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Autore: kleines licht    08/10/2011    1 recensioni
Una one-shoot, qualcosa di semplice e veloce che deriva da una role di prova in un forum che mi piaceva particolarmente, che mi rispeccchia più di molte altre. Una visione diversa della vita.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questo è il mio pesciolino numero seicentoquarantuno in una vita costellata di pesciolini rossi. I miei genitori mi comprarono il primo per insegnarmi cosa significasse amare e prendersi cura di una creatura vivente del Signore. Seicentoquaranta pesci dopo, l’unica cosa che ho imparato è che tutto quello che ami morirà. La volta che incontri qualcuno di speciale, puoi farci affidamento il giorno che è già morto e sepolto... Ecco la frase che da ore mi frullava per la testa. Sembrava magicamente rispecchiare tutta la mia vita.Io non avevo avuto pesciolini rossi ma quando avevo amato qualcosa prima o poi l'avevo perso: avevo perso el attenzioni di mia madre, la presenza di mio padre e l'Amore. Quello probabilmente non sarebbe più tornato o forse non c'era mai stato. Come fai a perdere qualcosa se non ce l'hai mai avuta? Bella domanda. E se io avessi amato, anche solo per un secondo, veramente qualcuno? Beh sinceramente nemmeno io lo sapevo per certo.
E invece proprio ora che la mia carriera sembrava poter prendere il volo incominciavo a farmi quelle stupide domande sul senso della vita e dei sentimenti!
Importava veramente avere una carriera fiorente se i sentimenti che mi portavo dietro non valevano niente di niente? Ne valeva davvero la pena o era meglio che lasciassi perdere tutto e mi dessi finalmente da fare, creandomi una vita degna di questo nome?
Avrei dovuto forse dire basta alle cose materiali e all'orgoglio per dedicarmi a cose come realizioni fisse e sentimenti puri e casti? Ne sarei stata capace? Io avevo sempre avuto tutto facile, niente che volessi mi era stato negato. Non c'era niente per cui avessi dovuto faticare immensamente per avere. Qualunque gioco, qualunque divertimento mi era stato concesso senza troppe domande o giri di parole. Ogni mio desiderio era sempre stato quasi un ordine.
Ero cresciuta nel lusso e nella privazione delle cose come amore e attenzioni reali. Mio padre era diventato omosessuale e mia madre stilista iper impegnata. L'amore per me era diventato un tabù, l'unica cosa che volevo e che non potevo avere.
Poi...poi c'era Cameron. Lo avevo conosciuto Dio solo sa perchè eppure continuavo a pensare a lui anche se non era niente di così diverso. Un ricco come me, se non di più, che altro non aveva oltre a beni materiali. Una persona malata di privazione d'amore.
Sospirai prima di entrare nella caffetteria che a quell'ora si stava lentamente svuotando. No quella sera probabilmente non sarei andata in discoteca. Probabilmente sarei rimasta lì a meditare come una di quelle donne che facevano yoga e preferivano amore e amicizia a Gucci e Prada!
Mi sedetti su una sedia, con raffinatezza, e ordinai un thè caldo. Mi guardai velocemente intorno. Le poche coetanee che passavano pe rla strada o che erano nel locale portavano abiti succinti. Io ero forse l'unica che aveva il coraggio e lo stile per indossare abiti anni '80! Indossavo anche cose moderne ma perchè rinunciare all'eleganza e alla raffinatezza per abiti corti e poco coprenti?
Il mio thè arrivò in fretta, perfortuna del cameriere. Sbuffai quando mi conisgliò di metterci il latte. Lo faceva sempre e io sempre storcevo il naso e bevevo il thè così come era. Trattavano tutti i clienti così, provando ad attaccargli le abitudini come etichette a un vaso. E io non ero un vaso come tutti gli altri cavolo! Il ragazzo sembrò quasi offeso dal mio comportamento così poco rispettoso e se ne andò altrove. Meglio, preferivo pensare da sola. Mi sentivo addosso però parecchi sguardi. Mi voltai verso un ragazzo che mi guardava sorridendo appena. Se la mia mente matematica e legata saldamente alla realtà non mi avesse tenuta con i piedi ben piantati a terra probabilmente avrei pensato che voleva mangiarmi e non solo con gli occhi! Rabbrivdii e tornai al mMentre stavo facendo i fatti miei notai con la coda dell'occhio una ragazza seduta che aveva alzato la sua tazza verso di me in sengo di saluto. Sussultai. Cos'era tutta quelal confidenza? Era forse il giorno dell'apertura agli sconosciuti e nessuno mi aveva avvisata? Un'altro brivido mi percorse la schiena.
Quel posto che per secoli avevo amato ora non mi piaceva poi così tanto. Non mi ero mai resa effettivamente conto di quanta gente strana passasse le sue ore lì. Stare da sola, al bancone, con tutti quelli sguardi puntati adosso non mi piaceva troppo così presi la mia tazza e andai a sedermi davanti alla ragazza che mi aveva salutata con un cenno della tazza. Sorrisi appena: non ero troppo in vena di entusiasmo.
Ci conosciamo?
domandai per poi sorseggiare elegantemente un po' del mio thè. Non mi sembrava di averci mai parlato in tutta la mia vita ma potevo anche sbagliarmi! Errare è umano ricodate? E io non ero altro che un'umana troppo legata alla realtà per credere che potesse esistere qualcuno all'infuori di me, intendo come razza. Ero egocentrica ma non fino a quel punto! Come avevo già capito tempo prima tutta quella mia razionalità infondo la usavo solo per difendermi: se avessi creduto a tutte quelle storie di vampiri, streghe e draghi probabilmente avrei avuto troppa paura degli altri e...addio Regina! Invece dovevo essere forte, andare avanti, costruirmi la carriera di donna di classe che avevo sempre sognato.
Quello era il sogno di una vita, tutto quel che avevo fatto e detto fino a quel momento era per arrivare ad essere la donna che avevo sempre sognato: forte, di classe, in carriera e con una famiglia felice. Oppure anche single, ma sicuramente non fragile come in realtà ero io.
La mia maschera al momento mi copriva bene, non lasciava trapelare quasi mai le mie debolezze ma tutta la forza di cui mi vantavo in realtà non eristeva. Non era altro che frutto dei miei innumerevoli sforzi. Avevo speso una vita per costruirmi un'immagine e non avrei lasciato alla paura e alla fantasia il tempo di distruggere tutto!
La ragazza sembrava avere più o meno la metà. Il mio sguardo cadde quasi involontariamente riluttante verso la mano che mi porse. Era laccata, candida e ben curata. Le unghie rosso vernice constrastavano con la pelle colore della neve. Un tempo si diceva che chi aveva la pelle candida era di nobili origini. Per questo odiavo le lampade e la tintarella anche se d'estate non rinunciavo mai a un pomeriggio a prnedere il sole in piscina.
Le donne moderne andavano in giro con chili di trucco, rossetti sgragianti, tacchi allucinanti e strati di fondotinta. L'unica cosa che approvavo di tutte queste cose erano i tacchi. Si può dire che da quando avevo 15 anni ne avevo sempre un paio ai piedi. Ero quasi incapace di togliergli se non per sostiuirli con delle ballerine che usavo però raramente. Forse era solo perchè ero la più bassa della mia famiglia, più bassa anche di mia madre, o forse solo perchè amavo la camminata sensuale ma contenuta che bisogna sempre adottare se si volevano indossare con classe. Amavo atteggiarmi da signora quale sarei diventata. Il mio futuro era già scritto: un principe al mio fianco, tanti bambini dai capelli a boccoli e gli occhi azzurri sorridenti e scalmanati, una carriera fiorente, una villa con piscina. Peccato che nessuno dei miei piani avesse ancora programmato tutto quel che mi era successo.
Anzi l'unica cosa che mi era successa: l'incontro con Cameron. Quel ragazzo mi aveva silenziosamente e velocemente cambiato la storia, quella che sognavo e seguivo passo a passo da quando avevo cinque anni! La stessa scritta in un album a fogli bianchi che ancora sfogliavo qualche sera nella quale non riuscivo a dormire. Disegni semplici, scarabocchiati ma con tanti particolari. Disegni che mi ritraevano al mio matrimonio, nella mia casa, a prendere il thè con le signore.
E poi era arrivato Cameron e sarei stata anche disposta a cancellare tutto e ridisegnare ogni cosa da capo. Ma perchè ora pensavo a lui? Perchè non riuscivo a dimenticarlo neanche per due minuti.
Porsi la mia mano alla ragazza.
Piacere Shiver io mi chiamo Crystel!
mi presentai con un sorriso contenuto e raffinato, intonato con il mio atteggiamento e i miei abiti. Uno stile, il mio, che orami era andato smarrito, bruciato con i tanti ricordi delle varie regine e principesse che per anni si erano alternate in giro per il mondo.
Guardai senza quasi pensarci fuori dalle vetrate, forse perchè era la stessa cosa che aveva fatto SHiver o perchè sentivo il bisogno di accertarmi che non ci fosse Cameron lì vicino, da qualche parte. Grosse gocce scure avevano iniziato a bagnare lentamente asfalto, macchine e i capelli delle persone che affollavano i maricapiedi. C'erano donne che si riparavano con cartelline colorate altrimenti usate per lavoro, ragazze che indossavano i cappucci delle loro felpe diventando così persone dal volto quasi coperto dall'ombra, uomini d'affari che si affrettavano a chiamare dei taxi. Ma più guardavo fuori più le persone mi sembravano frenetiche e più mi sentivo sguardi addosso. Da fuori e anche da dentro. Un ragazzo dai capelli biondi, un'altro vestito da rapper, una ragazza dagli abiti succinti, un'uomo non troppo giovane ma nemmeno vecchio: tutti sembravano voltarsi verso di me e desiderare qualcosa di più oltre a quel che avrei potuto offrirgli. Tornai bruscamente nel locale ma anche lì altri sguardi si erano aggiunti a quelli di prima. Erano entrate altre persone senza che me ne accorgessi e alcune mi avevano notata. Perchè me?!
Per ignorare meglio la paura sorrisi nuovamente a Shiver.
Sei nuova di qui?
domandai con celata curiosità. Non amavo mostrare troppo i miei sentimenti, anzi a dire il vero la mia maschera li celava alla perfezione. Con lei era facile fingere, il difficile veniva quando davanti mi trovavo Cameron e...basta pensare a lui! mi ammonì la coscienza.
l problema dei nuovi inizi è che qualcos'altro deve finire. A volte una fine ci mette molto ad arrivare ma quando accade è quasi troppo facile da ignorare. Alcuni inizi cominciano talmente piano che non ti rendi conto che stanno avvenendo. Ma spesso la fine arriva quando meno te lo aspetti. E quello che preannuncia è più oscuro di quanto si immagini. Non tutti gli inizi sono motivo di festeggiamento, anche molte cose brutte hanno un inizio: le notizie; l'influenze e la peggiore di tutte... l'inizio di un inizio! Lo avevo letto chissà dove. Una cosa era sicura quel nuovo inizio non mi piaceva affatto o meglio all'inizio non mi piaceva. Tutto era ovviamente cambiato quando era arrivato Cameron e...ma cavoli perchè continuavo a pensare a lui?! Possibile che non riuscissi a levarmelo dalla testa?
Provai a concentrarmi sul via vai delle persone fuori e sull'aria soffocante che riempiva il locale. Mi sentivo quasi male, tutti quegli sguardi addosso e quell'aria calda priva di ossigeno.
Fuori pioveva piuttosto forte e Shiver non ne sembrava poi troppo contenta. Aveva iniziato a tamburellare sul tavolo quasi sapzientita. Io amavo la pioggia, sin da quando ero bambina. Anche prenderla per me non era un problema! Anzi mi divertivo. Quando ancora mi era concesso. Ora ero una ragazza che puntava alla classe alta, non potevo concedermi gioie così...infantili. Non era da me e non era per me. La gente si aspettava classe, cultura, saggezza non certo allegria e vivacità da gente come me.
Shiver aveva detto che odiava la folla mentre io l'amavo o meglio ormai ci ero abituata. L'ora del thè in qualunque locale di classe era parecchio gettonata e vedevo persone di ogni tipo affollarsi nei tavolini. Ma quel caldo era troppo anche per me ad esser sincera.
Notò ovviamente che non ero una snob inglese. Disse di essere americana e per sua fortuna ebbe l'accortezza di non urlarlo a mezzo mondo. Sorrisi appena.
Io sono francese...mi sono trasferita qui poco tempo fa! Comunque hai ragione fa veramente caldo!
dissi ma continuai a bere il mio thè con eleganza. Non amavo lamentarmi troppo, non era da me. Preferivo commentare una volta e poi archiviare la faccenda.
La scrutai per un po' prima di parlare ancora.
Non ti piace la pioggia?
domandai. Era quasi una domanda retorica ma aspettai comunque una risposta. Domandare e aspettare risposte mi distoglieva dal pensiero di Cameron e dalla preoccupazione di quegli sguardi addosso che mi sembrava potessero trappassarmi la schiena. Sentivo poi uno sguardo più forte di tutti gli altri, quasi volesse mangiarmi lì davanti a tutti. Ringraziai la mia filosofia di vita di risparmiarmi leggende che avrebbero potuto terrorizzarmi in momenti simili!
Seguii Shiver senza preoccuparmi troppo di dove eravamo dirette anche se forse avrei dovuto farmi qualche domanda. Innanzitutto perchè quell'improvviso cambio di idea! Aveva detto di amare la pioggia e all'improvviso era andata a ripararsi sotto quel vicolo così coperto dalla pioggia ma anche così isolato. Mi voltai bruscamente indietro, senza capire come mai ci eravamo allontanate tanto dalla gente. Non mi piaceva quell'idea, eppure Shiver continuava a infondermi una certa pace, una certa tranquillità che non mi facevano pensare male.
La mia mente corse subito a tutte quelle che fino a quel momento avevo creduto leggende, storie false, invenzioni sciocche e futili. Cose di poco conto che mai avrei creduto possibili. Infondo perchè farlo? Che senso aveva credere che qualcosa fosse possibile quando non c'era alcuna prova? La matematica in quel campo è semplice, pratica, veloce. Qualcosa di conveniente, qualcosa che qualcuno prima di te ha già provato. Qualcuno ha fatto tutto,non devi far altro che scrivere i numeri, imparare le regole, limitarti a seguire un esempio e le varie variazioni di esso e il gioco è fatto. Ma ora tutta quella situazione sembrava prendere una strana piega, un'ombreggiatura che prima non avevo notato. Presi a tremare, ormai fradicia.
S-shiver che sta succedendo?
domandai. Le sue parole non mi rincuorarono affatto. E poi ecco, quella domanda senza alcun senso. Credere in quelle creature era assurdo, inspiegabile, sciocco.
Scossi piano la testa.
No io...
mormorai ma qualcosa mi suggerì che stare zitta sarebbe stata la scelta migliore. Mi ammutolii all'istante, come se qualcosa mi avesse sorpresa tanto da farmi perdere l'uso della parola. Mi sentii osservata. D'un tratto quelli strani disegi a terra e sulle pareti mi facevano terrore.
Shiver dimmi che va tutto bene...
la supplicai, i capelli incollati all'abito, gli occhi che saltavano da un particolare all'altro di quella che sembrava una prigione di cemento.
Ci sono momenti in cui sei costretta a credere. In cui l'unica cosa che puoi fare è chiudere gli occhi e buttarti in quel che hai davanti. Come se avessi davanti una notte di stelle cadenti e mille desideri da esprimere. Non credi nella magia, in qualcosa di diverso da semplici detriti che si staccano da un meteorite ormai morto. No. Devi per forza credere che qualcosa accadrà se vuoi andare avanti, avere speranza.
Così chiusi gli occhi e li riaprii, convincendomi che tutto quel che avevo creduto stupido e sciocco fino a quel momento in realtà era vero, reale. Non mi faceva bene distruggere così il mio mondo ma ero costretta. Prima o poi devi aprire gli occhi e solo allora ti accorgi che tutto ciò in cui avevi creduto era una falsità. Fa male ma almeno hai scoperto cos'è la verità. Avevo paura, eccome. Anche se ora sapevo che era tutto vero non era cambiato niente in me, anzi. Infondo una piccola parte di me si ostinava ancora a credere che fosse tutta un'enorme fandonia ma lo sguardo di Shiver e il suo tono mi stavano lentamente convincendo. Potevo farcela. Potevo rimanere viva. Potevo crederci senza farmi crollare tutto addosso. Sarei scappata, avrei continuato a combattere, per me, percchè io ero la Queen e non potevo mostrarmi debole.>>

**
Poi...poi mi svegliai di soprassalto, rendendomi conto che quello era solo un sogno, uno stupido sogno che sapeva maledettamente di realtà. Una di quelle cose che sogni ma che ti sembra di aver vissuto veramente.
Mi alzai scombussolata dal letto, appoggiando i piedi nudi sul legno del pavimento freddo. Mi fermai davanti alla finestra che dall'altra parte ritraeva un paeseggio invernale, una notte gelida. Il mio viso si rispecchiava nel vetro, ritraendo una ragazza spaventata e fragile.
Fragile. Ecco cosa odiavo di me. Quella fragilità che tentavo sempre di nascondere ma che rimcompariva regolarmente. Non riuscivo mai a liberarmene del tutto.
Mi allontanai velocemente, cercando anche di allontanare da me quel sogno. Poi mi ricordai delle stelle. Avevano detto che quella ci sarebbe stata una pioggia di stelle cadenti. Presi lentamente dall'attaccapanni la giacca e uscii in terrazza, sempre a piedi scalzi. Benchè il freddo pungente mi stesse facendo già battere i denti mi appoggiai alla balaustra con i gomiti e guardai in alto.
Poche erano le stelle che i lampioni lasciavano intravedere. Poche e splendenti. Flebili ma sempre lì. E io mi sentivo ancora più fragile e piccola, insignificante. Faceva freddo e le stelle non si vedevano nemmeno bene eppure rimanevo lì. Non avevo alcun desiderio, avevo sempre avuto tutto dalla vita, eppure ero lì ad aspettare chissà cosa. Qualcosa che non mi serviva, direte voi. Aspettai per ore, il campanile segnava già le tre di notte. Ero lì immobile e ormai congelata. Non sentivo più le dita dei piedi eppure ero ancora lì a guardare le stelle. Non mi aspettavo nemmeno più quella scia solcare il cielo. Ero lì e basta.
Alla fine passò. Una scia debole, fragile quanto me, che solcò il cielo velocemente. Una frazione di secondo. Sorrisi finalmente contenta e tornai dentro. Avevo espresso l'unico desiderio che potessi esprimere.

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8 Ottobre 2011. Trovata morta nella sua stanza, una ragazza giovane senza alcuna malattia. SI tratta di una morte naturale, senza alcun colpevole. Non sono state ritrovate infatti armi o qaulunque oggetto macchiato del suo sangue. Non sono state trovate impronti digitali e nessuno dice di aver visto qualcuno entrare nell'appartamento.
L'unica cosa strana trovata nella stanza è stata una strana scia di stelle e un'espressione calma e felice nel viso della vittima.


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Ecco cosa avevo espresso. Volevo solo che tutte le mie fortune venissero via con me. Volevo che tutto ciò che la vita mi aveva offerto mi venisse tolto. Non me lo meritavo affatto. Mi ero comportata male, avevo odiato persone e negato favori. Non avevo più voglia di vivere, di andare avanti ma per una volta nella mia vita volevo solo che qualcun'altro potesse avere la gioia che io non avevo saputo avere. Volevo che qualcuno si meritasse quel che invece a me avevano regalato. Ero morta felice. Come una stella. Era ora.
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Ciao a tutti =)
Si lo so, una storia strana. Non so come mi sia venuta questa ispirazione, a dire il vero. Qui c'è molto di me. Mi scuso anche per la lunghezza ma è il primo e ultimo capitolo, una one-shoot lunga ma singola.=)
Devo ammettere che da molto non avevo così voglia di scrivere, per questo se vi ho deluso con il mio silenzio mi spiace =)
Non sono una pessimista e mi spiace mettere spesso questa...tristezza nelle mie storie ma non voglio rattristare nessuno =D
Semplicemente ho passato un periodo così, che ora appunto è passato =)
E sono tornata a vivere, anche se qualche volta si ha voglia di spegnersi.
Smile&Shine, mi raccomando ;) Grazie per l'attenzione! Bacioni <3
Vostra
Jules.


P.S. Ringrazio Alien per avermi fatto tornare la voglia di produrre qualcosa e le persone che mi hanno detto "sei speciale". Grazie per avermelo detto e avermi fatto ricordare quanto è bello raccontare di sè ;) <3
   
 
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