Nick Autore: Only_ (Only_Me)
Titolo: Unforgivable
Sinner
Canzone
scelta:
Don't stay – Linkin Park
Personaggio
o coppia:
Albus Silente/Gellert
Grindelwald
Genere: song-fic,
introspettivo
Rating: giallo
Avvertimenti: Slash, One-shot
Introduzione: “Un grido risuonò
una notte tra le pareti della cella di Gellert.
«Vattene!»”
NdA: dopo tanto penare
ho deciso di utilizzare questa
splendida canzone e questa splendida coppia. È la prima
song-fic che scrivo in
questo fandom, la seconda in assoluto dall'inizio della mia carriera di
fanwriter; dire che sono emozionata e tesa è un eufemismo.
Tengo molto a questo
pairing, spero solo di averlo reso bene! Il titolo è rubato
all'omonima canzone
di Lene Marlin. Buona lettura! :)
(fase A)
Unforgivable
Sinner
Sometimes I need
to remember just to breathe
C'erano
volte in cui Gellert sentiva il bisogno di rivivere quei momenti, ne
aveva
bisogno per sentirsi vivo, per non farsi uccidere dalla prigionia, per
non
cadere preda della follia. A volte il ricordo di Albus era l'unica cosa
che gli
permetteva di respirare; soffocava nella sua solitudine forzata, nella
prigionia di Nurmengard, quel luogo che avrebbe dovuto soffocare i suoi
nemici.
Sometimes I need
you to stay away from me
Altre
volte, Gellert tentava di reprimere tutto ciò che riguardava
i sue due, miseri
mesi a Godric's Hollow, cercava di cancellare dalla sua mente la prozia
Bathilda, la biblioteca, la piazza del paese, tutto ciò che
poteva ricordargli
la sua debolezza. Albus era la sua debolezza, il suo più
grande errore, e lui
era troppo orgoglioso per ammetterlo. Non accettava di essere stato
sconfitto.
Sometimes
I’m in disbelief I didn’t know
Gellert
non riusciva a credere di non averlo capito prima; Albus non era solo
un degno
compagno nella ricerca dei Doni, un mago potente e capace di magie
impossibili
alla maggioranza degli stregoni, non lo era mai stato.
Sin
da quando l'aveva scorto, mentre leggeva un tomo sulla trasfigurazione
avanzata, ai piedi dell'albero che dominava solitario la collina sopra
il
paese, con i lunghi capelli color mogano che cadevano come cortine
accanto al
suo volto, come a volerlo separare dall'impuro mondo esterno, Gellert sapeva
che Albus era più di un compagno per la conquista
del mondo. Aveva capito
che da lui voleva altro, oltre all'aiuto nella ricerca dei due Doni che
non
sapeva ancora dove trovare; Gellert aveva scoperto di volere la sua
attenzione tutta per sé, morbosamente, di bramare il suo
corpo e il suo cuore
con tutte le forze che possedeva.
Ad
anni di distanza, Gellert non riusciva a credere di non aver capito
prima di
essersi innamorato di lui, di Albus; non riusciva a credere di essere
stato
così cieco e sciocco, di averlo abbandonato nel momento in
cui aveva più
bisogno di lui.
Somehow I need you
to go
Gellert
non voleva cedere di nuovo alla debolezza.
Doveva
andarsene, Albus, andarsene dalla sua mente e dal suo cuore, lasciarlo
in pace,
fino alla fine; non voleva più vedere i suoi occhi celesti,
i suoi capelli
rossi, la sua pelle diafana. Sentiva il bisogno di liberarsi di lui in
modo
definitivo.
Don’t
stay
Forget our memories
Forget our possibilities
What you were changing me into
Just give me myself back
Cercava di
scacciare i ricordi, ci provava davvero, tentava in tutti i modi di
liberare la
sua mente.
Doveva dimenticare,
dimenticare tutto ciò che avevano e avrebbero potuto avere,
dimenticare di come
Albus lo stesse lentamente cambiando, nel profondo del suo essere;
aveva
bisogno di ritornare se stesso, il se stesso quindicenne, quel
ragazzino che
pur di proseguire nella sua strada si era fatto espellere da una delle
migliori
Scuole di Magia dell'Europa ed era andato a vivere da una prozia di cui
conosceva appena il nome, in un paese di cui qualche anno prima
ignorava
completamente l'esistenza.
Don’t
stay
Forget our memories
Forget our possibilities
Take all your faithlessness with you
Just give me myself back and
Don’t stay
Sarebbe
voluto tornare indietro nel tempo, per cancellare quei due mesi di
pazzia.
Avrebbe
voluto distruggere quel sentimento che si era annidato nel suo cuore,
avrebbe
voluto evitare di incontrare Albus, colui che lo stava cambiando e che
lo aveva
tradito per gettarsi nello sconforto e nel dolore, che non l'aveva
seguito non
appena sul loro cammino avevano trovato un ostacolo. Era stato
infedele,
l'aveva tradito; il lento cambiamento che aveva operato nei suoi
confronti
aveva impedito a Gellert di reagire come avrebbe fatto poche settimane
prima,
con violenza e aggressività.
Aveva
visto il suo volto rigato dalle lacrime, era andato via.
Non
si era guardato indietro nemmeno una volta, col cuore che piangeva ad
ogni
passo di più, sapeva che Albus quella volta non l'avrebbe
seguito.
Forse
era meglio così, forse soltanto con la solitudine e la sua
lontananza sarebbe
riuscito a tornare com'era prima di incontrarlo.
Sometimes I feel
like I trusted you too well
Forse,
tutto sommato, Gellert aveva creduto troppo in Albus.
Dopotutto,
se si era lasciato piegare così facilmente dagli eventi, se
si era lasciato
spezzare dalla morte di sua sorella e non l'aveva seguito nella sua
impresa una
volta ancora, Albus non era una persona così forte.
A
distanza di anni, Gellert capiva che probabilmente l'amore
– perché era
proprio amore quello che sentiva nei suoi confronti, un amore
sbagliato,
morboso – l'aveva accecato: Albus era un mago potente, ma non
abbastanza
deciso, né motivato abbastanza per stargli accanto per il
resto della vita,
alla ricerca dei Doni.
Sometimes I just
feel like screaming at myself
A
volte Gellert gridava.
Nella
solitudine della sua prigione, nella sua cella, gridava tutta la sua
rabbia, la
frustrazione, la delusione e il suo dolore, quel macigno che gli
opprimeva il
petto ogni volta che la sua mente vagava verso Godric's Hollow, verso
quella
casa accanto a quella di Bathilda, verso i suoi inquilini.
Smetteva
di farlo solo quando la gola bruciava, quando perdeva la voce e l'Elfo
che si
occupava di lui sopraggiungeva con qualcosa per lenire il fastidio.
Sfogarsi
in quel modo lo lasciava sempre spossato e rilassato, placidamente
vuoto.
Gridare contro il se stesso riflesso, nello specchio magico appeso alla
parete
del bagno, era il suo modo di esternare tutto ciò che aveva
dentro.
I don’t
need you anymore, I don’t want to be
ignored
Gellert
sapeva di aver bisogno del volto sorridente di Albus nei suoi ricordi,
delle
sue lacrime la sera della morte di Ariana e del suono delicato della
sua voce
mentre gli sussurrava parole suadenti all'orecchio, quando si era
deciso a
farsi avanti e fargli capire che i suoi istinti e le sue pulsioni non
erano a senso
unico.
Aveva
bisogno di rivivere quegli istanti ed allo stesso tempo sentiva di
doversene
liberare al più presto, perché non avrebbero
fatto altro che mortificare il suo
cuore, ancora ed ancora, finché il dolore non l'avesse fatto
impazzire una
volta per tutte.
Una
volta aveva provato a scrivergli una lettera, ad Albus; Enny, l'Elfo,
gli aveva
portato una pergamena linda ed una penna autoinchiostrante, poi aveva
inviato
il messaggio tramite il gufo bruno che ogni tanto Gellert vedeva
svolazzare
attorno alla sua torre nera.
Era
sicuro che fosse arrivato a destinazione, era sicuro che Albus avesse
deciso di
ignorarlo.
I don’t
need one more day of you wasting me away
Gellert
avrebbe davvero voluto liberarsi di lui, di Albus e del suo ricordo.
La
distanza che li separava non era mai stata così vasta, non
solo in termini di
leghe; non erano mai stati più lontani di quel momento, da
quando Albus l'aveva
sconfitto in duello e l'aveva fatto rinchiudere a Nurmengard.
Erano
trascorsi decenni, da quando aveva visto il suo viso l'ultima volta; i
suoi
occhi azzurri erano freddi e apatici, mentre gli toglieva la bacchetta
e lo
scortava verso il Ministero della Magia.
Aveva
abbastanza potere da permettersi di decidere da solo la sua pena,
Albus, e così
fece; sapeva che Nurmengard era costruita secondo i criteri di terrore
di
Gellert, gliene aveva parlato quando erano adolescenti. Non aveva
esitato a
gettarlo in pasto ai suoi stessi timori; aveva sentito una nota di
piacere
sadico nella sua voce, Gellert, mentre pronunciava la sua condanna
davanti al
tribunale.
Si
stava godendo la sua vendetta; aveva perso la sua famiglia per causa
sua e del
suo stupido amore egoistico, doveva rifarsi in qualche modo della
sofferenza
che gli aveva arrecato.
Sicuramente
non era ciò che ci si poteva aspettare da una persona come
lui, così incline al
bene e ai sentimentalismi, ma Gellert sapeva che era così,
perché solo lui
aveva avuto modo di conoscere quella parte di Albus che il mago celava
agli
occhi di tutti; quella parte di lui che chiedeva con forza vendetta,
solo
vendetta, che si lasciava andare ad istinti più animali che
umani, selvaggi,
quella parte che Albus copriva sempre con la maschera di buonismo che
nessuno
riusciva a togliergli.
Un
grido risuonò una notte tra le pareti della cella di Gellert.
«Vattene!»
Don’t
stay!