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Autore: OperationFailed    13/10/2011    3 recensioni
Songfic [?]
Lei stava sulla soglia ed io udii il campanello d'allarme mentre pensavo tra me 'potrebbe essere il paradiso o potrebbe essere l'inferno'. Poi lei accese la candela e mi mostrò la strada. Si udivano delle voci nei corridoi e credevo che dicessero....
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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John rientrò dal colloquio in ambulatorio e trovò Sherlock vagamente irritato. Aspettava una penna da un’ora, ma il suo per niente collaborativo coinquilino aveva deciso di perdere preziosissimo tempo a cercare un lavoro e ad invaghirsi di una donna qualunque. Al 90% dottoressa anche lei. Sherlock lo aveva capito dai passi delle scale di John – un po’ troppo molleggiati per una semplice euforia da nuovo posto di lavoro  – dalla sua espressione ebete, colta con la coda dell’occhio, e dal fatto che non gli avesse chiesto subito se avesse fatto progressi con il caso. Sherlock Holmes però non aveva capito l’entità del danno, non ancora. Se ne rese conto soltanto quattro secondi più tardi, quando un femminile “fantastica” era uscito da un maschile “che te ne è parso?”. Le cose erano peggio di quel che apparivano a prima vista. John aveva farfugliato qualcosa, balbettato che il lavoro era fantastico, certo, il lavoro, cos’altro. La donna però gli si affacciava dal cervello fin dentro negli occhi, e vederla al davanzale di quelle due finestre limpide infastidiva Sherlock. Solo lui poteva starci, affacciato lì. Vederla sulla soglia di quelle labbra sottili lo terrorizzava.




Lei stava sulla soglia
ed io udii il campanello d'allarme
mentre pensavo tra me
'potrebbe essere il paradiso o potrebbe essere l'inferno'
poi lei accese la candela e mi mostrò la strada
si udivano delle voci nei corridoi
e credevo che dicessero....


Lei era lì, lei era solo un volto ignoto eppure gli si era già presentata. “Sono il paradiso, non vedi? Ti libererò dell’idiota medio che è il tuo coinquilino. Piacere, sono il tuo inferno personale. Non ci sarà più nessuno a cui chiedere una penna, un cellulare o una fuga notturna per le strade di Londra. Mi porto via tutto io: fastidio, sorrisi e battiti”.
Lei era lì negli occhi di fiume che gli scorrevano davanti, e teneva in mano una candela, l’altra mano ad indicare il domani. “Puoi uscire quando preferisci. Non potrai mai andartene, comunque”. John era rimasto impalato davanti alla mensola, perso a rincorrere i lei, i lui, gli esso. Così Sherlock aveva lasciato che gli si rompesse qualcosa dentro, con il fragore cristallino di uno specchio che non è più, e si era limitato ad indicare le foto del caso. Il caso il caso il caso. Non c’è paradiso, non c’è inferno, non c’è donna. Ma una cosa c’è e non vuole andarsene. Puoi uscire quando vuoi, ma non potrai mai andartene. Era così vero che gli faceva dolere il cuore che non aveva. In quel momento ogni cosa glielo bisbigliava contro, sembrava che le voci gli si appiccicassero addosso come nebbia. Quando mai Sherlock Holmes si lasciava infastidire dal cicaleccio altrui? Mai, prima che si mettesse di mezzo quello sciocco di John Watson. Con lui era tutto confuso, incomprensibile, e adesso le voci gli oscuravano il cervello, e gli occhi parevano di bambola rotta, e tutto gli diceva che era razionale lasciare i piccioncini ai loro giochi e levare le tende.


Puoi uscire quando vuoi, ma non potrai mai andartene.


Tutto glielo diceva, ma quando c’era John Watson di mezzo la razionalità era una porta in mezzo al deserto, un corridoio per l’infinito. Una cosa insensata e praticamente inesistente. Accidenti a lui, a lei e all’”intruso che sa attraversare i muri”. Cosa c’è di più ridicolo dei titoli di giornale? Sherlock non lo sapeva, ma con certezza poté dire, da quel giorno, che quando non hai niente, niente possono toglierti. Gli piaceva pensare di non aver nulla, ma qualcosa c’era. Un “medico coscienzioso ed affidabile, che ama lavorare duro e che presta attenzione ai dettagli…”, ed ora anche un pensiero che non avrebbe mai potuto abbandonare.


Puoi uscire quando vuoi, ma non potrai mai andartene.











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Spiego qualcosa perché mi rendo conto che molte cose potrebbero essere chiare solo a me. Pensandoci, è così per la maggior parte delle cose che scrivo xD

Il titolo viene dalla celebre “Hotel California” degli Eagles, il cui ascolto è sconsigliato – pena la produzione di mezze calzette come quella sopra. La traduzione del titolo è quella che trovate ripetuta tre volte nella fic e che è un po’ il suo nodo centrale. In realtà l’avevo pensata per Watson, riferita al fatto che – se anche si trasferisse lontano da BS per una Sarah o una Mary o una Genoveffa qualunque – non potrebbe mai abbandonare veramente quell’appartamento. Poi l’ispirazione e non so cos’altro mi ha fatto deviare strada e, buona idea o meno, io ho fatto quello che mi sentivo di fare. Il pezzo in corsivo sulla sinistra fa parte della sopracitata canzone, tutti i pezzi in corsivo vanno intesi come pensieri di Holmes.
Le voci che Holmes sente – che ho ripreso dalla strofa della canzone – non sono altro che pensieri. Li reputa “altrui” poiché non sono pensieri razionali, pensieri che ha deciso lui. E’ l’istinto di sopravvivenza che gli dice che è meglio cancellare e fare finta di niente, ma come la donna ha detto “Puoi uscire quando vuoi, ma non potrai mai andartene." Uscire è abbandonare il gioco, darsi per vinto, far tacere il pensiero. Quella è l'unica cosa che gli rieccheggia nella mente, come se qualcuno gliel'avesse suggerito. In realtà è Sherlock stesso che se ne rende conto, e cerca di convincere se stesso che non ci siano paradiso, inferno o donne di sorta. Vuole convincersene ma c'è quel pensiero assurdo che gli rieccheggia in mente. Solo Puoi uscire quando vuoi, ma non potrai mai andartene. Ovviamente Sherlock non ha mai incontrato questa donna e nemmeno ci ha mai parlato. E' la sua mente, fa tutto la sua mente. Dentro la tempesta, e fuori solo due occhi impassibili e un paio di mani intrecciate.
Ah, un “medico coscienzioso ed affidabile, che ama lavorare duro e che presta attenzione ai dettagli…” è scritto nel CV di Watson, quello che presenta per il colloquio in ambulatorio. Leggerlo mi ha fatto soffocare dalle risate XD caro, caro Watson!
Grazie agli eventuali lettori, apprezzo il coraggio ;) alla prossima!
   
 
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