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Autore: MarchesaVanzetta    09/10/2011    1 recensioni
Può una mail sconvolgere una persona? Può risolvere una separazione? La mano tesa sarà afferrata?
Genere: Sentimentale, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Erano ormai passati tre mesi da quando si erano separati.
Lui era andato in un albergo in centro città, lei era rimasta a casa dove aveva tutto il necessario per la creatura che aveva in grembo, la proverbiale goccia che aveva fatto traboccare il vaso delle bugie, del non detto, delle incomprensioni e dei pasti silenziosi. Come poteva fidarsi, lui, che fosse suo? Come poteva fidarsi, lei, che lui non sarebbe scappato abbandonandola con il bimbo?
Patrizia stava mettendo la pasta nell’acqua bollente quando il suono di una nuova mail attirò la sua attenzione sul portatile posato sul tavolo in mezzo alle bollette e al libro da riportare in biblioteca.
Considerò che aveva tempo di leggerla prima che gli spaghetti fossero pronti e si sedette sulla sedia dinnanzi al computer, sfiorando il mouse per ridestarlo dallo stato di stand-by in cui era. Un po’ come la sua vita, considerò amaramente mentre lo schermo si riempiva di colori.
Lesse l’indirizzo del mittente –quello di suo marito- e ancora più curiosa e insieme riluttante aprì il messaggio.
 
Ciao.
Come stai?
Stavo pensando che questa è stata una settimana davvero sfiancante e un fine settimana fuori sarebbe molto interessante. Questa è la prenotazione per un treno che, se ti va, ci porterà a Sirmione. Dacci una possibilità.
Venerdì alle sette in stazione ti potrebbe andar bene? Sarò lì ad aspettarti.

 
Rilesse il messaggio un paio di volte prima di capire il senso delle parole che, fin troppo evidenti, spiccavano sulla pagina bianca. Appena realizzò che suo marito voleva tornare con lei spense il computer, per restare sola. Non appena lo schermo diventò nero riaccese l’apparecchio per controllare che ci fosse davvero la prenotazione di un biglietto del treno o se fosse solo una balla –una delle tante- di Fabio.
Assicuratasi che c’era davvero si alzò meditabonda e si mise sul divano, le gambe piegate al petto e la fronte sulle ginocchia, per riflettere meglio.
Improvvisamente pensò di chiamare la sua migliore amica, Alice, che aveva sempre insistito per farla parlare della situazione. Si allungò verso il tavolino da caffè di fronte al sofà e compose il numero. Un paio di squilli e la voce raffreddata di Alice le riempì le orecchie.
“Pronto?”
“Tesoro, ciao, sono Pat. Stai cenando?”
“No, tranquilla. Tu?”
“Oh accidenti! Gli spaghetti! Ti richiamo tra due minuti!”
“Cosa? Va be’, ok. A dopo”
La donna lanciò il telefono nel catino pieno di stracci puliti nell’angolo della cucina, spense l’acqua e scolò la pasta, che era ormai diventata una massa informe giallognola. La mise nel piatto condendola col il sugo pronto che aveva comprato il giorno prima al supermercato, cercando di mescolare un po’ il tutto con la forchetta, che continuava a impastoiarsi in quella che doveva essere la sua cena. Posò il piatto sul tavolo, recuperò il telefono e chiamò l’amica raccontandole della mail e chiedendole consiglio. Passò tutta la sera al telefono, indecisa su cosa fare il giorno successivo.
 
Al mattino si svegliò alla solita ora, si vestì, fece colazione ed andò al lavoro, come se fosse un giorno qualunque, nascondendo a tutti, sotto cipria e sorrisi cortesi, il tumulto che aveva dentro.
Alle cinque, finito il suo turno, si diresse direttamente a casa di Alice che l’accolse con la valigia pronta.
“Patrizia, abbiamo un piano e lo rispetteremo, d’accordo? Sei sicura e pronta?” chiese l’amica dopo averle dato un bacio sulla guancia.
“Ehm, sì…?” tentennò la mora, non ancora convinta dell’idea dell’amica –ma soprattutto dell’eventuale fine settimana col marito- che l’attendeva da lì breve.
“Bene, andiamo con la mia macchina… ecco le chiavi, la valigia… ecco, così sei a posto” concluse sistemandole il ciuffo al volo.
 
Arrivarono alla stazione alle sei e presero un caffè per aspettare l’ora in cui Patrizia si sarebbe nascosta in macchina mentre Alice avrebbe controllato l’arrivo di Fabio.
Passarono due ore e non si vide nessuno che neanche assomigliasse vagamente al marito di Patrizia.
Alice, decisa, si diresse verso la macchina, indecisa se dire qualcosa o no all’amica.
La accolse una Patrizia particolarmente determinata e risoluta. Non la fece neanche entrare in macchina che le comunicò che voleva andare fuori a ballare, in quel posto lì.
Quel posto lì era una pub omosessuale che Alice frequentava qualche volta descrivendolo come il miglior locale del mondo ma che non aveva mai visto Patrizia al suo interno, troppo imbarazzata dai clienti e dal personale e dall’atmosfera e da qualsiasi altra cosa per seguire l’amica.
Alice l’accompagnò volentieri sebbene sentisse qualcosa che assomigliava a un presentimento di disfatta, quale fu, in un certo senso.
Patrizia si ritrovò infatti abbracciata a una quarantenne a piangere tutte le sue lacrime, raccontando a un gruppetto di sei o sette persone le sue disgrazie, ubriaca fradicia. A un certo punto della serata aveva anche iniziato a vomitare per il troppo alcol ingerito, comprato da lei prima e offerto dagli altri dopo.
Nonostante tutto, Alice non aveva fatto niente per intervenire. Le era sembrata decisa, determinata, risoluta. Una donna forte che decide di dimenticare e di affidarsi agli altri per ricevere conforto. Le era sembrata, per la prima volta dopo anni, davvero felice.
E, in qualsiasi modo Patrizia riuscisse a essere felice, a lei andava bene ugualmente.

  
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