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Autore: PhoenixIntoFlames    16/10/2011    1 recensioni
Dunque... salve!
Scrivo molto raramente per mancanza di tempo. Ma spero che apprezziate questo piccolo sforzo. La storia è incentrata "ovviamente" su Delena
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Klaus, Stefan Salvatore | Coppie: Damon/Elena
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Ti ho giurato fedeltà ed è quello che avrai. Ma c’è una cosa che dovrai fare per me e dubito che tu possa rifiutarmi questo favore. .-

Klaus aveva radunato i suoi servitori e dato l’ordine di controllare che le bare della sua famiglia fossero perfettamente sigillate. Era giunto il tempo di andare. E anche in fretta. “Quello stupido di un Salvatore ha risvegliato Mikael. Ma come!?” continuava a tormentarsi all’idea di dover accantonare il suo piano fintantoché il cacciatore fosse stato nei dintorni. Con tutta la rabbia che gli montava dentro, se lo avesse avuto tra le mani, avrebbe potuto stritolare Damon in meno del tempo necessario ad un solo respiro. Diede un pugno all’aria, senza sforzo, fulmineo da sembrar che non si fosse affatto mosso. I due servitori al suo cospetto vacillarono per l’improvvisa gelida corrente d’aria che li aveva colpiti.
Un ghigno sardonico gli mosse una piega sul volto ed ebbe la percezione che Rebekah, alle sue spalle, stesse approvando silenziosamente il diabolico piano.
Aveva, però, promesso a Stefan di mantenere Damon in vita, in cambio della sua lealtà. Certo, visti gli ultimi sviluppi, Klaus era nella posizione di poter rinegoziare a suo piacimento le condizioni del patto. Ma l’unico insegnamento di suo fratello Elijah che conservava intatto lo obbligava a rispettare sempre la parola data. E così sarebbe stato anche questa volta.
D’altra parte, il suo obiettivo era la ragazza e la doppelganger sarebbe stata al sicuro con Stefan.Al momento giusto, il giovane squartatore avrebbe saputo servirgliela su un piatto d’argento, ora che aveva finalmente spento tutte le emozioni.
- Perdonami, mia cara. Dovremo rimandare la partenza di qualche minuto. Assicurati che sia tutto pronto.. al mio rientro non voglio esser costretto a farti pentire di non avermi dato ascolto. – l’ibrido si congedò da sua sorella Rebekah e sparì nella notte, lasciando un movimento frenetico alle sue spalle.

Ora che Stefan era diventato un gregario dell’ibrido, Damon doveva cercar di attivare più sensi di quanti fosse sicuro di avere per mantenere Elena al sicuro. Non riusciva a credere che lui avesse fatto ritorno a casa; oramai la sua presenza in quel luogo stonava come un parato a fiori, sbiadito e leggermente scollato, in un loft di Manhattan. Si tormentava per quello che il suo più giovane fratello era diventato, uno squartatore senza ritegno. Aveva desiderato a lungo che accettasse la sua natura, che si lasciasse tentare da un succulenta giugulare che corre sui colli delle più deliziose ragazze. Ma col tempo aveva maturato la piena consapevolezza che non aveva bisogno di un compagno diabolico che disseminasse terrore con lui da costa a costa; aveva solo bisogno di Stefan, di una famiglia. Lui stesso non era più in grado di provar piacere nel ficcar i canini nel collo del primo malcapitato. Questa era la sua condanna e il suo miracolo, nel contempo. Elena aveva contribuito in maniera determinante a questo cambiamento e Damon non poteva permettere che altre lacrime scendessero su quel viso che non sorrideva da troppo. La presenza di Stefan, ora, la inquietava, tanto che Elena aveva la costante impressione di essere seguita. Probabilmente era davvero così. Damon riusciva a percepire il suo disagio ma, nonostante tutto, la giovane non aveva paura di lui. Lo amava disperatamente e l’amore, insieme al suo innato istinto da crocerossina, erano una combinazione fatale per il buon senso della ragazza. Elena nutriva ancora speranze di riportarlo indietro, di riavere Stefan come prima, e la speranza era l’unica cosa che la spingeva ad alzarsi dal letto la mattina. Quella sua voglia di credere che ci fosse sempre una luce in fondo al tunnel non l’aveva mai abbandonata nemmeno quando era lui stesso a combinar casini per Mystic Falls. Ora le carte erano cambiate in tavola, ma Elena era l’unica ad esser rimasta sempre la stessa. Damon riuscì a sorridere al pensiero che il suo dolce fiore, delicato all’apparenza quanto difficile da sradicare, fosse più forte del vento, della neve o del sole caldo. Più forte di due vampiri ultracentenari.
Un improvviso bruciore sul dorso della mano lo ridestò dai suoi pensieri. Quei vecchi guantoni da baseball che conservava in cantina, un po’ lacerati e malridotti, nulla avevano potuto contro il potente effetto della verbena sui vampiri. Il doverne assumere ogni giorno una piccola dose non voleva dire che ne fosse diventato totalmente immune e grandi quantità come quelle che aveva intorno, avrebbero potuto uccidere anche il più forte dei vampiri. “Ma non un ibrido, dannazione!” pensò e ritornò a torturarsi tra tutti quei fiori di verbena. Respirava a fatica e avvertiva la sensazione che qualcuno gli stesse strappando piccoli lembi di pelle uno per volta, molto lentamente.
La tortura non durò a lungo. Gettò via i guantoni in un angolo e corse giù per le scale di casa Gilbert. Prese Elena per mano e la condusse nella sua camera. La ragazza non si ritrasse a questo spontaneo contatto ma continuava ad avere un’espressione interrogativa che lo faceva sorridere.
- Oh, andiamo… non voglio approfittare di te, santarellina. – scherzò lui, voltandosi verso la ragazza, e come risposta ottenne un leggero buffetto, impercettibile al fisico marmoreo di un normale vampiro, ma che a lui trasmise un brivido per tutta la schiena. Per un breve istante rimasero immobili sulle scale, mano nella mano, occhi negli occhi. Damon ridiscese uno scalino, continuando a fissarla. Elena non fuggiva più da lui e non accennava a distogliere lo sguardo. Fu lui a ritornare sui suoi passi e a proseguire per le scale, verso la camera della ragazza. Quando furono avanti alla porta, la aprì con studiata lentezza, come se stesse per farla entrare nella camera del tesoro. Il suo tesoro.
- Cos’è tutto questo mistero, Damon? Cosa mi nascondi? – la ragazza lo seguì nella stanza e le sembrò di trovarsi in un prato fiorito. L’intera camera era cosparsa di rami e fiori di verbena, sul letto, sul pavimento, sulla scrivania. Persino sul davanzale c’erano due piantine in vasi di ceramica apparentemente antichi, che le era sembrato di averli visti altrove. Probabilmente nella serra segreta di Zach Salvatore. Una rosa rossa spiccava sul cuscino dove lei avrebbe poggiato la testa più tardi.
- Fiori per madame. – Damon esibì uno di quei sorrisi furbi cui Elena non sapeva resistere.
La ragazza non riuscì a capire immediatamente il senso di quel gesto, pur trovandolo estremamente premuroso per uno psicotico vampiro come Damon. La sua guardia del corpo stava cercando di offrirgli protezione al meglio che poteva e, con tutta quella verbena, nessun vampiro avrebbe mai potuto farle del male.
- Ho pensato – continuò lui – che così potrai resistere più facilmente al mio fascino. –
- Lo fai per Stefan, vero? – chiese lei, mantenendo un’espressione seria e triste.
Damon si voltò e fece per andarsene. – Lo faccio per te. Non so se posso tenerti al sicuro, Elena. Ma devo provarle tutte. – disse, continuando a tenerle le spalle. Poi, uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle. Elena sapeva che quella notte, e le altre a venire, Damon non l’avrebbe lasciata sola.
Nonostante i tristi avvenimenti della giornata, Elena riuscì a trovar conforto in quella stanza, cullata dall’idea che Damon era lì per lei. Il pensiero correva a Stefan, al dolore che avesse potuto provare in quei mesi al fianco di Klaus e un forte senso di angoscia si poggiò pesantemente sul suo corpo, quasi ad avvertirlo fisicamente. “Stefan è andato.” Si addormentò con la rosa tra le dita e lacrime silenziose che le bagnavano il cuscino, ignara di quanto stava per succedere al di fuori della sua casa.

- Mi spiace, mio giovane temerario, ma è un favore che mi ha chiesto Stefan. -
Damon era appena uscito da casa Gilbert per una perlustrazione della zona. Non aveva fatto in tempo ad accorgersi della sua presenza quando Klaus lo sollevò da terra, stringendolo per il collo. Ansimando, Damon riuscì a maledire il dannato ibrido, facendolo imbestialire ancora di più.
- Un vero signore non si lascia andare a simili esibizioni. – continuò Klaus. Poi, strinse maggiormente la presa. Craaac… collo spezzato. Un uomo sarebbe morto all’istante.
- Dimenticherai Elena. Dimenticherai tutto quello che provi per lei. Lascerai che sia Stefan a prendersi cura di lei, fino a quando la doppelganger non servirà a me.- e nell’intimare questo ordine, Klaus soggiogò Damon, dovendo ricorrere ad un elevato livello di controllo mentale. Il giovane Salvatore stava aggrappandosi alla sua forza di volontà disperatamente; provava a mantenere gli occhi chiusi e a dimenarsi nella presa mortale.
– Dimenticherai…adesso. – e da Klaus si elevò un’enorme ondata nera di potere che costrinse Damon a tornare nella notte più buia.

Al suo risveglio, Damon non era lì. Elena si preparò per andare a scuola, convincendosi che un breve ritorno alla vita normale non potesse far altro che farla stare meglio. L’ansia da interrogazione poteva essere un ottimo palliativo quando il più antico vampiro della storia, che ora riesce a trasformarsi anche in lupo, ti vuole come un servizio mensa per il suo esercito di ibridi. E poi, aveva bisogno di incontrare Bonnie e gli altri e raccontar loro del ritorno di Stefan. Il “nuovo” Stefan.
Sospirò e si fece coraggio, avviandosi al Mystic High.

- Hey fratellino! – Damon, appena sveglio, fece ingresso nel salone di casa Salvatore, dove trovò Stefan adagiato sul divano a leggere il suo vecchio diario.
- Buongiorno, Damon. Certo che.. ne ho scritte di stupidaggini.. – strappò via alcune pagine del suo diario che ora gli sembravano così estranee ai suoi occhi. – Vado a prendere Elena, la mia ragazza a scuola..- continuò per studiare la reazione di Damon.
- Ragazza? Hai una ragazza? Il tuo faccino alla James Dean ha colpito ancora una volta, wow! Occhio a non presentarmela, non vorrei farti sfigurare. –
Stefan fu soddisfatto della risposta: Klaus aveva portato a termine la missione e ora Damon non ricordava più nulla di Elena. Sarebbe stato molto più facile starle intorno ora che non c’era suo fratello a mettergli i bastoni tra le ruote. Damon non avrebbe permesso di torcere un capello ad Elena, ma ora il suo istinto protettivo non rappresentava più un problema. La doppelganger non doveva sfuggirgli e Stefan aveva bisogno di tenere fissi gli occhi su di lei per soddisfare gli ordini dell’ibrido.
Indossò gli occhiali da sole e diede un rapido sguardo allo specchio nell’ingresso, prima di uscir di casa.
- Sì, sei molto più sexy ora… uuuhhh. – ironizzò Damon, lasciando che il giovane fratello sgusciasse via.
Quella mattina Damon non si sentiva al massimo della forma. Avvertiva una sete disperata, come se fosse stato a secco per giorni. Guardò disgustato le sacche di sangue rimaste in cantina; sembravano cibo marcio lasciato lì da mesi, dall’odore nauseabondo. Aveva bisogno proprio di andare a caccia. Con il suo udito sopraffino, sentì dei passi leggeri avvicinarsi a casa poi un giro di maniglia e il portone si aprì.
- Damon? Damon sei qui? – Elena entrò in casa, mettendo a tacere il senso di allarme che la portava a considerare una mossa alquanto stupida l’essersi recata lì, con Stefan a piede libero per Mystic Falls. Ma avrebbe potuto trovarla ovunque, perciò non c’era motivo di restarsene segregata in casa. Anche perché il vampiro aveva libero accesso anche lì. E poi, aveva bisogno di Damon. Il posto più sicuro per lei era al suo fianco e non voleva rinunciare a quei piccoli trattamenti di favore che Damon le riservava sempre.
- Oh dio, Katherine? –
- Ma no, sono io! –
- E così tu saresti…? – il vampiro lasciò cadere la frase, attendendo una risposta dalla ragazza.
- Non scherzare. Non ti ho visto in giro. Sono passata a vedere se stavi architettando qualcosa.. –
- Oh.. un’ideina in mente ce l’avrei.. – Damon posò insistentemente lo sguardo su Elena, squadrandola da cima a fondo e facendole nascere il bisogno di incrociare le braccia sul petto, quasi a volersi coprire. – Ma non stare qui sulla porta. Entra pure . . –
La ragazza lo seguì. – Faccio una telefonata. – Cacciò il cellulare e chiamò un certo Jeremy: - Jer.. Sono a casa di Damon, torno per cena. Si.. ok, stai tranquillo. A dopo. –
Il vampiro notò che la ragazza non si era fatta in disparte per parlare al telefono, come se tra loro ci fosse una certa intimità. Aveva anche le chiavi di casa. “Deve essere la nuova ragazza di Stefan” concluse. “Ma dice di conoscermi… peccato, che non abbia la minima idea di chi sia. So solo che.. è uguale a Katherine.”
- So che non dovrei essere qui – esordì lei – ma credo che ovunque vada, non ci sia nessun posto in cui possa essere veramente al sicuro. –
- Oh, fidati. Questo è il posto meno adatto per una ragazza come te.. – affermò lui, sapendo i motivi dietro un’affermazione del genere ma non capendo affatto il senso di ciò che Elena aveva appena detto.
- Grazie.. per stanotte. – e si sedette sul divano, accanto a lui.
“Oh Dio, scherziamo? Son stato a letto con questa ragazza e nemmeno riesco a ricordarla? Dannato barboun! Se Stefan lo sapesse, mi ammazzerebbe! Crederà che si stia ripetendo la storia di Kat..”
- Certo.. stanotte... – sorvolò lui.
- Ci ho pensato molto.. credo che per Stefan non sia ancora tutto perduto. Dovremmo aiutarlo a ricordare il suo dolore, il suo percorso in tutti questi anni. Non può cancellare così la sua umanità.. non può escluderci così dalla sua vita. –
“Ma che diavolo sta blaterando!?”
- Damon!? Mi stai ascoltando? – chiese Elena notando l’espressione del ragazzo persa nel vuoto. – Damon? Hey… hello?? C’è qualcuno? – Elena gli diede un leggero scossone.
- Io.. io.. non ho la minima idea di cosa tu stia parlando. E, a dirla tutta.. non ho la minima idea di chi tu sia.. ma se vogliamo fare conoscenza, sono disposto ad accontentarti. –
La sete era aumentata ancora e, ogni volta che deglutiva, una scia di fuoco gli si accendeva in gola. La ragazza, poi, stava parlando un po’ troppo. Damon aveva bisogno di farla tacere e lui sapeva come. I canini feroci si allungarono in fretta e stava quasi per scagliarsi sul collo della ragazza al suo fianco quando Stefan spalancò la porta e gli urlò di fermarsi.
- La doppelganger è destinata a Klaus. Damon, fermati!! – Stefan sbattè via il fratello contro la finestra, infrangendo il vetro in mille pezzi.
- Cosa dici, fratello?! –
La scena si svolse rapidamente sotto gli occhi terrorizzati e increduli di Elena.
- Ditemi cosa sta succedendo? – supplicò lei ottenendo di rimando due sguardi famelici tipici da predatori ineffabili.
- Credevo che sarebbe stato più facile tenerti d’occhio senza Damon tra i piedi. – rispose Stefan.
- Cosa vuol dire? –
- E’ soggiogato. Damon è stato soggiogato da Klaus. Non ricorda nulla di te. – Stefan scoppiò in una risata fragorosa – E soprattutto, non ricorda cosa prova per te. Non è divertente, Elena? –
- E’… io.. io.. – Elena sentì le parole morirgli in gola. – Non è possibile . . –
Al suono del nome della ragazza pronunciato dalle labbra di suo fratello, Damon cadde in ginocchio. Sentiva il cervello spappolarsi tra mani invisibili che facevano pressione sulle tempie sempre più insistentemente. Allo stesso tempo sentiva qualcosa in lui che spingeva per uscire fuori. Damon si trovava al centro di due forze opposte che lo stavano annullando. Nulla di paragonabile ai piccoli aneurismi che gli provocava Bonnie quando era arrabbiata con lui. Il dolore che provava in quel momento era incontenibile e lo spingeva vorticosamente verso un baratro. La causa del dolore era lei… era quella ragazza. Il suo nome gli era impresso nella parte più nascosta del suo intimo, che lui teneva gelosamente per sé. Klaus aveva potuto cancellarla dalla sua mente, ma non dal suo cuore. Elena scorreva dentro di lui, era l’anima che lui più non aveva, la vita che gli era stata negata. Era l’unico motivo per esistere; fin quando lui sarebbe rimasto in vita, non avrebbe mai potuto dimenticarla veramente. Aveva imparato a nascondere così bene i suoi sentimenti per tutti questi anni, che sapeva benissimo di essere il solo ad aver la chiave dei suoi ricordi, delle sue emozioni. Nessuno mai avrebbe potuto portargli via l’unica cosa che gli permetteva di sopravvivere.
Elena non riusciva a sopportare la vista di Damon in quelle condizioni. Corse verso di lui, poggiando le mani sulle sue, stringendogliele forte quasi a volergli trasmettere tutta la forza che era in grado di donargli.
- Fallo smettere. Ti prego! Il dolore… fallo smettere! – Damon riuscì a malapena a bisbigliare affannosamente.
- Stefan, cosa gli stai facendo? – Elena si voltò verso l’altro fratello.
- Nulla. Sta facendo tutto da solo, come suo solito. Klaus mi ha raccontato che ha fatto un po’ di fatica a soggiogarlo. Damon è sempre stato un tipo ostinato; a quanto pare non voleva proprio dimenticarti. E credo che non ci sia riuscito. -
Per quanto in quel momento tutto ciò che sentisse erano migliaia di spilli che gli penetravano il cervello, Damon trovò la forza di respingere Elena: - Và via! –
- No!! –
- Vattene!! – digrignò i denti e le vene sul volto si fecero sempre più marcate. Tentò nuovamente di morderla ma da solo riuscì a trovar la forza di contenersi.
Stefan rimaneva appoggiato allo stipite della porta del salone, con l’espressione diabolica che gli aveva regalato un’estate con Klaus. Sapeva che suo fratello era dilaniato dall’amore per Elena ma, con suo grande stupore, lo vide affondare i canini nel collo della ragazza. Stefan si fiondò su di lui, infilandogli un paletto, rimediato da una vecchia sedia di suo padre Giuseppe, poco più in basso del cuore. Damon cadde all’indietro, stringendo con forza la mano di Elena.
- Dolore, fratellino? – Stefan spinse più in fondo il paletto, rigirandolo nella ferita. – Non avresti dovuto innamorarti di lei. –
Le urla di Damon divennero strazianti; il paletto gli stava sfregando il cuore, riusciva a sentire tutte le schegge infilarsi una dopo l’altra. Avrebbe preferito morire in quel momento se non fosse stata più forte la speranza di rivedere lei. Elena.
“Ma dov’è finita?” pensò mentre il carnefice continuava la sua sadica tortura. Non sentiva più il calore della mano di lei nella sua.
- Lascialo stare! – gridò Elena e, con un colpo deciso, infilzò Stefan con l’attizzatoio del camino.
Fu una scena terribile: entrambi i fratelli ai suoi piedi, in una pozza di sangue quasi nero. Stefan si sarebbe ripreso in pochi secondi, forte com’era diventato con il “metodo Klaus”, così Elena estrasse in fretta il paletto da Damon e gli si chinò addosso.
- Bevi. –
- No.. non posso. – balbettò dolorante lui.
- Bevi. – ordinò lei con tono duro e categorico. Gli alzò dolcemente il capo e se lo accompagnò al collo. Avvertiva le labbra di lui indugiare. Lei fece pressione e, poi, fu un breve istante. Sentì il sangue defluire ma Damon aveva timore di farle del male e si staccò in fretta, non del tutto soddisfatto. Gli bastò per recuperare le forze e a rialzarsi con l’aiuto di Elena. Riuscirono lentamente ad arrivare alla porta lasciandosi lo squartatore alle spalle.
Elena si voltò verso Stefan, dicendo tra sé e sé: - Addio, Stefan. – Uscì da quella casa voltando le spalle a quel momento, voltando le spalle al passato.
Esausto e barcollante, Damon si mise al posto di guida della sua auto sportiva. Al suo fianco la sua principessa teneva gli occhi bassi.
Pochi minuti dopo aveva recuperato a pieno le sue energie e decise di rompere il silenzio:
- Non dovresti essere così silenziosa. –
- Non mi va di parlare, Damon. –
Il vampiro accettò il volere di lei e diede un’improvvisa accelerata al motore, poi tornò a guardare la strada. La strada scorreva in fretta e non si contavano più gli alberi e le case che avevano oltrepassato. Avevano lasciato Mystic Falls, diretti chissà dove. Elena non volle chiedere a Damon dove la stesse portando, dal momento che pensava che nemmeno lui ne fosse molto certo. Molti chilometri dopo la tensione si sciolse ed Elena riacquistò un po’ di tranquillità. Fu lei, stavolta, a riprendere il discorso.
- Portami alle cascate di Mystic Falls, ti prego. –
- Cosa? Perché vuoi andare in quel posto? –
- Damon… -
- Sai cosa ti dico? Che ti porto alle cascate di Mystic Falls. –
Giunti alle cascate, Elena insistette per arrivare in cima tra i mille sbuffi di Damon, il quale preferiva ben altri modi per fare attività fisica.
- Qui mi ci ha già portato Stefan. Il giorno del sacrificio, prima che Klaus mi … beh lo sai… Stefan mi portò qui. -
- Capisco. – rispose Damon – Un bel tour per portare alla mente i bei ricordi con Stefan. –
- No.. non è così..lasciami continuare. –
Damon non rispose, abbozzando un lieve cenno col capo. L’espressione corrucciata che aveva assunto non intimorì Elena, che continuò:
- Qui è dove ho detto a Stefan che non sarei mai voluta diventare un vampiro. -
Lui si sentì sprofondare. Aveva cercato di trasformarla proprio per evitare quel maledetto sacrificio. E ora lei gli stava confessando le sue paure di diventare un mostro come lui e Stefan. “Amore mio.. io non dovevo.. non avrei mai dovuto” pensò.
- Qui, Damon.. è dove gli ho detto che lo amavo…- Elena guardò Damon rabbuiarsi - Ma gli ho detto anche che… io non ero sicura che quello che sentivo fosse amore. Non avevo mai vissuto nulla di così intenso ma avevo paura del mio futuro con lui. -
- Credo che dovresti dire queste cose a lui, non vedo come io possa aiutarti. Abbi un po’ di pazienza e il tuo Stefan tornerà come prima. – il vampiro rispose sulla difensiva.
- Ascoltami… ti prego. – continuò imperterrita lei. – Avevo paura…di me. Di quello che potevo sentire per un altro ragazzo che non fosse Stefan. Avevi ragione, Damon, sono una bugiarda. Per tutto questo tempo mi son rifiutata di ammettere che tra me e te c’è qualcosa. Qualcosa che andava ben oltre i miei sentimenti per Stefan. Per tutto questo tempo ho cercato di soffocare questa sensazione. Ma poi, prima… -
Animato da nuova speranza, Damon si avvicinò a lei, stringendole delicatamente il viso tra le mani e accarezzandole i capelli. Avrebbe potuto passare delle ore a sfiorarla così.
- Prima… cosa!? … Elena – la incitò lui.
- Prima io.. ho creduto di perderti. –
- Non mi avrebbe mai ucciso, Elena. – La strinse al petto, come un padre affettuoso con il suo bimbo che piange per una brutta caduta.
- Non dicevo solo in quel senso. So che non l’avrebbe mai fatto. Ne ha avuto più volte l’occasione e non l’ha fatto. Avevo paura che tu non ricordassi più chi ero.. che tutto quello che avevamo passato insieme fosse stato spazzato via per sempre. Ho immaginato la mia vita senza te… –
- Elena io . . non potrei mai dimenticarti. Tu mi sei entrata dentro.. ti amo, Elena. Ti amo.. ti amo. –
- Non voglio più sentirmi come oggi, non voglio più pensare di perderti. Non posso… io non posso. Ti amo, Damon… e non posso più negarlo. –
- Non ti lascerò mai più. Ti proteggerò, Elena. Per sempre. –
Le labbra di Elena si sporsero verso Damon, che non ritardò l’incontro. Il bacio fu ricco di pretese, affamato, incontenibile ma allo stesso tempo dolcissimo e delicato. Le loro lingue morbide parlavano un solo linguaggio e si capivano perfettamente. Da troppo tempo entrambi avevano tenuto a freno le loro emozioni che ora erano esplose tutte insieme. Decine di “ti amo” rimasti troppo tempo a tacere presero finalmente voce ed Elena e Damon restarono a lungo l’uno tra le braccia dell’altro.
All’orizzonte il sole stava tramontando, disegnando un magnifico quadro nei riflessi delle cascate di Mystic Falls. I due innamorati si voltarono a guardare lo spettacolo, nutrendo per il futuro nuove speranze.


- Fine.
  
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