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Autore: ellephedre    11/10/2011    7 recensioni
Raccolta di episodi erotici legati alla mia saga di Sailor Moon.
1 - Rei/Yuichiro I, continuazione della scena nella parte 12 di 'Verso l'alba'
2 - Usagi/Mamoru I, tra Interludio scena 3 e prima di 'Verso l'alba'
3 - Ami/Alexander I, tra le parti 11 e 13 di 'Verso l'alba'.
4 - Rei/Yuichiro II, l'estate precedente a 'L'indole del fuoco'.
5 - Usagi/Mamoru II, all'interno del quarto capitolo di 'Oltre le stelle'.
6 - Rei/Yuichiro III, tra la parte 13 e 14 di 'Verso l'alba'
7 - Ami/Alexander II, prima della parte 13 di 'Verso l'alba'
8 - Usagi/Mamoru III, un anno dopo Oltre le Stelle
Genere: Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ami/Amy, Mamoru/Marzio, Rei/Rea, Usagi/Bunny, Yuichiro/Yuri | Coppie: Mamoru/Usagi, Rei/Yuichiro
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la fine
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Oltre le stelle Saga'
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Red Lemon
Red Lemon

Autore: ellephedre

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.

 

7 - Ami/Alexander II

Ambientato dopo Ami/Alexander I e sempre prima della parte 13 di Verso l'alba. 

 

Ami studiava seduta contro lo schienale del suo letto, le gambe raccolte a sorreggere il libro di testo contro le ginocchia. Lo aveva accolto in casa vestita di un felpa pesante, viola, e di un paio di pantaloni neri quasi troppo grandi per lei. Quando voglio studiare per molte ore - gli aveva spiegato serena - mi metto comoda. E sembrava esserlo lì rannicchiata sopra il materasso, intenta a concentrarsi, i piedi rivolti l'uno verso l'altro a cercare calore e le labbra che, di tanto in tanto, si univano come a dare un bacio. La cultura del libro le ispirava passione.

Alexander era travolto dallo stesso sentimento, ma ad accendere i suoi sensi, e l'immaginazione, era la voglia di farla scivolare lentamente sul letto, distesa, per sfilarle di dosso i vestiti da sopra la testa e lungo le gambe. Sempre più giù, fino a lasciarla solo con le calze di cotone. Ami sarebbe dovuta apparire innocente in quei due pezzi sformati e larghi ma, guardando le braccia sottili che sparivano dentro le maniche spesse, lui riusciva a immaginare solo spalle rilassate e seni liberi, un corpo capace di fremere e agognare fino allo sfinimento - di entrambi.

Prima di alzarsi dalla sedia della scrivania, si chiese se non fosse il caso di controllarsi. Ma esisteva forse un motivo valido per rimandare l'inevitabile?

Nessuno, si rispose. Tanto valeva muoversi in anticipo, era un premio che si meritavano tutti e due.

Andò da lei e, sedendosi sul materasso, non resistette un momento di più.

«Questo...»

La vista che Ami aveva sul quaderno di appunti si sfocò: aveva socchiuso gli occhi e si ritrovò ad abbassare sempre più le palpebre, contro la sua volontà.

«Questo...» tentò di nuovo.

Il brivido partì da sotto il suo orecchio e corse lungo il collo, espandendosi sulla schiena. Diffuse dappertutto una sorta di bollore sottopelle, chetato solo dall'aria fredda della stanza. Aveva tenuto il termostato basso di proposito, nel tentativo di evitare la situazione in cui si stava trovando. Meno faceva caldo meno gli animi potevano scaldarsi, aveva pensato, sperando più in un effetto sul proprio corpo che su quello di lui. Niente e nessuno sembrava poter fermare Alexander quando voleva davvero qualcosa.

Allontanò la guancia dalle sue labbra che, insistenti, continuavano a cercarla con baci leggeri, tanto più invitanti nel loro essere sottilmente delicati.

Stava diventando un libro aperto per lui, ma era lei a non aver ancora terminato di leggersi da sola.

«Questo» riuscì a dire con maggior controllo, terminando di deglutire, «si chiama ossessione.»

Seduto accanto a lei, Alexander inclinò lievemente la testa. Strinse gli occhi chiari - quasi verdi in quel momento, un segnale da temere e agognare - e aprì la bocca in un sorriso silenzioso. «Sex-obsessed

Proprio così: da tre pomeriggi consecutivi loro due non facevano altro quando stavano insieme. Era una cosa... Una cosa... Avvampò. «Non ridere!»

Lui continuò a stringere le labbra tremanti. «Scusa.» Inspirò a fondo. «Well... non è più un essere love-obsessed?»

Le guance ardenti smisero di infastidirla. Il battito accelerato divenne una parte piacevole di lei. «... sì. Ma io ti amavo anche prima.»

Alexander fermò il sorriso alla prima parte della frase.

«No, ti amo anche mentre noi... Sì, forse soprattutto quando... No, ma in quei momenti in una maniera nuova, più... totale.» Bombardata dal ricordo delle sensazioni, le sembrò di non avere più un discorso chiaro in mente. «È per questo che mi confondo.»

«In che modo?»

Il bacio sulla tempia seppe di consolazione e comprensione. Lei lasciò scorrere le labbra sulla guancia di lui fino a trovargli la bocca e udì i loro respiri che si univano come un suono a parte, anime che divenivano aria, stretta al petto, l'impulso a non smettere. Lasciò scorrere le mani libere dal quaderno sulle sue braccia e non seppe più come stringerlo.

«Penso...» Scelse un morso gentile su angolo, per fermarsi. Ne ricevette uno con un assaggio che la portò al limite dell'estasi.

«It's too beautiful» sospirò, riuscendo a non ansimare.

Un braccio le prese per intero la schiena. «Ed è un male?»

No, erano i suoi ma che potevano aspettare. Si lasciò sdraiare sul letto, contro il cuscino disteso, e fu lei stessa a tendersi piano verso l'alto, chiedendosi perché. Perché aveva una mente con domande e piccole proteste? Le impedivano di rimanere sempre in quei momenti di benvenuto oblio e sensi accesi. Lei invece poteva essere solo sensazione e gioirne, amare anche così, ancora più intensamente.

La risata bassa contro la bocca la svegliò.

«C'era un ma.»

La ragione non riemerse in tempo per rispondergli.

«Il mio è 'ma... sono contento'» sorrise lui. Le scostò una ciocca dalla fronte. «Forse più di ogni altra cosa, volevo vederti così. Sentirti così, mentre non volevi più pensare a niente stando con me.»

Per l'attesa di troppi mesi lei aveva una sola scusa. «Pensavo troppo a te per non voler pensare.» Sospirò. Con le frasi romantiche non era affatto brava come aveva sempre creduto, era evidente. «Quello che volevo dire prima... Lascia perdere.» Premette con le dita tra i suoi capelli, invitandolo delicatamente a tornare basso con la testa.

«Te lo ricorderai dopo.»

Forse, ma dopo era dopo.

«Se risolviamo, alla fine non avrai più niente a cui pensare.»

Naturale, ma il suo era un conflitto interiore frutto di piccoli fastidi che si sarebbero risolti da soli. Definirlo in quel modo le fece tirare un sospiro di sollievo. «A volte non sono intelligente.»

«Che bugia.»

Balzò in alto quando sentì l'accenno di solletico ai fianchi e finì col ritrovarsi seduta. Si lasciò vincere anche lei da una risata lieve. «Per una volta che non sono io a fermarci...»

«Hai un dubbio, è come se lo stessi facendo.»

... Aveva continuato a farglielo sentire?

«No, non... Ami, dimmi solamente cosa c'è che non va. Uccidi il tatto, non importa.»

La prima risposta che ebbe in mente - Non c'è un modo giusto per dirlo - sembrò dargli ragione sull'ultima concessione. Ma era assurdo, lei non aveva bisogno di tatto, solo di riorganizzare le idee. Si impose un momento di concentrazione assoluta e districò con successo la matassa. «Sono ossessionata anche io. E mi manca parlare.»

«Ti manca...?»

Sì, ma alla fine si trattava di due problemi diversi, forse consequenziali. «Non sono ancora a mio agio con questo pensiero fisso che mi invade ogni volta che tu... Oggi ho cercato di calmare proprio te. Si può sapere come hai fatto ad avere certe idee con me vestita così?» Tirò tra le dita un lembo della felpa che utilizzava per i lavori domestici, il capo più scialbo e comodo del suo intero guardaroba. «E questi pantaloni larghi sembrano un brutto pigiama.»

«Sì, non ti donano. Ti vedo meglio senza.»

Il suo era stato chiaramente un tentativo senza la minima speranza.

«Perciò non dovevo trovarti attraente» sorrise lui, «per non saltarti addosso e non farti sentire a disagio mentre sfogavi la tua ossessione assieme a me?»

Faceva bene a riderne, annuì lei. Per la seconda sensazione non si sentiva altrettanto sciocca. «Mi manca parlarti.» Di tutto quello che passava loro per la testa, come avevano fatto per mesi e mesi per passare il tempo, trovandola l'occupazione più soddisfacente che potesse esistere per loro due. «Per tanti mesi non abbiamo fatto altro e ora sembra che l'unico modo in cui sappiamo stare da soli in una stessa stanza è...» Scosse la testa e cercò un punto di vista esterno. «Magari deve solo passare qualche altro giorno.» Incerta sulla stima, sollevò un sopracciglio. «Del tempo.»

Alexander continuò a guardare il muro e terminò di pensare. «È vero: non stiamo parlando molto. A parte di...»

Già. Negli ultimi grandi discorsi che avevano fatto avevano parlato del futuro, del pericolo del loro presente e del suo passato di battaglie, tutto da riempire per lui. Appena avevano potuto tuttavia non ne avevano parlato più: lei non voleva insistere sul fatto che sarebbe andata ad aiutare le sue amiche se fossero state in pericolo, e lui probabilmente non voleva sentirglielo dire.

Alexander tornò a guardarla. «Se non avessimo tanto da studiare per gli esami e non ci fossero queste battaglie che tu devi...» Si interruppe. «Se avessimo più tempo, forse potremmo passare una giornata intera insieme. Ma anche se abbiamo solo una mezz'ora di pausa...» Sorrise. «Sì, manca anche a me parlarti.» Stiracchiò le braccia verso l'alto e si sdraiò sulla schiena. «Facciamolo ora.»

Ami prese il quaderno che le impediva di allungare le gambe e lo appoggiò sul comodino.

Quando si sdraiò accanto a lui, la testa sullo stesso cuscino largo, volle accarezzargli la fronte e tenergli il viso tra le mani. Era anche colpa sua, si rese conto, se non parlavano più con la spensieratezza di un tempo. Provò a spezzare quel circolo chiuso col primo pensiero che le venne in mente.

«Ieri, prima di dormire, ho visto un documentario sui leoni.» E aveva desiderato follemente poter discorrere con lui di tutto quello che aveva pensato.

«Circondati da felini» rise piano Alexander, indicando Ale-chan, appallottolato su una sedia lontana, addormentato.

«Sì» gli sfiorò una mano lei. «C'erano questi cuccioli che giravano intorno ad un leone adulto, maschio. Non ricordo se era lui il padre, ma il documentario diceva che avrebbero dovuto stare attenti: anche se quel leone sembrava averli accettati, non funzionava sempre così. Sai che quando crescono i piccoli maschi vengono allontanati?  Sono visti come concorrenti dal leone dominante. Per i leoni esiste solo una struttura sociale a branchi: un leone, tante leonesse. Ho pensato... è strano tutto quello che diamo per scontato su come debbano funzionare i rapporti tra gli individui. Saremmo potuti arrivare al nostro attuale sviluppo, come cultura umana, se funzionassimo ancora in maniera simile?» Scosse pensierosa la testa. «Senza una cura dei piccoli fino all'età adulta, verrebbe a mancare un supporto fondamentale allo sviluppo della nuova generazione. Se addirittura ci fosse ancora competizione tra maschi facenti parte della stessa famiglia... O tra femmine... È il nucleo familiare che ci ha aiutato a progredire, no? Due adulti che si accordano per occuparsi della nuova generazione, riconoscendolo come loro compito principale. In parte è un accordo e in parte un impulso. Quale dei due sarà venuto prima?» Aveva azzardato una risposta tra sé.

«L'impulso» commentò Alexander. «Qualche primate maschio deve averlo avuto per primo milioni di anni fa. Ha funzionato come modello all'interno di un branco che è progredito numericamente più di altri, con individui che hanno ereditato la stessa propensione.»

«Si eredita?» Ci rifletté di nuovo assieme a lui.

Alexander annuì per primo. «È ormonale. I livelli di ormoni possono essere influenzati da fattori genetici. Nella maggior parte dei nuclei familiari questo impulso poi può trasmettersi anche come atteggiamento. Un atteggiamento positivo attecchisce con successo se ha soddisfatto gli individui nelle loro interazioni reciproche. Tendono a riprodurlo.»

«È una catena» concordò lei. «Ma in tutti i sensi. Un atteggiamento negativo attecchisce per trauma altrettanto in profondità. Nella preistoria contava la forza, era più facile che la sopraffazione violenta venisse ricompensata con cibo e sopravvivenza.»

Dopo un momento, Alexander annuì di nuovo. «Ma nessuno rinuncia alla convenienza nel momento in cui cresce la massa cerebrale. In gruppo i primati riuscivano in imprese non ottenibili da piccoli nuclei di individui, con vantaggio di tutti. Saremo nati come animali sociali in quel momento... Per sopravvivere meglio abbiamo mitigato alcuni istinti animali e imparato a sopprimere un egoismo istantaneo in favore di una sicurezza futura.» Rifletté. «Lo stesso concetto di futuro deve essere divenuto più importante solo di fronte ad un'accresciuta intelligenza. Meno si è evoluti, meno si programma.»

Già. «E più si è evoluti, più si guarda al presente immediato con distacco.»

«Sì» disse lui, perdendosi in un pensiero grave.

Ami non ebbe bisogno di sentirlo per sapere quale era. «Forse sono ingenua...» Ma piena di fiducia. «Anche se ora non riesco a immaginare come sia avere cento o a duecento anni... sono sicura che considererò ugualmente importante il presente che starò vivendo. Forse sarà tutto come un lungo presente. Non perché ogni anno sarà come un mero momento per noi, al contrario: farà parte di quella catena continua che è la nostra vita. Non lo danneggeremo pensando che è solo un anno facile da dimenticare in altri mille che ci rimangono.» Lasciò che la voce si spegnesse lentamente nella propria gola.

Davanti allo sguardo vacuo di lui, concentrato sul nulla, annuì. «Usando il termine 'noi' mi riferivo soprattutto alle mie compagne. So che vuoi starmi accanto, ma sarà una scelta che farai giorno dopo giorno nei primi tempi. Su queste cose che ti dico... poniti da esterno. Studiale per tutto il tempo che vuoi, senza sentirtene già incluso senza scampo.»

Alexander si riprese un sorriso debole. «Ami, pensavo ai vostri nemici, non a noi. Sono sicuro che il loro caso è diverso: vivere tanto li ha danneggiati. ll sorpruso è normale dal loro punto di vista. Se serve a ottenere quello che vogliono, lo ritengono accettabile.»

Lei non si permise di concentrarsi sul sollievo: la smorfia sulle labbra di lui la spinse a prendergli una mano. Alexander stava pensando a quando l'avevano fatta sparire per più di metà settimana.

«Tu... provi ancora rabbia per quei giorni, vero?»

Lui aprì il pugno e le inglobò per intero le dita. Non rispose.

Mi dispiace. Lei si trattenne dall'abbassare la testa e baciargli la mano.

Alexander gliela stringeva piano e con fermezza, come se potesse esprimere in quel modo il bisogno che sentiva di tenerla lì.

«Sai...» gli sorrise, trovando un nuovo pensiero giusto da condividere. «Non sono mai riuscita a immaginarmi come fosse essere un ragazzo.»

«Cosa?»

«Essere un ragazzo. Un uomo.» C'erano sensazioni che poteva condividere e comprendere appieno provando a mettersi nei suoi panni, ma, nonostante tutte le similitudini tra loro, alcune reazioni le risultavano ancora misteriose. Affascinanti proprio per questo.

«Cosa vuoi dire?»

Lo aveva fatto sorridere, come in un tempo in cui non avevano mai conosciuto paura insieme. Era tornata a dire la prima cosa che le era venuta in mente, giocando coi ragionamenti e aprendoli a lui.

«Questo desiderio di protezione ad esempio. Anche una donna può provarlo, ma di solito nei confronti di qualcuno di più debole. Come un bambino, soprattutto, anche se può trattarsi anche di un compagno adulto nel momento in cui lui è in difficoltà. La nostra conformazione fisica in realtà non è una base importante in tutto questo? Difendiamo chi è più piccolo per istinto, per un insito... dovere. Io difenderei una persona che non può proteggersi, ma riesco a immaginare solo un bambino, non un adulto perché...» In realtà, le riusciva facile immaginare adulti ora che aveva un potere di cui nessuna persona normale poteva disporre. Dimenticò quel passaggio. «Non conosco adulti che abbiano un fisico molto più piccolo del mio. Non nella proporzione che esiste tra noi due, per esempio.»

«Ma non sono tutti alti come me» obiettò divertito lui.

Esatto, il concetto della differente corporatura non poteva essere centrale. «Volevo dire...»

Alexander annuì. «Ho capito. Beh... Se sei un uomo ti dicono fin da piccolo che tocca a te fare qualcosa... di più. Se gli altri piangono, tu devi stare tranquillo. Se qualcuno non sa fare qualcosa, tu invece devi poterla fare e risolvere il problema. È una questione culturale, ma...» Si adagiò sul fianco. «A volte penso che sia mancanza di alternative. Ti capita di avere attorno queste persone a cui tieni... sì, forse più piccole o più deboli, ma il problema è che quando non possono proteggersi da sole non può farlo nessun altro e loro iniziano a guardare te; un giorno te ne accorgi come un fulmine a ciel sereno. Realizzi anche che non c'è nessun altro a cui puoi rivolgerti tu, perciò non puoi essere come loro neanche volendo. E non vuoi perché sarebbe la fine: la disperazione della tua impotenza ti mangerebbe vivo se ti facessi venire il dubbio. Alla fine, devi convincerti di essere forte e stabile per trovare un equilibrio. Non puoi rivolgerti a qualcun altro perciò ti rivolgi all'immagine che hai di te stesso e trovi qualche sicurezza in quella. Anche un po' d'orgoglio, perché no? Il lato positivo viene da sé.»

Ami rimase in silenzio.

«Parlavo di un ragazzino che cresce, Ami» sorrise lui. «Col passare del tempo calano le insicurezze perché vedi che ci sono davvero cose che puoi fare solo tu. Raggiungere uno scaffale più alto, muovere cose pesanti. Ah, e far sentire meglio gli altri mostrandoti forte. Ti rende forte e anche fiero di esserlo, sempre di più. È un cerchio che si alimenta da solo.»

Lei lo aveva spezzato per lui, togliendogli la sicurezza di poter fare qualcosa di fondamentale come tenerla al sicuro.

«See? Questa è una dimostrazione perfetta. Nel momento in cui parli di debolezza, insinui il dubbio in chi ti deve vedere forte. E ricevi questo sguardo...» Premette col dito sulla base del suo naso, giocando. «Non fa bene a nessuno. Io sono ancora forte, Ami. In tutti i modi in cui posso esserlo.»

Forse la differenza tra loro era quella: a lei importava solo nella misura in cui ci teneva lui. Lo vedeva forte in altri modi, anche solo per aver ammesso di non esserlo.

Si sentì stringere piano il braccio, sopra il gomito.

«Ammetto che non riesco a immaginare di essere adulto e avere un fisico come questo» osservò divertito lui. «Come farei a sopravvivere? Non terrei bene la moto, dovrei alzare gli occhi per guardare in faccia chiunque altro...» Rabbrividì con una smorfia. «Sarei come un bambino che non può farsi rispettare da nessuno.»

Ami liberò una risatina. «Io non ho questo problema.»

«Perché non sei piatta e sei soffice.»

«Cosa?»

«Perché è normale che tu sia adulta in questo modo» continuò a giocare lui. «Sei più piccola ma sei temibile perché sei diversa. Hai più curve dappertutto, anche in faccia o nell'incavo di un braccio: basta anche un'insenatura o un rilievo in più. E si capisce che sei soffice al tocco anche solo a guardarti. Allora uno si mette lì a riflettere su cosa voglia dire avere un corpo come questo e tempo che capisce dove va a parare la sua curiosità si è già distratto senza scampo.» Le accarezzò il palmo con un dito. «Naturalmente, se stiamo parlando proprio di te e questo 'uno' non sono io, torneremmo tutti indietro di qualche milione di anni, al tempo di un duello preistorico all'ultimo sangue che vincerò senza rimpianti. Triste giorno per l'umanità.»

Ami scoppiò a ridere e lo abbracciò forte.

Le mani sulla sua schiena iniziarono a scorrere più lente, con maggiore intento.

Stavano per smettere di parlare, capì, e si sentì in pace. Si era ricordata la sensazione di cui si era sempre sentita preda alla fine dei loro discorsi: diminuiva lei stessa i centimetri di distanza tra loro, cercando un contatto che non fosse solo mentale, per rispecchiare la natura dell'affiatamento che avevano a parole. Ne aveva trovato uno più profondo, era una cosa meravigliosa.

Udì un sussurro all'orecchio. «Ti va un altro esperimento?»

No, sospirò lei, accarezzandolo su una spalla. «Ripassare ha i suoi pregi.»

«È un esperimento sulle basi. Un gioco per conoscerci meglio.»

Hm?

«Ti tocco e ti ascolto. Così tu mi dici se ti piace e mi guidi.»

Non comprendere immediatamente le implicazioni la portò a non arrossire subito. Aveva appena iniziato a farlo quando lui continuò.

«Ho preso spunto da ieri. Quando sei stata tu a prendere l'iniziativa e abbiamo fatto quello che volevi, mi è sembrato... Ti è piaciuto molto di più, vero?»

«No» avvampò lei, nascondendo gli occhi.

«Secondo me sapevi da sola cosa ti dava maggior-»

Lo zittì con un dito. «Non è stato diverso.» Non riusciva a fare differenze tra tutte le volte; a parte forse la prima, con quel poco di disagio e confusione all'inizio.

«Io ti ho vista diversa» continuò lui. Fece silenzio per un momento. «L'idea che ho avuto sarà buona anche in un altro senso. Finora... non è stato abbastanza romantico. Forse solo la prima volta.»

«Hm?» Non lo aveva seguito.

«Well, fino a questo momento ha funzionato così» ragionò lui. «Io prendo l'iniziativa, tu mi fai capire che sei d'accordo e noi... ci immergiamo nell'impresa, come gatti affamati a cui hanno appena offerto del cibo.»

Al sorriso Ami sostituì un'occhiata mortificata al soffitto.

Un comportamento simile non faceva di lei una...? Una ragazza innamorata, concluse. Era sempre stata veloce ed efficiente ad iniziare tutto quello che le piaceva fare; perché non anche quell'atto d'amore che, una volta cominciato, accresceva in lei il desiderio di non pensare ad altro?

Alexander si riprese la sua attenzione. «You are a romantic, love. E il passaggio per noi è stato troppo rapido. È come se fossimo passati da un'utilitaria ad una Ferrari nel giro di una settimana. E quando uno si abitua alle macchine da corsa...»

Lei scoppiò in una risatina.

«Altro paragone azzeccato, hm?» Una mano le accarezzò i capelli. «Vedrai che tornando a ritmi più lenti sparirà anche quel poco di disagio che senti.»

Come poteva essere quello il problema? «Sappiamo andare lenti.»

«Ma non come arrivarci lentamente.»

C'era una differenza, capì lei, ma non riuscì a farsi venire in mente un esempio pratico. Di certo non le era mai sembrato di andare troppo veloce in quei momenti. Avevano semplicemente seguito il ritmo che sentivano dentro entrambi.

Un bacio la accarezzò sull'angolo della bocca, indugiando lì.

Okay. Si permise di chiudere gli occhi e mandare in riposo il cervello.

  

Ami voltò piano la testa e separò le labbra, cercandolo.

Si sfiorarono con la punta della lingua, nient'altro, ma lei si irrigidì e si sciolse in un istante, stringendogli la camicia tra le dita e premendo la bocca aperta sulla sua, in offerta. L'assaggio ebbe il retrogusto della cioccolata che avevano mangiato un'ora prima, un sapore che Alexander quasi non notò: lei gli stava accarezzando la tempia e aveva abbandonato la testa sul cuscino. Lo lasciava scivolare tra le sue labbra senza opporre alcuna resistenza, interrompendo il respiro durante i contatti più umidi e stimolanti, socchiudendo la bocca per chiedergli di non allontanarsi, di non smettere.

E lui che aveva pensato ad un bacio romantico.

Non sono un gatto in calore. Strinse il cuscino tra le dita e lasciò scivolare l'altra mano sotto la felpa di lei, sulla schiena.

Non devo far partire una macchina da corsa. Solo qualcos'altro che era già partito per conto suo.

Sul palmo aperto la sentì calda, soffice... Dannazione, non aveva scherzato su quanto era soffice e morbida, tanto liscia da avere una consistenza irreale. Era come crema umana, da leccare. Il sapore era migliore su due punte facili a inturgidirsi, che si indurivano invece di piegarsi; era addirittura bollente sotto uno strato sottile di cotone intriso di un odore che gli dava alla testa e diavolo, diavolo, doveva pensare ad altro!

«Ora sei tu che stai pensando» sorrise Ami, soffiandogli le parole sulle labbra. «Sei distratto?»

Il suo era esattamente il problema opposto. Scosse la testa e provò a tenere gli occhi aperti.

La realtà non era la sua fantasia, si ammonì. Anche se si potevano fondere, lui non poteva continuare a portarci dentro Ami. Forse era per tutte le volte che lo aveva fatto, concentrandosi sulle sensazioni o anche solo sul fargliele provare, che lei si sentiva ancora a disagio.

«What is it

La voce di lei in inglese era una dichiarazione sussurrata. Nella nostra lingua, puoi dirmi qualunque cosa.

«Tell me what you want» azzardò lui. Qual era la fantasia di Ami? Qual era quel pensiero che la faceva sentire come se fosse tutto... perfetto?

Lei arrossì lievemente. «Che cosa mi piace?»

No, non il suo esperimento. E anche se amava quel rosa spruzzato di rosso pallido, per una volta pensò di non volerlo più vedere. Voleva saperla capace di librarsi senza più imbarazzi. «Tutto quello che vuoi.»

Il sorriso di lei fu tanto debole da non potersi definire tale. «Per quale motivo ti senti in colpa?»

Lui doveva sentire una spiegazione da lei per comprenderla bene, invece Ami con lui saltava tutti i passaggi.

«Stavo per fare come le altre volte. Ero così impegnato a immaginare cosa volevo fare con te, che ti avrei portato con me invece di aspettarti.»

«Ma a me piace.»

Su quello non aveva dubbi. Non si pentiva del passato, voleva solo a imparare qualcosa di nuovo per il futuro.

Lei abbassò lo sguardo, un labbro che assaggiava l'altro. «Mi piace sapere che... immagini. Me.»

Love, non aiuti. Gli venne da ridere. «Dimmelo, per favore. Dimmi quello che ti viene in mente quando.... Quando chiudi gli occhi e pensi solo a ciò che vorresti tu.» Voleva entrare nell'immaginazione di lei, viverla. 

La piccola risata di Ami, a malapena udibile, fu d'imbarazzo. «A occhi chiusi mi viene il mente solo il buio... Toccarci senza vederci. Manco d'immaginazione.»

Hm... Ma quella era una cosa nuova.

«Okay.» Si tirò su, sentendo di essersi aggrappato ad una fune solida e sicura. Sorridente, si diresse all'interruttore sul muro, accanto alla porta. Spense la luce.

Alle cinque del pomeriggio non vi era più un solo barlume di luce naturale che provenisse dall'esterno. Oltre le fessure delle persiane, solo la luce soffusa dei lampioni lontani impediva il buio assoluto.

Un'incertezza non sua aleggiò l'aria. «Va bene così?» fu la domanda di Ami.

Attento a ricordare i contorni della stanza, lui tornò sul letto. «Per me sì.»

«Non preferisci con... la luce?»

Le sue pupille si adattarono rapidamente al nuovo livello di luminosità. Vide il brillio riflesso negli occhi di lei quando si voltò pensierosa verso la finestra.

Ami sembrava più a disagio di quando lui non si era preoccupato tanto di metterla a suo agio.

«What's wrong?» le chiese.

«Non... limitarti per me. Voglio che per te sia come le altre volte, questa del buio... è solo un'idea.» Scrollò le spalle.

Gli si aprì un mondo di comprensione. Ami teneva ad accontentare lui.

«Proviamola.» Si trattenne dall'abbracciarla riconoscente, lusingato. «Ci saremo tu, io, senza vestiti... funzionerà alla grande.»

Il rossore di lei, invisibile al buio, non la guidò più. Sul letto Ami si inginocchiò, avanzando fino a trovarlo. «Sai... è come se ti vedessi lo stesso davanti a me.» Gli prese il volto tra le mani.

Nelle ombre chiare del viso di lei Alexander vide il blu delle iridi e un sorriso accennato, rosa come le sue labbra, che era lì per accoglierlo. «Anche io.»

Sbagliarono l'incastro del bacio, ma senza farsi male. Lo aggiustarono in un brevissimo momento, d'istinto.

Senza la luce a bagnargli le palpebre chiuse, lui scoprì una cosa nuova mentre si sdraiavano: avevano tolto al mondo i suoi colori e un pezzo della sua essenza, quella che lo rendeva parte di una giornata che non era ancora terminata. Anche se in lontananza i rumori esterni non erano cessati, in quella stanza era già notte, un momento del giorno da dedicare al riposo oppure solo a loro due, senza alcuna fretta. Gli sembrò di avere davanti ore per fare tutto quello che volevano. Come la prima volta, ma senza più l'imbarazzo di non sapere cosa fare e senza l'incertezza di come sarebbe andata a finire. 

Quella del buio - della penombra profonda, non gli pareva più un buio totale - era stata una trovata geniale.

Tornò ad accarezzare lo stomaco di lei sotto la felpa e la sentì inarcarsi senza remore, il bacino sollevato.

«Posso usare la tua idea?» gli sussurrò Ami, una mano sotto la sua camicia, un sorriso dietro la voce bassa.

Prende l'iniziativa, pensò lui. Questo è paradiso. «Sì.»

Si chiese solo poi di quale idea si trattasse.

Le dita di lei si posarono sulle sue, mentre le lasciava scorrere sul suo stomaco. «Non andare così... forte. Non subito.»

Eh?

Più leggero di così c'era solo una carezza che non era nemmeno tale, una passata di dita che più che toccare sfiorava a malapena. La tentò ugualmente.

Ami bloccò un sospiro che poi si fece più lungo, un poco più forte.

Alla luce, lo avrebbe visto spalancare gli occhi.

Lui l'avrebbe toccata così solo in zone più sensibili, ad esempio sul seno o tra le... Per non correre di nuovo in anticipo sui tempi, ripeté il gesto. La reazione di lei fu identica e terminò con una stretta salda al polso che lui teneva fermo.

«È come il solletico, ma... piacevole» disse Ami. Al buio, sembrò che avesse una voce solo per parlare con lui.

«Anche qui?» Alexander lasciò scivolare polpastrelli e dorso delle unghie verso l'alto, evitando il petto, finendo quasi sotto le ascelle.

Ami allargò le braccia e inspirò l'aria di metà stanza. «... sì» ansimò. Gli prese le mani e non ebbe bisogno di chiedere.

Lui la sovrastò fino quasi a schiacciarla. Appoggiato sui gomiti non era libero di toccarla come voleva, ma scartò l'idea di adagiarsi sul fianco non appena sentì un fruscio che accompagnava movimenti rapidi. Si ritrasse e aiutò Ami e disfarsi della felpa scura che nemmeno vedeva più. Era solo un pezzo di stoffa che, tolto assieme alla canottiera spessa, l'avrebbe denudata su tutto il torso.

Le aveva appena sfilato gli indumenti dalla testa quando immobilizzò le dita. «Non porti il reggiseno.»

«No.» La domanda di lei si concretizzò in un'affermazione. «Questa maglietta è fasciante, lo sostituisce bene visto che non ho molto da... tenere su.»

Le avrebbe fatto smettere di credere che non avesse niente con cui riempirgli le mani. Cercò di non riderne. «Non volevi attirarmi, ma sotto avevi deciso di non portare il reggiseno?»

«... non si vedeva.»

Solo perché felpa e canottiera lo aveva ingannato. «Se una prossima volta vengo a saperlo prima... ti sequestro sotto chiave.»

Sorridendo, lei non terminò di svestirsi. Rimase sdraiata, con le braccia tese verso l'alto e per metà racchiuse nella felpa.

Quello era l'ardire nascosto dietro gli sguardi sicuri che lei gli aveva lanciato durante le loro sfide a scacchi. Io oso.

Alexander la venerò con un bacio prima che potesse cambiare idea. Ami accennò a muovere le braccia e lui la accarezzò lì, dove la pelle era libera, scendendo con le mani fino a disegnarle le clavicole e poi a riempirsi i palmi. Massaggiò coi pollici, piano.

Ami tremò. «I love you

Lui lo sentì come un abbraccio. Le sfilò del tutto felpa e maglietta. «I adore you.» Si beò della stretta che lo prese. «Will love you till the end, I promise.» Ricordò le parole di lei. «Day by day, my choice

Ami lo sfiorò con la bocca sulle labbra. «Fermo un attimo.» Il suo respiro seppe di sorriso. Con le dita sfilò il primo bottone della sua camicia. «One» sussurrò, cominciando a contarli.

One. Come il giorno che lui l'aveva vista seduta al tavolo della biblioteca, andandosene in fretta per non notarla. Il primo passo.

Two. Quando aveva capito di non poter più esistere da solo.

Chiuse gli occhi e, tra i numeri, la pregò di avere un po' del suo respiro.

Three. Per il cuore che lei gli aveva strappato dal petto quando lo aveva rifiutato.

Four. Per quando gli aveva permesso di tornare a vivere. Per quando lui aveva davvero cominciato.

Five. Come il numero dei giorni in cui era stata rapita, annichilendolo.

Mille, come gli anni che era disposto a contare pur di non sentirsi mai più in quel modo.

Ami indugiò con le dita sulle sue guance, lasciandole scorrere come se vi fossero scie da seccare. «Posso essere solo la tua felicità?»

Here you are, you already are.

«Tu sei la mia, lo sai?»

Sì.

  

Era tutta la sua felicità, da proteggere anche con un abbraccio che non bastava a nasconderlo.

Sarebbe stato così sbagliato celarlo. Lui era forma, peso su di lei, calore vibrante sotto le sue mani, sapore agognato, respiro che interrompeva il suo, odore che non doveva mai andare via. Era incastro, quello giusto, il torso tra le sue braccia e i fianchi tra le sue gambe, mentre premevano insieme col bacino, piano.

Making love non poteva essere qualcosa di diverso: incontro di ogni senso in cui l'amore si ricreava daccapo. Make love, make a love, un amore completamente nuovo, vulnerabile senza timore, come il bacio con cui andò a percepire lui sul collo.

Sensibile, pensò, udendo l'ansito. Il suo amore era inebriante.

Pochi centimetri più sotto, lo assaggiò di nuovo e la tensione in lui divenne così rigida da essere... eccitante.

Le dita sul suo seno la fecero inarcare sul letto.

Per favore, ancora.

Sì, era la sua primaria e meravigliosa ossessione. My love.

«Più piano?» le chiese lui.

Per scuotere la testa lei dovette attendere di riuscire a muoverla. Ritrovò le mani sotto la canottiera di lui, intrappolate dal cotone alla sua pelle. Resistette all'impulso di graffiare con le dita e le lasciò scorrere verso l'alto, portandosi via l'indumento. Alexander liberò le braccia dalla camicia e poi lasciò fare a lei.

Nella penombra scura Ami gli denudò il torso sfiorandogli i capelli, lasciando cadere la canottiera dietro di lei, giù dal letto.

La trovò un'esperienza tanto sensuale da volerla vedere a colori.

Due mani le slacciarono i pantaloni e li tirarono giù, senza ulteriori attese.

Aiutarlo sollevando il bacino la portò a distendere la testa all'indietro, oltre il limite del materasso. Cercare di rimettersi dritta non servì ad altro che a farla quasi cadere. Si aggrappò alle mani che arrivarono a sostenerla.

«Impazienti come gatti.»

Lei?

«Io, ma per una volta anche tu, love.» E proprio come un felino, Alexander strofinò la guancia contro la sua.

Di nuovo al sicuro al centro del letto, a lei uscì un sorriso. «Ma un gatto farebbe così.» Sollevandosi scivolò su di lui, petto contro petto, fino ad abbracciarlo sulle spalle. «Se fosse molto affettuoso.»

Lui eliminò aria per un intero secondo. «Sempre al buio d'ora in poi.»

Per una volta lei lo comprese subito. «No, la prossima volta...»

«Sollevo le coperte?»

Cosa?

Alexander la allontanò dalle propria ginocchia e scese dal letto. «Stiamo al caldo.» Senza attendere risposta scostò il piumino, sollevandolo. Si liberò dei pantaloni e tornò a sdraiarsi sotto le coperte, senza perdere un solo secondo.

Ami sorrise: si era preoccupata per niente. Non aveva malinterpretato il momento, anche lui non vedeva l'ora di continuare.

Alexander la prese per la vita mentre lei già si stava avvicinando, portandola contro di sé tanto rapidamente da farsi colpire allo stomaco con un ginocchio. Si mise a ridere. «Quando vuoi andare più piano... ho bisogno di sentirtelo dire.» Premette la bocca contro la sua a labbra aperte e non le permise di ricambiare. Era già sceso a trovarle il lobo dell'orecchio e la gola, lasciando libero il respiro lì.

Il sangue in lei raddoppiò in velocità per permetterle di arrossire sulle guance e pulsare contro il suo bacio. «Non ho detto niente.» Gli abbracciò la testa.

Lui produsse un suono incomprensibile, che si trasformò in...

«... no, no, no.» Alexander si scostò all'indietro. Respirava forte. «Era questo...?» Tornò con una mano su di lei, ad accarezzarla appena sullo stomaco. «Questo prima ti piaceva, vero?»

Ami non gradì sorridere di lui. «Cosa stai facendo?»

«Niente.»

Si stava controllando invece, proprio quando non c'era alcuna ragione per farlo. «Non pensare più. Nemmeno per me.»

«Va bene.»

Una piccola bugia innocente?

Il pensiero di protestare ancora le parve sbagliato. A parole fendevano il buio e la comprensione innata che avevano naturalmente quando non decidevano da soli di metterla alla prova.

Sullo stomaco la carezza leggera le provocò un brivido di solletico. Più forte, ora. Ma non voleva dirlo e continuare a dare istruzioni. Non voleva più pensare, tutte le altre volte... Come faceva a fargli capire che come tutte le altre volte andava benissimo? Non le dispiaceva avvampare. Voleva esperimenti azzardati e silenziosi, e soprattutto sentire che ad Alexander amarla piaceva tanto da perdere la testa.

Il dorso delle dita di lui rasentò la linea più bassa del suo addome. Sentendo sobbalzare i propri muscoli Ami capì d'istinto che il piacere di entrambi si trovava alla distanza di un soffio. Lui tornò a respirare sulla sua tempia e, con due polpastrelli, appiattì il fiocco minuscolo ricamato sul bordo dei suoi slip.

Armata di coraggio e sensazioni, lei gli prese le dita e le spinse giù. Più giù, fino a serrare forte gli occhi.

L'ansito contro la guancia la eccitò.

«Lì?»

Lei piegò la testa all'indietro e si nutrì dell'aria di lui direttamente dalla fonte.

  

Aveva mai intuito che Ami era come lui nelle pulsioni più profonde?

Sì, no, forse da sempre.

Ricordava, vagamente, di essersi vergognato come lei quando era stato ragazzino - per un brevissimo periodo - prima di lasciarsi andare alla scoperta di tutto il piacere che poteva provare col corpo. Il suo imbarazzo si era polverizzato tanto velocemente da fare di lui un segreto edonista.

Ami sarebbe stata più lenta, ma era come se avesse spezzato una barriera. Ora lo baciava ansimante, dondolando coi fianchi contro le sue dita.

Lui era un perfezionista eccitato, innamorato, inebriato: in quel buio, in quel momento, aveva imparato abbastanza su di lei da farle provare il piacere più intenso di tutta loro breve esperienza. Con la certezza di ripetersi, no problem about it.

Ami staccò le labbra dalle sue per inspirare, il corpo teso e involontariamente tremante.

Sopra il cotone sottile degli slip per lui fu facile capire quanto premere: piano come sullo stomaco, come gli aveva detto lei, ma con un poco più di insistenza.

Con un gemito soffocato, la mano di Ami schiacciò la sua dopo altri due momenti.

Right, meno delicatezza. E desiderò davvero dimenticarla: dove teneva la mano, Ami era favolosamente calda. Non era diventata così solo per sentirlo strofinare le dita su quel punto.

Lei nascose il viso contro il suo collo, stringendo forte le gambe, muovendo i fianchi in una maniera...

Circolare, colse lui. Seguì il movimento e comprese che era la chiave di quell'attimo, il movimento giusto che- Lo rallentò di proposito.

Ami lo stava baciando sul collo, meravigliosamente bene. Smise solo per un momento quando lui scelse di non avere più ostacoli nell'accarezzarla.

Il morso leggerissimo dei denti di lei sulla giugulare sarebbe stata una di quelle sensazioni che sarebbe tornato a cercare ancora, per sempre.

Infilò il braccio tra il materasso e il fianco di lei per abbracciarla, per trattenerla meglio, mentre più sotto la sua mano... La sentì scivolare come su seta bollente e morì di un orgasmo mentale. Lei iniziò a provarne uno vero, pulsante, e tra l'avanti e indietro lui sentì il bisogno di andare.... dentro.

Non pensare più. Parole di lei, di prima. Le unghie che affondarono nelle sue spalle lo convinsero a lasciarsi andare.

Spalancò la bocca e andò a divorare quella di lei, catturato mentre la prendeva, inglobato senza pietà ancora in pieno movimento, perso, teso e... Strinse gli occhi. Nella penombra si concentrò sulle palpebre serrate di Ami, sulle sue labbra umide e lucenti. Su quanto era bella più che mai mentre si lasciava accarezzare senza remore, guidandolo e muovendosi con lui solo per provare picchi più intensi, vivendoli in ogni istante. Lui solo e solamente fino all'ultimo, poi le levò gli slip così velocemente che per un attimo pensò di averli strappati. Si prese un altro momento - di decenza - per non finirle sopra ancora mezzo vestito.

Quello che amò oltre ogni dire fu sentirla allungare le braccia nella sua direzione, come se fosse naturale volerlo con lei.

Per non fallire miseramente, si posizionò come aveva fatto la prima volta, con le braccia piegate oltre la testa di lei e il bacino allineato al suo. Fu uno sforzo, ma funzionava, come aveva letto dappertutto.

Si lasciò colpire dalla fitta del contatto con la carne morbida e, sistemandosi col peso sulle gambe, trovò la prima unione incompleta, quella con cui riusciva a stimolarla maggiormente.

Ami gli chiuse i fianchi tra le gambe e sollevò le braccia verso le sue spalle, cercandogli la testa.

Lui annuì senza parole. Tra poco. Oh sì, tra poco, quando fosse finita la miglior tortura mai inventata dall'umanità, quello strofinarsi dall'alto verso il basso e in senso contrario che era preludio del piacere massimo, tanto eccitante perché era già unione.

Se solo avesse potuto anche baciarla.

La carezza di Ami sulla guancia scese e si trasformò in presa sulla sua spalla. Lei la usò per scivolare verso l'alto, tra lui e il materasso, lontano. Scosse la testa.

No?

«Così.» Ami gli diede un bacio e tornò a sdraiarsi senza perderlo. «Così.» Premette contro di lui col corpo, ritrovando l'incastro per prima.

Scivolare completamente dentro di lei, a fondo, lo portò a cercare il sangue nel mordersi le labbra. «Per favore.» Cosa le chiedeva? Tregua, sollievo?

«Fai così» insistette lei, sorridendo con un ansito. «Va bene, non... please

Delle proprie azioni, capì lui, non era più responsabile.

Mosse i fianchi piano all'inizio, ancora sotto controllo. Riuscì a godersi le carezze che riceveva e che le dava. E i baci, God, i baci. Li amava con tutto il suo essere.

Poi divenne una sofferenza. Si muoveva e sentiva il proprio culmine come se fosse già lì, dentro il corpo stretto e caldo di lei. Troppo presto.

«Please» gli sussurrava Ami, affondando le dita nelle sue spalle tese.

Alexander capì cosa gli stava davvero chiedendo lei solo quando la sentì stringerlo, di proposito, anche con quei muscoli che le facevano provare piacere.

Si tenne al cuscino, a lei, e perse la ragione. Si mosse senza, veloce e a fondo, non da solo. Di più, ancora.

Non udì gemiti improvvisi da Ami, percepì solo un abbraccio continuo, intimo e amorevole, che non lo lasciò mai andare.

Alla fine, non ebbe nemmeno la forza di sostenersi sui gomiti. Si accasciò e, sotto di lui, Ami si mosse per stringerlo di più.

Respirando velocemente contro la sua guancia, Alexander inspirò l'odore di lei talmente tante volte da riuscire a percepirlo come diverso: sapeva di eccitazione acuta. Sazia.

Le accarezzò un gomito. «Is it...?»

«It's fine.» La voce di Ami si ruppe in una risata minuscola, dolce. Tremò appena, di sensazioni svanite da un attimo. «It was beautiful

Sai perché voglio baciarti? Per mille ragioni, non avrebbe saputo sceglierne una neppure lui. Lo fece e basta.

«Non sono più tanto inesperta» disse lei, recuperando un briciolo di fermezza. «Io... so decidere cosa voglio.»

Non c'era abbastanza luce da riuscire a leggere la sua espressione. «Okay?»

La notò ugualmente abbassare lo sguardo.

«A me una volta sola...»

Stava arrossendo.

«... basta. È sufficiente.»

Ah. Si sentì sorridere. «Perciò sbagliavo a...?»

«No. Cioè , se ti trattieni. Non farlo più, non è... Non è quello che piace a me.»

Lo aveva notato. Non le era semplicemente grato, l'aveva scoperta in una maniera... Com'era sempre stata, si rese conto. Generosa.

Ami non aveva smesso di parlare. «Inoltre a me... I really liked it even when...»

L'inglese era anche la lingua delle confessioni molto imbarazzanti.

Lui ebbe un'intuizione. «Una seconda volta?» C'era stata?

Il silenzio carico gli diede la sua risposta.

Damn, I'm really good.

Scuotendo la testa, Ami iniziò a ridere. «Dobbiamo riprendere a studiare.»

Ma certo. La baciò sulla guancia. «Guastafeste.»

Lei spalancò la bocca.

Lui si ritrasse, sedendosi. «Ti perdono solo se con la luce accesa non ti copri.»

La risata lo contagiò.

Oh sì. Ridere e ridere, non voleva fare altro con lei. Oh, e studiare. Ah, e fare l'amore. E... well, troppe cose.

Tornò in piedi, caldo delle coperte, stremato e rinato.

Ami cercò il piumino e se lo avvolse attorno. «È stato... Senza parole, lo sai?»

Sì.

Senza parole, indescrivibile.

Era vivo in un mondo perfetto.

 


 

NdA : Lo sapevo. Se gli davo il suo tempo, questo capitolo poteva piacermi molto. Non è stato semplice scriverlo, ma ora che ce l'ho qui davanti, nella sua interezza, mi lascia la sensazione che cercavo sin dall'inizio. Forse non c'è una sola parola. Tenerezza, un po' di quel tocco di Red Lemon che doveva esserci e... profondità? Volevo rendere il capitolo intenso e interessante in ogni senso.

Non so se ce l'avrò fatta per tutti, forse parlo ispirata dall'amore del momento per il capitolo appena dato alla luce :)

 

In ogni caso, grazie di essere qui a leggere.

 

ellephedre

 

Traduzione di alcune frasi:

- well : intarcalare, come 'beh'.

- I adore you. [...] Will love you till the end, promise. [...] Day by day, my choice : Io ti adoro. Ti amerò fino alla fine, promessa. Giorno dopo giorno, la mia scelta.

- Here you are, you already are : Sei qui, lo sei già.

- Damn, I am really good : Dannazione, sono proprio bravo.

 

   
 
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