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Autore: Onlyna    08/10/2011    1 recensioni
Un grido risuonò una notte tra le pareti della cella di Gellert.
«Vattene!»

Terza classificata alla fase A del contest "Musica e Parole".
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Gellert Grindelwald | Coppie: Albus/Gellert
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Nick Autore: Only_ (Only_Me)
Titolo: Unforgivable Sinner
Canzone scelta: Don't stay – Linkin Park
Personaggio o coppia: Albus Silente/Gellert Grindelwald
Genere: song-fic, introspettivo
Rating: giallo
Avvertimenti: Slash, One-shot
Introduzione:Un grido risuonò una notte tra le pareti della cella di Gellert.
«Vattene!»

NdA: dopo tanto penare ho deciso di utilizzare questa splendida canzone e questa splendida coppia. È la prima song-fic che scrivo in questo fandom, la seconda in assoluto dall'inizio della mia carriera di fanwriter; dire che sono emozionata e tesa è un eufemismo. Tengo molto a questo pairing, spero solo di averlo reso bene! Il titolo è rubato all'omonima canzone di Lene Marlin. Buona lettura! :)
(fase A)





Unforgivable Sinner

Sometimes I need to remember just to breathe

C'erano volte in cui Gellert sentiva il bisogno di rivivere quei momenti, ne aveva bisogno per sentirsi vivo, per non farsi uccidere dalla prigionia, per non cadere preda della follia. A volte il ricordo di Albus era l'unica cosa che gli permetteva di respirare; soffocava nella sua solitudine forzata, nella prigionia di Nurmengard, quel luogo che avrebbe dovuto soffocare i suoi nemici.

Sometimes I need you to stay away from me

Altre volte, Gellert tentava di reprimere tutto ciò che riguardava i sue due, miseri mesi a Godric's Hollow, cercava di cancellare dalla sua mente la prozia Bathilda, la biblioteca, la piazza del paese, tutto ciò che poteva ricordargli la sua debolezza. Albus era la sua debolezza, il suo più grande errore, e lui era troppo orgoglioso per ammetterlo. Non accettava di essere stato sconfitto.

Sometimes I’m in disbelief I didn’t know

Gellert non riusciva a credere di non averlo capito prima; Albus non era solo un degno compagno nella ricerca dei Doni, un mago potente e capace di magie impossibili alla maggioranza degli stregoni, non lo era mai stato.
Sin da quando l'aveva scorto, mentre leggeva un tomo sulla trasfigurazione avanzata, ai piedi dell'albero che dominava solitario la collina sopra il paese, con i lunghi capelli color mogano che cadevano come cortine accanto al suo volto, come a volerlo separare dall'impuro mondo esterno, Gellert sapeva che Albus era più di un compagno per la conquista del mondo. Aveva capito che da lui voleva altro, oltre all'aiuto nella ricerca dei due Doni che non sapeva ancora dove trovare; Gellert aveva scoperto di volere la sua attenzione tutta per sé, morbosamente, di bramare il suo corpo e il suo cuore con tutte le forze che possedeva.
Ad anni di distanza, Gellert non riusciva a credere di non aver capito prima di essersi innamorato di lui, di Albus; non riusciva a credere di essere stato così cieco e sciocco, di averlo abbandonato nel momento in cui aveva più bisogno di lui.

Somehow I need you to go

Gellert non voleva cedere di nuovo alla debolezza.
Doveva andarsene, Albus, andarsene dalla sua mente e dal suo cuore, lasciarlo in pace, fino alla fine; non voleva più vedere i suoi occhi celesti, i suoi capelli rossi, la sua pelle diafana. Sentiva il bisogno di liberarsi di lui in modo definitivo.

Don’t stay
Forget our memories
Forget our possibilities
What you were changing me into
Just give me myself back

Cercava di scacciare i ricordi, ci provava davvero, tentava in tutti i modi di liberare la sua mente.
Doveva dimenticare, dimenticare tutto ciò che avevano e avrebbero potuto avere, dimenticare di come Albus lo stesse lentamente cambiando, nel profondo del suo essere; aveva bisogno di ritornare se stesso, il se stesso quindicenne, quel ragazzino che pur di proseguire nella sua strada si era fatto espellere da una delle migliori Scuole di Magia dell'Europa ed era andato a vivere da una prozia di cui conosceva appena il nome, in un paese di cui qualche anno prima ignorava completamente l'esistenza.

Don’t stay
Forget our memories
Forget our possibilities
Take all your faithlessness with you
Just give me myself back and
Don’t stay

Sarebbe voluto tornare indietro nel tempo, per cancellare quei due mesi di pazzia.
Avrebbe voluto distruggere quel sentimento che si era annidato nel suo cuore, avrebbe voluto evitare di incontrare Albus, colui che lo stava cambiando e che lo aveva tradito per gettarsi nello sconforto e nel dolore, che non l'aveva seguito non appena sul loro cammino avevano trovato un ostacolo. Era stato infedele, l'aveva tradito; il lento cambiamento che aveva operato nei suoi confronti aveva impedito a Gellert di reagire come avrebbe fatto poche settimane prima, con violenza e aggressività.
Aveva visto il suo volto rigato dalle lacrime, era andato via.
Non si era guardato indietro nemmeno una volta, col cuore che piangeva ad ogni passo di più, sapeva che Albus quella volta non l'avrebbe seguito.
Forse era meglio così, forse soltanto con la solitudine e la sua lontananza sarebbe riuscito a tornare com'era prima di incontrarlo.

Sometimes I feel like I trusted you too well

Forse, tutto sommato, Gellert aveva creduto troppo in Albus.
Dopotutto, se si era lasciato piegare così facilmente dagli eventi, se si era lasciato spezzare dalla morte di sua sorella e non l'aveva seguito nella sua impresa una volta ancora, Albus non era una persona così forte.
A distanza di anni, Gellert capiva che probabilmente l'amore – perché era proprio amore quello che sentiva nei suoi confronti, un amore sbagliato, morboso – l'aveva accecato: Albus era un mago potente, ma non abbastanza deciso, né motivato abbastanza per stargli accanto per il resto della vita, alla ricerca dei Doni.

Sometimes I just feel like screaming at myself

A volte Gellert gridava.
Nella solitudine della sua prigione, nella sua cella, gridava tutta la sua rabbia, la frustrazione, la delusione e il suo dolore, quel macigno che gli opprimeva il petto ogni volta che la sua mente vagava verso Godric's Hollow, verso quella casa accanto a quella di Bathilda, verso i suoi inquilini.
Smetteva di farlo solo quando la gola bruciava, quando perdeva la voce e l'Elfo che si occupava di lui sopraggiungeva con qualcosa per lenire il fastidio.
Sfogarsi in quel modo lo lasciava sempre spossato e rilassato, placidamente vuoto. Gridare contro il se stesso riflesso, nello specchio magico appeso alla parete del bagno, era il suo modo di esternare tutto ciò che aveva dentro.

I don’t need you anymore, I don’t want to be ignored

Gellert sapeva di aver bisogno del volto sorridente di Albus nei suoi ricordi, delle sue lacrime la sera della morte di Ariana e del suono delicato della sua voce mentre gli sussurrava parole suadenti all'orecchio, quando si era deciso a farsi avanti e fargli capire che i suoi istinti e le sue pulsioni non erano a senso unico.
Aveva bisogno di rivivere quegli istanti ed allo stesso tempo sentiva di doversene liberare al più presto, perché non avrebbero fatto altro che mortificare il suo cuore, ancora ed ancora, finché il dolore non l'avesse fatto impazzire una volta per tutte.
Una volta aveva provato a scrivergli una lettera, ad Albus; Enny, l'Elfo, gli aveva portato una pergamena linda ed una penna autoinchiostrante, poi aveva inviato il messaggio tramite il gufo bruno che ogni tanto Gellert vedeva svolazzare attorno alla sua torre nera.
Era sicuro che fosse arrivato a destinazione, era sicuro che Albus avesse deciso di ignorarlo.

I don’t need one more day of you wasting me away

Gellert avrebbe davvero voluto liberarsi di lui, di Albus e del suo ricordo.
La distanza che li separava non era mai stata così vasta, non solo in termini di leghe; non erano mai stati più lontani di quel momento, da quando Albus l'aveva sconfitto in duello e l'aveva fatto rinchiudere a Nurmengard.
Erano trascorsi decenni, da quando aveva visto il suo viso l'ultima volta; i suoi occhi azzurri erano freddi e apatici, mentre gli toglieva la bacchetta e lo scortava verso il Ministero della Magia.
Aveva abbastanza potere da permettersi di decidere da solo la sua pena, Albus, e così fece; sapeva che Nurmengard era costruita secondo i criteri di terrore di Gellert, gliene aveva parlato quando erano adolescenti. Non aveva esitato a gettarlo in pasto ai suoi stessi timori; aveva sentito una nota di piacere sadico nella sua voce, Gellert, mentre pronunciava la sua condanna davanti al tribunale.
Si stava godendo la sua vendetta; aveva perso la sua famiglia per causa sua e del suo stupido amore egoistico, doveva rifarsi in qualche modo della sofferenza che gli aveva arrecato.
Sicuramente non era ciò che ci si poteva aspettare da una persona come lui, così incline al bene e ai sentimentalismi, ma Gellert sapeva che era così, perché solo lui aveva avuto modo di conoscere quella parte di Albus che il mago celava agli occhi di tutti; quella parte di lui che chiedeva con forza vendetta, solo vendetta, che si lasciava andare ad istinti più animali che umani, selvaggi, quella parte che Albus copriva sempre con la maschera di buonismo che nessuno riusciva a togliergli.

Un grido risuonò una notte tra le pareti della cella di Gellert.
«Vattene!»

Don’t stay!

   
 
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