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Autore: DontMindMe    13/10/2011    1 recensioni
Pavarotti non cantava da giorni.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Dave Karofsky, Kurt Hummel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pavarotti non cantava più da giorni.
Kurt Hummel fissò il piccolo canarino ancora un istante, poi afferrò i suoi libri e sovrapensiero lasciò la sala comune.
Scese le imponenti scale della Dalton Academy e fu investito dalla vitalità della scuola: divise blu e rosse che si dileguavano verso classi diverse, tutte con lo stesso ritmo, gli stessi linguaggi, verbali e non verbali, senza alcun guizzo fuori dall'ordinario.
Gli cadde lo sguardo su uno specchio: stava diventando esattamente come loro. Si sentì spersonalizzato e demotivato e gli tornò in mente il suo canarino nella sua bellissima gabbietta dorata che non cantava più da giorni.
Kurt era fuggito dalla McKinley, terrorizzato dalla prima difficoltà, invece di tirare fuori le palle e reagire... si era rinchiuso nella sua gabbia sicura sfuggendo alla vita, quella vera, e per farlo aveva tolto pure i soldi per il viaggio di nozze ai suoi!
Sentì una fitta di senso di colpa e nostalgia. Persino Karofsky gli mancava.
Si slegò dalla massa, girò sui tacchi e si rifugiò in giardino. Non gli importava di saltare un'ora. Si raggomitolò ai piedi di un albero e mise su le cuffie del suo iPhone. Un SMS interruppe le note di Come Undone dei Duran Duran: era di Blaine.
“Kurt, dove sei?”
“Sono in giardino a fare qualcosa fuori dall'ordinario.” gli rispose. Per gli standard della scuola, almeno, lo era... nella sua testa ebbe un piccolo moto di fastidio anche per Blaine: lui era il perfetto frutto della Dalton e, fra quelle mura, tentava spesso di trascinarlo con sé lì dove non sarebbe mai più stato Kurt... ma si sentì subito in colpa: non era forse innamorato di lui?
Tirò via le cuffie e rimase a pensare a testa bassa, la mano che gli sorreggeva il mento, schiacciata sulla bocca. Poi la luce su di lui si abbassò di colpo e si accorse che qualcuno gli era in piedi di fronte: era Dave Karofsky.
Saltò in piedi d'istinto, provando ancora una volta quel brivido di terrore che era abituato a sentire quando quel bullo gli si avvicinava. “Karofsky, che ci fai qui?” biascicò a disagio.
Dave si limitò ad afferrargli i polsi e a strattonarlo a sé, avvolgendosi le sue braccia attorno alla vita, forzandolo ad un abbraccio. Lo strinse a sé con una certa disperazione per qualche minuto. Kurt non riuscì a impedirsi di arrossire, era del tutto irrazionale... e gli tornò persino in mente un articolo di Cosmopolitan in cui analizzavano il linguaggio degli abbracci... Poi Dave lo spinse contro l'albero penetrandolo con uno sguardo misto di dolore e crudeltà e se ne andò così come era arrivato, senza una parola.
Kurt lasciò che il battito del suo cuore rallentasse un po' e che l'ansia rientrasse. Poi pensò che anche Karofsky doveva sentire la sua mancanza.
  
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