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Autore: Ezechiele2517    09/10/2011    3 recensioni
La paura si impossessa dell'equipaggio del Brigantino Syren e del suo capitano William Montrose quando un sinistro gruppo di marinai sale a bordo con l'inganno e cerca di impadronirsi della nave.
Le profondità oceaniche,generatrici di oscuri mali si tramutano negli abissi ove ricade la mente umana in preda alla follia più totale.
La mia prima fiction che tenta di ispirarsi allo stile del grande H.P. Lovecraft.
Genere: Horror, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dal Diario del capitano Willam Montrose...

Dal Diario del capitano Willam Montrose...

 

 

6 giugno 1756, trentaquattresimo giorno di navigazione del brigantino Syren.
Mi sento al limite e come se non bastasse il morale dell'equipaggio è a terra, questo a causa della nuova e spaventosa entrata, si chiama Castro ed è un mozzo mulatto dal chiaro retaggio africaneggiante che abbiamo imbarcato durante uno scalo a Nassau lo scorso 5 maggio.
Ci trovavamo, come scrissi in precedenza, all'inseguimento della baleniera Francese, Marianne, il mare sembrava calmo e gli uomini pronti all'azione, frementi all'idea di una così facile e vicina preda.
Fu forse questa nostra esagerata baldanza ad arrecar offesa al dio del mare, poiché, come giunta dalle profondità infernali, una violentissima tempesta ci colse impreparati la notte fra il 4 e il 5 di maggio.
Sebbene la nave ne fosse uscita quasi totalmente indenne, sei dei miei trenta uomini furono ingoiati dai flutti impetuosi mentre altri quattro rimasero feriti a tal punto da non essere più in condizioni di servire a bordo.
Alla luce di codesti eventi presi la decisione di sbarcare a Nassau per reintegrare le perdite e far approvvigionamento d' acqua dolce.
Fu allora che incontrammo Castro e la sua banda, se ne stavano sulla banchina a vendere i propri servigi al miglior offerente, un gruppo eterogeneo di mezzi ispanici dalle facce scavate insieme ad isolani nativi e negri che sembravano provenienti dai più oscuri anfratti dell'inesplorato Congo.
 Castro era il loro capo, il peggiore fra tutti, aveva un viso rude, ricoperto da un'ispida barba castana piuttosto inusuale per uno della sua razza, gli occhi odiosi di due colori diversi, portava inoltre un grosso orecchino d'argento al lobo destro e aveva la faccia ricoperta di cicatrici.
 Mi disse, parlandomi in un Portoghese dal terribile accento tribale, che era venuto a conoscenza da alcuni bucanieri in una taverna di una nave spagnola la Santa Teresa che avrebbe lasciato il giorno seguente Port Royal diretta in madre patria con le stive colme d'oro.
Benché ripugnato dalla presenza di costui, l’itinerario che tracciò sulle mie mappe e il pensiero di una nuova e ghiotta preda mi indusse a prenderli a bordo nonostante la cattiva fama presso le taverne del porto, d’altronde mi servivano braccia a bordo e volevo essere sicuro, nel caso  di un impellente scontro con gli Spagnoli, di avere il numero dalla mia parte, solo ora, alla completa luce dei fatti mi rendo conto di quanto grave fosse stato il mio errore, perché dopo pochi giorni in alto mare cominciarono a verificarsi strani e inquietanti eventi.
Dapprima comparvero sulle assi del ponte bizzarri segni dalla chiara valenza esoterica, si trattava di simboli che reputai appartenere a una qualche sconosciuta e selvaggia religione voodoo  che  ebbero l’immediato effetto di spaventare gli uomini del mio equipaggio, rudi lupi di mare provenienti perlopiù dai borghi di Cohb  e Cork nell’Irlanda meridionale, gente tanto avvezza alle fatiche quanto, come risaputo, superstiziosa.
Inizialmente non diedi molta importanza a questi fatti, ero ossessionato dalla Santa Teresa e dal suo oro, passavo i giorni rinchiuso nella mia cabina studiando una rotta che ci tenesse al sicuro dagli impetuosi venti atlantici e ci portasse in tutta fretta ad intercettare la nave.
Solo col passare del tempo mi resi  conto della gravita della situazione in cui avevo portato me stesso e i miei uomini.
 Il ventesimo giorno di navigazione qualcuno gettò a mare le vele durante la notte, le indagini e le fustigazioni che ne seguirono non portarono a nessun colpevole ma in fondo tutti sapevamo, Castro e la sua banda erano diventati schivi, non parlavano che tra loro e gli sentivamo pronunciare oscenità in una lingua a noi incomprensibile, inoltre, eravamo totalmente in balia delle correnti e non si vedevano tracce della Santa Teresa, benché i giorni passassero non si avvistava una sola vela all’orizzonte, eravamo ora  fermi all’ancora  nel mezzo dell’oceano Atlantico, cinquantadue uomini stipati su pochi metri di assi di legno e sartiame , fu allora che tutto mi divenne così tragicamente chiaro, quel maledetto giorno a Nassau incontrai il demonio in una delle sue mutevoli forme e lui mi giocò facendo leva sulla mia cupidigia, mi spinse nel cuore dell’oceano intrappolato con quella feccia spaventosa a morire preda della follia.
Incubi terribili invasero le mie notti, sognavo creature tentacolari che risalivano i fondali marini solo per trascinare la nave nelle oscure profondità dell'oceano, padre e madre di ogni mia paura, generatore di abomini indescrivibili, custode di troppi silenzi, udivo le assi della mia cabina comprimersi attorno alla mia testa il loro scricchiolio divenne sempre più un insostenibile tortura, poi vedevo Castro, il maledetto, che mi fissava ridendo mentre io affondavo e lottavo per rimanere a galla in quegli abissi infernali.
Nei giorni seguenti decisi di prendere misure più drastiche, diedi ordine di raddoppiare la sorveglianza nei turni di notte e feci distribuire in segreto pistole agli (aimè troppo pochi!) uomini fidati, io stesso ho ripreso l’abitudine di girare per la nave con la mia sciabola al fianco, dobbiamo essere pronti a tutto: si vis pacem, para bellum.
Questa è la mia parola, non permetterò loro di impossessarsi della mia nave, resisteremo fino alla fine,fino a che non avremo ricacciato quegli abomini nel ventre degli oceani maledetti da cui provengono, lo faremo, lo faremo in nome di Dio, di sua maestà re Giorgio II e dell’Impero Britannico.

 

 

 


Firmato
Capitano William Montrose

 

 

 

 

 

Ultimo reperto rinvenuto dello scomparso brigantino Syren  il 3 febbraio 1758 in una scialuppa abbandonata a largo delle coste Britanniche

 

   
 
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