Crashing
ourselves.
- Un giorno Matthew mi si avvicinò, e mi disse se mi andava di fare una cretinata.
- Era Novembre ed eravamo nel pieno dell’Origin of Symmetry tour, che c’aveva portato la vera fama, soprattutto in Europa, in paesi come la Francia e l’Italia, dove le fan assalivano Matt, quasi voraci.
- Quel giorno era freddo e le mie mani sembravano ghiacciai perenni; indossavo un cappellino di lana rosso, per il gelo e perché non ero ancora abituato a star senza tutti i miei capelli biondi, da poco tagliati.
- Quando Matt, con le occhiaie e stanco, mi chiese se m’andava di seguirlo, io risposi di sì a prescindere.
- Forse perché ero davvero annoiato, forse perché ero stanco di quel tour incessante che pareva allontanarci sempre più.
- Uscimmo nel bianco di una Stoccolma gelida come i suoi occhi e cominciammo a camminare, cappucci alzati e mani in tasca. Le mie scarpe strusciavano contro il cemento, lamentandosi. I lacci ballonzolavano ad ogni mio passo; guardavo i piedi di Matt mettersi uno davanti l’altro maldestramente, accennai un sorriso.
- Quando arrivammo davanti ad un lago ghiacciato Matt mi porse la sua mano, intimandomi a sfilare la mia dalla tasca del jeans.
- Lo guardai, serio.
- Era magro; magro come uno che pensa troppo e non si concede tempo sufficiente per nient’altro. Era stanco come chi ogni sera è lì per la sua gente, per dire questo è il mio corpo dato per voi, dolce come chi soffre e non vuol parlare, né pronunciarsi.
- Matt mi strinse la mano con la sua più fredda, e si voltò a camminare.
- Quando il suo piede si poggiò sulla superficie bianca non capii.
- “I’m so sick, Dom”
- Mi trascinò con sé sul ghiaccio, camminando come se non pesasse nulla, senza scivolare, tenendomi la mano come si fa con chi si vuole condurre, piano, verso sé.
- E lì, mentre camminava sul ghiaccio, non tremò.
- Non tentennò.
- Quando la mia lingua fu fra i suoi denti non si scostò, né si sorprese di sentire i miei, di denti, pizzicargli le labbra.
- Quando Matt, poi, mi riportò in hotel, sempre per mano, con le labbra viola, mi lasciai trascinare e pensai a quante poche parole servissero per sentirsi sinceri.
- Quanto le parole ammazzassero la verità ogni volta, ogni sera, ogni notte.
- Stoccolma sibilava qualcosa alle nostre spalle, prometteva false soluzioni, mi imbottiva la testa come ansiolitica visione.
- Matt mi baciò alla finestra bluastra, mi disse “Così van le cose, Dom. Un giorno credo d’amarti e mezz’ora dopo mi convinco che è solamente enfasi, fra noi”.
- Dissi a Matt Bellamy di non pensare.
- Lui non pensò più.
- Mai.