A Luciano, che non legge.
A quattro mura, che solo a volte diventano casa. 
Alle porte chiuse, ché poi se ne aprono altre.
Alla pioggia, perché ci accompagna.

Pioggia, Pelle, Lui
 

 Prima erano gocce, poi lampi e tuoni e scrosci e torrenti e pozzanghere.

Poi solo pelle, l'unica cosa calda tra quattro mura gelide come l'acqua che cadeva battendo sul vetro vessato della finestra.

La stanza era vuota, camminava lenta verso una tristezza infinita, la tristezza propria di una porta chiusa.

Pelle tesa contro altra pelle. Due parole, solo due.

Pioveva, sulla favola bella. E finché avesse continuato a piovere, sui pini e sulle tamerici come sui tetti e sui gatti, avrebbero trovato altre quattro mura da riempire, da scaldare, a circondare parole di burro.

Pioveva, quando la porta si chiuse.

Calore, un intreccio.

Il bianco del lampo squarciava il silenzio fuori. Tra quelle pareti silenzio non ce n’era mai stato. Al più, la quiete era una colomba che stava a guardare. 

La scala, marmo chiaro striato di grigio, ogni dettaglio a memoria. La chiave tintinnava per l’ultima volta. Dita a cercare altre dita. Silenzio, fuori.

Pioveva.

Una promessa.



 

Note:

Pioggia, Pelle, Lui se leggete nel fandom di Harry Potter non avrete difficoltà a riconoscere da dove proviene: la serie Succo di Zucca, per tutte le storie con protagonisti Draco e Hermione, di Mirya, è intrisa di queste parole. Non avrei potuto trovare parole più calzanti, o dal significato più ricco. Grazie, Mirya.

La favola bella, i pini e le tamerici appartengono tutti a La Pioggia Nel Pineto di G. D’Annunzio.

Con questo tempo, con questa pioggia, nel mio caso specifico, va tutto a pennello.

Parole di burro, mi par di ricordare, cantava Carmen Consoli, ma il titolo onestamente non lo ricordo.