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Autore: Deilantha    14/10/2011    8 recensioni
Pasi è una diciannovenne impulsiva e socievole, dal futuro incerto ma dal buon cuore, che vive una situazione di conflitto in famiglia, sentendosi sempre la pecora nera rispetto ad una sorella apparentemente perfetta. Provando un vuoto affettivo tra le mura domestiche, Pasi si circonda di amici, che reputa la sua vera unità familiare.
Emile è il suo esatto opposto: non è un tipo socievole e vive esclusivamente per la musica, sul cui argomento è terribilmente arrogante. Ma il suo modo di essere così rigido e poco aperto agli altri, nasconde un dolore che il ragazzo si porta dietro dall’infanzia, dovuto ad una madre caduta vittima della depressione quando lui era ancora in fasce.
Emile e Pasi si scontreranno la prima volta che si vedranno, ma le loro vite sono destinate ad incrociarsi e farli crescere nella reciproca conoscenza.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Filrouge'
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Capitolo 10





 

 

«Perché non mi hai detto niente?»

Saltai con il cuore in gola e accesi la luce: Stè era in piedi, accanto al divano: doveva essere rimasto nell’appartamento di Rita ad attendermi per farmi qualche ramanzina… ultimamente ne stavo collezionando un po’ troppe, soprattutto da lui! 

«Testa di Paglia mi hai messo paura! Che stai facendo lì al buio a casa di Rita tutto solo? E a cosa diavolo ti riferisci?»

«Ti aspettavo, perché quando hai avvisato Rita che non saresti più venuta, ho iniziato a chiederle cosa ti stesse accadendo e lei e Fede mi hanno spiegato... perché non ti sei confidata con me? Perché non mi hai detto nulla di quell’Emile?»

«E tu sei qui a fare la veglia per una cosa simile? Stè ma è assurdo! È capitato, io non volevo nasconderti proprio nulla! Figuriamoci se proprio con te io debba avere dei segreti!» ero del tutto sincera in quel momento, Testa di Paglia conosceva tutto di me, non avrei mai potuto nascondergli qualcosa, anche perché mi leggeva come un libro aperto!  «Rita e Fede sono giunti alle loro conclusioni da soli… sai come sono fatti, ti dicono ciò che senti prima ancora che tu te ne renda conto!» e poi che ti dovevo dire Testa di Paglia, se nemmeno io riuscivo a parlare a me stessa!?

«Ti stai allontanando da me a causa di Simona?»  era terribilmente serio, temeva di perdermi perché lui era innamorato della sorella che mi aveva ripudiato! Ma come gli venivano in mente certe cose?!

«Stè ma stai scherzando!? Io non ti allontanerei mai! Soprattutto ora, voi siete ciò che ho di più caro al mondo, come potrei allontanarti!» in quel momento mi resi conto di aver bisogno di uno dei suoi caldi abbracci e mi diressi a passo svelto verso di lui «Non pensare mai più una cosa simile stupido! Come farei senza di voi? Come farei senza di te?!»

Per fortuna, Stè aveva un carattere allegro e gioviale e non sapeva restare di cattivo umore a lungo, così mi avvolse in uno dei suoi caldi abbracci.

«Scusami Testarossa, certe volte mi vengono queste idee strampalate… è che all’improvviso ho avuto paura di non conoscerti più: te ne vai di casa, fuggi dietro a questo tipo senza dirci nulla, abbandonando una serata con noi tutti… non riuscivo a credere che fossi tu!» dalla descrizione di Stè mi resi conto che ai suoi occhi apparivo davvero strana… e cercai di non badare al modo in cui parlava di Emile… ne avevo abbastanza di discussioni per quella sera!

«Hai ragione, sono stata più impulsiva del solito, scusami tanto se non ti ho detto nulla!» Affondai il viso in quel caldo abbraccio e iniziai a cedere alla stanchezza «Possiamo rimandare le chiacchiere? Sono stanca morta e domani inizio a lavorare…»

 

 

*****

 

Il lavoro in cucina era impegnativo, ero un po’ il jolly della situazione: da lavapiatti ad aiuto cuoco, dai pavimenti ai fornelli, dove c’era da dare una mano c’era Pasi a disposizione. Quel primo giorno m’impegnai per dare una buona impressione e apparire più volenterosa che mai: non avevo dormito affatto bene e mi sentivo stanchissima, avevo sognato Simona che mi faceva la ramanzina per poi trasformarsi in Emile che mi guardava con una certa diffidenza negli occhi, prima di voltarmi le spalle e allontanarsi… Non era stato affatto un bel sogno e ne stavo pagando le conseguenze con la stanchezza che mi sentivo addosso,  ma non volevo compromettere il mio futuro a causa di sogni e discussioni con tipi poco malleabili dai riccioli rossi! Oddio, sapevo benissimo che quello non era proprio il lavoro della mia vita: il compenso mensile che avrei ricevuto non mi sarebbe mai bastato per permettermi una casa, per quanto piccola potesse essere e quindi ero costretta per il momento a continuare a vivere da Rita, che per fortuna non aveva alcun problema al riguardo.

Quel primo giorno cercai di concentrarmi esclusivamente sul lavoro, che si riduceva nella prima parte del giorno: una volta riassettato la cucina dopo pranzo, potevo considerarmi libera, per la cena non ci sarebbe stato bisogno del mio aiuto (anche perché avrei ripulito il giorno dopo tutto il macello lasciato!) Così nel pomeriggio potevo continuare a fare volontariato, oppure prendermi gli impegni che volevo. E a quel proposito, i miei pensieri erano sempre verso i Castoldi: volevo vedere Claudine, sapere come stava, volevo rivedere Alberto che riusciva a darmi serenità… e ovviamente volevo rivedere Emile, che invece era all’apice delle mie preoccupazioni. Suo padre aveva detto che Claudine lo faceva star bene e probabilmente era quella l’essenza del vero amore…  ed io avevo detto ad Emile che l’amavo… però, come poteva essere vero ciò se mi provocava più preoccupazioni e brutti sogni di chiunque?

Riandai col pensiero alla notte di chiacchiere trascorsa nell’intimità e confidenza più totale e ricordai il modo in cui i suoi sorrisi più belli mi riempissero di gioia… ma c’era quel suo lato così duro, così inflessibile, che avrebbe richiesto molto lavoro da parte mia per cercare di scalfirlo e mi chiesi se fossi davvero capace di provare un amore così intenso e una dedizione così grande, da perseguire il mio scopo anche se Emile non mi voleva accanto a sé, anche se non mi avesse mai amato… Forse era davvero giunto il momento di parlare a Stè, che di amore unilaterale e dedizione ne sapeva di certo più di me.

Quel pomeriggio lo chiamai e decidemmo d’incontrarci per parlare di tutta quella situazione: gli raccontai tutto ciò che era accaduto da quando mi ero presentata con Fede a casa di Emile, fino a quella notte in cui Claudine aveva tentato per la quarta volta il suicidio. Testa di Paglia mi ascoltò senza battere ciglio, concentrato nel sentire tutta la storia, per potersi fare un’idea precisa della situazione.

«Testarossa, devo dire che come ti cacci tu in situazioni spinose, non ci riesce nessuno!»

«Uff, questo lo so Stè!» eravamo in un giardino pubblico, seduti su una panchina, avevo portato le ginocchia al petto e ci stavo tuffando la testa dentro affranta, così  il mio amico mi circondò le spalle con le braccia per consolarmi:

«Tu sei sicura dei sentimenti che provi?»

«Sì e no… cioè, al momento di dirgli che l’amavo ero convintissima delle mie parole, ma poi ho cominciato ad averne paura! Ho paura di non essere capace di provare un amore davvero così grande da sopportare un rifiuto ed ho paura di farmi trascinare troppo da esso… ho combinato un guaio!» e gettai di nuovo la testa sulle ginocchia sconfortata, pensando alla promessa che avevo fatto ad Alberto, di stare accanto ad Emile e che in quel momento non credevo affatto di riuscire a mantenere!

«Testarossa, io credo che tu abbia dentro di te molta forza e che se hai detto quelle parole ad Emile è perché  sai che è la verità. Amare senza essere corrisposti non è un viaggio facile, ma il tuo cuore non riesce a farne a meno, tutto il tuo essere risponde al desiderio di far felice quella persona, anche se sai che non potrai mai averla come vorresti. Non c’è modo di sottrarvisi Pasi, quindi credo che capirai presto se il tuo amore è sincero e forte o è solo un illusione che hai voluto vivere per qualche tempo.»

«E se dovessi scoprirmi innamorata di lui al punto da dimenticare me stessa? Io non voglio Stè!»

«Questo non succederà Pasi, perché non te lo permetterò! Ti ho visto già troppe volte perderti dietro storie senza futuro e non voglio rivederti in quello stato! La prossima volta che inizi ad annullarti per un uomo vengo a prenderti per quella testa di fiammifero che ti ritrovi e ti rinchiudo in casa finché non riprendi la sanità mentale!» Stè si fece una delle sue risate speciali ed io lo seguii, liberando dal mio cuore un po’ di angoscia. Testa di Paglia era davvero il mio angelo custode!

 

 

*****

 

«Andiamo a trovare Claudine più tardi?»

Fede comparve all’improvviso alle mie spalle mentre ero a pulire la cucina. Erano tre giorni che lavoravo e in quel lasso di tempo non avevo avuto modo di sapere come stesse Claudine, né di parlare con il resto della sua famiglia. Non volevo chiamare Emile e sentirmi dire che lo stavo seccando e non sapevo come rintracciare Alberto…L’unica cosa da fare era andare direttamente all’ospedale, così avrei mostrato a quello stupido che non era lui il centro dei miei pensieri e che non usavo Claudine per arrivare alla sua virtuosa persona! Finalmente iniziai a sentirmi più energica e sicura di me, quel momento d’incertezza non mi era affatto piaciuto, non ero io quella ragazzina spaventata e dubbiosa!

«Sì Fede, ho proprio voglia di vederla, voglio sapere come sta!» e non sto sperando che Emile sia lì in ospedale!

 

 

*****

 

 

Alberto era seduto accanto a Claudine, tenuta sotto controllo dai farmaci: appena mi vide si alzò, mi venne incontro con un sorriso immenso e mi abbracciò contento e mi sentii avvolgere nuovamente dall’ondata di calore e di affetto che ormai provavo per quell’uomo:

«Pasi! Iniziavo a sentire la tua mancanza! Come stai piccola?»

Gli presentai Federico e gli chiedemmo delle condizioni di Claudine: la sua vita era fuori pericolo, ma i medici stavano pensando di tenerla sotto controllo in un centro specializzato per le malattie mentali: quattro tentativi di suicidio erano decisamente tanti ed era chiaro che i soli familiari non potevano più contenere quegli eccessi. Alberto si opponeva, non voleva che la donna che amava finisse internata, sapeva che da quei luoghi non c’era modo di uscirne vivi e non voleva condannarla ad una vita lontano dagli affetti.

«Emile che ne pensa?» mi trovai a chiedere quasi senza accorgermene: chissà perché temevo che lui non fosse dello stesso parere…

«È d’accordo con me, non accetterebbe mai di sapere sua madre rinchiusa in un luogo simile.»  per fortuna, avevo avuto una sensazione del tutto sbagliata! «Ma dobbiamo mostrare ai medici che siamo in grado di occuparci di lei, probabilmente dovremmo aumentare la presenza di infermieri...»

«Ma questo vi costerà troppo!» parlai di nuovo senza trattenermi: non erano fatti miei, ma ormai li sentivo tali!  «Non c’è alcun familiare che possa darvi una mano? Un amico…»

«Pasi, ragazza mia, hai visto qualcuno intorno a noi che non fosse Sabrina... o tu?» mi prese le spalle con le mani «Emile ed io possiamo contare solo su noi due, è sempre stato così e sempre lo sarà. Vorrà dire che mi troverò un secondo impiego o farò doppi turni… in qualche modo ce la cav…»

«Vi aiuterò io! Verrò io a darvi a una mano!»

«Non posso chiederti una cosa simile...»

«Sì invece! A me fa piacere stare accanto a Claudine e non ho bisogno di essere pagata, il pomeriggio e la sera sono libera, quindi quando volete posso darvi il cambio e stare accanto a lei!»

«E la tua vita? Vuoi sacrificarla a far da balia a mia moglie invece di divertirti con gli amici?»

«Troverò il modo di conciliare tutto! Dimmi solo quando venire e correrò a dare una mano!»

A quel punto anche Fede prese parola:

«Se avete bisogno ci sono anche io, non sentitevi abbandonati, anche a me fa piacere dare una mano.» Alberto ci guardò commosso e ci diede un grande abbraccio.

 

 

*****

 

Iniziò così la mia nuova vita, scandita dal lavoro mattutino e il pomeriggio in casa Castoldi. Emile e Alberto avevano concordato che servivano almeno due persone che potessero alternarsi accanto a Claudine, così la sera cercavano di esserci entrambi (e se Emile aveva le prove col gruppo o qualche esibizione, in quel caso Fede avrebbe dato una mano notturna) mentre di pomeriggio c’ero io con Sabrina e di mattina c’era Emile sempre con Sabrina a cui avevano raddoppiato il turno. Nonostante il mio aiuto, restava ancora il bisogno di qualcuno che si alternasse ad Emile di mattina, con conseguente aumento del compenso di Sabrina, per cui Alberto cercò di raddoppiare le sue ore di lavoro: era un manovale in una ditta edilizia, ma essendo abile in tutto ciò che chiedeva manualità, iniziò a proporsi anche come giardiniere o tutto fare per i piccoli lavoretti di ristrutturazione delle abitazioni. Emile dal canto suo, iniziò a prendersi qualche lavoro dalla bottega e a portarsela a casa per lavoraci mentre era con sua madre.

Il mio turno iniziava e finiva alternandomi ad Emile, per cui almeno per qualche minuto, ci saremmo visti mentre ci davamo il cambio e questo breve momento di contatto costituiva per me la speranza di poterlo avvicinare di nuovo. Il primo giorno in cui entrai in quella casa in veste di badante per Claudine fu proprio Emile ad aprirmi: il suo aspetto era votato alla più assoluta rigidità e tutto di lui mi allertava a non avvicinarmi troppo.

«Ciao.» il suo lapidario e polare saluto mi fece capire immediatamente che non voleva indugiare in chiacchiere.

«Ciao Emile… tuo padre ti ha…»

«Sì mi ha detto tutto. Grazie per l’aiuto che ci offri. Te ne sono grato.»  si teneva a distanza a da me, il suo viso era granitico, privo di espressione e quelle parole prive di calore sembrarono provenire dalla bocca di un automa. Cosa pensava che potessi fargli, saltargli addosso e rubargli la virtù?! Quell’atteggiamento iniziò a darmi sui nervi!

«Senti…»

«Sabrina è su con mia madre, se hai bisogno di sapere qualcosa, lei risponderà a tutto, è qui dalla mattina e conosce tutti i suoi bisogni. Io ora devo andare, buona giornata.»

Chiuse la porta dietro di sé, senza darmi modo di continuare la mia arringa a malapena iniziata, senza darmi diritto di replica… Mi aveva appena fatto capire di non voler avere alcun tipo di contatto con me! Quell’atteggiamento spocchioso mi fece imbestialire sul momento, ma non ero lì per divertirmi, avevo un compito importante da assolvere:  Alberto contava su di me e non volevo deluderlo; del suo irritante figlio mi sarei preoccupata in seguito. O almeno speravo di riuscire a farlo. Il tempo accanto a Claudine quel giorno scorse lento, la mia testa era piena di sentimenti confusi e contrastanti: continuavo a sentire il desiderio di stare accanto ad Emile, ma contemporaneamente quel suo atteggiamento m’istigava a lasciarlo perdere o a strozzarlo una volta per tutte! Quel pomeriggio mi chiesi persino se ne valeva davvero la pena di farmi trattare in quel modo, da una persona che aveva sfacciatamente rifiutato ciò che sentivo per lui, ma poi ripensai all’Emile che accudiva con dolcezza sua madre, a quel ragazzo che sapeva sorridermi con vera gioia lasciandomi del tutto inebetita, al bambino impaurito e tremante che avevo visto qualche giorno prima in ospedale e sentii di nuovo il desiderio di proteggerlo.

Solo lui riusciva a confondermi in quel modo, a farmi provare così tanti sentimenti contrastanti nei suoi confronti: non riuscivo a capire come dipanare la matassa dei miei sentimenti in quella situazione, il desiderio di stargli accanto stava combattendo ferocemente con la rabbia dentro di me e forse quest’ultima in quel momento stava avendo la meglio. Non avevo la più pallida idea di come avrei fatto, ma non volevo dargliela vinta, non volevo ritirarmi con la coda fra le gambe! Gli avrei dimostrato in qualche modo che non ero una ragazzina sbavante che viveva per ogni suo respiro, gli avrei dimostrato che lui non era il motivo per cui andavo in quella casa, che saltargli addosso non era la parte centrale dei miei pensieri! Non avrebbe visto il mio volto triste per il modo in cui si rivolgeva a me e non avrei più tentato di parlargli, gli avrei fatto vedere di che pasta ero fatta!

La mia battaglia con lui sarebbe iniziata l’indomani, quella sera mi fu concesso tempo per prepararmi ad affrontarlo, poiché a darmi il cambio fu Alberto, che rincasò prima di suo figlio.

«Stanca?» mi chiese dopo il suo caloroso abbraccio.

«No affatto, il tempo è volato!» insieme alla spudorata fandonia, sfoderai il migliore dei miei sorrisi per rassicurarlo: vedevo ancora sul suo volto la preoccupazione per avermi costretto a stare ogni pomeriggio accanto a sua moglie e volevo fargli capire quanto occuparmi di Claudine costituisse un piacere e non un dovere. Alberto mi guardò per qualche minuto sondando le mie espressioni e d’un tratto si rattristò:  

«Emile è stato scortese con te?»

Al sentir nominare la causa del mio malumore, sentii la rabbia far capolino sul mio viso per un istante, quel tanto che bastò ad Alberto per capire e sospirare:

«Quando gli ho detto che saresti venuta ad accudire Claudine, l’ho visto irrigidirsi, ma poi ha convenuto con me che saresti stata di grande aiuto… quel figlio mio è davvero irrecuperabile! Ti chiedo scusa per il suo comportamento scortese, certe volte è…» decisa a non aggiungere altri fardelli sulla schiena di quell’uomo adorabile, mi ripromisi di non mostrarmi arrabbiata con suo figlio e di non palesargli alcun fastidio potessi provare, entrando in quella casa. Appoggiai una mano sul suo braccio per rassicurarlo e gli risposi:

«Non preoccuparti, Emile non è stato scortese, è tutto a posto.» tranquillo Alberto, tuo figlio non ha capito con chi ha a che fare!

 

*****

 

Come da copione, la mia battaglia con Emile iniziò il giorno seguente: mi accolse con lo stesso atteggiamento rigido ed io gli risposi con un bel sorriso sincero  e senza dargli modo di dire altro, mi diressi subito al piano di sopra, con la più cordiale indifferenza di cui fossi capace. Sentii i suoi occhi che mi osservavano mentre salivo le scale e nel momento in cui arrivai all’ultimo gradino, la porta di casa si chiuse. Sorrisi soddisfatta di me e iniziai il mio pomeriggio accanto a Claudine: Pasi=1 Stupido Emile=0!

La scena iniziò a ripetersi ogni giorno e ogni volta che lo vedevo,  dovevo sforzarmi per non prendere a sberle quel viso così rigido e formale, ma la soddisfazione di non dargli modo di trattarmi con sufficienza mi bastava a sostenere quella piccola recita di qualche minuto. Trascorsero in questo modo un paio di  settimane, in cui la nostra situazione giunse ad una stasi, finché verso la metà della terza settimana ad accogliermi in casa ci fu solo Sabrina e la situazione si ripeté uguale nei giorni successivi. Iniziai a sospettare che mi stesse evitando di proposito e tornò ad assalirmi un’insana irritazione.

Col passare dei giorni però, mancando il quotidiano scontro, l’irritabilità si trasformò in un’improvvisa malinconia: eravamo così distanti in quel periodo, non c’era alcun punto di contatto tra noi, non c’era più nemmeno quel breve e veloce saluto, che più che altro era un incontro di box travestito da uno scambio di convenevoli! Mi mancava la familiarità che eravamo riusciti ad avere settimane prima, mi mancavano i suoi gesti gentili e il suo sorriso… iniziai a temere di non riuscire più a vederlo e il fatto che ogni pomeriggio fossi in casa sua, dove lui viveva, dove era se stesso nel profondo, mi spinse a voler sapere qualcosa in più sul suo conto, almeno in modo indiretto.

Così un pomeriggio in cui Claudine era controllata dalle cure di Sabrina, decisi di riprovare a curiosare alla ricerca della camera di Emile: avevo voglia di sentirlo a me vicino, volevo trovarmi anche se solo per qualche minuto, nello stesso luogo in cui trascorreva una parte della giornata, volevo sentire la sua presenza  nell’aria…  provai ad aprire la porta della camera adiacente a quella in cui avevo dormito e per pura fortuna la trovai aperta! Avevo il cuore che pulsava all’impazzata, mi sentivo una ladruncola ma mi dicevo che in fondo Emile se l’era cercata col suo comportamento… così aprii la porta ed entrai.

La stanza doveva avere le stesse dimensioni di quella adiacente, ma sembrava molto più piccola a causa delle librerie che la tappezzavano: c’erano scaffali e scaffali pieni zeppi di dischi in vinile e CD e impianti stereo di tutti i tipi, quello era un santuario della musica! C’erano anche un violino, una chitarra e una tastiera e in fondo alla stanza, a ridosso delle finestre c’era la scrivania preceduta solo dal letto, la cui testiera poggiava sulla parete di sinistra, in modo speculare rispetto alla stanza accanto. Sul comodino c’era solamente una lampada e una foto: quella foto che Fede aveva trovato nella cassettiera e che ora era inserita in una cornice in bella mostra. Mi accovacciai davanti al comodino e osservai nuovamente l’immagine di quella famiglia che non aveva mai avuto molti momenti felici come quelli e accarezzai con le dita il vetro del portafoto sul volto di ognuno di loro, ma quando arrivai sulla testa di Emile, su quel punto luminoso che sporgeva dalle braccia della madre, iniziai a commuovermi e desiderai nuovamente di poter proteggere quel ragazzo dalla sofferenza che si portava dentro.

Uscii dalla stanza, sentendo di aver violato un terreno sacro e tornai da Claudine.

Approfittando del mio ingresso in camera, Sabrina si prese una pausa ed io rimasi ad osservare la madre di Emile mentre riposava nel letto con aria tranquilla: considerata la scelta di Alberto di tenerla in casa e di non farla ricoverare in qualche centro specializzato, i medici avevano optato per una cura più intensa, imbottendola di farmaci per farla stare tranquilla. Di conseguenza, riusciva a stare sveglia per molto poco e quando accadeva, era sempre più intontita... Ogni giorno che passava la vedevo sempre meno presente e sempre più come un fantasma: come può ridursi così una persona che amava la vita come lei? Una persona così fiduciosa nella vita, da prenderla così come viene senza pensare alle conseguenze, perché sa che in un modo o in un altro se la caverà…

Probabilmente era più giusto il comportamento previdente dei miei genitori o almeno su carta avrebbe dovuto risparmiare qualche problema, ma era così freddo! Ero convinta che anche Claudine non si fosse mai pentita delle sue scelte, semplicemente il Destino le aveva riservato dei colpi troppo forti e il suo animo delicato ne aveva risentito in modo irreversibile…

Le presi una mano pallida e smagrita tra le mie per sentire un contatto tra noi:

«Grazie Claudine, grazie a te e Alberto sto imparando, sto crescendo e sto capendo qualcosa in più anche di me. Grazie perché amo questa casa piena di amore, amo il modo in cui la tua famiglia ti ama e amo la gioia di vivere che mi hai trasmesso, attraverso i racconti di Alberto ed Emile… e grazie per averlo messo al mondo! Lui non è d’accordo, ma io benedico ogni giorno il fatto che esista e che l’abbia incontrato, al di là di come andrà a finire tra noi.»

Non saprei dire se Claudine fosse consapevole o meno della mia presenza e delle mie parole, ma quando tacqui, vidi una lacrima scorrere da uno dei suoi occhi... una singola e solitaria lacrima che non saprei dire se fosse di dolore o di gioia.

 

*****

 

Quella sera organizzammo di nuovo la nostra pizza semplicemente per vederci e stavolta non ci furono imprevisti di sorta. Non vedevo Sofia da quel fatidico concerto dei TresneT, di un giorno che sembrava appartenere ad un tempo lontano: da quando avevo incontrato Emile, la mia vita si era rivoluzionata! Sofia era la più piccola del gruppo: aveva un anno in meno di me ma era straordinariamente intelligente, così i genitori avevano pensato di farle iniziare la carriera scolastica con un anno di anticipo, per cui ora era già al primo anno di università. Piccola, con mossi capelli castani che amava lisciare, occhi scuri che si perdevano in solitarie riflessioni e un viso sempre rilassato, Sofia era la rappresentazione della calma. Per quanto fossi incline io ad agitarmi, così lei ne era totalmente immune: praticava yoga da anni e valutava tutta la sua vita e le persone intorno a sé con estrema razionalità. Con il suo carattere distaccato e anche un po’ filosofeggiante, sembrava essere la vecchietta saggia del gruppo: se Fede e Rita erano i miei genitori e Stè il mio compagno di marachelle, Sofia poteva essere classificata benissimo come la nonna!

«Sofi, qualche sera devi venire a casa mia, così facciamo una seratina tra ragazze io tu e Pasi!» esordì Rita, lasciandomi sorpresa. “Rita l’impegnata” che organizzava una serata… incredibile! Normalmente bisognava fare una domanda in carta bollata con un mese di anticipo prima di ricevere una sua risposta affermativa, con i mille impegni che si ritrovava era un’impresa farle ritagliare dello spazio libero ed ora era lei stessa a proporlo! 

«Rita… sei sicura di star bene?» le dissi senza troppi giri di parole.

«Sì Pasi, perché? Non posso aver voglia di stare un po’ con le mie amiche?» mi guardò con aria innocente e quasi offesa.

«Ma certo che puoi, solo che… mi meraviglio che tu riesca a trovare il tempo per farlo!»

«Sai Pasi, in questi ultimi tempi, mi sono resa conto che il mondo gira vorticosamente ed io voglio girare con lui, ma a volte ci fa perdere il senso delle cose: io corro tutto il giorno, persa tra mille impegni e poi mi rendo conto che non ho stabilito un rapporto umano da tempo! Sarà che avendoti in casa con me, sto riscoprendo la gioia di avere qualcuno accanto, ma ultimamente ho una voglia matta di stare con le persone che mi fanno stare bene!»

«Per la miseria Rita, quanta saggezza all’improvviso! Ma perché io e Federico dobbiamo restarne esclusi?» ecco Stè con la sua paura di essere escluso da tutto… 

«Testa di Paglia stai diventando ossessivo! Una riunione tra ragazze a volte è benvenuta, voi uomini certe cose non potete capirle!» mi piaceva l’idea di una specie di pigiama party con le mie amiche, rendeva tutto così intimo e confidenziale e non ne avevamo mai fatto uno!

«Devo forse renderti noto, che la prima persona con la quale tu ti sia mai confidata sono stato io, Testarossa?»

«Uffa Stè! Sempre a sottolineare dettagli stai!»

«Io la trovo una bella idea, le ragazze hanno bisogno di stare tra loro ed è vero che ci sono cose che noi non possiamo capire…» Fede come sempre era il comprensivo e conciliante del gruppo, inoltre mentre parlava rivolse uno sguardo d’intesa a Rita che sorrise felice…. Ancora non avevo ben chiaro se tra quei due ci fosse ancora qualcosa o se il loro modo di comprendersi era dovuto alla vecchia intimità che avevano condiviso in passato... stava di fatto che Stè fu sbaragliato ed io gongolai con una bella pernacchia in sua direzione!

«Stamane leggevo di un’antica leggenda cinese tramandata anche in Giappone, sul legame che unisce chi è destinato a stare insieme nonostante le avversità.» Sofia aveva preso magicamente la parola, spuntando dal nulla con un discorso che apparentemente non aveva alcuna connessione col nostro discorso…

«Si dice in Giappone che ognuno di noi nasce con un filo rosso legato al dito mignolo e che quel filo rosso è collegato a quello della persona a cui siamo destinati. Nonostante la vita separerà quelle persone o non le farà incontrare presto, il filo rosso che lega i loro mignoli prima o poi li guiderà uno dall’altra perché il loro destino è quello di stare insieme. Mi è venuta in mente ora perché sentendo i vostri discorsi, penso che sia normale temere di perdere le persone che si amano, ma credo anche che se è Destino che certe persone entrino a far parte della nostra vita, in un modo o in un altro ci saranno sempre accanto a noi, anche se non sono invitate ad un pigiama party o non si vedono da mesi.» eccola qua la mia nonnina saggia! Poche parole ma ben dirette! Ma ovviamente, non tutti hanno lo stesso parere e Rita non era dello stesso avviso:

«Non sono del tutto d’accordo, credo che il Destino ce lo creiamo noi con le nostre mani. Se io non facessi tutto quello che faccio, non potrei avere anche i riscontri che ho, non posso pensare che la mia vita sia gestita da qualcuno al di sopra di me, che tiri i fili relegandomi al ruolo di un burattino, la mia vita è mia e la gestisco come voglio!»

Iniziò così uno dei nostri discorsi notturni sulla vita e sulle sue leggi: il bello di parlare tra amici è proprio quello di sentire diversi modi di pensare e di vedere le cose, ti apre gli occhi, ti fa vedere l’intera esistenza sotto molteplici aspetti e sai anche che quando giunge il tuo turno di parlare, la tua opinione avrà lo stesso impatto sugli altri e sarà rispettata anche se non condivisa… erano quelli i momenti che amavo di più, non mi sarei mai staccata da loro quattro, sentivo una felicità immensa nel petto ogni volta che trascorrevo del tempo in loro compagnia!

 

*****

 

Quella notte invece di dormire, ripensai a quella leggenda giapponese: aveva un concetto così romantico! Mi chiesi se quel filo rosso che portavo al mignolo, fosse collegato a quello di Emile: in quei giorni eravamo così distanti che mi sembrava impossibile l’idea di avvicinarci fino a quel punto;  sembrava che il Destino volesse separarci più che unirci!

Il Destino… volevo credere ad un concetto simile? Implicava l’idea che qualsiasi cosa provassi a fare sarebbe stato inutile se non fosse stato deciso dal Fato. Il che mi lasciava interdetta: significava che se non fosse stato benedetto dal Destino, qualsiasi mio desiderio sarebbe stato irraggiungibile! E quindi anche gli sforzi di Emile per crescere e diventare famoso sarebbero potuti fallire se non era destino!

Di certo gradivo di più l’idea che fossimo noi a crearcelo con le nostre azioni e i nostri comportamenti… Eppure l’idea di un Destino che voleva me ed Emile uniti, mi consolava e mi dava coraggio per credere che tutto si sarebbe sistemato… in qualche modo!

 

Il primo segnale del Destino lo ricevetti il giorno dopo a casa Castoldi: la stanza di Emile aveva la porta socchiusa e non ressi alla tentazione: entrai un attimo per salutare nuovamente tutto ciò che lui amava e per sentirlo accanto a me indirettamente, quando notai sul comodino un biglietto su cui c’era scritto il mio nome!



Pasi Isoardi, sei pregata di leggere!



Era un vero e proprio invito a cui non potevo dir di no! Così aprii la busta e lessi il contenuto del biglietto:



Ti è piaciuta la stanza? La prossima volta che entri qui dentro però, attenta a non lasciare delle ditate sul vetro, non è facile toglierle via dopo!



Maledizione! Come al solito ero stata imprudente e mi aveva scoperto! Aveva notato il passaggio delle mie dita sulla foto, che vergogna! Visto però che non sembrava particolarmente arrabbiato, e che nonostante tutto, aveva lasciato di nuovo la porta aperta in camera sua, decisi di usare la solita faccia da poker e gli risposi, lasciandogli quello stesso biglietto ma con un messaggio altrettanto pungente:



A dir la verità, l’ho trovata un po’ trascurata, gli strumenti avevano un filo di polvere, dovresti pulire più spesso!



Ero soddisfatta di potergli rendere pan per focaccia ancora una volta e il fatto che sentissi terribilmente la sua mancanza iniziava ad irritarmi, ma sopra ogni cosa ero felice di tornare a comunicare con lui, seppur con un misero scambio di battute acide, che poi a dirla tutta, costituivano la maggior parte del nostro colloquiare!

Dopo l’iniziale euforia cominciai a pensare al motivo di quel gesto: era solo irritato? Ero stata scoperta spudoratamente, ma il fatto che mi avesse lasciato un biglietto per comunicare con me mi faceva ben sperare che sentisse un po’ la mia mancanza, anche se di sicuro non era paragonabile a quella che sentivo io nei suoi confronti.  

Ripensai alle parole di Stè: “Amare in modo unilaterale non è un viaggio facile, ma non puoi farne a meno”. Iniziavo a rendermene conto: nonostante fosse una delle persone più irritanti che avessi mai conosciuto, nonostante avesse alzato una barriera ciclopica verso di me proprio quando io avevo abbassato la mia rivelandogli cosa provavo per lui, qualsiasi cosa facessi, qualunque esperienza vivessi, non ero capace di togliere Emile dalla mia testa e soprattutto dal mio cuore.









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NDA
Questo è stato davvero lungo come capitolo, uno dei più lunghi che abbia scritto. A dira la verità proprio oggi gli ho dato una sistematina, ritoccando alcune parti che non mi convincevano; infatti ero dubbiosa se pubblicare entro stasera o meno, ma poi una vocina mi ha esortato a muovermi (:****) ed eccoci qua! Spero vi sia piaciuto ^ ^

Come sempre vi ringrazio dal profondo del cuore tesore mie, perchè i vostri commenti allo scorso capitolo mi hanno entusiasmato tantissimo, non credevo che prendesse a questo punto e posso ritenermi davvero soddisfatta di me, se addirittura sono riuscita a rivaleggiare con la zia Steph per qualcuno <3 (troppo onore, davvero!).
Grazie davvero di cuore mie sorelline: Iloveworld, Vale, Niky, Concy, Saretta, le mie fan-lettrici affezionate, Anan-chan, lettrice in pausa, Cicci, ed Ely.

   
 
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