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Autore: Xavisio Bluttemberg    08/10/2011    1 recensioni
[Questa fanfiction avrebbe dovuto partecipare al contest Jar of Prompts, indetto da Solly ed annullato per mancanza di adesioni]
La suoneria era Never Going Back Again, dei Fleetwood Mac, la canzone che aveva cantato dopo che lei lo aveva lasciato definitivamente, e per quanto si trattasse della versione strumentale quella fu la goccia che fece traboccare il vaso: Artie, ancora ad occhi chiusi, afferró il suo iPhone e lo scaglió violentemente a terra.
Oggettivamente, questo smise di suonare. Solo che, quando due ore dopo Artie si risveglió, si rese conto dallo stato comatoso del display che per un po’ avrebbe dovuto scordarsi Angry Birds. Un bel po’, in effetti, e avrebbe anche dovuto chiedere ai suoi il telefono di casa per la chiamata di cui aveva bisogno. Questo perché, ovviamente, la sua migliore amica non si era ancora decisa a farsi un account su Skype… era seccato, ma poteva perdonarla. Le voleva bene, e poi lei era una donna impegnata, dopotutto.
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Artie Abrams, Quinn Fabray
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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"E non preoccupatevi se la vostra auto fa parte delle cinquantadue coinvolte negli incidenti che quest'anno hanno segnato il ritorno dalle vacanze estive. Tanto di sicuro era un ferro vecchio. Nell'avvisarvi che dovreste approfittarne e muovervi da quelle sedie finché qui in Ohio ci sono quaranta gradi, Sue vi dice ciao! Peró, che caldo.."
Giá, che caldo. Specie se la tua sedia nuova é in pelle, e non ti ci puoi alzare.
Artie cercó di distrarsi e riprese in mano il sudoku che stava finendo prima di cena. Peccato peró che, prima di beccare la pagina giusta nella rivista, se ne trovó davanti un altro, che aveva completato qualche mese prima e che recava, in una scrittura da bimbo delle elementari, l’iscrizione:
”Smetila di fare i cruciverba e vienimi a trovarmi!”
Eh, sí, sospiró. Brittany era davvero uno strano ibrido, dal cuore d’oro, il fisico bestiale e il cervello... beh quello forse al mondo animale non ci arrivava... ma si sa, a volte per amarsi non serve. Oh beh, ora non poteva comunque farci piú nulla. Solo che senza Brittany, ormai, continuare a vivere a Lima non aveva piú senso: le Nuove Direzioni gli avevano che, dopotutto, non era proprio uno zero come pensava di essere, e forse valeva davvero la pena di accettare quel corso di chitarra nel New Jersey. Chissá, magari liggiú avrebbe anche trovato un altro Glee Club disposto ad accettarlo.
Ripromettendosi di ripensarci il mattino seguente, calmandosi al contempo al pensiero che aveva ancora Quattro giorni per pensare, il ragazzo si issó sul letto dalla sedia a rotelle, la spinse leggermente piú lontano, ma sempre a portata di braccio, e disegnó un otto nella terza colonna; gli sembró davvero troppo simile ad una B, cosí gettó lontano il giornale scuotendo la testa, si giro su un fianco e si addormentó, ma solo per essere svegliato poche ore dopo dal suo cellulare, la cui sveglia era misteriosamente rimasta attiva da quando, due giorni prima, l’aveva impostata alle cinque del mattino, per essere sicuro di avere il tempo di far salire il suo trabiccolo sul treno dalla Florida. La suoneria era Never Going Back Again, dei Fleetwood Mac, la canzone che aveva cantato dopo che lei lo aveva lasciato definitivamente, e per quanto si trattasse della versione strumentale quella fu la goccia che fece traboccare il vaso: Artie, ancora ad occhi chiusi, afferró il suo iPhone e lo scaglió violentemente a terra.
Oggettivamente, questo smise di suonare. Solo che, quando due ore dopo Artie si risveglió, si rese conto dallo stato comatoso del display che per un po’ avrebbe dovuto scordarsi Angry Birds. Un bel po’, in effetti, e avrebbe anche dovuto chiedere ai suoi il telefono di casa per la chiamata di cui aveva bisogno. Questo perché, ovviamente, la sua migliore amica non si era ancora decisa a farsi un account su Skype… era seccato, ma poteva perdonarla. Le voleva bene, e poi lei era una donna impegnata, dopotutto.
Possibile che non riesca nemmeno a sentire la musica senza pensare a quella stupida?
Una persona qualunque avrebbe potuto a quel punto calmarsi tirando il classico calcio al termosifone, ma lui non aveva questa fortuna e dovette accontentarsi di un pugno che, ovviamente, gli fece male. La rabbia lo invase e, senza dire nulla a nessuno, si tuffó in salotto ed afferró la cornetta, digitando le cifre freneticamente. Si calmó al terzo squillo, al quarto risposero e lui esordí:
“Pronto, casa Fabray?”
“Sono io, Artie!”. La voce di Quinn era fredda come il marmo, al solito. Ma come il marmo era anche levigata e dotata di sfumature sempre diverse, e sempre bellissime. “Cosa c’é, niente caffé oggi?”
“No, no, per caritá.” Artie sospiró, nonostante non ci fosse neanche un briciolo di cattiveria dall’altro lato, e lo sapesse benissimo. “Giusto, volevo dirti che mi si é rotto il telefono, quindi se mi cerchi non mi trovi... ma ci vediamo al solito posto alle cinque.”
“Hai rotto un iPhone? Hai coraggio. Oh, beh, a piú tardi, allora.”
“Ciao, Quinn…” E premette il tasto centrale del cordless, riattaccando.
Sull’altro versante della comunicazione, una ben poco allegra cheerleader appoggió, con un gesto estremamente, immotivatamente lento, una cornetta quasi piú rosa di lei. Anche lei aveva il suo chiodo fisso, ovviamente… ed aveva appena appreso da Facebook che quest’ultimo era al centro commerciale a fare spese con quella specie di nana col naso da strega. Un ottimo modo per guastarsi una giornata.
Ma, per fortuna, lei aveva Artie con cui sfogarsi, cosí come lui aveva lei. Andare al liceo e smettere di essere la grassona sfigata di sempre, trasfigurare insomma, ed in pochissimo tempo, sarebbe stato davvero troppo per lei, senza l’aiuto di un vero amico. Qualcuno in grado di comprenderti. Qualcuno che avrebbe fatto la stessa cosa, se solo avesse potuto.
Cosí Quinn aveva deciso di fare una piccola eccezione, rispetto alla regola non scritta per la quale una ragazza americana, arrivata alla High School, deve mettere al primo posto la sua reputazione, piuttosto che l’amicizia. In alter parole, aveva mantenuto fino ad allora in suo caffé settimanale col suo compagno disabile, appuntamento fisso che, prima di avere il piacere di ritrovarlo nel Glee, era rimasto l’unico contatto che aveva con lui. Ma altro non le serviva:  Artie, che la conosceva da quando erano in fasce in quanto amico di famiglia, era perfettamente in grado in quella loro regolare oretta del mercoledí scarsa di farle passare tutte le angosce che la avevano attanagliata negli altri sei giorni in cui erano perfetti sconosciuti; e anche lei, del resto, non era da meno.
“Non é incredibile che frequentiamo da anni la stessa caffetteria e non ci ha mai visto nessuno?”
Ad Artie aveva sempre fatto sorridere la maniacalitá che aveva assunto in Quinn un sentimento cosí naturale come l’amor proprio ed il rispetto per la propria imagine. Naturalmente, per lui che la pensava esattamente allo stesso modo, ma accettava rassegnato la sua brutta situazione, essere considerato l’amico sfigato di Quinn Fabray non sarebbe stato neanche tanto male… peró capiva bene quanto lei non volesse questo, per sé stessa e per lui.
“Sará che preferiscono tutti Starbucks, da quando ha aperto. A me personalmente fa schifo.”
“Giá, chissá che mettono in quei cazzo di frappuccini per farli cosí, che sembrano melassa…”
Artie attraversó con la linea dello sguardo prima il suo mocaccino, poi il thé freddo, naturalmente senza zucchero, che l’amica sorseggiava dalla cannuccia, fino a giungere ai suoi occhi di vetro. Sapeva davvero troppo bene cosa significava quel loro modo di divagare, parlando del piú e del meno quando non riuscivano a rompere il ghiaccio: era un buon modo per evitare un silenzio nel quale si sarebbero aggrediti da soli. Era autodifesa, insomma.
”Finn é con Rachel ora, vero.”
”Giá.” Caló, appunto come previsto, una quiete cosí pesante che la bionda dovette romperla nuovamente. “Se la cosa ti consola, Santana ha la febbre.”
Certo che non lo consolava. Lui in questo certo non era come Quinn, certe cose non lo toccavano neanche. Non poteva importargliene meno di quanto l’ispanica potesse stare vicino alla sua ex, non gli importava del modo in cui potevano toccarsi, figurarsi di quando lo facevano e quando no. Se Artie era geloso di Santana, non era certo perché era lei a stare con Brittany e non lui… Era perché quel che c’era tra le due ragazze era qualcosa di cosí speciale da mettergli paura di non provare mai nulla del genere con nessuno. E lui, chissá perché, forse solo per il fatto che un rapporto del genere esisteva, ne sentiva forte il bisogno. Eppure, si limitó in una risata appena accennata.
Sarebbe calato di nuovo il silenzio imbarazzante, se il telefono di Quinn non avesse preso a squillare.  La ragazza ci mise tempo ad armeggiare con la borsa per trovarlo, ed anche se rispose in tempo Artie ebbe l’opportunitá di notare una rivista enigmistica nella costosa sacca firmata, cosa che lo divertí non poco, e di ascoltare con attenzione la suoneria.
For good…
Una volta Kurt gli aveva detto che, se un giorno gli avessero detto di stilare una classifica delle canzoni piú belle di sempre, secondo il suo illustre parere, questa sarebbe stata la quarta... solo che lo diceva spesso, e alle prime tre non aveva mai accennato.  Se la sua memoria funzionava meglio delle gambe, doveva venire da qualche musical. Che tipo strano che era Kurt, con lui davvero non avrebbe mai potuto costruire niente di piú di un buongiorno o buonasera.
Il ”pronto?” di Quinn spostó su di lei la sua attenzione, ma mentalmente Artie continuó, pensando a lei, i versi della canzone che aveva interrotto schiacciando il tasto verde.

So much of me
Is made of what I learned from you
You'll be with me
Like a handprint on my heart
And now whatever way our stories end
I know you have re-written mine
By being my friend...


Con tutta onestá, Artie non sapeva se Quinn lo aveva aiutato a cambiare per il meglio… probabilmente no. Ma di sicuro lo aveva reso piú forte col suo esempio, e lo aveva aiutato a non buttarsi giú, a nessun costo, mettendo in gioco persino i propri valori. E non avrebbe mai smesso, per questo, di esserle grato.
“Erano i tuoi, Artie. Oltre a essere furiosi per aver trovato i resti del tuo telefono, mi hanno chiesto il favore di chiedere a mio padre di riportarti a casa… hanno forato poco lontano da scuola.”
”Karofsky...” Ci mancavano solo i bulli del McKinley e i loro scherzi idioti. Adesso anche ad agosto, una fantastica novitá!
“Sí, penso anch’io. Comunque ai tuoi ho dato l’ok, ma mio padre é fuori cittá.“
“Non ti seguo... Mi lasci qui?” Gli ci volle una frazione di secondo per sentirsi estremamente idiota e ancor piú confuso.
“No, ovviamente” L’espressione esasperata con cui la ragazza lo stava guardando si addiceva perfettamente al suo stato d’animo. “Ti spingo io in salita.”
“Quinn, in cittá, davanti a tutti?”
“Ci sono cose piú importanti dell’immagine, addirittura per me. Ma tanto é tra parecchio! Cosa stavamo dicendo?”
Continuarono a parlare per parecchio. L’inabile le disse che lei era troppo bella e soprattutto troppo speciale per aspirare al classico fesso quarterback a due ante e ad una stupida corona di plastica, meritava ben altro, che non avrebbe tardato ad arrivare… Lei d’altro canto gli disse che con la chitarra, indipendentemente da tutto, avrebbe sempre potuto trovare tutte le ragazze che voleva, bastava solo ricordarsi che speciale lo era anche lui. E poi tante alter cose, nessuna delle quali particolarmente profonda, ma tutte al momento giusto.
Come al solito, alla fine sembrava a entrambi, nonostante restasse sempre, in fondo al cuore, una nota di amarezza, di essersi liberati da un incredibile peso, dal quale da soli sarebbero stati schiacciati. Il peso della vita, con tutte le sue difficoltá, quello della crescita, forse anche quello della routine della provincia dell’Ohio. Il peso di non poter andare oltre quello che si é.
A questo pensava Artie, mentre Quinn lo aiutava a salire la strada che portava a casa sua e che, per lui, sembrava un monte da scalare.
Chissá a cosa pensava lei, invece, lei che per quanto lui la conoscesse a fondo, in tutti i suoi angoli piú bui, e addirittura l’avesse vista piangere, quando era incinta e non sapeva piú che fare,  gli appariva sempre cosí perfetta e cosí posata in ogni cosa che faceva?

I'm limited
Just look at me - I'm limited
And just look at you
You can do all I couldn't do,
So now it's up to you
For both of us - now it's up to you...


Giá, lei non era come lui, lei era forte in fondo, aveva quel potere incredibile, quella solaritá che lui tanto avrebbe voluto, lui che quando osava girarsi a guardarla si sentiva perso, un mostro o quasi davanti alla sua bellezza irreale. Eppure eccoli lí, tutti e due, fermi, finalmente arrivati in cima, non diversi davanti al portone di ingresso, oltre il quale da molti anni non c’erano piú barriere architettoniche. Artie era nel suo regno, finalmente, e si sentiva vagamente al sicuro.
Notando la tranquillitá d’un tratto dipinta sul volto dell’amico, le cui lenti riflettevano il sole che si arrossava, Quinn si decise a salutarlo e andarsene. Lo sorprese del tutto, chinandosi ad abbracciarlo. Non lo faceva da mesi, forse anni. Al che lui ricambió la stretta, forte, come se qualcosa gli dicesse che sarebbe stata l’ultima volta. Le accarezzó una guancia, lentamente, e mentre si scioglievano ebbe il tempo di guardarla negli occhi.
Il tempo sembró fermarsi. E mentre d’improvviso, confuso, Artie non si muoveva piú, dentro di lui tutto si agitava. Stava cambiando, lo sapeva da tempo, non ne capiva piú nulla, non sapeva cosa voleva e cosa no, e quasi tremava per il turbine che in quel momento lo scuoteva.

Like a comet pulled from orbit
As it passes a sun
Like a stream that meets a boulder
Halfway through the wood…


Forse sí, forse Quinn aveva ragione, forse qualcosa in piú poteva farla anche lui per sé stesso, forse poteva essere piú del suo amico nerd…
Era ferma anche lei. La mano di Artie scese ai suoi capelli biondi, ci giocó un po’, mentre lui continuava a guardarla, intenso. Poi, apposta, esitó un attimo di troppo, distolse di un millimetro lo sguardo e le sorrise rapidamente.
No. Non cosí. Non oggi.
Chissá se era stata la timidezza, la paura di perderla o la sensazione di inadeguatezza a fermarlo... In ogni caso, a lui andava bene cosí.
Quinn rispose al suo sorriso e, sospirando appena, si alzó e chiuse la giornata con un cenno della mano. Artie la guardó sognante, mentre si allontanava con la sua andatura irrealmente regolare.
Un’altra volta, peró, magari sí.
Dopotutto era colpa sua. Era lei che gliene aveva dato la forza… E poi dove la trovava un’altra figa del genere, a cui piacevano anche i cruciverba?

Who can say if I've been changed for the better?
But because I knew you
I have been changed for good
  
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