono una regina, ma la mia funzione è servire il nostro mondo con le mie energie, donandole alla corrente.” Spiegò, nonostante già avesse saputo che Annette conosceva quell’assurdo modo di fare. “Ma il sistema è scritto nelle pietre del tempio, dalla corrente stessa. Non si può cambiare, metteremo a cattiva luce tutto il mondo. Lo uccideremmo.” Sospirò. “Sei così egoista da rifiutare?”
“Sì.” Emise senza il minimo dubbio. “Sono egoista, non voglio morire per questo sistema ridicolo.”
“Non è detto, potresti rinascere.”
“L’uomo ha inquinato la corrente, c’è più probabilità che io muoia, non che io rinasca.” Commentò disprezzante, tremolante per quel che le aspettava. “Non ho abbastanza energie per contrastare le sostanze tossiche ed arrivare integra.”
“Chi ti ha detto tutte queste cose, Annette?” Domandò la regina, inarcando un sopracciglio ramato. “Nessuno sa quante energie si hanno per arrivare alla corrente. Nessuno.”
“Crysalis sì.”
“Sei andata nel mondo degli umani a scovare un essere ripugnante come lui?!” Urlò, solo in quel momento urlò. Non era furiosa, era scioccata, schifata più che altro. “Hai mostrato il tuo aspetto ad…”
“Scrive divinamente.” Incrociò le braccia, come offesa dalle parole della regina.
“Annette, non è questo il punto.” Arrestò il suo dire, sospirando brevemente. “Ti ho avvertito, Annette. Diventerai regina, o morirai nell’esilio.”

Sfuggì infine, come le tante bollicine mosse dall’acqua. Qualche colpo di pinna, e la regina se ne andò, lasciando dietro sé la giovane seduta ancora su quel masso, immobile, incapace di pensare.
  
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