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Autore: imtheonekeepingyoualive    11/10/2011    9 recensioni
"Ti manca casa tua, il tuo mondo?" Domandò, a voce bassa.
Il più grande fissò il soffitto sopra le loro teste e ci mise un pò a trovare le parole.
"Sì. Beh, ho Mikey qui e questo mi è di aiuto." Disse, con un mezzo sorriso. "Mi mancano i colori." Mormorò, in tono malinconico.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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monroeville Disclaimer: Tutto inventato, non mi pagano. Lies for the liars.




It's your colorful pride that kept me here 9000 days.




****



"Tu lo sai come ci sei finito qui?"
Gerard alzò un sopracciglio e si voltò a guardare Frank in viso, senza smettere di accarezzargli i capelli.
"No." Rispose, scrollando una spalla. "Non proprio."
L'altro sospirò ed abbassò lo sguardo sulle mani appoggiate sul petto di Gerard, il mento sopra. "Ti manca casa tua, il tuo mondo?" Domandò, a voce bassa.
Il più grande fissò il soffitto sopra le loro teste e ci mise un pò a trovare le parole.
"Sì. Beh, ho Mikey qui e questo mi è di aiuto." Disse, con un mezzo sorriso. "Mi mancano i colori." Mormorò, in tono malinconico.
Il più piccolo rialzò lo sguardo, come ogni volta che Gerard parlava di quello che nella città di Monroeville non esisteva. Frank amava sentirlo raccontare storie su storie di quanto fosse diverso il mondo reale, o perlomeno, il mondo da cui proveniva Gerard. Era sicuro che questo fosse reale tanto quanto il suo, se il ragazzo steso addosso a lui significava qualcosa. Allo stesso tempo, però, Frank sembrava sempre triste una volta che il maggiore aveva terminato i racconti.
"Io non li ho mai visti, ma da come ne parli tu devono essere bellissimi. Come... Come sono?"
Gerard prese un respiro profondo, sentendo Frank farglisi impossibilmente più vicino. Rimasero entrambi in silenzio per qualche lungo secondo, Frank in attesa e Gerard incerto su come rispondere.
Non era una domanda facile, come descrivere i colori ad una persona che non li aveva mai visti? Monroeville era in bianco e nero, una città costruita in sfumature di grigio e che Gerard amava e detestava allo stesso tempo.
"Nel mio mondo, sono un artista. O perlomeno, è ciò che vorrei essere." Iniziò, facendo un piccolo risolino, imbarazzato. "Nessuno mi ha mai chiamato così. Però... Lavoro con i colori. Dipingo e disegno. Ho riempito album interi di idee e schizzi, ritratti. Come farti capire? Ehm, vediamo. Prendiamo il giallo, per esempio. Il giallo è come un frutto acido, come un limone, forte, che, quando lo metti in bocca ti fa stringere gli occhi dal sapore. Il rosso è il colore del calore, come il fuoco, è il colore del Natale. Il verde è il colore della primavera, delle foglie, quando fa un pò più caldo e gli alberi si riempiono di gemme. Il blu è il colore dell'acqua, del cielo, il colore del mondo, della libertà. Il bianco è il colore della neve, del ghiaccio, è freddo, come quando la mattina ti svegli e scopri che non devi andare a scuola perchè le strade sono chiuse. E' l'inverno. L'arancione è il colore di Halloween, delle zucche, del tuo compleanno. Non so come spiegarti il colore degli occhi di Mikey, è come un albero di fine estate, marroni e verdi, il colore della terra spruzzata d'erba." Disse, alzando una mano per accompagnare le parole. "I tuoi sono sicuro che sarebbero bellissimi." Aggiunse, girandosi per guardarlo negli occhi e fu sicuro che Frank arrossì appena, le guance più scure. "Probabilmente del colore delle foglie, del vento che ci passa in mezzo, limpidi come l'aria."
Sentì l'altro trattenere il respiro e Gerard sorrise, triste.
"Mi piacerebbe tanto vedere di che colore sono i tuoi occhi. O i tuoi capelli. Mi piacerebbe tanto che tu potessi vederli."
Il più piccolo si sporse ed appoggiò le labbra contro le sue, leggere, appena un tocco ma fu abbastanza per farlo zittire.
"Anche a me piacerebbe tanto vedere i tuoi. Quando il sole li colpisce, diventano così chiari che mi domando come sarebbero se fossero di un altro colore. Non. Non ho nemmeno la più pallida idea di come sia fatto un colore, poi. Mi sento così inutile, in confronto a te. Vorrei, non lo so. Venire da dove provieni tu."
Gerard scostò una ciocca di capelli dal viso dell'altro ed allungò il braccio per circondargli la vita.
"Vorrei sapere come tornare a casa." Sussurrò, chiudendo gli occhi.
Ci fu un momento di silenzio, il sonno che lo intorpidiva lentamente ed il calore di Frank appoggiato al suo petto, il suo cuore che batteva veloce contro il suo. Reale, vero, Frank.
"Senza di me?" Chiese dopo un pò, con voce appena udibile.
Gerard lo strinse forte e scosse la testa.
"Se tu volessi venire con me, ti ci porterei immediatamente."
L'altro sembrò soddisfatto dalla risposta, perchè appoggiò la guancia contro il suo collo e sospirò.
"Promettimelo."
"Te lo prometto, Frankie."

*

Il primo colore ad essere stato avvistato a Monroeville fu il rosso delle labbra di una ragazza in un Diner di fronte alla biblioteca. Si vocifera che il ragazzo accanto a lei, quando vide quel colore, si spaventò così tanto che cadde dalla sedia.

Da allora la città cominciò a riempirsi di vita, colori, sfumature diverse. Giallo, verde, rosso, blu, rosa. Le ragazze cominciarono a scoprire gli ombretti e gli abbinamenti dei vestiti ed i ragazzi a voler le carrozzerie delle auto rosse fiammanti, o azzurre, o verdi.  Gli alberi si riempirono di fiori non solo profumati, ma anche di bei colori diversi e vivaci. I libri avevano immagini pastello e chi aveva abbastanza coraggio, si tatuava sul corpo quella novità in inchiostro non solo nero.

Frank scoprì che sua madre aveva gli occhi marroni ed i capelli castani. Il bagno era azzurro, la cucina bianca ed il soggiorno giallo. La sua auto era di un verde scuro e, quel pezzo sulla fiancata destra dove aveva graffiato la vernice, era di un grigio rovinato. Il cielo era azzurro, come aveva detto Gerard, gli alberi verdi e la terra marrone. Mikey aveva gli occhi della primavera. Frank avrebbe tanto voluto vedere quelli di Gerard, ma non ci era riuscito.
I fratelli erano scomparsi una mattina, senza lasciare traccia.

*

Quando Gerard si risvegliò nel suo letto a Belleville, nella sua camera nel seminterrato a casa dei suoi, per un primo momento pensò di aver sognato tutto. Ma, quando infilò la mano nella tasca della giacca e ne tirò fuori il biglietto del cinema dove Frank l'aveva portato una sera, e vide scritto 'Monroeville theatre - Texas Chainsaw Massacre', capì che non si era immaginato niente, Frank ed il suo mondo in bianco e nero erano veri. E Belleville sembrava vuota e triste, al confronto.
Mikey scapicollò giù per le scale e rimasero fermi a guardarsi basiti per minuti interi, prima che il biondo si decidesse a chiudere la porta e a raggiungere il fratello sul letto.
Non uscirono fino a sera tarda, raccontandosi l'un l'altro quello che ricordavano di Monroeville e facendo pause per andare a prendere del caffè, o in bagno, o interrotti dalla loro madre che li chiamava per il pranzo.
Entrambi volevano tornare a Monroeville, volevano rivedere Frank (e Pete, anche se Gerard aveva fatto finta di non vedere quanto Mikey e Pete fossero diventati intimi. Pete chi?) e Linda, e soprattutto, Gerard aveva promesso a Frank che l'avrebbe portato con sé, semmai fosse riuscito a scoprire come tornare indietro. Dovevano pensare come tornare là. Frank lo stava aspettando.

Un paio di settimane dopo, Mikey si sedette sul divano e guardò Gerard riempire album e album di schizzi di Frank, del Diner di Monroeville, della scuola, del parco, del cinema e disse, semplicemente: "Credo di aver capito come tornare indietro, Gee." facendolo sobbalzare.
Il maggiore si girò immediatamente, con gli occhi spalancati ed il cuore a mille. Aspettò impaziente che l'altro si decidesse a renderlo partecipe della scoperta e, quando vide che Mikey era rimasto fisso a guardare i disegni sulla pagina aperta sulle sue gambe, gli diede un colpo con un ginocchio, facendogli alzare lo sguardo.
"Beh?"
Il minore accese la tv e sospirò.
"Sai quando sogni e ti sembra di esserci dentro veramente?" Disse, senza distaccare gli occhi dallo schermo.
Gerard aggrottò la fronte e chiuse lentamente il blocco da disegno, con movimenti precisi.
"Sì."
"Credo che dovremmo sognare Monroeville e desiderare di tornare indietro." Finì il biondo, tirandosi su gli occhiali sul naso col dorso della mano.
Gerard rimase zitto qualche secondo, preso in contropiede.
"Io sogno sempre Monroeville da quando siamo tornati, eppure sono ancora qui." Esclamò, indicando il salotto con entrambe le mani, come per provare il suo punto.
Mikey alzò le spalle, come se la cosa non fosse di grande importanza.
"Anche io. Ma credo che dovremmo sognare il posto, non la gente che lo abita. E non devi pensare che quello sia un sogno, devi voler tornare in quel preciso punto con tutto te stesso. Non sognare Frank, sogna casa sua, o il cinema, o il Diner. Tutto tranne lui."
Gerard sospirò e si prese la testa fra le mani, per cercare di rimettere le idee a posto.
"Stanotte io ho intenzione di mettercela tutta per sognare Monroeville, Gerard." Continuò Mikey, col suo solito tono monocorde. Il maggiore si stropicciò la faccia e non rispose. "Spero che lo voglia fare anche tu. Se io dovessi riuscirci, non so se e quando riuscirei a tornare qui a casa."
Gerard annuì.
"Preferirei non andarci da solo, Gee."
Il moro annuì di nuovo, sospirando. Scostò le mani dal viso e guardò il fratello.
"Stanotte ce la faremo, vedrai. Grazie Mikes." Gli disse, allungandosi per abbracciarlo. L'altro fece un sorriso e gli battè una mano sulla schiena.
"Però fatti una doccia prima di andare a letto. Sono sicuro che per quanto Frank ti ami, non vorrà avere a che fare con le tue ascelle."
Entrambi risero e Gerard lo spinse giù dal divano.

Quella sera entrambi salutarono i genitori come se dovessero partire per un lungo viaggio, anche se avevano capito che in realtà il loro corpo non si sarebbe mosso da Belleville. Donna li guardò come se fossero ubriachi - e probabilmente sarebbe andata a cercare prove della cosa non appena avesse potuto - e Donald abbassò un angolo del giornale ed alzò un sopracciglio nella loro direzione, augurando loro buonanotte. Non accadeva da quando Gerard aveva quindici anni e Mikey dodici, una scena del genere.
Gerard abbracciò Mikey in salotto e si divisero con la promessa di rivedersi a Monroeville. Il moro sospirò e scostò le coperte, prima di infilarcisi dentro ancora vestito come se dovesse uscire di casa da un momento all'altro. Chiuse gli occhi e cominciò a pensare al cinema in cui lui e Frank erano andat a vedere gli horror, o al parco dove facevano passeggiare Bela, o la scuola dove l'aveva conosciuto. Voleva tornarci. Doveva tornarci. A tutti i costi.

*

La prima cosa che vide, quando riaprì gli occhi, fu una camera con il soffitto bianco.
Sbattè le palpebre un paio di volte, per abituarcisi, e si mise a sedere sul letto che, riconobbe dopo qualche secondo, aveva usato durante la sua permanenza a Monroeville. Era riuscito a tornare.
Sorrise e si alzò, immediatamente. Aprì la porta della camera ed uscì in corridoio, diretto verso la stanza di Mikey. L'aprì e lo vide addormentato a pancia in giù fra le lenzuola sparse per il letto. Ridacchiò, felice, e gli si avvicinò per svegliarlo.
"Mikey." Lo chiamò a voce bassa, per non spaventarlo, anche se dentro stava scoppiando. "Mikes, ce l'abbiamo fatta, siamo tornati. Svegliati, siamo a Monroeville!"
L'altro si risvegliò di soprassalto e Gerard rise ancora, passandogli gli occhiali. Mikey li prese e si stropicciò gli occhi da sotto le lenti, ancora intontito. "Gee?" Gracchiò, grattandosi la testa.
"Siamo tornati Mikes, è Monroeville. Ma è a colori!" Esclamò il maggiore, guardandosi intorno.
Era tutto a colori, come Belleville ed il mondo da cui provenivano loro. Eppure era di sicuro Monroeville, quella stanza, quella casa, era la stessa città in cui avevano vissuto per mesi. Era impossibile non riconoscerla, Gerard la conosceva a memoria, amava quel posto.
"Cosa sarà successo, mentre non eravamo qui?" Chiese il biondo, alzandosi per potersi infilare le scarpe.
Gerard scosse la testa e si affacciò alla finestra. Gli alberi erano in fiore, le felpe dei ragazzi erano colorate, come le scarpe delle signore e le auto. Era bellissimo, perfetto, tutto quello che Gerard sperava Frank avesse potuto vedere per sempre. Frank.
Si girò immediatamente e sorpassò Mikey, verso l'uscita. 
"Devo andare da Frank, Mikey!" Urlò, scendendo le scale di corsa. Sentì suo fratello ridere e sicuramente era già attaccato al cellulare per sentire Pete, ma per il momento non aveva nemmeno voglia di dirgli di stare attento, sapeva quanto Mikey aspettasse di rivedere Wentz. Chi era lui per impedirlo?
Uscì di casa trafelato, senza nemmeno sapere che ore fossero o che giorno. I loro genitori - quelli di Monroeville, che non assomigliavano per niente a lui o a Mikey, ma che erano così gentili ed educati - dovevano essere al lavoro, probabilmente la loro madre doveva essere a fare la spesa, o dalla parrucchiera, o a far revisionare l'auto, e forse Frank era ancora a scuola.
Si era dimenticato quanto questo mondo fosse quasi perfetto, mentre era a Belleville.
Tirò fuori il cellulare dalla tasca del jeans e cercò il numero di Frank in rubrica. Rimase fermo in mezzo al marciapiede, tremando, mentre il telefono squillava nel suo orecchio ed i vicini gli passavano accanto, salutandolo con sorrisi enormi.
Dopo il decimo squillo, chiuse il telefono e sospirò, affranto. Frank non aveva risposto. Forse ce l'aveva con lui perchè se n'era andato senza portarlo con sé. In fondo gliel'aveva promesso.
Rimase fermo un paio di minuti di fronte alla casa del signor Jennings, che stava tagliando il prato conversando amabilmente con il vicino, il signor Gordon, passandosi le mani fra i capelli scompigliati. Dove poteva essere Frank, in quel momento? Doveva assolutamente ritrovarlo e dirgli tutto. Voleva vederlo a colori, sapere se fosse come se l'era sempre immaginato. Abbracciarlo e stringerlo a sé, baciarlo. Non lasciarlo più.
Si girò verso il signore Jennings e gli chiese che ore fossero. L'uomo spense il tosaerba e lo guardò sorridente, prima di abbassare lo sguardo sul polso sinistro.
"Le tre e trentotto, figliolo." Rispose.
Gerard sospirò ed annuì. "La ringrazio signore."
"Ah, ragazzo!" Lo richiamò l'altro, facendolo voltare nuovamente. "Dì a tuo padre che venerdì dobbiamo vedere la partita a casa mia, ho comprato un televisore nuovo."
Gerard annuì prima ancora che l'altro avesse finito, senza aver capito una sola cosa, doveva solo andare da Frank. "Certo signore, glielo dirò."
"Bravo ragazzo. Salutami anche tuo fratello e vostra madre. Magda adora le lasagne di vostra madre."
"Certo certo, la ringrazio signore, ma devo scappare ora. Mi scusi." Esclamò, voltandosi per correre in direzione della scuola.
Frank doveva già essere uscito dal liceo, a quell'ora, ma di solito si fermava sempre qualche minuto al parco per fumarsi una sigaretta prima di tornare a casa. La signora Iero odiava il fumo e non sapeva che il figlio fumasse, Frank non aveva alcuna intenzione di dirglielo, oltretutto.
Gerard sorpassò l'incrocio della scuola e della biblioteca e continuò lungo la via principale, diretto al parco. Attese al semaforo saltellando avanti ed inidetro sulle piante dei piedi, le mani infilate nelle tasche della giacca e con la vecchietta al suo fianco che gli lanciava occhiate incerte.
Nona ppena scattò il verde, riprese a correre. Sapeva che doveva essere lì, ci avevano passato giornate in quel posto, col cane di Frank e da soli, Gerard aveva riempito fogli e fogli di schizzi in grafite nera ed aveva parlato per la prima volta di come il suo mondo fosse diverso da Monroeville, pur essendo così uguale. Frank non l'aveva preso per pazzo, anzi. Gli aveva sempre chiesto di raccontargli questo e quello, di come fossero diverse le cose a Belleville e in cosa fossero uguali.
Sorpassò i cancelli dell'entrata est del parco e si diresse immediatamente verso le altalene. Vide bambini giocare sull'erba, sentì le loro risate, vide i loro occhi colorati e felici, e riuscì solo a pensare a quanto volesse vedere Frank.
Quando girò l'angolo, si bloccò.
Una delle altalene era occupata da Frank, era lui, Gerard avrebbe potuto riconoscerlo fra mille. Indossava ancora la divisa di scuola, i capelli scuri e corti, e si stava dondolando appena avanti ed indietro fumando una sigaretta.
Quello che fece quasi piangere Gerard, però, era che Frank era ancora in bianco e nero. E, in quel mondo così variopinto, sembrava triste e solo.
Si passò una mano sugli occhi, per ricomporsi, e gli si avvicinò piano, cercando di non fare rumore. Quando gli fu alle spalle, si fermò per un secondo, per cercare di fermarsi dall'allungare una mano e toccarlo, qualsiasi cosa.
Però vide Frank voltare appena il viso a destra, puntare lo sguardo sull'ombra proiettata ai loro piedi e lo sentì trattenere il respiro con un singhiozzo, prima di alzarsi in piedi di scatto.
"Gee?" Domandò, voltandosi verso di lui.
Gerard sorrise mesto ed annuì, allungando una mano.
"Frankie, ehy." Mormorò, cercando di non lasciarsi andare al pianto. Vedere Frank così, come se lo ricordava, averlo così vicino e non poterlo toccare, lo stava uccidendo.
L'altro fece un passo indietro e Gerard ritrasse la mano, ferito.
"Perchè mi hai lasciato?" Disse il più basso con voce rabbiosa, buttando a terra il mozzicone.
Gerard strinse i lembi della giacca fra le mani, nervoso.
"Non ti ho lasciato, Frank. Sono tornato indietro. Sono tornato per te!" Esclamò. "Ti avevo promesso che ti avrei portato con me, lo so, ma mi sono semplicemente risvegliato a casa mia, a Belleville e tu non c'eri."
Fece un passo in avanti e scostò l'altalena di mezzo, facendo tintinnare le catene. Frank si piegò un pò più su sé stesso, ma non si mosse. Gerard gli prese il viso fra le mani e lo alzò verso il suo. Vide gli occhi lucidi e gli accarezzò gli zigomi con entrambi i pollici.
"Non sei più venuto a prendermi. Sono passati due mesi e tu non c'eri. Pensavo..." Sentì il suo respiro sulle labbra, quando Frank sospirò, chiudendo gli occhi. "Pensavo non ti avrei mai più rivisto."
Gerard scosse la testa e gli si fece ancora più vicino.
"No, no, ho tentato in tutti i modi di tornare, ma è stato Mikey a trovare la soluzione. Sognare Monroeville." Sussurrò, a bassissima voce. "Perchè tu sei ancora in bianco e nero?"
Frank riaprì gli occhi e li puntò nei suoi.
"Tu non c'eri più..." Disse, semplicemente, e Gerard non riuscì più a resistere. Colmò la distanza fra le loro labbra e lo baciò. Sentì Frank fare un verso sorpreso e subito dopo allacciò le braccia intorno al suo collo, aprendo la bocca per approfondire il bacio.
Gerard gli strinse la vita e si sentì rabbrividire quando la lingua di Frank sfiorò la sua.
Non seppe per quanto rimasero abbracciati a baciarsi, minuti interi, probabilmente, ma ad entrambi parvero ore. Quando si staccarono, ansanti, Gerard appoggiò la fronte contro quella dell'altro e rimase ad occhi chiusi a riprendere fiato.
Sorrise e li riaprì, quando sentì Frank ridacchiare. Gli era mancato quel suono.
E li vide. Vide gli occhi di Frank, per la prima volta diversi da quando lo aveva conosciuto. Gli si mozzò il respiro e rimase fermo a fissarli.
"Gee?" Chiese l'altro, preoccupato.
Gerard scosse la testa e gli prese nuovamente il viso fra le labbra, sorridendo.
"Lo sapevo che i tuoi occhi sarebbe stati bellissimi, Frankie."

   
 
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