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Autore: Deilantha    10/10/2011    7 recensioni
Pasi è una diciannovenne impulsiva e socievole, dal futuro incerto ma dal buon cuore, che vive una situazione di conflitto in famiglia, sentendosi sempre la pecora nera rispetto ad una sorella apparentemente perfetta. Provando un vuoto affettivo tra le mura domestiche, Pasi si circonda di amici, che reputa la sua vera unità familiare.
Emile è il suo esatto opposto: non è un tipo socievole e vive esclusivamente per la musica, sul cui argomento è terribilmente arrogante. Ma il suo modo di essere così rigido e poco aperto agli altri, nasconde un dolore che il ragazzo si porta dietro dall’infanzia, dovuto ad una madre caduta vittima della depressione quando lui era ancora in fasce.
Emile e Pasi si scontreranno la prima volta che si vedranno, ma le loro vite sono destinate ad incrociarsi e farli crescere nella reciproca conoscenza.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Filrouge'
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Capitolo 9





 

 

Salii di corsa anch’io le scale e mi diressi subito in camera di Claudine: il signor Alberto stava strappando convulsamente le lenzuola del letto creando delle fasce e correva nel bagno, Emile era rimasto a guardare per la frazione di un secondo, poi si era precipitato giù a chiamare un’ambulanza. Ascoltando le sue parole capii cos’era accaduto: Claudine aveva tentato di uccidersi tagliandosi le vene!

L’ambulanza come al solito avrebbe impiegato troppo tempo per arrivare al pronto soccorso, così decisero di portare personalmente la donna in ospedale: aiutai ad aprire gli sportelli dell’auto e ad adagiare la signora che per fortuna respirava ancora, anche se era incosciente e mi offrii di stare seduta accanto a lei  sul sedile posteriore.

«Tu stanne fuori!» urlò Emile in mia direzione.

«No, io vengo con voi.» replicai senza battere ciglio.

«Non è una cosa che ti riguarda!» si girò improvvisamente a guardarmi con il volto furioso per la preoccupazione, ma io non cedetti, ero seriamente preoccupata per Claudine e volevo stare accanto anche alla sua famiglia.

«No Emile, io vengo con voi. Sono preoccupata anch’io e mi sento coinvolta, dato che ero qui quando l’avete trovata ed è meglio non stare a perdere tempo in inutili chiacchiere ora.»

Gli parlai senza alzare la voce ma con tono deciso, pensando al modo in cui Fede era riuscito a farsi ascoltare da lui e sembrò fare effetto, perché smise di ribellarsi e mi permise di salire in auto.

Fu una corsa senza fine: Alberto guidava, Emile gli era accanto, io ero proprio dietro di lui e non riuscivo a guardarlo in viso, ma dal silenzio opprimente che c’era in quell’auto si comprendeva la gravità della preoccupazione di entrambi. Avevo la testa di Claudine sulle gambe e scorsi i due polsi insanguinati adagiati sul suo corpo. Emile mi aveva raccontato che sua madre aveva già tentato tre volte di uccidersi e con questo si arrivava al quarto… Quante altre volte avrebbero dovuto fare una simile corsa contro il tempo finché non fosse stato troppo tardi? Non osavo trovare una risposta a quella domanda.

Arrivati al Pronto Soccorso gli infermieri erano già pronti con la barella; dissi ad Alberto che mi sarei occupata io del parcheggio dell’auto, in modo da permettere a lui e suo figlio di correre dentro immediatamente: mi diede una pacca sulla spalla in tutta fretta e mi consegnò le chiavi.

Fortunatamente trovai subito parcheggio e fui in grado di raggiungerli in poco tempo: Claudine era già sotto controllo medico, Alberto era andato a sbrigare le pratiche di ricovero, Emile era in piedi nel corridoio, immobile.

«Vedrai che ce la farà, l’abbiamo portata qui in tempo, tornerà presto a casa da...» Emile ignorò totalmente quello che gli stavo dicendo e dandomi le spalle si allontanò. Volevo seguirlo, ma volevo anche sapere come stesse Claudine: per fortuna Alberto arrivò quasi all’istante e chiesi a lui delucidazioni.

«Le hanno detto qualcosa? Come sta?»

«La stanno controllando ora, ma credo che sia fuori pericolo, l’ultima volta c’era molto più sangue in giro e si è salvata» quindi anche la volta precedente aveva tentato di dissanguarsi!

«Gliel’avevo detto di togliere quelle forbici da lì, Sabrina lo sapeva che non doveva dimenticarle assolutamente in quel bagno!» Alberto sprofondò su una sedia con la testa tra le mani ed io rimasi per un momento impassibile, poi mi accomodai accanto a lui e gli poggiai una mano sulla spalla:

«Adesso non ci pensi, per fortuna è stato velocissimo ad accorgersene, se la signora se l’è cavata in condizioni peggiori, stavolta non ci saranno problemi, non si disperi.»

Alberto in tutta risposta alzò la testa e mi osservò per un momento che mi parve eterno, poi poggiò una mano sulla mia:

«Grazie, sei una cara ragazza. Vai da Emile, avrà di sicuro più bisogno di te in questo momento.» Feci un cenno di assenso e mi precipitai in sua ricerca.

Lo trovai in una saletta d’attesa: mi dava le spalle e guardava fuori dalla finestra.

«Emi…»

«Si dice che non ci sia due senza tre… a quanto sembra è vero anche che non c’è tre senza quattro e di sicuro ci sarà anche un cinque e un sei e un sette... finché arriverà il giorno in cui allenteremo la guardia o arriveremo un secondo più tardi e non ci sarà più scampo!» Emile stava dando voce ai miei stessi pensieri, a cui non riuscivo a dare una risposta che mi consolasse, per cui rimasi in silenzio.

«Per quanto ancora dovremmo venire qui a “salvarla” se lei non vuole più stare con noi? È poi giusto farlo? È giusto legarla al nostro desiderio egoistico di averla con noi? Forse se la lasciassimo andare una volta per tutte, sarebbe finalmente felice!»

«Non puoi parlare così Emile! Tu saresti il primo a soffrirne se la perdessi!»

«Quello che provo io non ha importanza, si è sacrificata abbastanza per me, è ora che abbia la sua pace.»

«Ma anche tu ti sacrifichi per lei, come lo fa tuo padre, è il vostro amore che ve lo fa fare…»

Improvvisamente si voltò:

«Non capisci! È colpa mia! È tutta colpa mia! Se non fossi nato, se non mi avesse avuto non sarebbe caduta in depressione, se il suo amore per me non fosse stato così grande, avrebbe potuto abortire e rifarsi una carriera ed oggi sarebbe felice! È tutta colpa mia, io non dovevo nascere dannazione!»

Il suo viso era una maschera di tormento e disperazione, i suoi occhi erano di un azzurro intenso e mi apparivano più grandi del solito, contornati da un arrossamento che indicava l’inizio di un pianto a dirotto, che di sicuro cercava di trattenere, stringendo convulsamente le mani in due pugni serrati. Ero pietrificata, non l’avevo mai visto così fragile e disperato e non avevo ancora compreso davvero la tortura che viveva dentro, il conflitto interiore e il senso di colpa che sentiva per essere vivo: Emile colpevolizzava se stesso per essere nato!

Tante volte mi ero sentita fuori posto nella mia famiglia, ma mai avevo provato un simile senso di colpa e disperazione! Avevo invidiato la sua famiglia e il rapporto così schietto con suo padre ed ora invece mi rendevo conto che dentro di sé, Emile aveva una disperazione profonda che non poteva essere lenita.

Tornò a darmi le spalle e vidi la sua schiena tremare: di sicuro stava lottando contro le lacrime e non voleva farsi vedere da me in quello stato.

A quel punto persi ogni dubbio, ogni inibizione: corsi in sua direzione e l’abbracciai appoggiandomi alla sua schiena tremante.

«Non dire più sciocchezze simili Emile! La tua vita è un dono, non è una punizione, nulla di ciò che è fatto per amore è sbagliato! E sono sicura che la tua presenza è una gioia per molte persone, che si dispererebbero se tu non ci fossi! I…io ti amo Emile e se tu non esistessi, nella mia vita ci sarebbe un vuoto incolmabile.»

«No. Non devi amarmi, non voglio che tu mi ami! Mia madre ha perso se stessa per amor mio, mio padre ha abbandonato il suo sogno e il suo talento, spaccandosi la schiena con un lavoro che non rende giustizia alle sue qualità, solo per amore. A che serve amare se si rinuncia a se stessi?»

Avevo trovato la forza di accettare ciò che provavo per lui nel momento in cui speravo che le mie parole gli fossero di conforto, ma la sua reazione fu più dura di quanto avessi immaginato. Emile s’incolpava per essere nato e metteva distanza tra sé e gli altri perché temeva l’amore! Temeva quel sentimento così forte che trascinava via la razionalità e tutti i sogni personali. Temeva di perdere se stesso o che qualcuno lo facesse per amor suo: quanto eravamo simili e opposti nelle nostre paure!

Ciononostante, aveva bisogno di sentirsi amato, come ogni essere umano, perché non fece nulla per staccarsi da me: le sue parole mi cacciavano, ma il suo corpo tradiva ciò che sentiva davvero.

«Io non rinuncerò mai a me stessa per amore! Ho troppo orgoglio per buttarlo al vento e vivere solo in funzione della felicità altrui. E non ho intenzione di allontanarmi da te! Puoi anche cacciarmi, evitarmi, puoi tornare a guardarmi con astio come la prima volta che ci siamo incontrati, ma io non mi allontanerò da te Emile! L’amore non è una maledizione e te lo farò capire in un modo o in un altro!»

Lo strinsi più forte a me, pronta a ricevere il contraccolpo del suo corpo che voleva allontanarmi, invece sentii i suoi singhiozzi e il suo corpo tremante che cedeva al pianto.

Rimanemmo così per quello che mi sembrò un tempo eterno, sospesi in quel momento di dolore, conforto, e più pura umanità, finché Emile cadde in ginocchio, cedendo alla fatica e alla sofferenza troppo a lungo repressa ed io mi accoccolai accanto a lui, adagiando la sua testa su di me, in modo che potesse appoggiarsi e sfogare tutto il suo dolore.

 

*****

 

Emile pianse tutte le sue lacrime: lo tenni stretto a me con la sensazione che potesse spezzarsi da un momento all’altro; mai prima di allora provai un desiderio così forte di proteggere qualcuno.

Tra le mie braccia, quello che solo qualche settimana prima avevo considerato un saccente borioso pieno di sé, in quel momento aveva l’aria di essere solo un bambino impaurito, con un bisogno enorme di essere amato e una solitudine interna di proporzioni immani.

Restammo in silenzio, ogni parola era superflua in quel momento: c’eravamo solo io e lui e il calore umano che stavamo condividendo. Sfinito dal lungo pianto, Emile finì per addormentarsi ed eravamo ancora in quello stato quando Alberto ci trovò: restò ad osservarci per qualche secondo con la commozione negli occhi, poi si accoccolò accanto a me e ci abbracciò. Ero restia a smuovere Emile per non svegliarlo, così rifiutai quando suo padre volle spostarlo e rimanemmo per un po’ seduti a terra, in quella saletta, a parlare.

«Ti abbiamo rovinato la serata.» esordì Alberto in tono dispiaciuto.

«Ma che dice? Ho scelto io di venire con voi. So che può sembrare assurdo ma… io voglio davvero bene a sua moglie e sono preoccupata sul serio!»

 Alberto sorrise dolcemente:

«Prima di tutto, smettila di darmi del lei, mi fa sentire vecchio! E chiamami Alberto!»  ricambiai il suo sorriso e feci un debole cenno d’assenso «Grazie per essergli accanto. Credo di non averlo mai visto così vulnerabile come in questo momento… finalmente è riuscito ad aprirsi con qualcuno!»

Il viso di Alberto emanava amore e preoccupazione e sentii il desiderio di rassicurarlo, anche se non sapevo come:

«Vorrei poter fare qualcosa in più per lui…»

«Stai già facendo tanto, credimi! Emile non si apre  con nessuno. Io e lui parliamo sempre e sin da quando era bambino ho voluto instaurare un rapporto schietto tra noi, ma per quanto possa parlarmi apertamente, non mi ha mai mostrato il dolore che si porta dentro. È sempre stato un bambino tranquillo e responsabile… fin troppo! Forse perché non sentendosi protetto, ha deciso di contare solo su se stesso.» Alberto s’intristì, avvolto dal senso di colpa per non essere stato un padre presente.

«No si... ti sbagli! Emile ha capito benissimo i sacrifici che ha…i fatto per lui! Io credo che non volesse essere un peso, comportandosi da irresponsabile senza rispetto per il tuo duro lavoro!»

In quel momento all’improvviso vidi con gli occhi della mente mia sorella e ricordai le sue parole:  “Devo farli gioire perché loro mi hanno messo al mondo e si prendono cura di me da sempre e voglio essere degna del loro amore”, ma accantonai quel pensiero che in quel momento rappresentava solo un fastidio.

Gli occhi di Alberto si velarono per un attimo di commozione:

«Claudine era una cantante all’inizio della sua carriera, ma aveva già ricevuto dei riconoscimenti per la sua musica, stava per lanciare l’ultimo album quando ci siamo conosciuti. Era bella ed eterea, venne ad una mostra che stavo tenendo a Parigi: ero arrivato in Francia in cerca di successo e quella doveva essere il mio trampolino di lancio.» 

Il padre di Emile stava tornando indietro nel tempo con la mente e vidi il suo volto illuminarsi al ricordo di quei momenti.

«Appena ci conoscemmo, capimmo che eravamo fatti l’uno per l’altra e lei me lo disse seduta stante. Era così vitale, così felice! Il solo vederla o anche il pensarla mi faceva stare bene… in tre mesi decidemmo di sposarci! Ma non avevamo fatto i conti con la stampa e il giudizio popolare. La casa discografica non gradì questa decisione: Claudine aveva appena vent’anni e volevano dare di lei l’immagine di una ragazza fresca e “pura”, quest’idea di sposarsi non collimava con quelle della casa discografica, così le imposero di scegliere tra carriera e amore: non batté ciglio e scelse me, convinta di riuscire a riprendersi in futuro la sua carriera… Ma dopo poco rimase incinta, così decise di dedicarsi alla famiglia. Ce ne andammo dalla Francia: la famiglia di Claudine non l’aveva mai amata poiché era la figlia di un adulterio. Sua madre l’aveva avuta con un altro uomo e la testimonianza è qui accanto a noi: nella famiglia di Claudine nessuno ha i capelli rossi.»

Guardai la testa fiammeggiante di Emile: si portava addosso anche quell’eredità allora!

«Claudine si innamorò della casa in cui viviamo e la comprò su due piedi: la serra venne trasformata in un laboratorio, in modo da ricavare uno spazio per me e la mia arte.» ripensai a quella stanza luminosa tappezzata di tele e a quel cavalletto abbandonato in un angolo, testimonianza di un sogno accantonato... «Eravamo felici, ma sapevo che Claudine sentiva la mancanza del canto… poi arrivò Emile e dopo il parto iniziarono le crisi depressive. All’inizio erano normali sfoghi di pianto: aveva sognato di essere una madre perfetta, come quella madre che aveva avuto accanto per pochi anni, ma Claudine era giovane e non aveva mai avuto figli: alle prime disattenzioni iniziò a sentirsi incapace…  Dopo le prime crisi di pianto iniziò a rifugiarsi in salotto per ascoltarsi, senza più badare al bambino. Un giorno trovai  Emile che piangeva disperato nella culla e lei che cantava in salotto felice. Decisi allora di ricoverarla e di abbandonare la carriera artistica: la mia famiglia aveva bisogno di me ed era più importante di qualsiasi ambizione.»

Non vidi traccia di rimpianti sul viso di Alberto: aveva rinunciato a se stesso anni prima, ma il suo amore era così grande da essere felice della sua scelta anche a distanza di tanto tempo. Com’erano state infantili e sciocche le mie storie d’amore in confronto ad un sentimento così grande e puro! Sarei mai stata in grado di rinunciare così a me stessa senza rimpianti? Forse aveva davvero ragione Simona, ero un’immatura egoista!

«La stampa iniziò ad incuriosirsi sulle nostre vicissitudini familiari, stuoli di paparazzi e curiosi iniziarono a bussare alla nostra porta con finta solidarietà solo per poter spettegolare… Quando Emile frequentava le scuole elementari, alcuni suoi compagni di classe furono spediti a casa nostra, per permettere ai loro genitori di venire a curiosare e da allora mio figlio non permette a nessuno di oltrepassare la porta di casa. E se si verificava un’eventualità simile, ha sempre fatto sì che andassero via presto.»

Ripensai alle battute sarcastiche sulle condizioni di sua madre che fece quel giorno al parco quando litigammo: il suo era un modo di testare la sincerità degli altri, voleva spaventare i curiosi allontanandoli con frasi plateali, in modo che non disturbassero la sua famiglia! Emile si era costruito una spessa corazza intorno a sé…

«Alberto… tu sei stato un padre eccezionale, non devi accusarti di nulla! Ciò che Emile conserva dentro di sé è frutto del suo carattere e non del tuo comportamento! I genitori fanno quello che possono, ma i figli sono persone indipendenti con caratteri spesso differenti e non per questo manca l’amore o il riconoscimento dei meriti  verso chi ha dato loro la vita!»

Mi guardò con affetto e mi poggiò un braccio intorno alle spalle:

«Sei proprio una ragazza saggia!» sì certo, a parole ero saggia ma perché non avevo mostrato la stessa saggezza e comprensione verso la mia famiglia?

 

 

*****

 

Claudine rimase ricoverata all’ospedale e Alberto restò lì per la notte: avrei voluto dargli il cambio ma il giorno dopo avrei avuto il mio primo giorno di lavoro e non potevo assentarmi o presentarmi senza aver dormito; così il padre di Emile chiese a suo figlio di accompagnarmi a casa. Quest’ultimo da quando si era risvegliato non mi aveva rivolto la parola… Non che ce ne fosse stata occasione: ci dirigemmo direttamente nella camera di Claudine e dopo poco Alberto ci disse senza troppe cerimonie che era inutile che noi due restassimo lì. Così volenti o nolenti, ci ritrovammo insieme soli in quell’auto. Non volevo che Emile scoprisse che non abitavo con i miei, ma del resto non conoscendo l’ubicazione della casa in cui avevo abitato fino a qualche giorno prima, nessuno poteva impedirmi di fingere che l’appartamento di Rita fosse la mia vera abitazione. Ero immersa in quelle elucubrazioni machiavelliche quando il mio accompagnatore, finalmente si decise a parlare:

«Ti chiedo scusa per la scena pietosa a cui hai assistito, ti prego di dimenticarla, non ero molto in me prima.»

 Il suo tono era formale e rigido, stava rialzando la barriera tra noi:

 «Non c’è niente di cui scusarsi, hai avuto una reazione più che normale, chiunque si sarebbe sconfortato in una situazione simile...»

«Non io. Ormai dovevo esserci abituato, invece sono stato patetico e debole!» strinse con forza il manubrio dell’auto.

«Non è vero, non sei stato debole! Sei umano e tutti gli esseri umani hanno bisogno di esternare qualche volta le loro sofferenze…»

«Non sono tutti come te, Pasi! Io non amo aprire bocca per dire il primo pensiero che mi passa per la testa! Ho sempre usato la razionalità per domare certi pensieri assurdi e quello di oggi non ero io!»

«Io invece credo che fossi più tu in quel momento che nel quotidiano.» ignorai la velata offesa che sentii nelle sue parole, perché mi ero ripromessa di non cedere all’ira e dimostrami forte… anche se non avevo idea di quanto del sarcasmo di Emile sarei riuscita a sopportare prima di andare in escandescenza!  

«Tu non sai niente di me Pasi! Come puoi dire di sapere chi sono, se nemmeno mi conosci!?» già, come potevo dirlo… eppure ne ero convinta!

«Io credo che non serva conoscersi a fondo certe volte per capirsi e...»

«…E innamorarsi? Come hanno fatto i miei romantici genitori? Seguendo un sogno che poi li ha uccisi? Vivendosi questo grande amore che ha portato loro solo sofferenza e li ha annientati? Puoi credere davvero a cose simili?»

«Sì Emile, ci credo, perché ho visto gli occhi di tuo padre e ho visto quanto lui ancora ami tua madre e quanto ami te! Se non credi in qualcosa che hai davanti agli occhi tutti i giorni, in cosa credi allora?»  arrivammo sotto casa di Rita in quel momento: Emile spense l’auto prima di rispondermi.

«Nella musica. Credo nella musica. È la mia sola ragione di vita, ciò che darà un significato alla mia esistenza sulla terra! Sono nato con questo talento, mia madre mi ha trasmesso l’amore per il canto e per la musica e finché avrò vita, il mio unico obiettivo sarà diventare famoso. Lo scopo della mia vita è quello di riscattare i miei genitori e farli conoscere a quel mondo che ha ucciso i loro talenti! Non ci sarà altro prima per me. La mia vita è votata alla musica e al riscatto di chi mi ha messo al mondo.»

Rimasi a guardarlo senza parole mentre mi apriva il suo cuore: quale spirito di sacrificio imperversava in quel ragazzo che stava accanto a me? Emile vedeva la sua vita come uno strumento di riscatto per i suoi genitori, aveva trovato un modo per sopportare il senso di colpa per essere nato, attraverso la musica, per realizzare ciò che sua madre non era riuscita a fare: diventare famosa. E questo includeva rinunciare a tutto il resto, soprattutto, mi resi conto in quel momento, significava rinunciare ad amare…

«Sono felice che ti stia a cuore la salute di mia madre Pasi e potrai venire a trovarla quando vuoi, ma non venire con un secondo fine, perché mia madre è la sola persona che beneficerà della tua presenza nella mia famiglia!» mi stava dicendo chiaramente e senza troppi giri di parole che non aveva intenzione di dare peso a ciò che gli avevo detto, che l’amavo… A quel punto non ressi più e replicai:

«Emile, io non ho intenzione di essere una bimbetta appiccicosa che ti ronza intorno tutto il tempo, quello che ti ho detto è ciò che sento, ma questo non significa che coglierò tutte le occasioni per seguirti e toglierti l’aria che respiri! Tu credi che io non conosca te, ma ancora un volta, devo farti presente che sei tu a non conoscere me, quindi cerca di non trarre conclusioni troppo affrettate e piuttosto cerca di aprire gli occhi su quelle idee strampalate che ti frullano nella testa! La musica potrà essere importante per te perché, e solo Dio lo sa quanto me ne pentirò a dirlo, sei straordinariamente bravo e meriti tutta la fama del mondo, ma la musica non è tutto nella vita! E un giorno ti guarderai allo specchio e ti renderai conto che non ti basterà! Magari sarai ricco, multimiliardario e famosissimo, magari riscriverai la storia del Rock, ma quel giorno ti renderai conto che l’amore che tu vuoi gettare al vento ti mancherà e ti scaverà un buco nell’anima che non ti darà mai la serenità! Nemmeno la musica ti appagherà come vorresti, perché ciò che ti può donare il cuore di un essere umano, non lo potrai mai avere da nient’altro al mondo!»  Cercai di essere più calma possibile mentre gli rivolgevo quelle parole esasperata, ma contavo poco sulla pacatezza del mio tono: se c’era una cosa che mi costava fatica, era parlare con calma quando esprimevo un concetto che mi stava a cuore! «E adesso scusami, ma devo proprio andare, buonanotte!»

Scesi dall’auto senza guardarlo: se avessi lasciato agire il mio istinto, avrei cercato di stare il più possibile con lui per non lasciarlo solo con i foschi pensieri che di sicuro gli avrebbero fatto compagnia quella notte, ma sapevo che sarei stata solo un peso per lui in quel momento. E poi dovevo pensare anche alla mia di vita, che stava cambiando repentinamente e sembrava quasi che mi stesse lasciando indietro: avevo rinunciato ad una pizza con gli amici, alla festa per il mio nuovo lavoro, per stare con Emile e la sua famiglia; non ne ero pentita, ma ancora una volta avevo messo i miei desideri in secondo piano e mi resi conto di temere di non essere cambiata affatto. In compenso, quando aprii la porta dell’appartamento di Rita, la vita che avevo lasciato indietro quella sera,  era lì che mi attendeva.











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NDA
Vi è piaciuto il capitolo? Avete voglia di dare due ceffoni ad Emile per la sua cocciutaggine? Vi sentite in totale empatia con Pasi? Niente di tutto ciò? BENE. xD
Questa parte della storia è una di quelle che ho abbozzato mentre ero alle prese con i capitoli precedenti: scriverla prima di giungerci cronologicamente mi ha aiutato a delineare gli eventi che avrebbero portato alle situazioni qui descritte, che rappresentano uno dei climax più importanti di tutto il racconto poiché viene alla luce ciò che Emile si porta dentro.
Aspetto di sapere le vostre considerazioni e reazioni e spero di avervi intrattenuto piacevolmente anche questa volta ^ ^

L'Angolo dei Doverosi Rigraziamenti come sempre è dedicato alle mie sorelle speciali che mi sostengono e mi pubblicizzano anche!!!
Sono davvero commossa per l'affetto che mi dimostrate tesore mie, ad iniziare dalla mia Beta desaparecida (torna Tomodachi, tornaaaaaa!!! ç_ç) Iloveworld che per prima mi ha incoraggiato a pubblicare, a Saretta che mi sta ospitando nel suo blog per pubblicizzarmi, Niky che non perde occasione per dire al mondo quanto le piaccia questa storia, e la Cicci che pur rimanendo indietro con la lettura, crede in me e mi pubblicizza persino in pagina!
A voi va il mio più grande e immenso ARIGATOU GOZAIMASU!!!!

Un grandissimo Arigatou va anche a tutte le altre sister affezionate che mi seguono sempre e il cui sostegno è di vitale importanza per me: Vale che prima o poi avrò sulla coscienza (ti prego non mi morire ancora!!), Concy che nonostante quello che dica, si è rivelata un'eccellente scrittrice (e guai a te se dici il contrario!) Ana-chan che con i problemi di salute che si ritrova, pensa a quanto le dispiaccia aver dovuto interrompere la lettura (amore pensa prima a guarireee!!!)!
E ne approfitto anche per fare gli auguri di compleanno alla sister Ely, che oggi fa cifra tonda!! Auguroni Baldry del mio cuor <3
Grazie mille a tutti coloro che si fermeranno a leggere, chi mi segue silenziosamente e anche a chi dopo la lettura non ha apprezzato.
Grazie a tutti per essere passati di qui!
   
 
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