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Autore: _Bec_    16/10/2011    119 recensioni
Milano, Italia. Alice, diciassettenne come tante altre, in cerca del principe azzurro e di ricostruirsi una vita nella sua nuova scuola. Lorenzo, suo vicino e ora anche suo compagno di classe; incomprensibilmente odioso, estremamente attraente. Le loro vite avrebbero potuto scorrere parallele, non fosse stato per l'attrazione innegabile tra di loro, per un patto scellerato.
(Introduzione by Bea (Panna_))
Dal prologo: "Ti odio. Sì, proprio così, ti odio. Il mio cuore potrà pensarla diversamente, ma il mio cervello riesce ancora a ragionare in maniera lucida…più o meno.
Non sto capendo un cavolo della lezione -sulla mia materia preferita tra l’altro- per colpa tua.
Ti sto fissando da mezz’ora, forse anche di più, eppure tu sembri immerso in un mondo completamente tuo e non te ne accorgi…o meglio, fingi di non accorgertene.
Mentre ti passi una mano fra i capelli per spettinarli, mi viene spontanea una domanda; chi ti credi di essere? Chi sei tu per farmi stare così male?"
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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No, non è un miraggio, questo capitolo c’è davvero

No, non è un miraggio, questo capitolo c’è davvero.

Solo una parola prima di lasciarvi alla lettura: grazie. Per aver pazientato così tanto, per aver seguito questa storia, per avermi sostenuta fino ad ora. Grazie di cuore davvero.

Questo capitolo è per voi, nelle note finali poi spiegherò bene che ne sarà di Lore, Ali e di tutti gli altri.

Nel frattempo, vi auguro una buona lettura e spero che questo finale non vi faccia troppo schifo

 


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Epilogo: La nana isterica e lo stronzo

 

Era stato difficile convincere Sue e Rod ad appoggiare la nostra versione dei fatti con i prof.

Avevano più o meno capito che cos’era successo e la sera prima non avevano smesso un attimo di sorridermi allusivamente.

Rod aveva iniziato pure con la canzoncina “Perché la bimba ha un ragazzo” al posto di “Perché è un bravo ragazzo” in inglese. Imbarazzante da morire.

Ero andata a letto con un sorriso talmente cretino sulle labbra, che la mattina dopo quando mi ero svegliata con la faccia paralizzata in quella stessa espressione, Mel aveva incominciato a ridere e non aveva più smesso.

All’ennesima risatina, sbottai pettinandomi con troppa foga una ciocca di capelli, -La pianti?- Incontrai il suo sguardo divertito e colpevole allo specchio.

-È più forte di me.- Si difese lei con un piccolo broncio, -Hai una faccia troppo…da principessa Disney!- Rise di nuovo e crollò a pancia in giù sul letto.

Storsi il naso e poggiai la spazzola sul comò lì vicino, -Si può sapere perché cavolo ridi adesso?-

-Il tuo principe…Lore…Oddio non ce la faccio!- Stava lacrimando e soffocando fra un calcio in aria e l’altro.

Diventai rossa fino alla punta dei capelli. Quella stronza aveva praticamente origliato tutto, quando Lore si era girato –dopo un saluto decisamente nervoso ed impacciato- per andarsene, era stata colta in flagrante in cima alle scale, proprio dietro al muro che conduceva al corridoio dove stavamo parlando.

-Non sei affatto divertente.- Borbottai stizzita, pur non riuscendo a trattenere un sorriso –l’ennesimo- al ricordo della sera precedente.

Non avevo chiuso occhio tutta la notte, ovviamente, il silenzio che aleggiava nel buio della nostra camera veniva ogni tanto interrotto da una risatina frivola e sciocca, soffocata dalle coperte e degna di una bambina dell’asilo.

-No, le tue risatine notturne non lo erano. Sembrava di essere in camera con la bambina di The Ring.- Si mise a sedere e sbadigliò nel chiaro tentativo di farmi capire che non aveva dormito nulla a causa mia.

Di nuovo, le mie guance si tinsero di un imbarazzante ed evidente bordeaux, -Mi dispiace.- Dissi, per niente dispiaciuta in realtà.

Quella, anche se stavo crepando dal sonno in quel momento, era stata la notte più bella della mia vita. Mi sentivo così…leggera e libera e…scema, ma felice. Se continuavo così col cavolo che sarei riuscita a mostrarmi un minimo arrabbiata con Lore per tutto quello che mi aveva fatto passare, ero già alla fase del “Tutto perdonato”, condizionata dal cuore e dagli ormoni in subbuglio…da quanto non facevamo...?

-Ali?-

Troppo, troppo tempo.

-Ali!-

Deglutii saliva a vuoto quando trovai la mano di Mel a due centimetri dalla faccia. Quando si era avvicinata? Non me n’ero neanche accorta.

-Va bene che sei innamorata, che il broccolo è finalmente riuscito a fare due più due e che la sua dichiarazione era da prima fila al cinema, mi pento anzi di non aver preso i pop-corn,- Si corrucciò un attimo, prima di proseguire, -Ma ti prego, basta con quella faccia!-

Feci una smorfia risentita, -Quale faccia? Quella da principessa Disney?- Chiesi sbattendo le palpebre ingenuamente.

-No. Quella di prima era da principessa, questa sembrava più da depravata. A che stavi pensando?- Mi diede una gomitata e sorrise maliziosa.

-A niente.- Scattai subito sulla difensiva. Troppo in fretta.

Arcuò un sopracciglio senza smettere di sorridere, -Sì certo, ma…- Si bloccò ed esaminò ad occhi sgranati il mio reggiseno.

Mi osservai a mia volta, quasi sperando che la mia seconda si fosse magicamente trasformata in una terza e che lo stupore di Mel fosse dovuto a quello.

-Che c’è?- Aggrottai la fronte a disagio, constatato che la mia seconda era rimasta –purtroppo- tale.

-Hai messo un reggiseno nero di pizzo.- Boccheggiò senza distogliere lo sguardo.

Arricciai le labbra perplessa, -Sì e allora?-

-Hai messo un reggiseno nero di pizzo!- Ripeté con più veemenza, -Dove li hai lasciati i pulcini, i coniglietti ed Hello Kitty?-

Arrossii furiosamente. Ma porco cazzo…aveva capito! Non le sfuggiva proprio niente!

-Nel cassetto.- Sviai i suoi occhi e mi finsi intenta a cercare i vestiti da indossare nell’armadio.

Mi ero messa quel reggiseno perché…beh, oltre ad essere il meno infantile che avevo, era il più sexy e quel giorno mi andava di sentirmi così. Non c’era niente di male, no?

La sentii ridere, ma questa volta la sua non sembrava una risata di scherno, sembrava veramente contenta, -Avete già intenzione di darci dentro, eh? Dove, nei bagni del college?-

Alzai un sopracciglio ironica, -Certo, perché non sui banchi di qualche aula deserta?-

-Aaaah!- Mi indicò e scattò in piedi saltellando come se fosse stata su un braciere rovente, -Visto che ci avevi pensato, ninfomane che non sei altro!-

-Stai zitta!- Strillai, correndo immediatamente a chiudere a chiave la porta, prima solo appoggiata.

Fece una smorfia, -Come se potessero capirci.-

-Meglio non rischiare.- Afferrai una canotta grigiolina e me la infilai, stando ben attenta a non spettinarmi i capelli appena sistemati.

-Hai intenzione di andare in giro così e crepare di freddo?- Corrugò la fronte, infagottata ben bene nel suo soffocante maglione di lana.

Dio, quanto era stressante! Lo stava facendo apposta, sapeva benissimo che stavo iniziando ad agitarmi all’idea che avrei incontrato Lore di lì a poco.

-E tu hai intenzione di commentare tutto quello che faccio?- Sbuffai ed afferrai la mia felpa Abercrombie preferita.

-Stavo solo chiedendo.- Sporse il labbro inferiore, ma il suo broncio durò poco perché subito dopo sorrise quasi commossa, -Wow…stai veramente…-

Risi questa volta, nascondendo a stento un certo imbarazzo,-Sto veramente…?- Dissi allargando le braccia per mostrarmi, gli occhi leggermente lucidi per l’emozione.

-Benissimo. Conoscendolo ti salterà addosso appena ti vede.-

Un brivido mi attraversò la schiena al pensiero. Speriamo.

-Dici?- Mi morsi il labbro incerta. Non avevo portato vestitini o gonne dietro, niente di elegante insomma, per quello avevo optato per un paio di jeans e felpa stretti in vita e stivali di camoscio. Non avevo tirato su del tutto la cerniera della felpa, allo scopo di far vedere una buona parte di pelle lasciata scoperta dalla canotta sotto.

-Morirai di freddo.- Mi ricordò lei, mentre mi sistemavo all’ultimo gli occhi dando un’ulteriore passata di mascara.

Scrollai le spalle, -Me la caverò con una Tachipirina.-

Uscimmo di casa, ignorando gli sguardi maliziosi di Sue che mi augurava una buonissima giornata. Fortuna che Rod era già uscito, non osavo immaginare cosa avrebbe detto e con quanta malizia. Era peggio di una donna.

L’aria fredda di marzo mi colpì in pieno viso non appena misi piede fuori casa.

Mel aveva ragione, come sempre. Sarei morta di freddo, il cappotto non mi copriva abbastanza.

Restammo zitte per tutte il viaggio in bus, mentre l’agitazione pian piano si faceva sempre più spazio dentro di me.

Oddio cosa avrei dovuto dirgli? Avrei dovuto baciarlo per salutarlo, no? Ma davanti a tutta la classe? Cazzo…E dire che non era mica il mio primo ragazzo, con Matteo non ero così nervosa. Ma c’era anche da dire che di Matteo mi importava molto di meno. Senza contare che un sorriso di Matteo non aveva il potere di mandare a puttane testa e cuore.

Arrivati al college, incontrammo nell’atrio Vergata e Marchesi, il primo con un sorriso ebete stampato in faccia, il secondo con gli occhi talmente socchiusi da sembrare addormentato in piedi.

-Ah che donna…- Sospirò Vergata, scuotendo la testa mentre riponeva il cellulare nella tasca dei jeans.

-Attento Vergata che rischi la castrazione immediata se non la pianti…Ti ricordo che Angelica è una mia amica.- Lo salutai così, le braccia conserte ed il sopracciglio alzato. Ed il cuore che esplodeva nell’attesa dell’arrivo di qualcun altro.

-Ma infatti è proprio di lei che sto parlando.- Rispose senza perdere il sorriso, -Come cazzo fa una donna ad avere una mente così perversa non lo so.-

-Ok, ok, basta.- Alzai le mani sconvolta, decisa a non voler sapere altro. Che Angie non fosse poi così diversa da Vergata per certi aspetti non era una novità, ma preferivo comunque non avere nessun dettaglio.

-Pff, niente in confronto a quello che fa la mia ragazza con la panna.-

La sua voce divertita e pavoneggiante mi colpì dritta al cuore come la freccia di cupido: quello stupido organo si bloccò per un millesimo di secondo, prima di ricominciare a battere così forte da coprire qualsiasi altro suono alle mie orecchie.

La.Mia.Ragazza.

L’aveva detto con una spontaneità disarmante, come se avesse pronunciato quelle paroline chissà quante altre volte.

Quel “mia” poi suonava così bene, così possessivo e al tempo stesso orgoglioso…

Ero così presa dai miei pensieri, che sobbalzai e arrossii quando il suo braccio mi circondò le spalle.

Troppi colpi al cuore, troppi. Sarei morta giovane.

-Ah lo sapevo che dietro a quella faccia da santarellina c’era dell’altro…- Commentò Andrea sornione, per nulla sorpreso di quel gesto.

Sembravano entrambi calmi e a loro agio, come se io e Lore stessimo insieme da sempre, ma mi bastò lanciare una veloce occhiata al mio ragazzo per accorgermi di quella linea tesa sul suo collo e di quel brevissimo istante in cui l’angolo delle sue labbra tremò, rivelando in realtà tutto il suo nervosismo.

Mi stampai in faccia un broncio offeso e mi schiarii la voce, per assicurarmi di essere ancora in grado di parlare, -Certe cose non dovrebbero restare private?- Lo accusai, dandogli una lieve gomitata.

-Vuoi farmi credere che tutto quello che abbiamo fatto è rimasto privato?- Lore inarcò un sopracciglio scettico ed indicò Mel con il mento.

No. Effettivamente no, le mie amiche sapevano tutto. Ma dirlo così in pubblico era un’altra cosa!

Stavo per esternarlo ad alta voce, quando una scritta verde sul suo braccio, lasciato scoperto dalle maniche arrotolate del maglione, mi fece aggrottare la fronte perplessa, -Cos’hai qui?- Chiesi, scansandolo per poterlo esaminare meglio.

-Quel piccolo mostro stamattina era in vena di giocare.- Assottigliò gli occhi ed esaminò a sua volta la scritta infastidito.

E...EMI…EMILY

La grafia era tremolante, incerta e decisamente grande, tanto da occupare quasi tutto l’avambraccio.

-Ah, a quanto pare la piccola riesce ancora a tenervi testa, eh?- Domandai divertita, mordendomi il labbro subito dopo per l’imbarazzo che tutta quella situazione così nuova portava con sé.

Scherzare con lui era…strano. Strano, nuovo ed elettrizzante.

E tanti cari saluti all’arrabbiatura…bastava che un suo braccio si poggiasse sulle mie spalle, bastava che il suo corpo sfiorasse il mio, per farmi perdere completamente la ragione. E l’orgoglio.

Lui ghignò soddisfatto, quasi avesse intuito i miei pensieri, e un lampo di puro e sadico divertimento gli attraversò gli occhi, -Aspetta di vedere com’è conciato Lele.- Sembrava un bambino che attendeva impaziente i risultati di un suo scherzo.

Si voltò e il sopracitato amico fece la sua comparsa proprio in quel momento, un qualcosa di non identificato a circondargli la fronte a mo’ di bandana e…un adesivo sulla guancia?

-Lele!- Mel ridacchiò sorpresa, -Che cavolo ti è successo?-

Lui boccheggiò indignato, la faccia paonazza e i capelli scarmigliati, -Quella piccola stronza! Aveva detto che sarebbe andato via, invece è indelebile!-

Non capii a cosa si stesse riferendo finché la fascia che aveva in fronte non venne bruscamente spostata dalla sua mano, mostrando la scritta rossa che campeggiava evidente e sfacciata sulla sua pelle.

Scoppiai a ridere e lo stesso fecero Mel, Vergata e Marchesi.

-Oddio!- Fu tutto ciò che riuscii a dire tra le lacrime che le risa portavano, sentendomi anche in colpa dopo aver visto l’espressione risentita di Lele.

Ma la scritta “I LOVE YOU” sulla fronte era troppo…troppo! Oltretutto aveva pure tutta la pelle arrossata, chiaro segno che avesse cercato di toglierla con scarsi risultati.

-Grazie. Dopo tutta la mattina passata a farmi sfottere da questo qui,- Indicò Lore stizzito, -Mi mancava pure questa.- Sbuffò diventando, se possibile, ancora più rosso.

-Oh andiamo Lele, se non riesci ad impedire ad una bambina di scriverti addosso dichiarazioni d’amore mica è colpa mia…- Lore si morse il labbro nell’evidente tentativo di trattenere una risata.

Il sopracciglio sinistro di Lele si alzò pericolosamente, -La dichiarazione avrebbe dovuto scriverla a te, visto che le hai promesso di aspettare che cresca per sposartela.-

Mi voltai di scatto verso il mio ragazzo, gli occhi sgranati e una gran voglia di prenderlo a sprangate. Non era più tanto in vena di ridere, chissà perché.

-Neanche avevo capito quello che mi aveva chiesto!- Si difese lui alzando le mani e prossimo ad essere strozzato, -E poi è solo una bambina, i bambini vanno assecondati.-

-Certo.- Mormorai condiscendente, in un tono di voce che poteva solo voler dire “Non pensare di cavartela così”.

Le lezioni iniziarono per sua fortuna, così non ebbi il tempo di aggiungere nessuna minaccia.

Come era prevedibile, il prof Ramones prese in disparte me, Lore, Lele e Mel per chiederci ulteriori spiegazioni riguardo la sera prima.

Ufficialmente Lore, alle undici di sera –un’ora dopo il coprifuoco imposto-, non era ancora rientrato a casa Watkins per cause di forza maggiori, ovvero, era stato male e, non ricordando bene la strada per tornare a casa sua, si era diretto dagli Abbott, la cui abitazione era molto più vicina al cinema, prendendo l’autobus R per chiedere di poter usare un telefono. Ovviamente il suo cellulare, secondo la nostra versione dei fatti, era scarico.

Stupida versione accampata in aria in un minuto esatto e assolutamente poco credibile, ma assecondata da Lele che, con un’espressione da cucciolo innocente, si era detto molto preoccupato per le condizioni dell’amico: già al cellulare –prima che si scaricasse-, dal tono di voce, Lore gli era parso decisamente indisposto.

-Tu come mai non eri con lui Mancini?-

Era comodo avere Lele dalla propria parte. I prof lo adoravano troppo per dubitare seriamente di lui. Perché avrebbero dovuto? Era il cocco dei cocchi, responsabile, intelligente, maturo e bla bla bla

-Ero stanco e, dato che Latini si era fermato a chiacchierare con Vergata, sono tornato a casa da solo.- Se non avessi saputo come erano andate veramente le cose gli avrei creduto quasi sicuramente.

Dovetti tirare una gomitata a Lore per impedirgli di scoppiare a ridere. Eravamo quattro idioti e non potevamo trovare una versione dei fatti più cretina di quella.

Se non altro Sue e Rod avrebbero confermato il fatto che Lore fosse andato a casa loro per cercare un telefono e non avrebbero detto nulla sulle minacce di sfondare la porta. 

A sostenere quel ridicolo teatrino si aggiunse il terzo idiota appena citato, che annuì a conferma di quanto detto dall’amico, -Esatto. Ci siamo fumati una sigaretta e abbiamo commentato le tipe che passavano.- Vergata ghignò e, per quanto quell’uscita fosse acuta quanto il suo cervello, riuscì a risultare quasi credibile.

-Quindi le voci che vedono Latini e Valenti sull’orlo di una possibile rissa sono infondate?- Il prof arcuò un sopracciglio severo.

-Esattamente.-

Istintivamente guardai male Jacopo Garbatelli, l’unico che poteva aver detto la verità al prof.

Se ne stava in disparte come suo solito, mentre il resto della classe faceva casino fra i banchi dell’aula in attesa che il prof finisse con la ramanzina.

-E Valenti può confermare?-

Cazzo. Mi irrigidii; non avevo parlato con Teo, non avevo preso in considerazione l’eventualità che potesse essere interpellato.

-Certo.- Aveva risposto Lore sicuro, senza battere ciglio.

Come diavolo riusciva ad essere così dannatamente certo della cosa ancora non lo avevo capito.

Il prof, con un cenno della mano, chiamò Teo che ci venne in contro stranito.

-Sì, prof?- Chiese, lanciando di sfuggita un’occhiata piuttosto ostile a Lore.

Oddio, non era propriamente un buon segno…

-Valenti. Mi risulta che tu sia arrivato a casa alle undici meno venti ieri sera. Come mai?-

Di male in peggio. Lo cercai con gli occhi per implorarlo di aiutarci, ma lui non ricambiò, si limitò ad annuire serio in direzione del prof, -Sì prof, ma ho avvisato la mia famiglia che il ritardo era dovuto al fatto che avrei accompagnato la Puccio e la Zorzi a casa.-

Ecco, adesso sarebbe uscita tutta la veri…cosa? La Zorzi? Ma Mel non era con noi, che stava dicendo?

-E Gubbi dov’era?-

Gubbi era il compagno di stanza di Teo. Ed era tornato a casa da solo, senza aspettare Teo.

-Non aveva voglia di venire, così è tornato a casa da solo. Io invece ho preferito accompagnare le due ragazze, mi sembrava brutto lasciarle da sole.- Teo scrollò le spalle con noncuranza, prima di alzare un sopracciglio curioso, -C’è qualche problema?-

Non era possibile! Ci stava coprendo! E senza che io avessi strisciato ai suoi piedi per implorarlo di farlo!

Lo guardai rispondere alle successive domande del prof senza capire il perché di quel comportamento. Che gli era preso?

Spostai allora il mio sguardo su Lore che, gli occhi socchiusi, lo fissava con aria sospettosa, diffidente. Chissà che diavolo gli passava per la mente.

La nostra versione dei fatti faceva acqua da tutte le parti, ma il prof capì ben presto che continuare con quell’interrogatorio non avrebbe portato da nessuna parte, specie se nessuno collaborava, -Se vi so ancora fuori dalle vostre case oltre l’orario stabilito giuro che chiamerò i vostri genitori per avvisarli e una bella sospensione non ve la risparmierà nessuno! Andate a sedervi su, prima che cambi idea e decida di farvi sospendere ora. Non voglio sentire più niente del genere, intesi?-

Annuimmo tutti quanti e sparimmo subito dalla sua visuale per entrare in classe.

Porca miseria, c’era mancato poco. Avevamo rischiato tutti una bella sospensione, fortuna che Teo aveva avuto la prontezza di assecondarci.

-Tu sai perché l’ha fatto?- Domandai di sfuggita a Lore, prima che ci sedessimo entrambi nei primi posti liberi trovati.

Era stato spontaneo sedermi vicino a lui, del resto, non era mica la prima volta, mi ero trovata ad averlo come compagno di banco già un paio di volte in passato. E sul momento mi ero scordata di quanto fosse deleterio per la mia salute mentale…

-Non chiedermi di capire la mente di quell’idiota, so solo che è sempre troppo in mezzo ai coglioni.- L’aveva sussurrato a bassa voce, la mascella contratta e i muscoli irrigiditi. 

-Avrebbe anche potuto non farlo.- Lo difesi risoluta. Non mi andava che parlasse di Teo in quel modo, non dopo che ci aveva praticamente parato il culo con i prof.

-Sì e lasciare che tu venga sospesa?- una risatina sprezzante accompagnò quelle parole, -È troppo schifosamente preso da te per lasciare che succeda.- Ringhiò poi, nervoso come un leone in gabbia.

Sbattei le palpebre sorpresa e meditai per un attimo sulle sue parole, in attesa di trovare qualcosa da dire che fosse abbastanza convincente da poter smentire la sua affermazione. Sapevo però che aveva ragione.

Sbuffai, -Dobbiamo parlare di questo proprio adesso?- Corrugai la fronte un po’ stizzita.

Sospirò, rilassò le spalle e si voltò verso di me, più tranquillo, -E di cosa vorresti parlare?-

Un po’ titubante e a disagio, solleticai con le mie dita il suo avambraccio appoggiato al banco, facendolo sussultare lievemente, -Posso scriverti anch’io il mio nome addosso?- Scherzai per smorzare un po’ la tensione. Non c’era nulla di malizioso in quella frase, ma lui come al solito travisò e mi rispose a modo suo.

Scostò la sedia dal banco e mi si avvicinò, -Oh, potrai farlo quante volte vorrai…- Una strana luce attraversò i suoi occhi particolarmente eccitati, -Con le unghie, sulla mia schiena.-

Non avevo fatto in tempo a meravigliarmi per tutta quella sospetta magnanimità iniziale che ero subito arrossita per il modo in cui aveva terminato la frase. Finivo sempre per lasciarmi imbarazzare da certe sue uscite tremendamente idiote e…stuzzicanti.

-Idiota.- Borbottai voltandomi di scatto per non mostrargli quella debolezza che si stava espandendo sempre di più sulle mie guance.

Lo sentii ridacchiare sommessamente mentre fingevo con nonchalance di prendere appunti su quello che Erika stava scrivendo alla lavagna.

Anche se all’apparenza mi mostravo attenta alla lezione, in realtà non facevo che pensare a lui e a quella vicinanza tremenda da sopportare. 

Era difficile impedire al mio occhio di cadere di tanto in tanto sul suo braccio, sul profilo del suo viso, sulla sua mano che giochicchiava con la penna.

Teneva il viso appoggiato al palmo della mano e si lasciava andare spesso a sonori sbuffi annoiati.

Più di una volta mi aveva scoperta ad osservarlo, più di una volta mi ero insultata mentalmente e avevo distolto lo sguardo ignorando i suoi ghigni maledettamente provocanti.

Appunto mentale delle 9.40: mai più sedersi vicino a lui se volevo stare attenta alla lezione o capirci almeno qualcosa.

Il vero corto circuito del cervello arrivò quando la sua mano si appoggiò, con studiata indifferenza, sulla mia gamba.

Oh stramaledettissimocazzodicane!

Non riuscii ad impedirmi di sussultare a quel contatto.

Lo guardai agitata e rossa di vergogna, ma tutto quello che vidi fu lo stesso sorrisetto indisponente di poco prima. Fingeva pure di guardare la lavagna il signorino!

Avrei voluto dirgli di toglierla o farlo io stessa, più che altro perché se ci avessero beccato sarebbe stato imbarazzante da morire, ma avevo il corpo paralizzato e la bocca secca ed impastata.

E mentre cercavo di ignorare le fitte e i brividi che da quella mano arrivavano poco più in alto, con una parte della mia mente mi pentii di non aver messo una gonna nella valigia…

-Èlis? Lorénzo?-

Quello spavento servì a farmi scrollare la gamba e a fargli spostare la mano di lì.

-Y-Yes?- Sorrisi affabile alla cara insegnante di inglese che aveva deciso di rompere le scatole proprio in quel momento con la sua orribile vocetta.

Lo sguardo malizioso e allo stesso tempo di rimprovero che Erika ci lanciò mi fece sprofondare metri e metri sotto terra. Ci aveva chiaramente beccati, bella figura di merda.

Proseguì con la lezione senza rispondermi, anche se continuava a tenerci d’occhio di tanto in tanto.

Finita quell’ora –di tortura-, mi diressi a passo spedito verso il bagno del secondo piano, sempre deserto a quanto ne sapevo.

Ero troppo incavolata con quel cretino, era completamente fuori di testa, cosa gli era saltato in mente? Bisognava assolutamente porre dei limiti, mettere dei paletti, mi aveva fatto fare una figura del cazzo! Poteva almeno evitare di farsi beccare! E quella stronza di Erika poi? Poteva almeno lasciarlo fare!

Sì, ok, ero contraddittoria, lo sapevo.

Non vedevo l’ora di bagnarmi quei tizzoni ardenti che erano le mie guance con un po’ d’acqua fresca. Avrei tolto il fondotinta, pazienza, in quel momento stavo troppo crepando dal caldo per pensare a qualsiasi altra cosa.

Per quello mi scappò un urletto sorpreso quando un braccio mi afferrò per la vita e mi trascinò all’indietro senza che io potessi far nulla. O volessi.

-Dove credi di andare Alice Puccio?- Mormorò divertito al mio orecchio.

Il suo respiro solleticò e rinfrescò per poco quel pomodoro bollente che avevo al posto della guancia.

Presi un respiro profondo, mi liberai della sua presa e mi voltai, -In bagno Lorenzo Latini.- Sostenere decisa il suo sguardo non era facile, il mio cuore batteva contro il petto alla stessa velocità con cui poteva battere una palla da basket sul pavimento colpita più e più volte ad altezza ridotta da un bravo giocatore.

Inclinò la testa e sorrise sicuro di sé, -Senza di me?- Il tono in cui lo disse, quello sguardo da felino predatore…esortavano al suicidio i miei poveri neuroni. 

Deglutii, -Esatto.- Mi sforzai di non cedere, ma pensarlo era una cosa…metterla in atto un’altra.

Fece un passo in avanti e si chinò con il viso. Ok, avevo già vistosamente perso, gli occhi erano diventati troppo pesanti per tenerli del tutto aperti.

-Non mi sembra vero di poterti baciare quando voglio…- Soffiò a due centimetri dalla mia bocca.

-Lo…- Mandai giù altra saliva a vuoto, -Lo facevi anche prima.- Dissi con un filo di voce, trattenendo a malapena il basso istinto di afferrarlo per i capelli, spingerlo al muro e farmelo nel modo più selvaggio possibile.

Non c’era nulla che mi impediva di farlo, nulla. E quel pensiero mi stava facendo impazzire.

La sua risata soffocata permise al suo respiro d’infrangersi nuovamente sulle mie palpebre già precariamente sollevate, che vacillarono ancora e si abbassarono del tutto.

-Vero.- Poggiò la sua fronte sulla mia e le sue labbra ci misero ben poco a trovare le mie, già dischiuse ed impazienti.

Non aspettavo altro da giorni e giorni; mi alzai sulle punte dei piedi e mi aggrappai a lui come se stessi affogando in mezzo al mare e lui fosse il mio salvagente personale.

Finii automaticamente indietro contro il muro. Un giorno o l’altro ce lo avrei sbattuto di sicuro io contro ad una parete…ma in quel momento andava decisamente bene così. 

Risentire il suo sapore, le sue braccia così strette intorno alla mia vita, il suo corpo così a stretto contatto con il mio...mi sembrava di sognare, era tutto troppo bello per essere vero.

Si staccò dalla mia bocca ed iniziò a depositare baci sul collo e sulle spalle. Slacciò presto la cerniera della felpa e me la sfilò, lasciando che cadesse a terra con un tonfo.

Rimasta solo in canotta, rabbrividii e mi strinsi di più a lui. Allargai le gambe e gli permisi di posizionarcisi in mezzo, mentre le mie mani correvano febbrili ed impazienti sotto il suo maglione per accarezzargli il petto, gli addominali, la schiena. Tutto. 

Fu quando arrivò a dedicarsi al mio seno, liberato da tutta la fastidiosa stoffa che lo ricopriva, che riacquistai un attimo di lucidità.

-Aspetta.- La mia voce, così bassa e roca, si perse facilmente nell’aria e non venne udita.

-Lore…- Ci riprovai di nuovo, ma quello probabilmente fu scambiato per un gemito dovuto al…oddio.

Mi lasciai scappare un vero gemito di piacere e mi inarcai quando infilò le dita sotto l’orlo dei miei jeans, ma all’ultimo, proprio quando stava iniziando a scendere –pazza!-, lo bloccai posandoci sopra la mia di mano.

-Aspetta.- Ansimai, questa volta più forte.

Alzò lo sguardo confuso ed eccitato, un’adorabile smorfia di irritazione dipinta in faccia per essere stato interrotto, -Che c’è?-

Aspettai che il respiro si regolarizzasse almeno un po’ prima di rispondere, -Ci sono delle…condizioni che vorrei dettare.- Affondai i denti nel labbro: avevo ancora il fiatone ed ansimavo come se avessi appena corso per chilometri e chilometri.

 -Condizioni?- Difficile capire se fosse più indispettito o divertito, probabilmente entrambe le cose.

Annuii seria. Non sapevo se la voce avrebbe o no retto, quindi era meglio limitarsi ad un cenno con la testa. 

-E devi proprio dettarle adesso?- Fece scocciato, la mano appoggiata…che fece per scendere ad accarezzarmi.

-Sì.- Socchiusi gli occhi e tolsi definitivamente la sua mano per evitare che gli ormoni prendessero il sopravvento, -Sì se non vuoi andare in bianco per i prossimi mesi.-

Mi guardò di sbieco, corrucciato, -Quindi posso scegliere fra l’averti adesso senza ascoltare le tue condizioni inutili e andare poi in bianco per mesi, o ascoltare le tue condizioni ora e non andare in bianco?-

Ci avevo capito ben poco del suo discorso, ma non mi diede nemmeno il tempo di analizzarlo perché si rispose automaticamente da solo subito dopo, un sorriso malizioso a rendere il suo viso tremendamente magnetico, -Scelgo di averti adesso, ai prossimi mesi ci penserò poi.- Mi ritrovai la sua bocca incollata alla mia e per un attimo la libidine prese nuovamente il sopravvento su di me.

-No.- Mi lamentai sbuffando come una locomotiva, -Non te la caverai così.-

Lo allontanai, mio malgrado, per riprendere un attimo il fiato. Non potevo lasciare le cose così, bisognava chiarire alcuni punti.

Mi sistemai bene la canotta e mi riallacciai il reggiseno senza guardarlo in faccia, ma sapevo che era seccato e parecchio.

Mi schiarii la voce ed alzai lo sguardo per trafiggerlo con una delle mie peggiori occhiatacce, -Punto primo,- Alzai l’indice con fare serio e autoritario, -Non saremo una di quelle coppiette sdolcinate e appiccicose che si sentono per telefono tutti i giorni per ore e che iniziano con la storia del “no, riattacca prima tu”.- Assurdo che proprio io stessi dettando una condizione del genere, vero? Io che avrei voluto starci sempre al telefono con lui, solo per sentire la sua voce e per ripetere all’infinito quanto l’amassi…ma, suvvia, dovevo restare con i piedi per terra, lui non era tipo da telefonate sdolcinate e io non volevo assolutamente diventare il tipo di ragazza assillante e noiosa che lo cercava ogni due secondi.

Lui non ribatté, ma ebbi l’impressione che il mio cipiglio corrucciato lo stesse divertendo parecchio a giudicare dalla piega delle sue labbra.

-Punto secondo: niente smancerie a scuola, non voglio distrazioni.- Chissà perché qualcosa mi diceva che quella regola non sarebbe stata rispettata, da me per prima…

Alzò un sopracciglio per nulla convinto dalle mie parole, segno che probabilmente stava pensando la stessa identica cosa.

-Punto terzo…- Mi bloccai quando lo vidi avvicinarsi così tanto da confondere il suo respiro con il mio. Di nuovo.

-Sei mia.- Soffiò sulle mie labbra, con la sua solita faccia da schiaffi ed il tono che non ammetteva repliche. –Mia e di nessun altro.- Avvertii un’evidente nota di orgoglio e presunzione dietro quelle parole e fu solo il desiderio di mostrarmi indifferente alla cosa, non irritata o eccitata come un animale in calore, ad impedirmi di saltargli addosso come il sopracitato animale imbizzarrito e/o in calore.

-L’hai già detto mi sembra…sei ripetitivo.- Feci annoiata, distogliendo comunque lo sguardo dal suo così -troppo- vicino.

Scrollò le spalle, -Mi piace ribadirlo.- Replicò tranquillo.

Oh e a me piace che tu lo ribadisca.

Non avevo ancora finito di formulare quel pensiero da dodicenne innamorata, che due dita si posarono sotto il mio mento per obbligarmi a guardarlo bene in faccia. Oh maledizione! Stavo arrossendo come una scema!
-E poi…- Sorrise.

E poi?! Cos’era quella pausa?! Mi stava volutamente lasciando sulle spine lo stronzo!

Rimase zitto e la mia curiosità raggiunse livelli insopportabili.

Schiaffeggiai la sua mano risentita, -Poi?- Sollecitai con voce stridula, fulminandolo con lo sguardo per quella provocazione bella e buona.

Il suo sorriso si accentuò mentre si carezzava il mento con fare pensieroso. 

-Ora è ufficiale diciamo.-

Mi accorsi solo in quel momento, quando sgonfiai le guance, di aver trattenuto il respiro nel frattempo.

Lo fissai truce per qualche altro secondo, prima di farmi coraggio e, sguardo basso, dire quello che mai avrei pensato di dire, -Così come lo è il fatto che tu sia mio.-

Silenzio.

Era da un bel po’ che volevo precisarlo –insomma, lui lo faceva sempre con me!-, ma non pensavo sarebbe stato così imbarazzante farlo ad alta voce, in quel corridoio così deserto e silenzioso.

-Ah sì?- Rispose dopo secondi che mi parvero un’eternità, in un tono un po’ troppo rilassato e svagato per i miei gusti.

-Dico sul serio,- Tornai a guardarlo e socchiusi gli occhi innervosita, -Prova anche solo a toccare o a farti toccare da un’altra ragazza e giuro che spacco la faccia a tutti e due.- Meglio mettere subito in chiaro le cose, mi ero anche trattenuta e censurata, avrei fatto di molto peggio. Se c’era una cosa che non tolleravo era il tradimento, non avrei sopportato l’idea di essere presa per il culo, l’idea di lui con un’altra, l’idea che potesse gettare alle ortiche la fiducia che gli stavo concedendo.

Quella faccia da schiaffi lasciò posto ad un sorriso sghembo che poco mi rassicurava, -Uh, gelosa e violenta? Eccitante.-

Arrossii ma la mia espressione non si addolcì per niente, -Sono seria.-

Alzò gli occhi al cielo e, cogliendomi alla sprovvista, mi attirò a sé passandomi un braccio intorno alla schiena, -Questo significa che non potrò neanche baciare Mel sulla guancia tutte le mattine?- Incurvò un sopracciglio a mo’ di sfida.

Cercai di mantenere un tono di voce abbastanza neutro, -Certo che potrai farlo.- Sfoggiai un sorriso più falso di una moneta da cinque sterline, -Ovviamente anche io continuerò a baciare sulla guancia Teo, Lele e, perché no, anche Vergata.- Sbattei le palpebre con fare ingenuo.

A quei nomi, il suo volto si incupì e sembrò perdere qualsiasi traccia di svago.

-Col cazzo, Valenti penserà chissà cosa se…-

Roteai gli occhi scocciata, -Teo non penserà nulla. È semplicemente un amico e sempre lo sarà, ok?-

-È innamorato di te.- La sua voce si fece bassa e rabbiosa ed il suo braccio dietro la mia schiena mi strinse maggiormente al suo petto, facendomi per un attimo vacillare sulla risposta.

-Lo so.- Dissi semplicemente, mordendomi il labbro, -Ma io non sono innamorata di lui.-

Avvertii i suoi muscoli distendersi, al contrario dell’aria che si fece particolarmente tesa.

Lui l’aveva detto a me, esplicitamente. A modo suo certo, ma l’aveva fatto.

Sono fottutamente innamorato di te.

Io no.

Per quello presi fiato e proseguii imperterrita con un: -Lo sono di te.-

Il “te” finale si perse nell’aria. O meglio, si perse fra le sue labbra che catturarono le mie a metà frase.

Le sue mani si spostarono svelte dalla schiena alle mie cosce, per sollevarmi e posarmi malamente su un banco lì vicino.

Le mie di mani, corsero fra i suoi capelli che accarezzai, strinsi e tirai più volte, mentre le mie gambe gli circondavano con forza i fianchi per far aderire il più possibile il suo bacino al mio.

-Lore…- Qualsiasi cosa avessi voluto dire, fui interrotta dal suono della campanella che ci annunciò bruscamente la fine della pausa pranzo.

-Si fotta la campanella.- Mormorò roco al mio orecchio, -Ti voglio. Adesso.-

Gemetti non appena la sua mano riprese da dove si era fermata in precedenza, sbottonandomi i jeans in un attimo ed oltrepassando le mie mutandine grigie di Titty. Perché cazzo non mi ero portata le mutandine nere di pizzo che facevano pandan con il reggiseno?! Oh al diavolo, tanto manco se n’era accorto. Di certo l’ultima cosa a cui stava pensando era il pennuto giallo stampato lì sotto. L’unica idiota che ci pensava in un momento del genere ero io!

Scese a baciarmi e leccarmi il seno, scostando nuovamente il reggiseno da me accuratamente scelto e sistemato quella mattina.

-Se ci beccano qui…- Ansai fra un gemito e l’altro, -Siamo fottuti.-

Oh eravamo sì fottuti. Ci stavamo fottendo a vicenda.

Ridacchiò a contatto con la mia pelle, ma non disse nulla. Sentii solo la sua mano sotto le mie mutande lavorare più in profondità e…

-Ah!-

Oh.Mio.Dio, era uscito da me quella specie di urlo che ancora rimbombava in quel silenzioso corridoio?

Mi morsi le labbra così forte da farle quasi sanguinare per impedire ad un altro grido di uscire.

-Sssh…-Rabbrividii quando Lore tornò a baciarmi, probabilmente per aiutarmi nel mio intento di stare zitta, -Anche se mi fa eccitare da morire sentirti gemere…- Non poteva dirmi quelle cose, non poteva! –Se ti sentono siamo sì fottuti.-

Inghiottii un bel po’ di saliva, rischiando seriamente di strozzarmi, -Basta.- Boccheggiai con un filo di voce, arrivata ormai al limite. 

Gli afferrai l’orlo dei jeans e slacciai, con mani tremolanti e febbricitanti, cintura, bottone e cerniera. Lo sentii sospirare quando liberai la sua sempre più evidente eccitazione, e fremere quando la sfiorai non tanto casualmente.

-Ti voglio. Adesso.- Ripetei le sue stesse parole di poco prima, con l’unica differenza che io sembravo una pazza isterica.

Mi afferrò per i fianchi per sistemarsi meglio fra le mie gambe e automaticamente scivolai in avanti con il bacino, ritrovandomi invece con la testa piegata e a contatto con il muro dietro.

Fu completamente diverso lasciarsi andare a lui quella volta. Se ripensavo alla paura che mi ero sentita addosso tutte le volte passate…quella paura di essere respinta, di soffrire, di essere lasciata sola…era svanito tutto, mi sentivo talmente leggera che la testa girava pericolosamente, neanche avessi bevuto litri e litri di vino.

Entrò dentro di me e le mie unghie lo presero in parola, affondando con forza nella sua carne per lasciargli dentro il mio nome. Un nome che speravo non se ne sarebbe mai andato e avrebbe sempre, sempre lasciato traccia nel suo cuore.

 

 

                                     

********************

Il pavimento lucido e liscio dell’aeroporto si stagliava immenso davanti a noi, sembrava non finire mai.

Appoggiai male il piede e presi una storta, rischiando di inciampare e cadere per l’ennesima volta da quando avevo messo naso fuori dalla porta dei cessi.

-Cazzo!- Fu tutto ciò che uscì dalle mie labbra, arrossate e gonfie per via dei baci che mi ero scambiata poco prima in bagno con il mio ragazzo.

-Oh, se riusciamo a raggiungerli scopatina in aereo poi?- Rise Lore, che nonostante la situazione drammatica riusciva a non trascurare la sua vena da schifoso porco pervertito.

Lo spinsi e persi l’equilibrio di nuovo; quasi mi ritrovai con la faccia a terra in mezzo a tutta quella massa di gente, -Idiota! Prima pensiamo a non perdere l’aereo!- Strillai –sibilai piuttosto, con quel poco fiato che mi era rimasto in corpo per via della corsa. 

Ci eravamo appartati, come due coglioni, nella toilette degli uomini –perché il signorino non ne voleva sapere di entrare in quella delle donne, lasciando Vergata a fare la guardia con i prof. Non potevamo fare una mossa più cazzuta di quella. E io, che ero la prima della classe, la più brava e studiosa, come cavolo avevo fatto ad affidarmi a quella scimmia? Colpa dell’amore e degli ormoni, addio cervello.

Andrea avrebbe dovuto avvisarci se il Ramones avesse sospettato qualcosa o se la classe si fosse spostata, cosa che invece non aveva fatto dato che, usciti dal bagno, ci eravamo accorti con orrore che i nostri compagni non c’erano più nel bar di fronte.

Stavamo correndo come dei forsennati da una vita, quando finalmente li scorgemmo davanti al negozio della Harrods, punto di ritrovo stabilito precedentemente per imbarcarci.

Vergata ghignò compiaciuto vedendoci arrivare tutti trafelati.

-Bastardo…- Aveva esordito Lore con il fiatone, -Avresti dovuto avvisarci.-

-Era una vendetta ragazzi, insomma, vogliamo piantarla qui di trombare come ricci?- Aveva poggiato le mani sui fianchi e aveva scosso la testa in segno di rimprovero, -Alla faccia di chi non tromba da due settimane poi!- Era a dir poco sconvolto, traumatizzato, come se non si capacitasse lui stesso della cosa.

In lontananza, in mezzo ad alcuni ragazzi dell’altra classe, intravidi Teo e gli sorrisi.

Gli avevo chiesto spiegazioni riguardo quel bacio a stampo datomi al cinema e lui, guance rosse e sguardo abbassato, aveva detto di averlo fatto solo per aiutarmi a far aprire gli occhi a Lore. Un vero tesoro.

Speravo con tutto il cuore che potesse dimenticarsi presto di me e di innamorarsi di qualcun’altra, si meritava proprio di essere felice.

-Cazzi tuoi.- Lore abbandonò il braccio sul mio collo sorridendo sornione.

-Eh sì, cazzo mio. In questi giorni era terribilmente…-

-Vergata!- Potevo fare concorrenza ad un’aquila in quanto a strilli, -Fai schifo!- Mi tappai le orecchie sconvolta mentre lui continuava tranquillo ad elencare le cose che lui, il suo coso e Federica avevano fatto in bagno quei giorni.

-Oh Puccio, non fare la finta verginella su. E comunque alla tua amica Angelica piaceva essere messa al corrente sulle condizioni del mio…-

-Cazzo!- Conclusi io in contemporanea, -La vuoi smettere?-

Quel coglione incominciò a ridere, seguito pure dall’altro coglione: il mio ragazzo.

-Ridi, ridi…- Lo incitai sorridendo malignamente, -Che intanto la scopata in aereo te la scordi.-

Chissà come mai la sua risata si era spenta, -Ma dai, si scherzava.-

Basta. Se l’era definitivamente giocata, niente da fare.

-Certo, come no.- Feci per andarmene e raggiungere Mel, ma all’ultimo mi bloccò allacciandomi un fianco.

-Offesa?- Difficile dire se mi stesse prendendo per il culo o se fosse realmente dispiaciuto. Sapeva recitare così dannatamente bene lo stronzo.

-Sì e lo sarò ancora per molto se non mi garantisci che non ci sarà nessun’altra mentre stai con me.- Ero seria, il fatto che avesse cercato di sviare il discorso qualche giorno prima non mi andava ancora giù.

Schioccò la lingua divertito e pensieroso, -Era il punto…?-

-Non importa, lo rispetterai?- Perché il mio tono di voce implorante ed i miei occhioni da gatto di Shrek erano così…umilianti? Perché se non l’avesse fatto non ci poteva essere storia fra di noi.

Mi guardò per qualche secondo, prima di sospirare rassegnato, -Ok, questa cosa la dirò una volta sola, ricordatela bene perché non la ripeterò…-

Ero davvero curiosa di sentire quale cavolata –perché da lui mi aspettavo solo quello ormai- avrebbe tirato fuori.

Non opposi resistenza quando avanzò con il viso per portarlo a due centimetri dal mio naso, -Da quando sono stato la prima volta con te…le altre ragazze…non mi eccitano.- Distolse subito lo sguardo come se avesse fatto chissà quale confessione imbarazzante.

-Dovrebbe essere romantico questo?- Chiesi alzando un sopracciglio.

-Esatto. Le altre non le vedo Puccio, capisci?- Si morse il labbro ed evitò accuratamente i miei occhi, quasi…a disagio?

-Non lo avrei mai detto Latini, ma basta poco per imbarazzarti, lo eri di meno quando mi hai detto che eri “fottutamente innamorato di me”.- Mimai le virgolette trattenendo a stento un sorriso.

Fece una smorfietta contrariata, -Perché ero preso dalla foga del momento quando l’ho detto.-

-Oh, quindi adesso che non c’è la “foga del momento” ti imbarazzi?- Stavo per mettermi a ridere.

-La pianti di mimare tutto? Ci sono tantissimi altri modi per usarle quelle mani…-

Andavamo a parare sempre lì alla fine. Roteai gli occhi, -Tipo?-

-Se sarete così gentile da accompagnarmi in bagno durante il volo Vostra Bassezza, ve lo mostrerò.-

Gli tirai un debole –il fatto che ci avessi messo tutta la mia forza era irrilevante- pugno sul braccio che lo fece scoppiare a ridere come un pazzo.

-Vaffanculo, tu e la tua stronzaggine.- Gli feci la linguaccia prima di scostarmi, -E la sveltina in bagno te la scordi.-

Fui intransigente su quel punto, il volo lo passai a stuzzicarlo con spostamenti di capelli, accidentali carezze al seno mentre mi slacciavo la felpa e sguardi maliziosi.

Ogni volta che, a gesti, mi faceva capire di andare in bagno, io scuotevo la testa e mi mordevo il labbro vittoriosa. Niente bagno. Così imparava a dire stronzate. Anche se sapevo bene che, in qualità di Principe Stronzo, era nella sua natura farlo.

Non lo avrei ammesso, non davanti a lui e non in quel momento, ma mi andava bene così, lo amavo anche per il suo carattere di merda. Probabilmente se fosse stato un ennesimo Matteo l’avrei trovato noioso. Fosse stato come il Ronchini, mi sarei lasciata abbindolare solo da belle parole e nient’altro…fosse stato come il Valenti, l’avrei considerato solo un amico.

Ma lui era il Latini. Il vicino di casa che mi aveva ignorata per anni, provocata, tagliato i capelli –a proposito, dovevo ancora vendicarmi sui suoi-, baciata, salvato la vita, scopata, fatta innamorare, impazzire, soffrire…fino a qualche giorno prima. Ne aveva di cose da scontare il signorino. Ma c’era tempo, a Milano.

Del resto, tutti i principi nelle fiabe dovevano penare un bel po’ per avere la principessa. Questa era decisamente tutt’altro che ordinaria come storia, visto che Lo Stronzo aveva già avuto la principessa nanerottola e isterica –come mi aveva definito lui, senza sconfiggere draghi, arrampicarsi su torri, duellare con una spada o uccidere la Strega del Mare. Sì, il mio film Disney preferito era La Sirenetta.

-A che pensi?- Mi chiese lui stranito, prima di salire sul pullman che ci avrebbe riportato davanti alla scuola.

Oh, doveva essersi accorto del mio ghigno. -A niente…-

Solo a come staremo insieme qui a casa, a come andranno avanti le cose, a quello che succederà. E a che principe potresti assomigliare.

Bisognava crearne uno tutto daccapo, non ricordavo ne esistesse uno stronzo…

Beh, ci si poteva lavorare.

 

 

*Note dell’autrice*

 

Dedico questo capitolo a Mirya. Ancora un grazie immenso per tutto e un mi dispiace per gli ultimi avvenimenti.

 

Ci credete se vi dico che mi stan tremando le mani? Sono troppo emotiva, lo so, ma mi dispiace troppo concludere questa storia. Con un epilogo che non mi convince, ma che spero sia almeno piaciuto a voi.

Per chi non ha intenzione di leggere eventuali extra che comprendono pezzi di Tra l’odio e l’amore pov Lore (simili a questo pubblicato mesi fa), missing moments futuri Lore/Ali e piccoli spin-off riguardanti le coppie Andrea/Angelica e Daniela/Lele, la storia si conclude qui. Grazie per avermi seguita e sostenuta con recensioni, letture, preferiti, seguite e ricordate. Spero di avervi strappato qualche sorriso e di avervi fatto trascorrere ore piacevoli con questa storia :)

Per le altre…beh questo è un arrivederci, perché come ho già detto ci sarà ancora molto altro su questa coppia –purtroppo per voi xD- e su tutti gli altri personaggi. Teo? Mel? Glenda? Rossella? La situazione familiare di Lore? Ovviamente nei missing moments futuri (molto simili ad un seguito per certi versi, ma a spezzoni) si parlerà anche di tutto questo, di idee sul futuro dei due signorini ne ho in abbondanza.

Quindi, se vorrete seguirmi in quest’altra specie di avventura, potrete trovare informazioni sulle future pubblicazioni nel gruppo fb dedicato alle mie storie, sul forum o sul mio contatto fb.

Arrivata a questo punto non so che altro dire. Se non grazie a TUTTE le ragazze che mi hanno sostenuta in questa follia, che si sono preoccupate per me, per i miei problemi familiari, che mi hanno fatto sapere quanto le emozionava questa storia con una recensione o con un commento su facebook, ma anche grazie alle lettrici silenziose che hanno fatto tantissimo anche solo facendomi sapere che c’erano, leggendo o aggiungendomi ai preferiti/seguiti/da ricordare. Devo tutto quanto a voi. Le emozioni provate mentre scrivevo, i sorrisi da idiota davanti al pc mentre scrivevo le battute di Vergata…tutto questo non ci sarebbe stato senza di voi.

Grazie a Bea e Dids, due meravigliose scrittrici e amiche. Come avrei fatto senza di voi?

Ah e mi è stato chiesto da una ragazza, cosa che faccio con piacere, di precisare per una sua amica che non tutte le storie vanno a finire bene come questa. Purtroppo non tutti gli stronzi sono come Lore, che comunque non è perfetto, ma…dai, un pochino si è rifatto alla fine, no? ;)

Un’ultima cosa poi la pianto di rompere. Qualche giorno fa ho pubblicato un nuovo schifo…sì, proprio così, continuo a rompere con altri personaggi.

Se vi va di leggerlo, è qui.

Ai vostri commenti risponderò da ora in poi, tecnicamente adesso avrò un po’ di tempo per respirare senza continuare ad impormi “Scrivi che c’è gente che aspetta di leggere!”.

Vi mando un megastragrande bacione e vi ringrazio ancora dal profondo del cuore.

Bec

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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