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Autore: Kuruccha    12/10/2011    3 recensioni
Fu la piccola luce arancione della sigaretta del poliziotto di quartiere, fermo nella stazione di guardia all'incrocio, a risvegliare i suoi sensi; minuscola lucciola nella notte, che sembrava richiamare una sua compagna.
"Perchè il Pocket Bell lampeggia ancora?"

Post-serie. Mizuki e le sue memorie perdute.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hotaru


La luce del display del Pocket Bell sfarfallò nel buio.
Mizuki allungò la mano verso il comodino; nell'afferrare il cercapersone urtò qualcosa e lo fece cadere. Il tappeto accanto al suo letto attutì ogni suono.
Il Pocket Bell lampeggiò ancora.
Sarà sicuramente Tomoki, pensò, ancora assonnata. Non riesce a trattenersi dallo scrivermi nemmeno fino a domattina!, rimuginò, sorridendo.
Il palmo della mano che stringeva l'apparecchio venne illuminato a intervalli regolari dalla luce gialla dello schermo; le dita, con movimenti imprecisi, digitarono la combinazione esatta di tasti per la lettura dei messaggi - l'aveva imparata a memoria nei suoi giorni di convalescenza all'ospedale, quando tutti la contattavano in ogni modo possibile; sarebbe riuscita ad indovinarla anche ad occhi chiusi.
Il Pocket Bell continuò a lampeggiare anche dopo l'apertura del messaggio - come un piccolo cuore che pulsa; come una lucciola nelle prime sere di giugno.
Il messaggio non aveva nessun testo; era completamente vuoto. Il mittente era anonimo.
Mizuki osservò meglio il display. Erano le quattro del mattino.


Il suo sguardo venne catturato alla divisa scolastica ordinatamente appesa fuori dall'armadio, per poi posarsi sulla borsa già piena di libri.
Perchè riesco a vedere così bene?
La ragazza, sollevandosi, cercò con gli occhi la fonte di quella luce. La tenda pesante della finestra si era impigliata sullo schienale della sedia della sua scrivania, lasciando scoperta una parte del vetro; fuori, tutto era silenzioso e immobile. I lampioni illuminavano l'intera area residenziale; nemmeno un angolo era lasciato in ombra. Tutto era pulito ed ordinato. In fondo, Setagaya era davvero un buon distretto in cui vivere; certo, un po' monotono, uno di quei posti in cui non capita mai niente, ma - dopo il ritorno a casa - aveva cominciato a rivalutarne le doti.
A Setagaya la notte non faceva paura. Era tanto tempo che non usciva mentre fuori era ancora buio; quella delle sue fughe le sembrava un'epoca ormai remota, come se fosse appartenuta ad una vita precedente alla sua.
Sollevò lo sguardo. Nel cielo buio e senza stelle, uno spicchio di Luna sbiadiva tenue in mezzo al giallo dei lampioni.
Il Pocket Bell continuava a lampeggiare, lo schermo sempre vuoto; Mizuki lo appoggiò a rovescio sulla scrivania. La luce pulsò ancora contro il legno del tavolo, come una lucciola chiusa in un barattolo.
Si vestì in tutta fretta; svuotò la borsa dai libri, poggiandoli ordinatamente sulla scrivania. Recuperò il cercapersone ancora illuminato e lo infilò in tasca. La luce bianca della luna sembrava essersi fatta più forte.
Uscì dalla propria stanza senza far rumore; recuperò le scarpe all'entrata e, ancora scalza - formulando un solo e semplice pensiero su ciò che i suoi genitori avrebbero pensato non trovandola nel letto, e subito accantonandolo - si richiuse la porta di casa alle spalle.


Il vento freddo del mattino le colpì immediatamente il viso, gelandole il naso e facendole lacrimare gli occhi. Mizuki, continuando a camminare, affondò il viso nella sciarpa che aveva al collo e strinse più forte i manici della borsa. Le dita le si erano già trasformate in cubetti di ghiaccio.
Nel quartiere tutto era silenzioso; il rumore del traffico della tangenziale sopraelevata arrivava attutito ai blocchi di case. Tutt'attorno a lei non c'era anima viva. La stazione della metropolitana era chiusa; il primo treno non era ancora partito, e l'ultima corsa della sera era un ricordo ormai lontano. La doppia porta del minimarket si aprì automaticamente al suo passaggio, inondando l'esterno di luce e di aria calda; Mizuki osservò il negozio deserto - né clienti, né la commessa dietro al bancone - e, affondando le mani nelle tasche, continuò a camminare nel buio.


Fu la piccola luce arancione della sigaretta del poliziotto di quartiere, fermo nella stazione di guardia all'incrocio, a risvegliare i suoi sensi; minuscola lucciola nella notte, che sembrava richiamare una sua compagna.
Perchè il Pocket Bell lampeggia ancora?
Lo strinse più forte tra le dita, intuendone lo sfarfallìo anche attraverso la stoffa pesante del cappotto; lo tirò fuori per osservarlo meglio.
Un nuovo messaggio. Vuoto, ancora una volta. Il mittente era anonimo.
La lucina arancione volteggiò nell'aria mentre il poliziotto spariva nel nero della notte.

Come la luna calante,
Consumato dalle tenebre,
sono impallidite queste mie labbra


La mano che reggeva la sigaretta divenne luminosa. Due occhi blu bucarono il buio. Udì la propria voce giungere da un mondo lontano, liberata dal freddo di una notte dei primi giorni di marzo.

"Che bella canzone! L'hai scritta tu?
Come ti chiami?"


 - Signorina, è tutto a posto?
Come risvegliandosi da un sogno, si ritrovò con gli occhi immersi in quelli del vecchio poliziotto.
 - Signorina, vuole che le chiami qualcuno? Le serve aiuto? - le propose, gentilissimo. Mizuki tornò in sè.
 - Oh, no, mi scusi. Sono quasi arrivata a casa. La ringrazio - gli rispose.
Il poliziotto, bloccato nella propria stazione di guardia, la osservò mentre si allontanava. Qualcosa, nella tasca del cappotto di quella strana ragazza, stava brillando intensamente.


Bianco.
Un luminosissimo cancello in un mondo senza colori. Un trillo che si faceva mano a mano più forte; un campanellino che accendeva piccole scintille nei suoi occhi appannati dalla stanchezza. Un gattino che attraversava le sbarre e correva verso qualcuno, laggiù...

Una lucina; un anello dorato su minuscole dita di bambina, che rifletteva tutto quel bianco. Si stava allontanando.

La seguì.


Altre luci l'accolsero; calde, ancor più gialle di quelle dei lampioni. Candele accese nel buio di una casa abbandonata; un pianoforte come unico compagno, e una sola melodia stampata nella testa.
Era sola. Fuori dalla finestra, nel giardino, solamente le lucciole. Nessun suono.

Cosa posso cantare?


La solitudine che scompariva piano piano, sciogliendosi in tante scintille ai bordi del suo campo visivo; poi, dal nulla, un gattino, unico compagno di ore monotone - tempo in cui non esistevano né giorno né notte.
Risate di bambini. Piccole stelle accese nell'oscurità, nel dubbio, nel niente che la avvolgeva.
Nella sua mente, soltanto quella canzone.

Cosa posso cantare?


Il piccolo anello era tornato a brillare. La bimba la guardava con gli stessi occhi grandi del gatto al di là del cancello luminoso.

"Senti... per caso ti ricordi di me?
Sei la ragazza che ho visto quel giorno, vero?"


Una piccola certezza che nasce in fondo al petto e pulsa. Un cuore che ricomincia a battere; una mente che elabora di nuovo dei ricordi.

"Mi ricordo... La bambina che cercava il suo gatto.
Sono felice... volevo tanto rivederti."


"Eve..."
"Eve! Ma io quella canzone la conosco!"
"Eve!"

"Eve!!"
"Hotaru..."


Una strada deserta. Un passaggio pedonale; un'auto, un semaforo. Minuscole dita tese verso di lei. Il tentativo vano di afferrarla; due mani che si compenetrano.
Un fantasma. Un addio.

Dopo averti persa
Ed eri tu il mio sole


Io non sono più sola. Ma lui si sentirà di certo abbandonato...


Adam.
Un nome che finalmente riemerge dalla nebbia, accompagnato da una canzone.
E poi di nuovo il gattino - lo stesso di quella volta; Lulu, si chiama Lulu. La condurrà fuori da lì; lo sa. E' stata lei a guidare Hotaru, quella volta, un tempo lontano anni luce da quel momento; è stato Adam a mandargliela. Ne ha l'assoluta certezza.
Adam la vuole viva.
La sua immagine si dissolve al di là del cancello - una miriade di punti luminosi che riempie l'aria ed annienta ogni cosa. Attorno, solo bianco.
Le luci continuano a pulsare, trasformandosi gradualmente.



Il display del Pocket Bell lampeggiò ancora. L'ennesimo messaggio vuoto. Mizuki tornò dal suo lungo, lunghissimo viaggio, e si risvegliò digitando sul cercapersone, sovrappensiero, la stessa combinazione di tasti di poche decine di minuti prima. Quel cammino era durato pochi secondi - giusto il tempo di un sogno; e ancora dubitava che non fosse stato null'altro che quello.
Pallida in viso - come se avesse portato con sè il bianco del mondo dei cancelli - si guardò attorno; sopra le case, la vaga luminescenza dell'alba iniziava a rischiarare il cielo.
Davanti a lei, il semaforo verde del passaggio pedonale cominciò a lampeggiare. Al di là delle strisce segnate per terra, intrappolata nella tasca di qualcuno, la lucciola di un altro cercapersone iniziò a brillare.
Gli occhi di Mizuki incrociarono quelli di una bambina non più sconosciuta.
Veloce, prima che il rosso potesse scattare, Mizuki corse verso Hotaru.
Questa volta, con la mano tesa verso di lei, riuscì a raggiungere l'altro lato della strada.




*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*

Questa fanfiction ha partecipato al Multifandom Prompt Contest indetto da Alister sul forum di EFP, classificandosi seconda, a pari merito con Melitot Proud Eye. :3 E ne sono fiera. :D Prompt scelti: 18 (Profumo di giorni passati), 23 (Lucciole). Riuscite a ritrovarli? XD
E... piccolo trivia che non c'entra nulla: ho scelto questi due prompt quasi per caso, convintissima che avrei scritto su un altro fandom. XD E poi... boh, penso davvero che non avrei potuto trovare un manga più perfetto di questo per utilizzarli entrambi contemporaneamente in maniera così estesa (anche per il significato stesso del nome di Hotaru, lucciola), e sono davvero felice del risultato finale, per quanto sembri un trip mega-epico sulla quasi totalità della serie. A rileggerlo a posteriori, è anche più ipnotico e delirante di quanto avessi preventivato. XD Mi rendo conto che molti punti potrebbero risultare un po' ermetici per i continui riferimenti a particolari davvero minimi del manga; trovo, tuttavia, che allungare il brodo per spiegare tutto non sarebbe servito a molto.
Il riferimento continuo alle luci si è sviluppato nella mia mente dopo aver notato che Ai Yazawa ha l'abitudine di applicare alle sue tavole dei retini particolari per dare il tipico effetto 'scintillìo'. All'interno di questo manga, in particolare, ne viene fatto un uso davvero smodato; la mia mente di fanwriter non ha potuto resistere.
Il leggero sfasamento tra i tempi verbali della vicenda e quelli del flashback è voluto; a mio parere, rende meglio l'effetto-trip del viaggio nei ricordi. Ma potrebbe essere solo un mio parere. XD
Ho notato che la canzone degli Evil Eye, Last Quarter, si può legare perfettamente a momenti particolari della vicenda di Mizuki; se la prima strofa si ricollega al suo rapporto con Adam, il "cosa posso cantare?" può riferirsi al periodo di incoscienza passato all'interno della villa. Personalmente, ho associato quel 'Sole' nominato nell'ultima parte al personaggio di Hotaru. In fondo, è lei la vera chiave di volta della situazione di stallo in cui vive Mizuki; la sequenza finale, con la sparizione del fantasma e l'amnesia che porta all'oblìo totale - col suo far sì che Mizuki non ricordi nulla di Hotaru e dei giorni passati nella villa - è il momento in cui le due protagoniste si perdono.
Il semaforo era una cosa che volevo inserire fin dall'inizio; sono convinta che un passaggio pedonale sarebbero stato l'ambiente perfetto per un fatidico secondo incontro tra Mizuki e Hotaru.
Detto ciò, i miei trip da fangirl non hanno limite e me ne rendo conto. Non internatemi, vi prego. XD
Grazie mille per aver letto. :D
Buona serata!
Kuruccha
   
 
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