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Autore: dubhefly    09/10/2011    2 recensioni
Anna ovunque si volti vede la fine. Vede l’avvicinarsi della Catastrofe, lo vede scritto su tutti i muri della città con indelebili spray fosforescenti, a caratteri cubitali. [Ispirata a "Il liberismo ha i giorni contati" dei Baustelle.]
Genere: Drammatico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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blabla

- Ho scritto questa storia a Luglio ma, non so perchè, non avevo ancora pensato a pubblicarla.-

Tramonti

E’ difficile resistere al Mercato, amore mio
Di conseguenza andiamo in cerca
di rivoluzioni e vena artistica

Anna già lo sa, non la chiamerà più nessuno. Guarda con occhi spenti lo schermo nero del cellulare e poi, con un gesto d’ira e noncuranza, lo getta in uno degli innumerevoli bidoni d'immondizia che s’appoggiano alla parete del condominio di periferia in cui vive.

Anna si sente come se fosse cieca, sorda e muta, non trova un senso. Le sue vacue speranze, le sue illusioni, il suo futuro, non hanno un senso. Lei stessa non ha senso.

Anna ovunque si volti vede la fine, nei sacchi dei cinesi, nella sarabanda dei sorrisi ipocriti delle commesse al centro commerciale, nelle facce sciupate delle persone che prendono stancamente la metropolitana dopo una giornata di lavoro, nell'aria grigia attorno alle alte ciminiere della zona industriale. Vede l’avvicinarsi della Catastrofe, lo vede scritto su tutti i muri della città con spray fosforescenti, a caratteri cubitali.

Anna s’affretta verso casa, guardandosi intorno timorosa. Non si fida più di nessuno ormai, tutti mentono, tutti fingono di essere altruisti mentre in realtà vogliono solo soddisfare i propri interessi. Il mondo non è niente di più che una grande spazzatura, piena zeppa di pensieri, azioni e gesti maleodoranti. Ma lei almeno ora lo sa, l’ha capito. Lei può difendersi, può chiudere la porta di casa sua e ingannare il mondo di fuori, può rannicchiarsi nel suo letto, ormai perennemente sfatto, tirare su le coperte e chiudere gli occhi respirando senza far rumore, può quasi fingere di essere morta.

Anna una volta credeva anche lei, nella giustizia, nella libertà, nel diritto d’opinione, in tutti quei bei valori che fanno sentire importanti, che fanno sentire come se si avesse realmente la possibilità di scegliere. Ora non crede più in niente, ora se qualcuno le chiedesse per cosa vive lei abbasserebbe lo sguardo a terra senza dare una risposta. Probabilmente allora qualcuno di particolarmente insistente, uno di quelli che vogliono per forza aiutare e salvare tutti da tutto, comincerebbe a parlarle dell’importanza del vivere per gli altri, del nessun uomo è un’isola, dell’amore.

L’amore, ah l’amore. Anna ci credeva una volta, disperatamente. Lei ci si era aggrappata con tutta la forza a ciò che pensava fosse amore. Aveva gettato la sua mente allo sbando, si era torturata, deturpata e maltrattata senza nessun ritegno per amore, alla ricerca di qualcosa che le lacerasse la carne, che le bruciasse nelle vene. Alla ricerca di qualcosa che la facesse sentire davvero viva. Ora ha dato un taglio netto a tutto ciò. Ora non sa nemmeno più cosa significasse quella parola banale. Il sangue nelle sue vene scorre freddo e la carne le riveste molliccia il corpo fragile.

Anna ora cerca solo l’oblio, come può, arrangiandosi con mix di farmaci e bottiglie di superalcolici a basso prezzo.

Anna però a volte riesce ancora a ritrovare se stessa per brevi momenti. Capita che di sera, subito prima d’addormentarsi, senta qualcosa dentro di lei, qualcosa che le prude, qualcosa che freme. Allora in uno stato di semi coscienza toglie le coperte che la ricoprono fino alla cima della testa e si alza, inquieta. Gira per la stanza, cammina disperata in circolo, sbatte i piedi, sperando ritorni in lei la tranquillità necessaria per sprofondare in un profondo sonno senza sogni, ma è tutto inutile. Si avvicina quindi al tavolino traballante di fianco alla finestra, quello che da ormai dieci anni avrebbe dovuto almeno tentare di aggiustare. Si siede, cercando di trovare una posizione comoda sull’orrido sgabello comprato a una svendita di mobili usati, e spalanca la finestra. Fuori è ancora chiaro, da tempo ormai Anna và a dormire appena finito di cenare. Anna guardando il cielo prende un foglio stropicciato dalla pila di quelli ammucchiati sul tavolino e comincia scrivere. Scrive frenetica, calcando sul foglio con la sua Bic consumata. Riempie un foglio dopo l’altro, con la sua scrittura storta e disordinata. Non rilegge mai le sue parole, ne ha il terrore, perchè Anna compone poesie. Poesie sulla Catastrofe.

Quando poi la mano comincia a dolerle troppo e il sonno torna ad incidere Anna si blocca, ripone i suoi fogli in una cartelletta e alza lo sguardo verso la finestra. Spesso le capita di vedere il sole, che s’appresta a scomparire dietro le montagne, immerso in quella strana luce rosa-aranciata così calda. Anna pensa con invidia al sole, il sole che ogni sera muore e ogni mattino rinasce, senza perdere neanche un po’ del suo splendore. Anna crede che se qualcuno le chiedesse “che cosa vuoi?” lei risponderebbe “tramonti”.

**

Diciamo che questa storia è frutto di un ascolto prolungato dei Baustelle. Infatti il personaggio di Anna, la storia in generale, è liberamente ispirata alla canzone “il liberismo hai giorni contati”, da cui ho preso anche la citazione iniziale u.u Perdonatemi se ho lavorato un po’ troppo di fantasia riguardo al significato della canzone <_<


  
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