Non Sono
Un Eroe
Dedicata alla mia amica Silvia
Tu sai il perchè
29 Luglio 1998
Ore 23:18
Caro diario,
questa sarà la prima e unica pagina che scriverò.
Forse sbaglio e sarai ben presto pieno zeppo di pensieri, impressioni ed
emozioni di questa mia vita… ma temo che non potrà mai essere così.
Il mio nome è Neville.
Neville Paciock.
Il mio nome è questo.
Non sono famoso per meriti conquistati, come il mio compagno di
dormitorio Harry Potter, talmente bravo sulla scopa da meritare di diventare un
Cercatore sin dal suo primo anno di scuola e unico ad essere sopravvissuto alla
peggiore delle maledizioni senza perdono, l’Avada Kedavra.
Io non sono neanche intelligente come la mia amica Hermione Granger,
anche se devo ammettere che di studenti migliori di lei ad Hogwarts si sono
contati sulla punta delle dita di una mano.
Non sono neanche così legato al famosissimo Harry Potter come lo è
Ronald Weasley, celebre anche per essere uno dei sette fratelli Weasley, tutti
rossi di capelli e tutti Grifondoro.
Anche io sono uno di Grifondoro, anche se ancora non sono certo se quel
cappello l’ha fatto per scherzo o parlava seriamente quando mi ha scelto per
questa casa.
Se tu mi vedessi camminare per la strada, sono certo non mi noteresti
neanche.
Se tu potessi gironzolare per la strada mi incontreresti ma non ti
ricorderesti mai di me.
Io sono quel tipo anonimo con i pantaloni di jeans e la t-shirt bianca,
un paio di scarpette da ginnastica logore ai piedi e uno zaino sulle spalle, un
ragazzo qualunque con un po’ di pancetta che spunta sopra la cintura e la
giacca a vento sulle spalle perché sono un tantino freddoloso.
Sarei un teenager qualunque.
Io sono questo.
Uno qualunque.
Eppure non sono un ragazzo qualunque.
In primo luogo perché sono nato il giorno prima del mio amico Harry, il
ragazzo più famoso della storia della magia, e questo mi accosterà per sempre a
lui.
E poi… io ho dei genitori famosi.
Se tu li vedessi per strada, amico mio, non potresti fare a meno di
notarli.
Si chiamano Frank e Alice.
Erano degli Auror.
Ora sono solo dei pazzi che forse non usciranno mai dal San Mungo e che
non ho mai conosciuto.
Io li conosco attraverso le chiacchiere dei parenti.
I parenti… altro tasto dolente della mia vita.
Per loro non sarò mai in grado di portare onori alla famiglia.
Frank alla tua età era questo… Alice quell’anno ha avuto questo… tuo
padre ha avuto questi GUFO… tua madre era la migliore cacciatrice di
quell’anno…
Ma chi li autorizza a fare questi paragoni?
Io sono io.
Sono un ragazzo anonimo, uno qualsiasi che scrive su un diario qualsiasi
e che guarda con occhi dolci lei, la ragazza che non potrò mai avere e alla
quale non potrò mai dire quanto amo.
Le dico spesso che le sono grato per il grande aiuto che mi ha offerto
nel corso di tutti questi anni.
Le posso dire che l’ammiro.
Potrei dirle che io la trovo carina.
Ma non potrò mai dire a Hermione Granger che ho una cotta per lei dal
nostro primo anno di scuola.
Non si metterebbe mai a ridermi in faccia, lo so… ma non potrà mai
ricambiare.
Lei è la migliore amica di Harry.
Ed il suo cuore è di Ron.
Io vedo questa luce ogni volta che i loro sguardi si incontrano per poi
allontanarsi in fretta, spaventati da quanto potrebbero leggere gli uni negli
altri.
Io sono felice per lei.
Ron è un bravo ragazzo.
Forse un po’ troppo timido e un tantino cieco per quanto riguarda la
ragazza che ama… ma un bravo ragazzo ed un amico di cui Harry non potrebbe fare
a meno.
Io resto qui, nell’ombra.
Non sarò mai come loro.
Non potrò mai avvicinarmi così tanto a quei ragazzi.
Non sarò mai uno di loro, anche se in questo momento sono al loro
fianco, in una tenda magica.
Posso vedere i volti sereni di Ginny e Hermione, sorvegliate da Ron, che
può guardare la sorella e l’amica con tutto questo affetto soltanto quando loro
non possono vederlo.
Harry è fuori.
Negli ultimi giorni ha sempre più spesso bisogno di isolarsi da noi.
Io sono seduto accanto a Luna Lovegood.
Anche lei dorme, ma preferisce stare qui, nell’angolo più oscuro della
tenda, dove la luce del fuoco è più fioca.
Io sono qui con lei perché è il luogo dove posso scrivere in santa pace,
senza che i gemelli Weasley possano vedere che sono in tua compagnia e possano
strapparti dalle mie mani per leggere ogni mio più intimo segreto.
Voglio scrivere perché tu sarai la mia memoria.
Sono troppo inetto per sopravvivere alla lotta contro il Signore Oscuro
per qualche altro mese e voglio che la nonna abbia almeno un ricordo del suo
debole nipote che, nonostante tutto ciò che dicono i suoi parenti, ha avuto il
coraggio di seguire Harry Potter e sacrificare la propria vita per salvare un
mondo che l’ha sempre marchiato come l’inetto figlio di una coppia di grandi
Auror.
E anche se i miei genitori non si rendono conto di cosa accade, voglio
che ascoltando la nonna che legge queste pagine possano almeno intuire che loro
figlio sta cercando di essere alla loro altezza e che li ama come qualsiasi
figlio ama i propri genitori.
Addio, caro Diario.
L’erba bruciava sotto i piedi di
Neville Paciock.
Tutto ciò che lo circondava era in
fiamme.
I corpi crudelmente dilaniati di
tanti maghi giacevano sotto di lui, che si librava a qualche metro da terra in
sella alla fedele Firebolt di Harry Potter.
Vide il ragazzo che era
sopravvissuto a tante battaglie steso a terra, supino, con gli occhi aperti e
un filo di sangue che usciva dalle sue labbra.
Sperava con tutto il cuore che
respirasse ancora.
Ginny era su di lui, le mani che
stringevano con forza la sua tunica e lo scuotevano con la forza della
disperazione.
Neville non le vedeva, ma sapeva che
le lacrime bagnavano il suo volto sporco di terra.
Hermione duellava con Draco Malfoy,
il volto contratto e un lungo taglio che le attraversava il volto dal
sopracciglio sinistro fino al mento, mentre difendeva il corpo esanime di
Ronald Weasley.
I gemelli e Luna si stavano battendo
con ferocia contro Peter Minus, Lucius Malfoy e altri tre mangiamorte.
Voldemort era il più visibile, con
il suo cranio lucido e gli occhi insanguinati, appoggiato ad una lapide per
rimirare il suo capolavoro.
Bellatrix Lestrange, con un bieco sorriso
dipinto in volto, si avvicinava a Ginny per darle il colpo di grazia.
Camminava con sicurezza verso Harry
e Ginny, pronta a uccidere la ragazza che cercava di trattenere nel corpo del
ragazzo un invisibile alito di vita.
Neville aveva le lacrime agli occhi.
Cosa ci faceva lì, su quella scopa?
Era forse un vigliacco?
No, non lo era.
Non era un vigliacco.
Non poteva tirarsi indietro mentre
la donna che era responsabile della follia dei suoi genitori si preparava a
uccidere la più piccola dei Weasley.
Gli sembrò che nelle orecchie
risuonasse il ruggito di un leone, simbolo della casa a cui apparteneva.
Inclinò la scopa in avanti e sollevò
la bacchetta, pronto a colpire.
-
Expelliarmus!-
gridò.
La donna, colta di sorpresa, colpì
con un tonfo sordo una lapide alle sue spalle e perse i sensi.
Adesso Voldemort non ridacchiava
più.
Guardò il giovane che aveva
atterrato una delle sue migliori Mangiamorte con disprezzo.
Neville scese accanto a Ginny, che
scuoteva con violenza il corpo di Harry, incapace di fare altro.
Neville si chinò sul corpo
dell’amico.
Era immobile e freddo.
Non respirava.
Ginny stava cercando di svegliare
dalla morte un cadavere.
- Neville…
La voce di Ginny era un fioco
pigolio.
Lui scosse il capo.
Come Silente aveva detto più volte,
non esiste incantesimo che possa riportare in vita i morti.
- Tu sei Paciock, il figlio inetto
di quei due sciocchi Auror. Il mio fedele servitore mi ha parlato di te.
La voce sibilante dell’Oscuro
Signore li riportò a riorganizzare le loro priorità.
Neville si alzò e guardò l’uomo che
tanto dolore aveva causato.
Il fuoco che bruciava vaste aree di
quello che una volta era un prato non gli impediva di mettere a fuoco l’oscura
figura che si avvicinava a loro.
A differenza di qualche minuto
prima, quando dall’alto poteva esaminare la situazione nella sua totalità,
adesso non vedeva altri che loro quattro.
Ginny sembrava paralizzata, con le
mani ancora strette alla tunica del ragazzo ormai privo di vita.
Restavano solo loro due.
Neville Paciock, il più inetto degli
studenti di Hogwarts nonché Grifondoro più improbabile della storia della
scuola, e lui, l’Oscuro Signore, l’uomo il cui nome non poteva essere
pronunciato senza che i presenti sussultassero.
-
Voldemort…
Neville pronunciò quel nome senza
tremare.
-Ma bravo… Allora i miei amici
Potter e Silente non erano gli unici ad avere il coraggio di dirlo… Ma tu non
sei loro. Silente era potente. E il giovane Potter se la cavava molto bene. Ti
leggo dentro, mio amico dal triste passato. Tu senti il coraggio scorrere nelle
tue vene. Ma sei sicuro che lo sia? O è la tua rassegnazione? Non puoi
nascondermi nulla, Paciock. La tua mente è un libro aperto per il sottoscritto.
Non puoi nascondere nulla a me, il padrone delle tenebre e l’unico in grado
dominare questo mondo.
- Petrificus Totalus!
Un lampo di luce scaturì dalla
bacchetta di Ginny, sfiorando Voldemort e immobilizzando la strega che si
avvicinava alle sue spalle, pronta ad attaccare i due ragazzi grazie alla
copertura del suo sire.
- Avada Kedavra!
Neville cadde privo di vita
sull’erba, davanti agli occhi di Ginny.
- Povero piccolo Paciock… sei pronta
a seguirlo? Avada Ke…
- Avada Kedavra!
La donna dai lunghi capelli rossi
depose un mazzo di gigli ai piedi di ognuna delle due lapidi che portavano la
data di quel maledetto luglio di dieci anni prima.
Ricordava solo la luce verde che
aveva invaso i suoi occhi mentre muoveva le labbra, poi più nulla.
Si era svegliata guardando il volto
di Hermione Granger, che sorrideva tra le lacrime.
La magia era riuscita a salvarle
l’occhio ma una sottile linea rossa avrebbe continuato a segnare il suo volto.
Lei minimizzava sempre.
Diceva che finalmente anche lei
aveva una cicatrice che la rendeva famosa e che tutti in strada, adesso, si
fermavano a stringerle la mano.
Ginny diceva che era perché ora era
la prima strega a diventare Primo Ministro.
Fred e George erano entrati in
affari con Luna Lovegood, che dopo cinque anni al Cavillo come giornalista
aveva deciso di aprire la rivista ufficiale di quel negozio di grande successo.
Lei, Ginevra Weasley, era diventata
insegnante d’incantesimi a Hogwarts, dove ancora lavorava Minerva McGranitt, in
veste di preside.
Accarezzò con dolcezza le lapidi dei
ragazzi che dieci anni prima si erano immolati per la salvezza del mondo.
- Sapevo che ti avrei trovata qui.
- E’ naturale. Oggi è il decimo
anniversario.
- Mancano anche a me. Ron era il
migliore amico che potessi desiderare… e Neville… se non fosse stato per
Neville non mi sarei mai salvato.
- Occlumanzia. Sai che da lui non me
lo sarei mai aspettato? Non era un bravo mago.
- No, non lo era. Ma era un bravo
amico. Ed era un vero Grifondoro. Ci ha difesi.
Ginny strinse la mano dell’Auror che
tanto le era stato vicino nei primi difficili momenti di sconforto.
- Ehi, voi due! Guardate che potrei
essere gelosa.
La voce di Hermione Granger li colse
di sorpresa.
Harry sorrise a Ginny, poi lasciò la
sua mano.
- E’ meglio che vada da lei…- le
sussurrò- Essere il marito di un Primo Ministro del genere è un gran bel
problema.