Sentì le porte aprirsi, i cardini cigolare e una lingua di sole illuminare le assi di legno ai suoi piedi, un poco di calore sul corpo infreddolito.
Sentì i suoi passi. Pochi, quasi incerti. Poi più niente.
Il suo silenzio, urlava.
Lo implorava di aiutarlo, straziato dal dolore di una perdita che lui sentiva dentro. Sentiva di averla provocata e non importava quali fattori fossero intervenuti e quali scelte avessero determinato il fato.
Erano state scelte sue. E questo niente avrebbe potuto cambiarlo.
-...Merlino? –
La sua voce, ferma. Carica di pianto, in un modo che era soltanto suo, un modo di celare le lacrime nella gola, labili, trasparenti. Una legge insegnatagli da anni di dure lotte. Con se stesso. E con colui che aveva guardato morire, con mani impotenti.
Non voleva voltarsi. Non ne aveva il coraggio.
Lo sguardo perso vagò attorno, senza meta per qualche istante, finché gli occhi lucidi non si volsero, risoluti, verso di lui.
Un’aura di sole circondava la sua figura, davanti alla sala spalancata. Poco lontano, la salma su cui aveva pianto sino all’alba.
- È giorno fatto –
Merlino si alzò, deglutendo a fatica e spostando lo sguardo smarrito in quella luce improvvisamente accecante, ma alla quale iniziava ad abituarsi, dopo l’oscurità di ore trascorse a pensare.
La morte di un’aurora che annunciava una nuova era.
- Sei rimasto qui tutta la notte? –
Un attimo d’esitazione, una sola risposta, a fior di labbra, dove era sempre stata, ai margini di una devozione, dai contorni sconfinati.
- Non volevo che pensaste che foste qui da solo –
Il suo sguardo lo trapassava, dilaniato da un dolore cieco, ora stemperato un poco. Da lui.
Da lui che non meritava neanche di guardarlo in quel momento. Che provava disgusto per se stesso e che avrebbe voluto urlare la propria colpa e implorare il suo perdono.
- Sei un amico fedele, Merlino –
Abbassò lo sguardo, ingoiando le lacrime e mentre lo osservava lasciare al sole i ricordi da rischiarare, serrò le palpelbre, scuotendo il capo, un dolore al centro del petto.
Che squarciava silenziosamente brani di carne da un cuore lento, invecchiato.
Un cuore che non si meritava quel mezzo sorriso.
- Avrai fame, andiamo –
Un cuore che si sarebbe aggrappato all’ombra dei suoi passi.
Fino a consumarsi, per sempre.

FINE

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Alla prossima!