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Autore: FallenChild    16/10/2011    1 recensioni
Da quando era stato trasformato in un vampiro, più di cinquecento anni prima, non si era mai preoccupato troppo delle conseguenze portate dalle sue azioni.
Neanche lei, Lilith, la sua dolce e fedele compagna, era certo da meno; benché forse agisse con un po’ più di moderazione rispetto all’amato. Considerava il piacere della caccia come qualcosa di irrinunciabile, ma odiava uccidere le sue vittime. Diceva sempre che il riuscire a trattenersi era l’unico legame che le rimaneva con quell’umanità che non avrebbe mai voluto perdere.
Parole pregne di dolore ma, forse, furono proprio quelle tristi considerazioni a far in parte cambiare Caleb. Non si era mai soffermato troppo a pensare a quanto potesse essere doloroso aver perso la propria umanità, ma da quando lei era entrata della sua vita a ricordarglielo, aveva smesso di uccidere le sue prede senza nemmeno rendersene conto.
Come avrebbe fatto ora che lei non c’era più? Chi gli avrebbe ricordato come ci si sente ad essere dei normali esseri umani? Nessuno.

... *Questa è la prima delle due one-shot ed è scritta in terza persona. Terza classificata a parimerito al contest "Notte di Luna" di VaniaMajor*
Genere: Dark, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: I Lost My Moon
Fandom: Originale
Genere: Soprannaturale, dark, introspettivo, malinconico, drammatico, in parte angst.
Rating: Giallo/arancione
Note dell’autore: Quest’originale è ambientata in un universo in cui la società è all’oscuro dell’esistenza dei demoni e del popolo della notte in generale. Alcune delle persone che sono a conoscenza della loro esistenza hanno deciso di formare delle associazioni, dei gruppi, sparsi per tutto il mondo, che da secoli si occupano di proteggere le città e le loro famiglie da questa minaccia.
La situazione astronomica che ho descritto al secondo giorno non so se è realmente possibile, ma prendetela per buona per esigenze di trama! ;)
In caso vi piaccia, mi farebbe davvero piacere se lasciaste un commentino!!! ^.^
P.s. Ho la prova che tutte le mie originali le ho scritte io (sì, sono paranoica XD), quindi non vi conviene copiare nulla u_u
Buona lettura!
FallenChild



I Lost My Moon



Non avrebbe mai dovuto farlo... Non avrebbe mai dovuto lasciarla sola in quella notte di Luna piena... Aveva appena perso la donna con cui aveva condiviso la sua vita negli ultimi quattro secoli, che cosa ne avrebbe fatto ora della sua esistenza?
Questi erano solo alcuni dei molti, moltissimi pensieri che ormai da giorni occupavano inesorabili la mente di Caleb, vampiro diventato ormai l'ombra di stesso da quando la donna che amava era morta.
  Non si può certo dire che lui fosse il classico succhiasangue che l'immaginario comune avrebbe apprezzato: non un vegetariano “alla Twilight”, ma uno spietato predatore, un cacciatore bramoso di carne e sangue, un vero Dracula fatto e finito.
Da quando era stato trasformato in un vampiro, più di cinquecento anni prima, non si era mai preoccupato troppo delle conseguenze portate dalle sue azioni.
Neanche lei, Lilith, la sua dolce e fedele compagna, era certo da meno; benché forse agisse con un po’ più di moderazione rispetto all’amato. Considerava il piacere della caccia come qualcosa di irrinunciabile, ma odiava uccidere le sue vittime. Diceva sempre che il riuscire a trattenersi era l’unico legame che le rimaneva con quell’umanità che non avrebbe mai voluto perdere.
Parole pregne di dolore ma, forse, furono proprio quelle tristi considerazioni a far in parte cambiare Caleb. Non si era mai soffermato troppo a pensare a quanto potesse essere doloroso aver perso la propria umanità, ma da quando lei era entrata della sua vita a ricordarglielo, aveva smesso di uccidere le sue prede senza nemmeno rendersene conto.
Come avrebbe fatto ora che lei non c’era più? Chi gli avrebbe ricordato come ci si sente ad essere dei normali esseri umani? Nessuno.
  Il peso opprimente e schiacciante che Caleb sentiva mentre osservava il volto pallido della Luna, fedele compagna che lo aveva tradito dopo tutti quei secoli, non poté fare a meno di risvegliare in lui una moltitudine di sentimenti contrastanti ed insostenibili.
Avrebbe voluto vendicarsi, strappare con le proprie mani il cuore di chi aveva ucciso la sola persona al mondo che avesse mai amato; ma in quel momento anche la morte sembrava essere una soluzione altrettanto allettante…
Tuttavia, lui era sempre stato un vampiro fiero e orgoglioso; non avrebbe mai lasciato questo mondo senza prima trascinare con sé chi era stato la causa scatenante del suo odio e del suo dolore.
  Prima di quella dannata notte aveva sempre creduto che la mostruosa creatura che aveva ucciso la sua amata Lilith, appartenesse solamente ad una leggenda folkloristica che ormai aveva preso piede nell’immaginario comune. Certo, anche lui in fondo era da considerarsi come la realizzazione di un’antica e famosa leggenda, ma avendo vissuto così a lungo senza averne mai incontrato uno, non si sarebbe mai aspettato di trovarsi dopo cinquecento anni faccia a faccia con un vero licantropo.
Riusciva ancora a sentire nella sua testa le urla di Lilith, le sue disperate richieste di aiuto e le calde lacrime che le rigavano il viso mentre quel mostro la sbranava… Aveva disperatamente tentato di raggiungerla, di difenderla, ma era stato tutto inutile.
La Luna che fino ad allora era stata la loro fedele complice, testimone silenziosa di tante notti di eccessi, aveva deciso di tradirli, trasformando in lupo un nemico che nemmeno sapevano di avere e facendosi beffe di loro, illuminandoli della sua luce argentea mentre Caleb stringeva convulsamente a sé il corpo dilaniato della sua amata compagna.
Da quel momento, oltre che dal Sole, capì che avrebbe dovuto difendersi anche dalla Luna.
 
  Caleb sapeva perfettamente che ormai tutti gli individui della sua razza erano fuggiti dalla zona in cui ora si trovava; non a causa dei licantropi, ma per via dei cacciatori di demoni, che in quella città erano particolarmente specializzati nell’uccisione dei vampiri.
Erano famosi per essere i cacciatori più abili della regione, ed era esattamente questo il motivo per cui lui decise di andare da loro: la conoscenza che avevano in ambito demoniaco era esattamente ciò che gli serviva.
  Scoprire il luogo segreto in cui si svolgevano le loro riunioni non era stato difficile: farle all’interno della villa del loro capo non era di certo il massimo dell’originalità, ma fu proprio grazie alla loro mancanza di fantasia se Caleb riuscì a trovare quel luogo senza troppi sforzi.
Farsi passare per un cacciatore, uno del loro stesso mestiere, era l’unico modo che aveva per riuscire a infiltrarsi ad una delle loro assemblee e incontrarli tutti quanti senza rischiare di essere ucciso ancora prima di aver iniziato a parlare.
Non era raro vedere l’associazione arricchirsi spesso di nuovi membri; quindi, far partecipare agli incontri un nuovo cacciatore proveniente da un’altra città, non era un fatto così insolito.
Procurasi i documenti adatti all’occasione era stata una passeggiata per Caleb: in più di mezzo millennio la sua rete di conoscenze era diventata talmente estesa da poter essere considearata quasi infinita.
Inoltre, era una vera fortuna che le loro riunioni iniziassero sempre dopo il tramonto: i raggi solari non sarebbero stati di ostacolo e, essendo solo un semplice incontro, nessuno dei cacciatori si sarebbe portato dietro armi particolarmente pericolose.
Passare la sorveglianza nascondendosi tra di loro e mostrando i documenti falsi si era rivelato più facile del previsto.
  La villa era piuttosto isolata, situata in periferia rispetto alla città e circondata da prati e boschi. Aveva l’aspetto di un vero maniero d’altri tempi. Per quanto il capo dell’associazione -che poi era anche il sindaco della città- potesse essere ricco, di sicuro quell’antica magione doveva rappresentare un’eredità di qualche tipo.
  Attraversata la soglia, l’enorme salone non poté fare a meno di colpire l’attenzione di Caleb: lo stupore per la sua grandezza era paragonabile solo a quello dato dalla maestosità delle opere d’arte e del mobilio d’epoca che lo arredavano.
Quadri rinascimentali, mobili in stile vittoriano e marmi spendenti lasciavano trasparire un’eleganza e un gusto particolari, in contrasto con la varietà di generi delle possenti armi bianche appese ad ogni parete della sala. Erano tantissime e tutte parevano essere particolarmente affilate. Benché il ferro non potesse ucciderlo, Caleb aveva fatto male i suoi calcoli pensando che quel posto, all’apparenza così innocuo, non potesse nascondere decine e decine di lame taglienti.
  Al centro della stanza, un grandissimo tavolo in marmo circondato da una ventina di sedie sembrava essere stato appositamente preparato in occasione della riunione.
Alcuni membri dell’associazione si erano già seduti in attesa del sindaco, e Caleb decise di seguire il loro esempio.
Davanti ad ogni sedia, sul tavolo, era appoggiata una cartellina contenente diversi file. Probabilmente conteneva le schede di alcuni demoni e vampiri da inserire nella loro Lista Nera.
  Ci vollero pochi minuti prima che il sindaco decidesse di fare il suo ingresso in sala, scendendo dall’elegante scalinata di marmo che portava al piano superiore della villa.
Il suo nome era Mark Shelter ed appariva come un uomo robusto, di circa quarant’anni, con i capelli brizzolati e una leggera barba incolta. Indubbiamente si poteva dire che avesse un certo fascino. Più che la sua carica di sindaco, doveva essere stato il suo carisma ad averlo portato a capo dell’associazione.
  Dopo essersi seduto, lo sguardo che rivolse a Caleb gli fece improvvisamente ricordare di aver dato l’autorizzazione per l’entrata in squadra di quel nuovo membro.
  «Signori, lui è Caleb Stoner, valido cacciatore di vampiri proveniente da un’altra città. Si è trasferito da poco e ha deciso di unirsi alla nostra associazione, vi prego di dargli il benvenuto» disse il sindaco a gran voce.
  Tuttavia, Caleb non aveva tempo per simili sciocchezze.
  «Mi perdoni, ma vorrei fare una precisazione» replicò alzandosi in piedi «Mi chiamo Caleb Stoner, professione: vampiro!» concluse infine con un’espressione di ghiaccio sul suo volto.
Immediatamente, tra lo stupore generale, tutti i presenti si alzarono, afferrando i paletti di legno che erano accuratamente nascosti sotto le sedie di ciascuno di loro, e tenendo alta la guardia mentre si allontanavano da Caleb.
  «Accidenti, non mi aspettavo una simile organizzazione… Siete attrezzati bene!» aggiunse sarcastico.
  «Per quale motivo un vampiro dovrebbe entrare di sua spontanea volontà nella tana del leone?» si stupì Shelter. Il paletto di legno saldamente impugnato nella sua mano destra.
  «Non sono qui per lottare, voglio semplicemente parlare con voi.»
  «Non ha senso parlare, tanto morirai comunque!» urlò rabbiosamente il sindaco.
  «Allora dubito che le costi qualcosa ascoltarmi cinque minuti prima di dare il via alla mia esecuzione, no?»
  Caleb sentiva puntati su di sé gli sguardi di tutti i presenti in sala. Era convinto che se avesse fatto anche un solo passo, sarebbe stato impalettato prima di poter proferire qualsiasi parola.
  «In effetti, io sono proprio curiosa di sapere cosa potrebbe mai spingere un vampiro a venire qui…» disse ad un tratto la ragazza che poco prima era seduta alla destra di Caleb.
  «Ho bisogno del vostro aiuto e delle vostre conoscenze per uccidere il gruppo di licantropi che si è da poco stabilito in questa città.»
  Lo stupito e furtivo scambio di sguardi tra i presenti fu più che eloquente. Evidentemente la notizia doveva essere nuova anche per loro.
  « Oh… Devo forse dedurre che non ne eravate al corrente? A quanto pare cominciate a perdere colpi!» aggiunse sarcastico il vampiro. Ciò nonostante, il sindaco non sembrava essere particolarmente incline a credere alle parole di una creatura della notte.
  «Hai qualche prova di quello che dici?»
  «Sono venuto qui completamente solo e con il rischio di essere impalettato, pur di parlare con voi! Non è una prova sufficiente?» gli rispose Caleb, adirato.
  «Perché mai dovremmo aiutare un essere pericoloso come te? Se solo lo volessimo potremo benissimo ucciderti qui e ora!» urlò Shelter.
  «Perché io vi servo! Ora che i licantropi sono arrivati in città non ce la farete mai ad ucciderli da soli, io sono molto più veloce e agile di voi! Senza contare che potrei anche svelarvi dei segreti piuttosto interessanti sui vampiri…»
  Questa volta, fu un distinto signore che era seduto accanto al sindaco a parlare «Mark non ascoltarlo! Ti sta solo ingannando! Come potremmo mai credere che pur di uccidere questi licantropi sei disposto a darci delle informazioni che potrebbero facilitare la morte tua e di tutti i tuoi compagni? Non farmi ridere!»
  «Cambiereste opinione se vi dicessi che voglio morire?» Il viso di Caleb si fece improvvisamente scuro.
  «Che cosa?» si stupì Shelter, convinto di aver sentito male.
  « Ha capito bene. Se mi aiuterete, potrete fare di me ciò che vi pare. Ho più di cinquecento anni ormai, e non voglio più continuare a camminare da solo su questa Terra…» finalmente Caleb trovò il coraggio di avvicinarsi lentamente al sindaco. «Certo, potreste anche uccidermi ora, ma poi perdereste delle informazioni molto utili alla vostra causa, e magari verreste pure sterminati dai licantropi. Ci pensi bene, capo, in fondo la mia non è un’offerta tanto male...» In quel momento il vampiro era così vicino a Shelter, che se solo lui avesse voluto gli sarebbe bastato un singolo colpo per infilzargli il paletto nel cuore. Tuttavia, le parole appena pronunciate lo trattennero dal farlo.
Il suo volto era contratto in un’espressione che lasciava trasparire chiaramente il conflitto esistente tra il disgusto che provava per i vampiri, e il desiderio di sottostare alle condizioni di uno di essi pur di prendere due piccioni con una fava.
A quanto pare, anche i suoi colleghi dovevano pensarla allo stesso modo, dato che bastò un piccolo cenno del capo per convincerli a deporre le armi.
Shelter stesso si stupì per primo della decisione che aveva appena preso, ma lasciarsi sfuggire un’occasione tanto ghiotta sarebbe stato ancora più stupido.
  «Perché desideri così tanto ucciderli?» chiese ad un tratto.
  «Perché mi hanno portato via la donna che amavo da più di quattro secoli» rispose amaramente Caleb.
  «Già, si riduce sempre tutto all’amore per una donna… Ti avviso, vampiro, azzardati ad ingannarci e ti ritroverai un paletto conficcato nel petto senza che tu neanche te ne accorga» minacciò il sindaco.
  «Potrò anche essere un vampiro, ma resto comunque un uomo d’onore e, soprattutto, d’altri tempi. Mantengo sempre le promesse che faccio.»
  «Coraggio, allora. Dicci tutto quello che sai su questi licantropi».
 
  Caleb era esausto. Aveva passato buona parte della serata e della notte a fornire ai cacciatori tutte le informazioni che era riuscito a raccogliere in un mese, da quando Lilith era morta.
  Dal canto loro, i cacciatori avevano ricavato dagli antichi testi in loro possesso dati di ogni tipo. La biblioteca interna alla villa era dotata di grimori, volumi e manuali di ogni genere; alcuni dei quali decisamente vecchi e dalle pagine ingiallite. Probabilmente, il sindaco faceva davvero parte di una famiglia i cui membri dovevano essere cacciatori da molte generazioni.
  Se ciò che avevano trovato si fosse rivelato vero, allora l’argento doveva realmente essere l’unico punto debole dei licantropi e non la solita diceria; esattamente come lo era il legno per i vampiri.
  «Posso sapere dove ha intenzione di procurarsi tutto l’argento necessario ad uccidere una dozzina di licantropi?» chiese Caleb a Shelter, ancora impegnato a controllare una pila di libri alta quanto lui.
  «La mia famiglia è sempre stata molto ricca e abbiamo talmente tanta argenteria da far invidia alla Regina d’Inghilterra…»
  «E ha intenzione di combattere i licantropi armato di coltello e forchetta?» ribatté sarcasticamente il vampiro.
  «Certo che no, la fonderemo e ne ricaveremo dei proiettili per le nostre armi. A quanto pare l’argento è davvero l’unica arma efficace contro quei mostri, è inutile perdere ulteriore tempo a cercare» rispose Shelter finendo svogliatamente di leggere il libro che aveva in mano.
  Tutti i cacciatori presenti nella stanza seguirono il suo esempio, quando ad un tratto Caleb notò che una di loro lo fissava insistentemente. Sembrava essere la più giovane del gruppo, al massimo potrà aver avuto ventisette anni.
  «Ho qualcosa in faccia? Mi stai fissando…» disse seccato Caleb.
  «Scusa. Il fatto è che tu hai l’aspetto del classico vampiro protagonista di tutti quei romanzi che vanno tanto di moda al giorno d’oggi» rispose senza alcun timore la ragazza.
  «Oh mio Dio, basta con questo cliché! Perché tutti pensano che i vampiri debbano essere per forza belli come dei modelli? Io sono così solo perché sono stato trasformato quando ero giovane! Per vostra norma e regola esistono anche un sacco di vampiri dall’aspetto attempato!»
  Dal momento che era stato trasformato all’età di venticinque anni, Caleb aveva infatti mantenuto intatta la sua bellezza di quando era ragazzo.
La camicia nera e i jeans altrettanto scuri che portava gli conferivano un’eleganza che avrebbe fatto invidia a qualsiasi uomo, e i suoi occhi del colore del mare e dal taglio vagamente orientale sarebbero stati in grado di ammaliare qualsiasi donna. Anche i suoi capelli neri come la notte, incredibilmente perfetti anche se leggermente spettinati, lo rendevano ancora più attraente.
  «Grazie dell’informazione, Stoner. Direi che già questo può esserci molto utile» tagliò corto uno dei cacciatori, appena tornato in biblioteca dopo essere andato a recuperare con un carrello tutta l’argenteria della casa. «Ed ora andiamo a fondere questa roba.»
 
  Caleb era davvero incredulo. Era ormai piena notte, e poche erano le ore trascorse da quando lui aveva fatto irruzione alla villa chiedendo l’aiuto dei cacciatori, eppure adesso si trovava già in uno dei boschi che circondavano la città, a tendere un’imboscata a quei licantropi di cui stava disperatamente cercando di vendicarsi.
  Il vampiro sapeva il perché di tanta fretta: quella notte c’era la Luna piena ed era assolutamente certo che Shelter non avrebbe mai aspettato un altro mese, rischiando di mettere in pericolo le vite della sua famiglia e degli abitanti della città.
In quel momento Caleb si trovava nascosto con il sindaco dietro un cespuglio, dopo che lui e i vari cacciatori si erano divisi in più gruppi per poter meglio accerchiare i licantropi.
  Il loro appostamento durava ormai da più di un’ora e la Luna, tonda e splendente, era ormai la protagonista indiscussa del cielo.
La pazienza non è di certo il punto di forza dei vampiri, ma Caleb sapeva bene che se voleva sperare di vendicare Lilith, seguire il piano dell’associazione si sarebbe sicuramente rivelata la soluzione migliore.
  Ad un tratto, Shelter si decise a rompere il silenzio: «Non ti sembra arrivato il momento di darmi la prova che non ci stai solo usando?»
  «Che intende dire? Vuole le informazioni che le ho promesso?»
  «Per anni abbiamo combattuto i vampiri basandoci solo su scritti e leggende. Nessuno di loro ha mai cantato, perciò non sappiamo con certezza cosa sia vero o meno sul loro conto… Ci hanno sempre ingannato, fingendo sui loro punti deboli e facendoci credere quello che volevano.»
  «E si stupisce anche? Lei parlerebbe sapendo che tanto i suoi aguzzini la ucciderebbero comunque?» fece giustamente notare Caleb.
  «Beh, devo quindi dedurre che anche tu ci darai delle informazioni false?»
  «No. Io ho deciso per mia volontà di morire e non mi importa niente della mia razza, anzi, in fondo ho sempre disprezzato quello che sono, quindi non ho alcun problema a rispondere a qualche domanda.» rispose il vampiro. La sua espressione appariva del tutto rassegnata a quel destino di morte che ormai aveva deciso di seguire.
  «L’aglio?»
  «Mangiabile.»
  «Gli specchi?»
  «Come diavolo pensa che faccia a mantenere la mia bellezza senza mai guardarmi allo specchio?»
  «L’acqua santa?»
  «Brucia un po’, ma nulla di insopportabile.»
  «Le croci?»
  «Leggenda. Sono un ornamento come un altro. Certo, a meno che non siano di legno e non vengano usate come un paletto…»
  «Mi stai dicendo la verità?»
  «Se vuole  glielo posso dimostrare, ma la avviso che poi avrò l’alito pesante!»
  «Quindi in poche parole siamo tornati al punto di partenza. L’unica cosa in grado di uccidervi è il legno, e questa era una cosa che già sapevamo» disse sconsolato Shelter.
  Sembravano domande scontate, ma in fondo non lo erano: se Caleb avesse dato conferma anche solo di un punto debole in più, la lotta ai vampiri si sarebbe rivelata decisamente più facile.
  «E’ stato lei a farmi queste domande, non è colpa mia se le risposte non sono di suo gradimento…» si irritò il vampiro.
  «Lo so. C’è un’altra cosa che però vorrei sapere: perché solo alcune persone diventano come voi dopo essere state morse? Come mai non succede a tutti?»
  «E’ la nostra volontà a trasformare le vittime in vampiri. Se noi non lo vogliamo, i fori sul collo restano una normale ferita e nulla di più. Personalmente non ho mai trasformato nessuno in vampiro; sono del parere che la morte sia una punizione meno terribile. Forse può essere divertente cedere ad ogni genere di eccessi per cinquanta o magari cento anni, ma quando vivi per più di cinque secoli cominci a renderti conto che questa non è di certo definibile come “vita”.»
  Caleb non riusciva a volgere il suo sguardo verso il sindaco. La sua bocca rispondeva a Shelter, ma i suoi occhi erano impegnati a osservare la maestosità della Luna, incapaci di dimenticare tutto ciò che lui e Lilith avevano vissuto sotto la luce argentea dei suoi raggi.
  «Capisco…»
  «Posso farle io una domanda? Perché portate sulle spalle un fardello tanto pesante come la caccia ai demoni?» Finalmente Caleb riuscì a distogliere la mente dai suoi tristi pensieri.
  Shelter sembrava appartenere ad una famiglia facente parte di quel mondo da generazioni, ma gli altri cacciatori erano un gruppo di persone assolutamente eterogeneo. Si ricordava di averli visti in città qualche volta; alcuni erano poliziotti, altri impiegati di qualche società o commercianti di vario tipo. Sembravano non avere nulla in comune, eppure erano tutti lì per qualche ignota ragione a combattere contro i demoni, gli esseri di cui la società ha sempre ignorato l’esistenza.
  «Questi non sono affari tuoi» rispose seccamente il sindaco.
  «Andiamo Shelter, che cosa le costa? In fondo sta parlando con un condannato a morte!» Il tono sarcastico di Caleb tradiva la tristezza delle sue parole.
  Il sindaco sospirò, prima di riprendere a parlare: «Ognuno di noi è qui per una ragione diversa. Alcuni hanno perso la famiglia a causa dei demoni, altri hanno perso un amico o magari la persona amata, esattamente come è successo a te. Per quanto mi riguarda, non posso dire di combattere perché ho perso un familiare o qualcosa del genere, dato che non è così. Semplicemente lotto ogni giorno perché voglio difendere la mia famiglia. Prevenire è meglio che curare, no?»
  «Indubbiamente…» Il vampiro non fece in tempo a finire la frase, che un urlo squarciò il silenzio che regnava sovrano nelle vicinanze, seguito da uno sparo.
  Precedendo il sindaco, Caleb si diresse a tutta velocità verso la direzione da cui proveniva il grido. La giovane ragazza con cui aveva parlato poco prima, giaceva riversa in una pozza di sangue, orrendamente mutilata e ormai priva di vita. Dietro di lei, tre grossi lupi ammiravano quello spettacolo grottesco, leccandosi via dalle zanne il sangue della donna che avevano appena ucciso.
Appena giunse sul luogo anche il sindaco, seguito da una decina di cacciatori, il più grosso dei tre lupi attaccò, mirando direttamente alla gola di Shelter.
  «Shelter, si sposti!» urlò Caleb, ma la velocità del lupo era di troppo superiore a quella di un normale essere umano: il sindaco non ce l’avrebbe mai fatta a spostarsi in tempo.
Con un balzo fulmineo e incredibilmente veloce, il vampiro afferrò Shelter per i fianchi, buttandolo a terra e facendosi colpire ad un braccio al posto suo, mentre una raffica di pallottole d’argento riuscì a mettere in fuga il trio di licantropi. Forse alcuni erano stati feriti, ma di sicuro nessuno di loro era stato colpito mortalmente.
Tutto era successo nell’arco di pochissimi secondi e il sindaco ci mise un po’ prima di realizzare che Caleb gli aveva appena salvato la vita a discapito del suo braccio. 
  «Stoner, sei ferito? Perché mi hai salvato?» si preoccupò Shelter, mentre esaminava la ferita di Caleb.
  «Si rilassi, l’ho salvata perché noi vampiri guariamo in fretta, a differenza di voi umani. Non aveva senso lasciarla morire» rispose gelidamente Caleb.
  «Oh mio Dio! Genny è morta! NO!» urlò disperatamente tra le lacrime una delle cacciatrici, mentre stringeva a sé quel che rimaneva del corpo dell’amica.
Il vampiro si alzò e si avvicinò lentamente alla giovane: «Ti prometto che la vendicheremo.»
 
  La notte ormai era terminata, e tutti i membri dell’associazione, Caleb compreso, erano tornati alla villa di Shelter prima del sorgere del Sole.
  Il corpo di Genny era stato sistemato come meglio potevano, in attesa di una più degna sepoltura.
Il fallimento di quella notte fece crescere ancora di più la frustrazione di Caleb, che si sentiva del tutto impotente nonostante la sua mostruosa forza. Questi licantropi erano degli avversari più temibili di quanto si aspettasse.
  In quel momento, tutti i cacciatori erano tutti riuniti nel salone, sopraffatti dal dolore e incapaci di proferire parola.
  «Non posso credere che adesso dovremo aspettare un altro mese prima di poterli affrontare di nuovo!» sbottò adirato Caleb, prendendo a calci il primo tavolino che gli capitò a tiro.
  «No, forse non dobbiamo aspettare così a lungo…» rispose uno dei cacciatori dal fondo della sala.
  «Che diavolo vuol dire? Se sai qualcosa vedi di parlare!»
  «Benché la notte di plenilunio sia effettivamente una sola, ho letto in un libro di astrologia che i suoi influssi possono farsi perfettamente sentire anche il giorno dopo. E’ per questo che talvolta la Luna ci sembra piena anche per più di una sera. Se questo fatto si rivelasse vero, forse i licantropi potrebbero trasformarsi anche domani notte, anzi, stanotte» spiegò il giovane.
  «A questo punto, non ci resta che aspettare che il Sole cali nuovamente e tornare nel bosco questa sera. Ora che sappiamo quanto sono veloci dobbiamo restare uniti, non ha senso dividersi. Forse stando tutti insieme possiamo batterli» prese la parola il sindaco. «Stoner, adesso è giorno, per caso hai bisogno di riposare?»
  «No, noi vampiri non abbiamo bisogno di dormire spesso. Semplicemente voi umani credete che di giorno ci riposiamo solo perché siamo costretti a nasconderci dai raggi solari» rispose Caleb.
  «Allora ti dispiace seguirmi un attimo? Vorrei parlarti in privato» chiese Shelter indicando la porta della biblioteca.
  Caleb non capì il motivo di quella richiesta, e a quanto pare nemmeno gli altri cacciatori, ma ciò nonostante lo seguì senza replicare, chiudendosi la porta alle spalle.
  «Prima, mentre mi stavo occupando di riordinare la stanza, ho fatto qualche ricerca nel nostro database usando il tuo nome. A quanto pare ci hai detto la verità, ma hai omesso di dire che non uccidi mai le tue vittime. Perché lo hai fatto? Avevi paura che se ce ne avessi parlato, ti avremmo risparmiato?» domandò il sindaco senza giraci troppo attorno.
  «Perché, ora che lo sa non ha più voglia di uccidermi?» lo sfidò Caleb, ansioso di conoscere la sua risposta.
  «Mi hai salvato la vita, Caleb, e in più sei un vampiro che non uccide le sue vittime e odia se stesso per quello che è. Perché mai dovrei ucciderti?»
  «Lei non capisce! Quanto indietro potranno andare i suoi documenti? Un secolo? Due? Quando mi sono trasformato ho vissuto di eccessi per circa cinquant’anni, non facendomi alcuno scrupolo ad uccidere ogni uomo, donna o bambino che incontrassi! E’ vero, poi ho incontrato Lilith e sono cambiato, ma per quanto non abbia più ucciso, quattro secoli non bastano a lavare via tutto il sangue che ho versato in quei cinquant’anni!» Caleb riprese un attimo fiato. Era agitato, stanco, e tutto ciò che desiderava era solamente morire. «Tutto ciò che desiderò è raggiungere la donna che amo. La prego, mi permetta di morire. Un’altra cosa che dovrebbe sapere sui vampiri è che non si possono suicidare. Sono condannati a vivere finché qualcuno non li uccide…» concluse infine con voce spezzata.
  «Ma come? Sapevo che esiste una forza misteriosa che vi impedisce di piantarvi un paletto nel cuore, ma credevo che comunque vi bastasse esporvi alla luce del Sole per morire.»
  «No. La luce del Sole ci ustiona e fa incredibilmente male, ma per quanto le nostre carni possano fondersi, se ci siamo esposti alla luce di nostra volontà continuano a guarire e bruciarsi all’infinito…» spiegò amaramente Caleb.
  «L’avevo sentito dire, ma non avevo idea che fosse vero. Se ciò che desideri è davvero la morte, allora forse ti devo questo favore, visto che sono in debito con te…» sospirò Shelter, rassegnato.
  «La ringrazio.»
 
  Quella notte, si ritrovarono tutti nuovamente nello stesso bosco degli orrori in cui Genny era stata uccisa, e prima di lei anche Lilith.
La Luna era alta nel cielo come previsto, e sembrava essere ancora completamente piena. Se davvero i licantropi potevano nuovamente trasformarsi, allora si sarebbero sicuramente fatti vivi.
Tendere imboscate o stare nascosti era del tutto inutile, anzi, poteva essere addirittura controproducente: se quel branco di lupi incredibilmente veloci avesse scoperto il loro nascondiglio, sarebbero stati colti di sorpresa e spazzati via in un solo istante.
  Tutti i diciotto cacciatori erano armati di fucili e pistole caricate con proiettili d’argento, esattamente come il giorno prima. Caleb non era tipo da armi ingombranti, le sue mani erano più adatte a due pistole semiautomatiche, che tra le sue dita potevano rivelarsi un’arma ancora più veloce e letale.
  La risposta dei licantropi non si fece attendere: questa volta non erano solo in tre ma ben in dodici, esattamente il numero che si aspettava il vampiro fin dall’inizio.
Li avevano accerchiati, era impossibile avere la visuale puntata su tutti quanti, ma Caleb non fece fatica a riconoscere il mostro che gli aveva portato via la sua amata compagna, essendo l’unico lupo a possedere una vistosa e profonda cicatrice sotto l’occhio sinistro.
  Incrociare lo sguardo con quello del suo più acerrimo nemico gli fece ribollire il sangue nelle vene. Senza esitare neanche un istante, il vampiro diede inizio allo scontro, usando la sua incredibile velocità per sparare due pallottole d’argento che colpirono istantaneamente, e in piena fronte, i due lupi che stavano ai lati del suo avversario.
Gli altri cacciatori seguirono il suo esempio senza pensarci troppo, e tutto ciò che da allora si riuscì a distinguere tra la terra e la polvere era il suono degli spari e le urla dei feriti.
Caleb lottò disperatamente e con tutte le sue forze; sputando sudore e sangue, finché al termine dello scontro si ritrovò ferito e sanguinante sopra ad un ragazzo biondo completamente nudo, reggendo in mano un cuore perforato da un proiettile d’argento.
Ce l’aveva fatta. Aveva strappato la vita dall’essere mostruoso che aveva rovinato la sua esistenza. Chi lo avrebbe mai detto che il suo vero aspetto fosse quello di un biondino dalle fattezze innocue.
  Gli rimaneva una sola cosa da fare prima di morire.
Con la mano che aveva libera afferrò il licantropo ormai senza vita per i capelli, e affondò i suoi taglienti canini nel suo collo, bevendo quanto più sangue potesse da quel corpo che si era permesso di mutilare orrendamente la sua fidanzata.
Adesso sì che era veramente soddisfatto; poteva finalmente dire di essersi completamente vendicato per la morte di Lilith.
  Quando riaprì gli occhi, Caleb si trovò di fronte uno spettacolo agghiacciante: moltissimi cacciatori erano stati uccisi, mentre altri feriti gravemente dai morsi dei licantropi.
Shelter sembrava essere solo lievemente ferito, ma almeno quattro lupi erano riusciti a fuggire. Purtroppo, non era ancora finita.
 
  Passò qualche giorno. I cacciatori caduti vennero degnamente seppelliti, tra la disperazione e le lacrime di amici e famiglie.
Caleb rimase alla villa, ospite di Shelter, al quale aveva fornito ancora qualche informazione che potesse essergli utile nelle future battaglie contro demoni e vampiri.
  Erano già le quattro di notte, ma entrambi erano ancora svegli. Il sindaco sapeva benissimo che cosa voleva chiedergli Caleb da un momento all’altro.
  «Ti prego Shelter, ormai ho ucciso l’assassino di Lilith. Lasciami morire» lo supplicò, sedendosi sul divano accanto a lui.
  «Sapevo che me lo avresti chiesto… Dopotutto te lo devo. Anche se alcuni licantropi sono ancora vivi non posso chiederti di aiutarci ancora, questa non è più la tua battaglia…» si rassegnò il sindaco. «Tuttavia, non me la sento di ucciderti con un paletto. Tu meriti di morire alla luce del Sole, guardando l’alba per l’ultima volta. Se sono io a costringerti a stare alla luce, immagino che tu possa morire ugualmente» aggiunse infine.
  «Perché no… La Luna mi ha tradito, ma forse il Sole non lo farà…» sorrise Caleb.
  «Andiamo, ti porto sul tetto.»
 
  «Però…» esordì stupito Caleb. «Quando hai detto che mi portavi sul tetto credevo intendessi una specie di terrazza, non il tetto vero e proprio!»
 Il sindaco si fece scappare una risata. «La vedi quella grande croce di legno?» rispose Shelter indicando la struttura davanti a loro. «I miei predecessori la usavano per legarci i vampiri e farli bruciare al Sole. Mi sembra il modo più adatto per farti morire permettendoti di guardare la luce per l’ultima volta.»
  Lo sguardo del vampiro fu più che eloquente.
Il sindaco lo afferrò per un braccio e lo condusse fino alla croce, legandogli mani, gambe e busto ad essa. Caleb somigliava di più a un martire in attesa della crocifissione, che a uno spietato vampiro meritevole di morte.
 Ormai sarebbe stata solo questione di pochi minuti, prima che sorgesse finalmente l’alba.
  «Beh, che stai facendo? Resti qui a vedermi bruciare? Sei veramente un sadico!» cercò di scherzare Caleb.
  «Non ho intenzione di lasciarti morire da solo, sarebbe da codardi andarmene adesso» rispose Shelter. «Dimmi, Caleb, la tua Lilith che tipo era?»
  «Era incredibile…» cominciò il vampiro. «E’ stata l’unica persona al mondo in grado di cambiarmi, ma soprattutto la sola che è riuscita a farmi sentire meno un mostro. Non so nemmeno come descriverla, ma forse vederla rende meglio l’idea; ho una sua foto nella tasca posteriore dei pantaloni, prendila, così posso guardarla anche io per l’ultima volta» disse il vampiro, sforzandosi di trattenere le lacrime.
  Shelter infilò una mano nella tasca e prese la foto. Era vecchia e consumata, ma nonostante ciò Lilith appariva di una bellezza radiosa: una splendida ragazza con lunghi capelli rossi, grandi e profondi occhi verdi e un sorriso decisamente vivo. Indubbiamente dovevano essere una bellissima coppia.
  Dopo averla guardata, il sindaco posizionò la foto ai piedi di Caleb, in modo che lui potesse vederla fino all’ultimo istante.
  «Era davvero bellissima» Shelter abbassò lo sguardo. «Pensa che tra pochi istanti la rivedrai…»
  «Sì… Ah, Shelter, come tu ben sai non esistono molte torture efficaci sui vampiri, ma in caso volessi ottenere qualcosa da loro, sappi che un paletto di legno bagnato di acqua santa può fare parecchio male…» sorrise infine Caleb, per l’ultima volta.
  Il sindaco lanciò un’ultima occhiata a quel bizzarro vampiro. Non poteva credere che l’ultima frase che aveva pronunciato fosse qualcosa che potesse danneggiare in questo modo la sua razza.
A quanto pare, Caleb odiava davvero ciò che era stato obbligato a diventare.
  Un minuto più tardi, del suo corpo non restava più nulla, solo un cumulo di cenere.
Aveva sorriso fino alla fine, dando un ultimo e fugace sguardo alla foto di Lilith, per poi rivolgere i suoi bellissimi occhi azzurri verso quei raggi che non osservava direttamente da più di cinque secoli.
  Aveva perso la sua Luna, ma il Sole aveva compensato al tradimento esaudendo il suo ultimo desiderio…
 
Lilith, non so se io e te potremo mai davvero incontrarci di nuovo, o se le nostre anime saranno condannate a vagare eternamente tra le fiamme dell’Inferno…
Sappi però, che non mi sono mai pentito di averti amata. Mai, nemmeno per un istante…
   
 
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