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Autore: EchoRosenrot_    08/10/2011    1 recensioni
"In quel momento, osservando con gli occhi sgranati dal terrore il viso pallido dell'uomo, la chiazza rossa che troneggiava sul suo ventre, il liquido viscoso che insozzava le sue mani, una consapevolezza la colpì con la violenza di una tempesta, dolorosa come una pugnalata inferta al cuore.
Fritz era un mortale.
Prima o poi, per lui sarebbe giunta la fine.
E lei, nulla poteva fare se non attendere che la fine giungesse."
{Friedrich II/ Fem!Prussia}
Recentemente, dopo essermi trovata a leggere interessanti documenti sulla vita di Federico II di Prussia, e il suo snaturato amore per la propria patria, ho trovato l'ispirazione per questa raccolta FritzPrussia. Ho deciso di narrare i basilari e più importanti eventi di questo rapporto SovranoNazione.
Prussia è in genderswap -considerata a mio vantaggio la palese bisessualità di Friedrich- per poter meglio inserirmi nei suoi panni e descrivere con maggiore impatto e profondità emozioni, pensieri e sensazioni.
Il Rating potrebbe variare.
Genere: Romantico, Slice of life, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Prussia/Gilbert Beilschmidt
Note: Raccolta | Avvertimenti: Gender Bender
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24 Gennaio 1712

Incessante, impetuosa, inarrestabile pioggia cadeva fitta e scrosciante dal nero cielo notturno, infrangendosi sui tetti di una Berlino dal sonno inquieto. Fragorosa batteva sui tetti e sul vetro delle finestre, sospinta dal vento che spazzava le vie della città deserta, illuminata sporadicamente da fulmini e saette che squarciavano la massiccia coltre di nuvole scure e cariche di quella che annunciava essere candida neve.
Non una stella brillava in cielo, non un fascio di pacata luce lunare filtrava dalla cappa nera che racchiudeva l'intera Europa centrale. E tremava, Berlino, circondata dalla più tetra oscurità.
All'incessante frastuono della pioggia, al possente ululato del vento, si aggiunse improvviso il roboante e fragoroso rimbombo di un tuono. Un suono così intenso e assordante da far tremare il pavimento sotto i suoi piedi.
Il freddo strisciava sin nelle ossa, nell'ampio corridoio dell'ala settentrionale, silenzioso e dolente penetrava oltre lo spesso strato di vesti, carne e organi, sino a raggiungere l'anima e stringerla in una dolorosa morsa.
Eppure lei non avvertiva nulla.
Poggiata contro la fredda parete del corridoio fiocamente illuminato da poche candele, stretta nella divisa che con tanta perfezione fasciava il florido corpo poco più che adolescente, di fronte ad una massiccia e pesante porta ebanea circondata da fregi e ornamenti aurei, non avvertiva nulla.
Né la pioggia battente contro i vetri delle grandi finestre, né il vento tra le fronde degli alberi che si insinuava tra gli spifferi, né il tremendo rombo dei tuoni, non udiva segnale alcuno della tempesta che flagellava la sua capitale. Non udiva i sussurri concitati ed esitanti della servitù parzialmente radunata davanti quella grande porta, né le urla di dolore al di là di essa. Non vedeva le ombre rese tremolanti dalle incerte fiamme delle candele, non vedeva la figura che irrequieta compiva passi nervosi e ritmici, avanti e indietro, su e giù in quel corridoio.
Non vedeva nulla che non fosse la sua ansia.
Un'ansia insolita, nuova, inconcepibile e difficile alla comprensione. Ma che la attanagliava irrimediabilmente.
La sporadica luce di un lampo pose luce sull'intero corridoio, illuminando i volti stanchi e forse spaventati di governanti e domestici persuasi ad una lunga veglia inattesa, e il viso placidamente dormiente della fanciullina che tranquilla riposava poggiata sulle gambe della fedele balia.
Le carezzò distrattamente il viso, Julchen, sperando che il tuono successivo non la strappasse via alle braccia di Morfeo e ai suoi più gradevoli sogni.

-Mein Herr, forse dovreste sedervi...-

Non alzò nemmeno lo sguardo sulla figura di Friedrich Wilhelm I, suo attuale sovrano, ben consapevole che quella proposta avrebbe ricevuto come risposta un'occhiata carica di astio.
Occhiata che non tardò, tagliente e perforante come solo lo sguardo di Herr Wilhelm poteva essere.

-Per la terza volta: non intendo sedermi, Prussia.-

Sbuffò, l'albina, a quella risposta colma di freddezza e malcelato nervosismo.

-Se fate avanti e indietro per il corridoio di certo non nascerà più in fretta. Riuscite solo a rendere tutti ancor più nervosi e a farmi girare la testa!-

Aggiunse secca, lasciandosi poi cadere seduta sulla sedia libera di fianco alla balia. Oh, insistere ulteriormente sarebbe stato inutile, ne era consapevole. Trattare con il suo sovrano era sempre stato un lavoro arduo già in tempo di pace, ancor più in tempo di guerra, e ulteriormente in tempo di guerra e con una spessa parete a separarlo dalla moglie partoriente.
Non riusciva pienamente a comprendere, per quanto si sforzasse, cosa effettivamente stesse accadendo, non solo in Wilhelm ma anche e soprattutto in sè stessa. Era chiaro a molti, e fonte di svariati pettegolezzi, che questa seconda gravidanza di Frau Sofia era stata vissuta con maggior entusiasmo sin dai primi mesi. Una premura, da parte del marito e della stessa Julchen, morbosa e quasi opprimente, una premura irrazionale eppure implacabile, che non si era in egual modo manifestata alla nascita di Wilhelmina, che riposava innocente e inconsapevole tra le braccia della balia.
Non riusciva davvero a comprendere cosa avesse reso lei, la Nobile Prussia, l'inarrestabile macchina da guerra...una sognante e dalle fattezze quasi dementi femminuccia che trascorreva interi pomeriggi a conversare con la pancia della regina piuttosto che sui campi di battaglia.
Non riusciva davvero a comprendere cosa l'avesse così indissolubilmente legata alla creatura in lento sviluppo all'interno di quel tondeggiante ventre.
"Istinto materno", così lo aveva definito tra le risa Frau Sofia.
Ma Julchen era certa che ció che la legava a quella creatura, per quanto incomprensibile e fuggevole ad una qualsiasi spiegazione, andava oltre il semplice istinto materno. Perché contrariamente a quanto sostenuto dalla regina, non avvertiva il nascituro come suo.
Ma era come se...come se fosse per lei di massima importanza.
Ma come poteva esserle tanto caro un essere non ancora nato?
Un tonfo, il netto taglio del filo dei suoi pensieri, decine di volti si sollevarono contemporaneamente, gli occhi si puntarono tutti nella stessa direzione, sul volto pallido e sconvolto della levatrice.
Gli occhi azzurri dell'anziana donna erano sgranati, fissi nel vuoto, resi brillanti dalle lacrime, le sue labbra tremavano e le mani stringevano con forza le vesti cosparse di chiazze dalla dubbia provenienza.
Per qualche strano motivo, nessuno parlò. Rimasero tutti in silenzio, con lo sguardo fisso sulla donna.
E il panico si fece largo, insistente e assassino, nell'animo di Julchen.
Il respiro si mozzò, il cuore pulsava in petto a sconsiderate velocità, il timore e la paura, bastarda nemica di sempre, erano tali da provocarle un tremito alle gambe, che sembrarono instabili e cedevoli nel momento in cui la nazione si alzò dalla sedia.

-Mio Signore...è...è...-

La voce della donna era spezzata, tremante, e a quel suono un brivido scivolò lento lungo la schiena dell'albina, che mosse un passo esitante verso il Sovrano. Ma non ebbe il tempo di raggiungerlo. Scattò in avanti, l'uomo, scostando con un gesto nervoso la figura della levatrice, superandola a passo quasi di corsa nell'introdursi all'interno della camera. Ma nel corridoio rimase piatto il silenzio.
Che fu improvvisamente spezzato da un lungo e stridulo vagito.

-...Maschio. E' maschio!-

Singhiozzò la levatrice, portando una mano al petto, sciogliendosi in un gioioso pianto. Le urla di giubilo della presente servitù, giunsero violente come una mazzata, alla testa di una Julchen stordita, sconvolta, paralizzata da un flusso di sensazioni mai provate prima. Il cuore batteva adesso ancor più veloce, un lieve tremito la scosse, seppur ben lontano dal timore di pochi istanti prima. E automaticamente le sue labbra si curvarono in un sorriso radioso, che illuminò il suo viso adesso rosso d'emozione.

-Gott...-

Un sussurro, inudibile tra le festanti e poderose voci che adesso riempivano l'intera ala settentrionale, prima che la giovane Nazione coprisse la distanza che la separava dalla porta, scivolando dentro la camera da letto dei regnanti. La stanza era più calda del corridoio, illuminata da una serie di candelabri che circondavano il letto, di fianco al quale giacevano ancora panni insanguinati, recipienti colmi d'acqua fumante, e qualche strumento che Julchen non seppe riconoscere. L'aria era satura di un forte profumo, in qualche modo piacevole, vi era un'atmosfera calda e familiare, nella quale Prussia credeva di essere di troppo. Mosse giusto un paio di passi dentro la camera, chiudendosi la porta alle spalle osservando a debita distanza quel quadro familiare che mai la sua mente potrà cancellare.
Herr Wilhelm sedeva sul letto ampio, il viso illuminato dal più bel sorriso che Julchen avesse mai visto sulle labbra di quell'uomo, gli occhi brillanti di emozione che scivolavano dal volto stanco, leggermente sudato, ma radioso di Frau Sofia a ciò che stringeva tra le braccia.
La tenerezza delle carezze che il sovrano depositava sul viso della moglie, dei baci che questa si chinava a poggiare su quello che sembrava un fagotto di coperte aggrovigliate, delle occhiate colme d'affetto dei due coniugi fu tale da stringere il cuore di Prussia.
Le due ancelle, che con cura e devozione pulivano il viso della regina e lisciavano le lenzuola, furono le prime ad accorgersi della presenza della nazione, e contemporaneamente voltarono lo sguardo in sua direzione, seguite a ruota da Herr Wilhelm.

-Prussia!-

Esclamò questi, alzandosi dal letto ed avvicinandosi velocemente a lei, afferrandole vigorosamente entrambe le mani.

-E' maschio! E' un maschio! L'erede al trono! Ho un erede, Julchen, ho un erede!-

In preda all'euforia, il sovrano la strinse in un abbraccio soffocante, colmo di tanto impeto da sollevarla dal pavimento. E rise, la nazione, stringendo di rimando quel re con il quale era solita battibeccare, depositandogli una poderosa pacca sul braccio.
Un erede.
Il suo futuro re.

-Congratulazioni, vecchia ciabatta inutile!-

-Talmente inutile da generare il bambino più magnifico d'Europa, eh?-

-Oh, giudicare quanto e se è magnifico è competenza mia, Will.-

Sì, lontano dalle critiche orecchie della servitù, poteva anche concedersi certe confidenze, con quel suo vitreo sovrano. E per la prima volta dopo un tempo che le era sembrato immemore, entrmbi risero. Non c'era guerra, in quella stanza, non c'era tempesta, nè pioggia, nè rivali, nè tuoni.
Solo il suono ovattato delle campane di ogni chiesa che suonavano impazzite, e l'urlo che per le strade echeggiava annunciando la nascita dell'erede.

-E allora vieni a giudicare, Julchen...-

Sussurrò la voce stanca e affaticata della regina Sofia, che sorrideva benevola e colma di dolcezza, incitandola con un gesto della mano ad avvicinarsi al letto. E quella proposta, bloccò l'albina sul posto, nuovamente vittima di quelle emozioni senza nome che sembravano soffocarla. Deglutì faticosamente, prendendo un respiro profondo quando la mano del sovrano si poggiò sulla sua schiena, indirizzandola verso il grande baldacchino. Pochi passi, esitanti e timorosi, prima che le ginocchia sfiorassero le fredde lenzuola.

-Vieni più vicina, su-

Disse piano la donna, indicandole l'ampio materasso, sul quale Julchen si sedette lentamente. La regina scostò lentamente la copertina candida, svelando il neonato figlio.
E fu una folgorazione.
Fu come se il lampo che oltre la finestra squarciò il cielo colpisse direttamente il suo cuore, trasmettendole una scarica elettrica che attraversò interamente il suo corpo, accelerandole il battito, bloccandole il respiro e i pensieri.
Mai in vita sua aveva visto bambino più bello. Un emblema di assoluta purezza, innocenza, una creatura dalle fattezze simili a quelle dei piccoli angeli che adornavano le più grandi cattedrali.
Agitava le manine paffute, emettendo un acuto eppure dolcissimo vagito, le guance tonde e leggermente arrossate, pochi ciuffi di capelli biondi come l'oro sulla delicata testolina.
Un angelo. Non poteva che essere un angelo.

-Oh...tu si che sei magnifico, piccolo principe. Molto più di tuo padre!-

Sussurrò l'albina, con tono sommesso eppure velato di pura dolcezza, provocando un lieve riso della regina. Avvicinò una mano al viso tondo del bambino, Julchen, sfiorando appena con la punta del dito il piccolo naso, carezzando poi la guancia destra.
Aveva una pelle così morbida e vellutata...dal profumo così delicato e buono.

-Hallo, klein!-

Sussurrò, sfiorando le mani piccole e morbide del principe, avvertendo un brivido quando giunse una debole e fredda stretta attorno al dito indice. Sorrise raggiante, volgendo uno sguardo brillante di emozione verso Herr Wilhelm, che al suo fianco carezzava i capelli della moglie. Sorridevano entrambi.

-Prussia...ti presento Friedrich. Il tuo futuro re. E Friedrich, figlio mio...ti presento Prussia. La tua nazione-

Quel nome le trasmise un ennesimo brivido, che scosse con un lieve tremito il suo corpo. Avvolse lentamente e con estrema delicatezza le mani del piccolo con le proprie, chinandosi quanto bastava per poter poggiare un bacio sulla fronte di Friedrich, colmo di un ignoto eppure sincero affetto.

-Hai le manine fredde, Friedrich.-

Sussurrò appena, lo sguardo fisso sul viso del bambino, che gradualmente placava il suo pianto.

-Julchen...-

-Mia signora?-

-Ti prenderai cura di lui?-

-Frau Sofia...-

Alzò gli occhi cremisi sul viso segnato dalla fatica, dal sonno, ma da una profonda gioia della regina, alla quale strizzò l'occhio in un gesto confidenziale che ben poche volte aveva osato fino ad allora.

-Tutto ció che è magnifico mi è caro. Potete star certa che mi prenderò cura di lui fin quando non sopraggiungerà la mia fine-

-È un proposito molto nobile, e ti ringrazio, Julchen. Ma ora come ora...a me basta che tu ti prenda cura di lui anche solo per questa notte. Io...ho bisogno di riposare-



Non vi fu un solo istante, in quella notte del 24 Gennaio, in cui l'albina distolse lo sguardo e l'attenzione dalla figura piccola e placida del principe Friedrich. Seduta di fianco alla culla, le braccia incrociate sul bordo di essa, un sorriso sognante e radioso, gli occhi irrimediabilmente fissi sul volto del bambino.
Chissà se già allora era consapevole di quanto Friedrich sarebbe divenuto per lei importante. Chissà se già allora era consapevole di quanto lo avrebbe amato.
Solo di una cosa, era stata certa dal primo momento in cui i suoi occhi avevano incontrato quel viso paffuto...

-Sai Friedrich...ho la sensazione che tu sarai un Grande-




24 Gennaio 1712.
Nascita di Friedrich II, detto Il Grande.
  
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