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Autore: Bran Lovecraft    14/10/2011    5 recensioni
Questa breve favola è ispirata al famoso mito greco. Una regina, pia e devotissima ad Afrodite, per soccorrere l'amato minacciato dall'ombra della morte, viene posta di fronte una dura scelta. Sacrificare la parte più amata di sé: la propria bellezza.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In un tempo arcano e misterioso, in cui la Ragione non aveva ancora estinto la Magia nei cuori delle persone, esisteva una regina buona e pietosa, il cui nome era Berenice. Ella non solo era molto bella, con la sua fluente chioma dorata che terminava in morbidi boccoli, i suoi puri occhi di un intenso blu nontiscordardime ed il suo volto di fanciulla vezzosa illuminato dalla gioia di vivere, bensì possedeva anche molte virtù che la rendevano una sovrana giusta e amata dai sudditi. Berenice era anche molto devota alla Diva Afrodite, in onore della quale nel giardino regale aveva fatto costruire un tabernacolo per la Dea e al cui centro ergeva, superbo e maestoso, un roseto. Tra tutte le rose ce n'era una a cui la regina era molto affezionata perché la considerava la più bella. Petali più rossi dei coralli dell'oceano con cui le sirene intrecciano corone per le loro chiome, più rossi dei semi dei melograni che fioriscono in tutto il regno, più rossi dei piedi delle candide colombe che trascinano il cocchio dorato di Afrodite dalla celeste casa paterna su nell'Olimpo sacro fino al mondo dei mortali. Si narra che un giorno la stessa Dea, per mettere alla prova la devozione della pia regina, si sia presentata a corte sotto mentite spoglie. Impersonando una vecchia mendicante in cerca di asilo, Afrodite suscitò subito la compassione di Berenice, la quale l'accolse con affetto materno e ordinò alle sue stesse ancelle di prendersi cura dell'anziana donna. L'astuta figlia di Zeus e Dione, però, non era ancora soddisfatta e il giorno seguente, sempre sotto le spoglie della vecchia elemosinante, si trovò a passeggiare nel sontuoso giardino e subito fu colpita dal roseto che cresceva nel santo tabernacolo a lei stessa consacrato. Fu soprattutto quella rosa che si ergeva arrogante tra le altre ad affascinarla e chiese alla regina se poteva riceverla in dono per portarla alla tomba del suo vecchio e unico sposo, deceduto da anni. Berenice, commossa dalla fedeltà coniugale della donna, ordinò ai suoi giardinieri di far recidere la rosa e di recarla in dono alla vecchietta, avvolta in un pregiato tessuto fenicio color scarlatto. Fu allora che la Dea rivelò alla sovrana la sua vera identità e con gran stupore di Berenice pronunciò le seguenti parole: “Mia cara, sono davvero colpita dalla vostra profonda devozione nei confronti dell'Amore e per questo voglio farvi un dono. Prenderò questo bellissimo fiore come ricordo della vostra sincera fede in me, ma renderò magico questo splendido roseto che fiorisce nel giardino del vostro palazzo. Il roseto resterà sempre bello e rigoglioso, indifferente al freddo invernale o alla pungente neve, ma nel momento del pericolo i petali di queste meravigliose rose perderanno la loro vitalità, si anneriranno e cadranno a terra polverizzandosi.” Detto ciò, la bella e potente Afrodite salutò la regina e tornò tra gli Immortali sull'Olimpo. Accadde un giorno che Tolomeo, sovrano d'Egitto e amatissimo consorte della folgorante Berenice, dovette abbandonare il suo trono per prendere parte ad una spedizione militare nel vicino Oriente. La regina era affranta per la partenza del marito ed ogni giorno si recava, accompagnata dalle sue ancelle, presso l'altare di Afrodite ove pregava, di fronte il roseto magico. Passò una settimana e le rose ancora non avevano perso la loro bellezza ed il loro acceso colore. Un dì però, recandosi a pregare presso il tabernacolo, Berenice assistette insieme alle sue ancelle a ciò che la Dea aveva predetto sarebbe accaduto nell'ora del pericolo. Temendo subito per la vita del suo amato, la regina cadde vittima dell'angoscia e della disperazione. Così si sfogò con la Dea a cui tanto era devota: “Oh potente Afrodite, che di molti mortali e Dei il cuore catturasti, sempre bellissima, col capo cinto di rose e fiori profumati, io vi fui sempre fedele. Donai gioielli preziosi e incensi ed oli al vostro altare. Vi donai la rosa più bella che avessi, a me tanto cara. Ora, nell'ora del dolore, mia Signora, ditemi cosa devo fare per salvare mio marito, per salvare il mio Tolomeo!” L'addolorata regina dovette attendere che la Notte portasse consigliò, perché fu nel sonno che ricevette la risposta alla sua preghiera. Le apparve in sogno la Divina e la rassicurò dicendole che, per far sì che Tolomeo ritornasse dalla guerra immune, ella donasse la cosa più preziosa che possedesse. Berenice le aveva già donata la bella rosa. Ora solo una cosa le era rimasta, che considerava altrettanto cara: la sua bellissima chioma. Fu così che il dì seguente ella si recò presso il santuario di Afrodite e ordinò alle sue ancelle di recidere la bella chioma, ciocca dorata dopo ciocca dorata. Alla fine al centro del tabernacolo i suoi splendidi capelli avevano preso posto del roseto, ormai dissolto nel nulla. Berenice aveva sacrificato così per Amore la cosa a lei più preziosa. Ed Afrodite mantenne la sua parola. Pochi giorni dopo, infatti, Tolomeo fece ritorno a corte e la sovrana poté riabbracciare l'amatissimo sposo. Afrodite pensò che la regina avesse dimostrato una fede profonda e sincera ancora una volta e decise di premiarla. Di notte, a palazzo, un astrologo prese a mirare col suo telescopio il ridente firmamento e tra gli astri scorse una nuova costellazione. La forma ricordava quella dei capelli della regina e per questo le diede il nome di “Chioma di Berenice”.
  
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