La stazione

Ho sempre amato le stazioni, piene di vita, di persone.
Persone normali che andavano ai loro lavori normali. Arrivi, partenze, lacrime, incontri. Sono sempre state le cose che ho più amato in tutta la vita.
E anche adesso che sono qui e corro verso i binari del treno, non posso non apprezzare tutto questo.
La mia mente vaga in mezzo ai ricordi di ogni vita che ha toccato la mia, e ogni ricordo è legato a un colore. Rosso cremisi.
Ripenso a tutte quelle persone, ai loro ultimi sguardi e non posso fare a meno di sorridere.
Mi fermo, manca ancora un po’ al prossimo treno.
Gli sguardi delle persone accanto a me mi sfiorano e poi sfuggono, spaventati. Ma a me non importa, dentro di me regna la calma assoluta.
Alzo la testa e vedo che manca ancora un poco.
Abbasso lo sguardo sulla mia maglietta bianca, ormai macchiata, mi soffermo sulle mani, incrostate di sangue ormai secco. La mia mente torna all’ultima persona che ho incontrato, l’ultima che ho ucciso, mia madre. Il suo sangue scorre nelle mie vene e macchia i miei vestiti, ma ora anche lei non potrà più farmi soffrire, come gli altri prima di lei.
Vengo strappato dai miei ricordi, dai miei pensieri. Sento le sirene che si avvicinano, è questione di poco e poi mi prenderanno.
Sento il treno che si avvicina, non si fermerà, andrà dritto verso la sua meta.
Gli ululati dei cani provengono dalle mie spalle, le urla dei poliziotti sono vicine, so che mi vedono.
Il treno è vicino, mancano pochi metri e sarà davanti a me. Salto. Devo prendere il treno, prima che la vita prenda me.
Uno schianto, poi più niente. Buio totale.