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Autore: shellnosoul    17/10/2011    1 recensioni
Siamo quella vecchia canzone che continuiamo ad ascoltare senza mai stancarci, quel taglio di capelli che non riusciamo ad abbandonare, quegli amici sempre lunatici a cui non riusciamo a dire di no. Siamo convinti di essere diversi dagli altri, lo crediamo tutti. Ci sentiamo inadeguati riguardo ad una marea di cosa, ma non importa, perchè siamo noi stessi. Sei mai uscito fuori dai tuoi schemi? Hai mai provato a cambiare e provare altre cose? Questa è la storia di una ragazza che ha deciso che sarebbe cambiata, provando ad essere ogni giorno diversa, provando cose nuove e decidere da che cosa voleva essere davvero caratterizzata. Storia leggera, carina, simpatica, se ti va seguila :)
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il suo naso era troppo tondo ed i suoi occhi decisamente troppo grandi. I suoi capelli erano per lei dei temibili avversari, i peggiori. Non si preoccupava per niente di curarsi con varie creme o prodotti dai nomi sconosciuti, non sapeva nemmeno truccarsi come si doveva. Era troppo rotondetta e non era in grado di abbinare i colori quando si vestiva. Questo era quello che si sentiva dire dalla gente, o almeno che credeva gli altri dicessero di lei.

Le piaceva la curva del suo naso, quella forma tonda le ispirava tenerezza; i suoi occhi erano di un marrone chiaro che in fondo in fondo adorava, ma non aveva mai avuto il coraggio di ammetterlo a se stessa per timore di sembrare troppo egocentrica. Non badava ai suoi capelli, erano parte di lei e non poteva fare altro che accettarli, in più era fermamente convinta del fatto che una persona non potesse essere giudicata in base ai capelli oppure al fisico, il viso conta di più. Si truccava in modo semplice, a fine giornata la matita nera messa intorno agli occhi era sbavata e nel suo volto era possibile notare qualche macchia più scura di fondotinta, ma per lei andava bene così. I vestiti che indossava erano come degli amici, alcuni vecchi, particolari, ma ai quali non avrebbe potuto mai rinunciare. “Per me va bene così”, si diceva sempre. Tutte le sue abitudini, i suoi gusti, i suoi strani modi di fare, non riusciva a vedervi nulla di sbagliato. Era se stessa, in fondo.


Tutto cambiò il giorno in cui le sue certezze vennero a mancare, di fronte al bar in cui si fermava sempre per la pausa pranzo. Era piuttosto contenta e ne aveva tutte le ragioni; il suo primo scritto per uno dei quotidiani del paese era stato non solo lodato dal direttore, ma le aveva anche quasi assicurato un posto di lavoro. Scrivere era quello che più amava ed aveva fatto tanto per arrivare fin lì, aveva studiato e le sue mani erano ormai piene di crampi per tutte le ore passate a picchiettare sulla tastiera del suo piccolo computer. Non era stato facile nemmeno fare in modo che il suo scritto arrivasse al Signor Lupoldi, perché dovendo accettare la realtà, entrare nel mondo del lavoro così giovani richiedeva per forza qualche aiutino; arrivavano sempre tanti ragazzi alla ricerca di lavoro, ma venivano considerate e lette solo le lettere di chi era più importante, ovvero di chi poteva vantarsi di avere alle spalle una certa famiglia e una certa fama. Dove abitava lei, quantomeno, funzionava così. Riuscì a raggiungere il suo scopo grazie ad un amico del meccanico di un amico di suo cugino, che a quanto pare era un uomo dotato di un carisma invidiabile. Erano solo il primo passo, un lavoro e qualche articolo lì, in seguito sarebbe riuscita a dirigere qualche rivista. Ovviamente non ne era certa, ma ci sperava davvero. Era appena uscita dal bar dopo aver preso un lattina di thè alla pesca, che stava sorseggiando con una cannuccia, quando Roberto, un suo vecchio compagno di scuola, la fermò.
“Ehi Adele, ho saputo della novità! Lo sapevo che quel posto era tuo, ricordo che i temi che leggevi a scuola erano fenomenali.”, disse lui sorridendo e abbracciandola. In un primo momento lei rimase sorpresa, ma subito dopo si lasciò abbracciare e ricambiò dandogli qualche pacchetta sulla schiena.
Accennò un sorriso. “Io ricordo che tu non stavi mai attento a scuola mentre leggevo i miei temi, ma grazie, davvero.”
“Figurati. Devo scappare, ci becchiamo in giro Ade, buona fortuna per tutto!”, disse velocemente e continuò per la sua strada. Era un ragazzo strano, aveva il classico aspetto da genio, magro, viso allungato e occhiali da vista, ma durante quei cinque anni di liceo non aveva mai brillato in quanto intelligenza, in ogni caso restava sempre un tipo simpatico e dolce.
Continuò a succhiare dalla sua cannuccia, ormai la bevanda era finita e quindi iniziò a sentirsi quel fastidioso rumore che in genere, secondo le norme di un qualche galateo, sarebbe sempre meglio evitare. Fece spallucce. Lei quel "qualche galateo" non lo conosceva, quindi non era un problema suo. Era ancora ferma lì quando notò uscire dalla porta dell edificio di fronte, ovvero proprio quello del giornale, una ragazza alta e bionda che andava a passi velocissimi proprio verso di lei. Pensò che volesse entrare nel bar, visto e considerato il fatto che le passò accanto senza darle la minima occhiata, ma
accidentalmente la sua borsa, del probabile costo di centinaia di euro, andò a sbattere contro di lei.

Ehi!”, disse Adele che stava ancora mordicchiando la sua cannuccia azzurra.
La ragazza si voltò e si abbassò sul naso gli occhiali da sole, probabilmente per osservarla meglio.
“Scusami, andavo di fretta!”, continuò a scrutarla attentamente e disse : “Non è che per caso sei una tipa del posto?”
La ragazza annuì. In quel momento non le uscivano tante parole, o almeno era troppo presa dalla sua cannuccia per parlare. Era da aggiungersi il fatto che si trovava di fronte al suo completo e totale opposto, cosa che la intimidiva un poco; la persona che le si trovava davanti era alta, ma portava comunque dei tacchi vertiginosi, vestiva con capi firmati dalla testa ai piedi, perfino il capellino che portava aveva la firma Gucci. Teneva i capelli raccolti in una coda di cavallo; aveva sempre sentito dire che uscire di casa con la coda di cavallo fosse un sintomo di sicurezza da parte di una donna, ma lì per lì non ci fece poi tanto caso.
“Non è che per caso conosci una certa..”, lo disse vagamente, ma non fece in tempo a finire la frase. Adele vide passare nuovamente Roberto, stavolta correva nella direzione opposta. “Di nuovo ciao Ade, ho sbagliato strada! Ci si vedeee!”, lei non potè fare a meno di scoppiare a ridere.
“Adele!”, la interruppe la bionda.
“Sì?”, rispose la ragazza dopo essersi ripresa dai suoi pensieri.
“Tu ti chiami Adele. Sei quella del giornale?”, sembrava tanto un interrogatorio.
“S-si?”
Sentì il suo sguardo indurirsi, la osservava come se stesse facendo una radiografia. La tizia con la coda niziò a guardarla dall'alto in basso, con un' espressione piuttosto strana sul viso.
“Non puoi essere tu.”, disse scuotendo la testa.
“Non capisco.”
“Appunto, non puoi essere tu!”. Adele non riuscì mai a capire se quelle parole le avesse dette con aria arrabbiata o piuttosto con un certo ribrezzo.
“Ok, allora, non sono io.”, si limitò a rispondere lei. Detto questo si avviò verso un cassonetto e buttò la lattina. Si erano fatte le 3 ormai ed era stanca, tanto, così decise di andare a casa. Non era molto lontano da lì, sarebbe arrivata in un attimo se non fosse stato per il fatto che la ragazza bionda dal nome ancora indefinito inziò ad andarle dietro.
“Non capisco cosa tu voglia, perchè mi segui?”, disse girandosi un poco irratata.
“Mi hai lasciata lì in piedi come una stupida.”
“Sì, perchè tu hai iniziato ad accusarmi di non... Essere io?”, rispose lei sbuffando, rivoltandosi e riprendendo a camminare. La ragazza le si affiancò.
“Certo, non puoi essere tu la tipa che mi ha soffiato il posto al giornale, è inconcepibile.”, era quasi sconvolta.
“Ehi, non ho soffiato un bel niente a nessuno. Non sapevo di concorrere con qualcuno.”
“Bèh, io lo sapevo. Non pensavo di perdere e sono venuta a controllare di persona.”
“Perdere? Non sapevo fosse una gara. In ogni caso ancora non è stato deciso niente.”, dopo questa frase iniziò a rallentare il passo, le sembrò che la discussione diventasse più impegnativa e non voleva rimanere senza fiato.
“Oh, sì che è stato deciso. Il mio posto è tuo. Mio. Tuo. Vedi che la cosa non va bene? In ogni caso non puoi essere tu, è una cosa inaudita.", continuò la tipa.
“Certo che sono io.”, disse Adele fermandosi. “Perchè non dovrei?”.
Si fermò a pochi metri da casa sua.
“Sei diversa da come ti immaginavo, cioè, non sembri il tipo da giornale. Non sembri professionale, elegante, di classe!”, continuò con le sue assurde osservazioni.
“Non sapevo che di dover essere tutte queste cose.”
L'altra continuò a fissarla.
“No, infatti, ma è anche l'atteggiamento, tutto! Per stare in un ambiente di lavoro, in una società, serve qualcosa che tu non hai! E io non posso credere che abbiano preferito te.”
“Forse hanno dato importanza solo alla scrittura.”, disse semplicemente lei. “E perchè? Cosa dovrei avere? Credo di saper scrivere, mi basta.”
“No, non basta. Non farai mai strada, non si è mai vista una giornalista famosa che morde in modo rozzo una cannuccia o che indossa scarpe bucate! Sarei dovuta essere io, sarebbe stato il primo passo per la mia carriera, così sarà semplicemente il primo e unico della tua!”
Si guardò i piedi e fu tentata di contraddirla, le scarpe non erano esattamente bucate, ci aveva messo l'attack.
“Non è colpa mia se sono diversa, non posso nemmeno scusarmi.”. Infilò le chiavi nella serratura del cancelletto davanti casa.
La bionda sembrava sull'orlo di una crisi isterica. “Non sei diversa, sei semplicemente convinta di essere diversa. Te ne sei convinta solo perchè non hai la capacità di essere come tutti. Non sarai mai una donna di classe e nemmeno elegante, non farai successo e io non so perchè sto perdendo il mio tempo a parlare con una come te! Anzi, lo so, perchè sono arrabbiata, quel posto spettava a me! Sono intelligente, brava a scrivere e ho tutte le carte in regola per avere una grande carriera! Non ci credo che hanno preso una... barbona, al posto mio!”, lo disse quasi senza respirare e prendere fiato tra una frase e l'altra. Adele la guardò con gli occhi sbarrati.
“Ok, detto questo, piacere, io sono Alice. Ci si vede eh.”, girò subito i tacchi e andò via, lasciandola lì.

In quel momento Adele non ci fece molto caso, quella lì era molto probabilmente una piccola pazza esaurita che aveva inalato troppo smalto, solo più tardi, quella sera, ripensò a tutto.
Mise uno dei suoi soliti pigiamoni osceni, questo era blu con tanti cagnolini gialli. I pantaloni invece erano stretti e verdi. Mentre raggiungeva il letto si fermò davanti allo specchiò e si guardò bene. Non aveva nulla di sbagliato, era lei; ma iniziò a chiedersi cosa avrebbe potuto pensare la tizia stramba, vedendola con quel pigiama.

Non ha classe.”,

Non si sta vestire.”,

Quella roba è ridicola.”,

Anche lei è ridicola.”,

I suoi capelli sono anche più ridicoli di lei.”, si mise a ridere.

Forse era proprio vero che non aveva classe (che non era elegante, che il suo modo di mangiucchiare la cannuccia era rozzo) ma non vuol dire che non potesse averne.
Era diversa sì, ma in base a a cosa ? Non aveva mai provato a farsi piacere qualcosa che non fosse nei suoi standard, non aveva mai provato ad essere diversa da quel suo sentirsi diversa. Potrebbe sembrare un discorso strano visto da occhi esterni, ma in quel momento per lei fu come una sorta di illuminazione. Tutti avevano i loro gusti, le loro abitudini e non erano disposti a cambiarle, cosa la differenziava allora dagli altri? Solo il fatto che i suoi gusti e le sue abitudini erano diverse dalle loro, ma anche lei non aveva pensato o provato mai qualcosa di nuovo. Alle fine delle sue conclusioni, disse a se stessa che “Alice” si sbagliava; anche lei poteva essere elegante, raffinata e alla moda, poteva curare il proprio aspetto e diventare bellissima. Era abbastanza diversa dagli altri da poter cambiare. In quel momento non ebbe più chiaro cosa significasse la sua diversità, perchè, a dire il vero, il suo essere se stessa era la sola cosa che conosceva. Non aveva mai provato a farsi piacere altri tipi di musica (non li avevi mai nemmeno considerati), oppure ad andare a fare shopping in qualche negozio importante. Era sempre stata lei, con quelle convinzioni e quei difetti e "Andava bene così".

Prima di decidere e stabilire una volta per tutte cosa andava bene, pensò che fosse meglio verificare. Chi dice che abbiamo tutti un nostro pensiero e che non possiamo far diventare proprio un pensiero altrui?Per stabilire chi voleva davvero essere, cosa le piaceva e cosa no, capì che doveva provare le altre cose che aveva sempre ignorato. Quella ragazza si sbagliava, lei poteva essere chiunque voleva e se lo sarebbe dimostrato. Poteva essere ogni giorno una persona diversa, poteva riuscirci. Da ogni giorno, ogni esperienza e abitudine nuova avrebbe potuto ricavare qualcosa che le sarebbe servito per trovare se stessa.








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// Ciaaaaaao a tutti. Grazie per aver letto, se vi piace questa piccola idea seguitemi e io continuerò ^^ Non sono il tipo che posta regolarmente, ho tanti impegni, però appena ho del tempo libero e quando mi ci metto per scrivere ci sto davvero poco. Fatemi sapere u.u 


11/02/12, capitolo revisionato. Da oggi cercherò di postare ogni settimana!

  
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