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Autore: Clopina    16/06/2006    6 recensioni
Una ragazza e la sua amica in viaggio-studio in Inghilterra, una passeggiata a cavallo e un incontro inaspettato al di là delle loro aspettative...
Genere: Comico, Generale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: William Moseley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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WE ARE ONE
di Clopina



Oggi è veramente una bella giornata.
Siamo in pieno inverno, il tempo è un po’ incerto, e sembra quasi che voglia nevicare da un momento all’altro; ma la cosa non mi dispiacerebbe, anzi.
Dopotutto in questo momento sono al caldo a casa mia, sul divano, sdraiata, già in pigiama, a guardare un film in TV insieme alla mia più cara amica, Francesca.
Ci conosciamo dalle elementari, ora siamo alle superiori, ma siamo rimaste amiche come prima; a parte qualche piccola incomprensione ogni tanto, naturalmente, ma che sappiamo risolvere subito.
Stanotte, lei dormirà con me; i suoi le hanno dato il permesso di stare una notte a casa mia.
Sono così felice! I miei non ci sono stasera, e possiamo stare in piedi fino a tardi… Abbiamo già cenato: oggi pomeriggio, a merenda, avevamo comprato delle pizze in più, e ce le siamo mangiate.
Ancora però non abbiamo intenzione di andare a dormire: non solo per il film, in quanto non sta attirando molto la nostra attenzione, ma per i nostri racconti, e i nostri ricordi.
E i nostri rimpianti per quei momenti.
Dopotutto è da poco più di un mese che siamo tornate da un viaggio-studio a Canterbury, in Inghilterra, e ancora è bello, e divertente, forse un po’ triste perché è già tutto finito, parlare della nostra ‘avventura’.
E delle disavventure nell’avventura…
Quando la professoressa, mesi prima della partenza, ci aveva detto di questo viaggio, non avrei mai creduto di andarci, e soprattutto non avrei mai creduto che anche Francesca sarebbe venuta… invece eccoci qua, già tornate, tutte e due!
È proprio vero che il tempo vola quando ci si diverte…
Oddio, ‘diverte’; non abbiamo avuto tanto tempo per divertirci, in quanto quasi tutto il tempo siamo state ospitate in un collegio, e abbiamo frequentato la scuola inglese… più le visite guidate a diverse città, come Londra, e Cambridge.
Un’improvvisa domanda della mia amica mi riporta al presente. “Ehi, Mary, ricordi quando siamo state a Londra?”
Sorrido. ‘Mary’ è il soprannome che mi ha dato, un po’ strano a dire il vero: il mio vero nome è Maria, ma ormai le mie migliori amiche mi conoscono tutte con questo nomignolo.
Riguardo a Londra, ci stavo proprio pensando.
Stavo pensando alla piega inaspettata che avevano preso gli eventi.
“E ricordi quel giorno con i cavalli?” continua Francesca imperterrita, con un sorriso sornione stampato sulle labbra.
Sorrido di nuovo, questa volta un po’ imbarazzata. Eh, già, pensavo a questo; ma, del resto, come potrei dimenticarlo?
“Sì…” le rispondo, con un filo di voce. Non mi sorprenderei se ora aggiungesse che sono arrossita tutto d’un tratto; e neppure lei, credo.
Infatti ride, l’antipatica.
No, scherzo; non è antipatica, anzi, come già detto, è la mia migliore amica.
È la situazione in sé, che è imbarazzante.
Se ricordo quel giorno, arrossisco: mi viene naturale.
Se ricordo quel giorno, lo rimpiango: forse anche questo è naturale.
Ricordo ancora tutto nei minimi particolari…


As you go through life you'll see
There is so much that we
Don't understand

And the only thing we know
Is things don't always go
The way we planned


Tutto successe prima del nostro ritorno in Italia.
Durante tutto il nostro soggiorno, io e Francesca non ci eravamo mai separate, sebbene ci fossero con noi una quindicina di altri studenti, di diverse scuole, e ne conoscevamo alcuni.
Era stato proposto una specie di ‘smistamento’ per formare diversi gruppi; ma io e lei ci siamo impuntate e siamo rimaste insieme. E alla fine ci è stato permesso, anche se avrebbero preferito formare gruppi ‘misti’.
Quel giorno decidemmo quindi di fare una pausa dallo studio, e di noleggiare dei cavalli per una passeggiata.
La professoressa ovviamente non c’era, eravamo libere di fare ciò che volevamo, con la promessa che saremmo tornate in albergo per la cena; inutile dire che avevamo accettato al volo la sua ‘offerta’, e accettato le condizioni senza fiatare.
I cavalli li avevamo presi in un maneggio (quanti giri a vuoto per trovarlo!), e non era stato facile convincere il proprietario sul fatto che sapevamo cavalcare… aveva voluto perfino vederci all’opera, prima di darceli, finalmente. Io non sono male; avevo preso lezioni, in Italia: amo i cavalli e l’equitazione. Anche Francesca se l’era cavata bene, sebbene non aveva mai cavalcato in vita sua, se non da piccola.
A me avevano dato un cavallo nero, che chiamai Carbone per il tempo della nostra passeggiata – non sapevo il suo vero nome – mentre alla mia amica era toccata una femmina palomino, che però chiamava Fiocco di Neve. Passata la perplessità del primo momento che la sentii chiamare, cominciai ad accettare quel nome così fuori luogo – del resto come lei con il mio.
Avevamo un’ora e mezzo di tempo; ci incamminammo così verso la campagna.
Lì perlomeno non avremmo incontrato nessuno! O almeno così pensavamo. Non sapevamo quanto ci sbagliavamo…
Era bello però poter parlare di nuovo un po’ l’italiano, anche tra di noi! La prof preferiva che parlavamo l’inglese, per abituarci, ma ora ne voleva un po’ troppe…! L’inglese sì, ma con gli inglesi. Tra di noi il buon vecchio italiano era d’obbligo!
Comunque era una bella occasione per parlare del livello raggiunto con lo studio… La professoressa del collegio inglese era abbastanza contenta del nostro livello, e questo aveva accresciuto ancora di più l’orgoglio della nostra prof… Quanto ci aveva lodato, al ritorno in albergo! Peccato che quando fu uscita dalla camera io e Francesca ci siamo guardate e non abbiamo potuto far a meno di scoppiare a ridere… Tutto pensavamo meno che i complimenti per il nostro livello d’inglese, che consideravamo disastroso!
Ma questa è un’altra storia.
La campagna era davvero silenziosa, quel giorno; forse anche un po’ troppo, ma era bello lo stesso.
Mi sarebbe piaciuto però sentire il canto di un uccello, o vedere uno scoiattolo…
Nel cielo, una nuvola si spostò, lasciando passare un raggio di sole.
Abbagliata, abbassai la visiera del mio cappello, e con la coda dell’occhio vidi Francesca che faceva lo stesso. Era stato sempre nuvoloso il tempo durante il nostro soggiorno, e dopo quasi una settimana il Sole mi dava fastidio agli occhi.
Ma non durò molto; un’altra nuvola prese il posto di quella di prima, ricoprendo il Sole del tutto.
“Speriamo che non piova,” sentii dire la mia amica.
La guardai perplessa, poi rialzai lo sguardo verso il cielo: in effetti, le nuvole cominciavano ad addensarsi, ed erano molto più numerose di quando eravamo partite.
“Oh,” feci io. “Beh, tanto è quasi finito il tempo…” aggiunsi sconsolata, lanciando un’occhiata all’orologio.
“Già, è vero…” rispose lei. “Allora forse ci conviene cominciare a tornare indietro, che dici?”
Annuii, e tirai leggermente le redini verso destra, per far girare il mio cavallo. Francesca mi imitò e riprendemmo a camminare.


But you'll see every day
That we'll never turn away
When it seems all your dreams come undone

We will stand by your side
Filled with hope and filled with pride
We are more than we are
We are one


Dopo alcuni metri, sentimmo un rumore di zoccoli, che però non era dei nostri cavalli; sembrava che qualcuno stesse venendo dalla parte opposta alla nostra.
Ci guardammo, poi la mia amica sospirò; non era possibile evitarli, la strada non aveva biforcazioni… Scossi le spalle, poi feci aumentare la velocità al mio cavallo. Francesca fece lo stesso.
Capivo il timore della mia amica; aveva paura che i cavalli si innervosissero, incontrando qualcun altro, e lei non era una grande cavallerizza; veramente, anch’io mi sarei trovata male, se Carbone si fosse innervosito.
Ma il destino ci – anzi, mi – giocò un buffo scherzo.
Passammo una curva, e ci incontrammo finalmente con gli altri cavalieri; ma ebbi appena il tempo di volgere loro lo sguardo, che mi impietrii.
Sentii il respiro che mi venne meno; ero sempre stata una ragazza timida, che si emozionava per niente, ma ora come ora stavo per svenire.
Là, sul suo cavallo baio, stava seduto nientepocodimeno che William Moseley, l’attore che ha interpretato Peter ne ‘Le Cronache di Narnia’, l’attore di cui mi ero innamorata a prima vista… al cinema.
Ripensandoci ora sembra che sia stato tutto un sogno, tanto fosse impossibile, ma è la pura realtà: il mio più grande sogno si era realizzato, lo avevo visto dal vivo, peccato che non fossi preparata per niente ad una simile eventualità!
Ripensandoci ora ci rido sopra, per la grande figuraccia che devo aver fatto; come Francesca non può fare a meno di ricordarmi ogni dieci minuti.
In quel momento, però, l’unica cosa che so per certo è che il mio cervello si fosse in qualche modo scollegato, in quanto restai a bocca aperta e con gli occhi spalancati per una buona manciata di minuti; quando me ne accorsi, scossi velocemente la testa e abbassai lo sguardo sulla criniera nera del mio destriero: mi sentivo bruciare, segno che avevo assunto una vivace tonalità color pomodoro.
Mi giunse il suono cristallino della sua risata, così ancora più imbarazzata, mi obbligai a rialzare lo sguardo; la prima cosa che notai fu che Francesca mi stava guardando con una strana espressione, come se mi credesse pazza, e se possibile mi sentii ancora peggio.
A questo punto mi sarei volentieri sotterrata dalla vergogna.
Mi voltai poi verso di lui, e provai, con tutta me stessa, a vincere l’imbarazzo, e anche se fu tutto inutile, riuscii a rivolgergli un debole sorriso, per poi tornare a fissare la testa del mio cavallo.
Per un attimo pensai che fingere di svenire non doveva essere una cattiva idea, per mettere fine a quell’immensa figuraccia di cui ero protagonista… ma poi pensai che cadere dalla groppa di un cavallo non doveva essere molto piacevole, quindi archiviai l’idea.
Lottai con tutta me stessa, e alla fine riuscii a far uscire dalle mie labbra un flebile “Hi”, così piano che se ci fosse stato solo un filo in più di vento lo avrebbe portato via.
Lui rise ancora. “Hello, Lady,” mi rispose.
Se fosse stato possibile, sarei arrossita ancora di più; ma credo di aver raggiunto il limite, in quei pochi minuti.
Forse spinta dal “Lady”, che mi ricordava molto Narnia, rialzai la testa, e questa volta lo guardai direttamente in viso.
I miei occhi scuri incontrarono i suoi, e subito mi persi nel suo sguardo, completamente ammaliata da quegli occhi chiari, profondi, così diversi dai miei...
All'improvviso Francesca tossì, e l’incanto si spezzò.
Certo che dovevo sembrare proprio stupida… stare lì, impalata, a fissarlo non era di sicuro il genere di cose che fa una persona con un po’ di cervello! E io pensavo di star sprofondando sempre di più nel ridicolo…
Fortunatamente ritrovai il coraggio di guardarlo senza sembrare un ebete (tanto ormai peggio di così non poteva andare!) e gli sorrisi di nuovo, questa volta naturalmente, non la smorfia che doveva essermi uscita prima.
Ma non potevamo restare lì fino a sera, anche se sotto sotto lo avrei desiderato con tutta me stessa; così spronai il mio cavallo, che riprese a camminare, e lo feci passare – con una manovra drastica – vicino a quello di lui.
Quando ci trovammo fianco a fianco mi voltai e gli sussurrai un “Goodbye” un po’ più forte del saluto di prima, sebbene la voce ancora tardasse a tornare del tutto. “Bye!” rispose lui, col suo sorriso meraviglioso, e spronò il suo destriero a sua volta.
Lo guardai allontanarsi fino a che non sparì dopo una curva, e a quel punto seppellii il mio viso tra la criniera scura del cavallo.


If there's so much I must be
Can I still just be me
The way I am?

Can I trust in my own heart
Or am I just one part
Of some big plan?


“Che figuraccia…” pigolai, senza rivolgermi a nessuno in particolare, se non a me stessa.
“Perché?” chiese Francesca.
Mi voltai verso di lei con un’espressione omicida; possibile che mi stesse prendendo in giro, o non aveva riconosciuto il giovane attore? Optai per la prima ipotesi.
“Come perché?” risposi, con voce un po’ più alta del normale. “Cioè… hai visto anche tu che figuraccia che ho fatto… con lui…” continuai, abbassando il tono.
“E allora? Tanto non lo rivedi più – forse!”
“E allora? Sempre una figuraccia è! E proprio con lui…” dissi ancora sommersa nella criniera.
“Ma chi diavolo è ‘sto tipo? Ne parli come se lo conoscessi…” domandò lei, voltandosi per guardarmi. Uscii un attimo dal mio ‘nascondiglio’ per studiarla. Sembrava sincera.
“Ma davvero non sai chi è?” le chiesi, rispondendo alla sua domanda con una domanda.
“No!” rispose lei. “Perché, dovrei saperlo?” aggiunse, notando la mia espressione.
“È un attore!” dissi quasi sussurrando. “È quello che ha fatto Peter nelle ‘Cronache’!”
“Davvero?” sembrava stupita davvero.
Annuii.
“Beh, il film non l’ho visto… però…” riprese.
“Però?”
“Però… mi sembrava un viso familiare” concluse, pensierosa.
Non risposi.
Lei notò il mio stato d’animo, perché disse “Dai Mary, tirati su, non hai fatto una figuraccia!”
“Davvero non l’ho fatta?” le chiesi, perplessa.
“Cioè, un po’ forse sì… però non del tutto, dai! Ti sei ripresa bene alla fine” rispose, sorridendo stranamente.
“Mi stai prendendo in giro, forse?” mi alzai diritta, sorridendo anch’io, involontariamente.
“Nooooo” fece lei, poi fece partire il cavallo al trotto.
Ridendo, la seguii, anche perché avevo sentito una goccia di pioggia sul mio naso, e il tempo non prometteva nulla di buono.
In poco infatti comincio a piovere, ma non era la fredda pioggia d’inverno, ma un’adorabile pioggerellina leggera, per fortuna; ci prese quando eravamo ancora sulla strada, e una volta arrivate al maneggio sembravamo due spugne. I cavalli sembravano essersi divertiti molto sotto l’acqua, noi un po’ meno.
Il proprietario, da brava persona che era, ci permise di rimanere dentro fino a che la pioggia non si calmasse, e ci offrì anche un caffè.
Una volta smesso di piovere, lo ringraziammo e salutammo, e corremmo come due pazze fino alla fermata del bus, temendo che ricominciasse, e tornammo in albergo, in tempo per la cena; inutile parlare della felicità della professoressa vedendoci tornare per prime: a quanto pareva gli altri erano ancora in giro.
“Cosa avete fatto di bello, ragazze?” ci chiese, tutte e tre sedute su delle poltrone vicino al fuoco.
“Oh, prof, sapeste…” rispose Francesca, e sia lei che io scoppiammo a ridere.
La professoressa sorrise.
“Oh, niente di che, prof… abbiamo fatto un giro” aggiunsi io, temendo che l’insegnante potesse sospettare qualcosa che non era vero.
Per il resto la cena passò tranquilla, a parte la sera in camera, durante la quale – fino alle due di notte – la mia dolce amica mi ricordava continuamente della mia figuraccia…


Even those who are gone
Are with us as we go on
Your journey has only begun

Tears of pain, tears of joy
One thing nothing can destroy
Is our pride, deep inside
We are one


Tornando ad oggi, non posso fare a meno di stupirmi per tutte le emozioni che ho provato nel vedere un attore, che in fondo altri non è che un ragazzo quasi della mia età, e che tutta la vergogna e il desiderio di sotterrarmi che ho provato in quel momento non fossero altro che sentimenti un po’ stupidi.
Certo, mi dico, è facile pensarlo così, soprattutto adesso, ma trovarsi lì… è tutta un’altra cosa.
“Che facciamo, andiamo a dormire?” mi chiede Francesca.
Scuoto la testa per liberarla dai pensieri e la guardo; è già in piedi, e ha spento la televisione.
Mi sembrava troppo silenzioso.
Sorrido, e annuisco, sbadigliando.
Un giorno forse mi renderò conto della stupidità di quel momento magico, e allora, quando guarderò i suoi film o qualche sua immagine, su riviste o Internet, smetterò di arrossire involontariamente, ripensando alla strana avventura che ho vissuto insieme alla mia amica.


We are one, you and I
We are like the earth and sky
One family under the sun

All the wisdom to lead
All the courage that you need
You will find when you see
We are one



A/N: Evvai, sono riuscita finalmente a finire questa fic ^o^
Tengo a precisare che gli avvenimenti sono tutti frutto della mia fantasia, e che non ho mai incontrato William, anche se mi piacerebbe.
Ovviamente, con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona in quanto non la conosco nella realtà, nè offenderla in alcun modo.
La canzone, “We are one”, è ripresa da “Il Re Leone II”, ed è di proprietà di chi l’ha composta e/o cantata, naturalmente.
Grazie per aver letto, se siete arrivati fino a qui, e se avete tempo lasciate un commento, grazie! :D

  
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