Nerima,
Tokyo.
Kasumi,
la maggiore delle sorelle Tendo, come di consueto, era uscita per
andare a fare la spesa. In quella bella e fresca mattinata primaverile
la
ragazza si accingeva a tornare a casa quando la sua attenzione fu
catturata da
un banchetto posto fuori da un negozio. Un fioraio, notò
avvicinandosi.
“Buongiorno
graziosa signorina, posso aiutarla?” le domandò
subito un
vecchietto che, con tutta probabilità, doveva essere il
proprietario.
“A
dire il vero stavo solo dando un’occhiata” rispose.
“Approfitti,
oggi abbiamo tanti fiori e piante a prezzi bassissimi, prenda
pure quello che preferisce” incalzò.
“E’
vero, sono piuttosto convenienti. Mi piacerebbe prendere un mazzo di
garofani ma non ne vedo”
“Sfortunatamente
non ne ho al momento”
“Oh,
che peccato”
“Se
posso darle un consiglio, prenda queste rose, sono bellissime e anche
ad un ottimo prezzo” fece, mostrandole un vaso in cui erano
state riposte delle
rose blu.
“Sono
splendide” commentò Kasumi toccando con mano la
morbidezza e la
freschezza dei petali fino a convincersi ad acquistarle.
Tornata
a casa, prima di mettersi ai fornelli per il pranzo, pensò
bene di
sistemare le rose in un vaso con dell’acqua.
“Sono
a casa” esordì Akane tornando da scuola.
“Vuoi
credermi, sì o no? E’ stata tutta colpa di quel
vecchiaccio!”
protestò Ranma, entrando in casa subito dopo.
“Di
sicuro Happosai ha le sue colpe ma tu ti sei comunque introdotto nello
spogliatoio femminile!”
“Ma
è tutto un equivoco! Comunque non capisco perché
te la prendi tanto,
chi vuoi che voglia spiare una donna priva di fascino come
te?” fece, scortese.
“Se
mi trovi priva di fascino allora non entrare più in quello
spogliatoio,
mai più!” si spazientì e gli
tirò un calcio che lo mandò a finire dritto nel
laghetto del giardino.
“Bentornati”
aveva detto loro Kasumi poco prima ma i due, presi dal
litigio, non se ne erano neppure accorti.
“Ciao”
le disse allora Akane entrando in cucina.
“Ciao
Akane, com’è andata a scuola?”
“Bene
se non fosse stato per quello stupido di un Ranma! Oh, ma quella
è
una rosa!”
Si
avvicinò al ripiano e prese il fiore in mano.
“Sì,
è bella, non è vero? Ho comprato un mazzo da
portare alla mamma sulla
via di casa, avrei preferito dei garofani ma erano finiti
così mi sono fatta
conquistare da quelle rose. Quella che tieni in mano sembra che stia
appassendo
prima del tempo, così ho pensato di toglierla dal
mazzo” spiegò.
“A me piace
comunque, anche se sta
sfiorendo. Posso prenderla?” chiese, dopo averla rimirata per
qualche secondo.
“Certo
che puoi” le rispose Kasumi mentre un sorriso un
po’ dolce e un po’
nostalgico le si dipinse sul viso. “Ami le piccole cose,
anche quando non sono
perfette. Questo aspetto lo hai preso dalla mamma”
“Tu
dici?”
“Certamente”
“Beh,
grazie. E’ bello sentirselo dire da chi di lei ha ripreso
tutto”
“La
mamma era la mamma. Domani ricorre l’anniversario della sua
scomparsa,
come passa il tempo”
“Quanto
mi manca…”
“Anche
a me, Nabiki e papà manca molto e ogni anno ricordare
è doloroso. Ma
ricordi cosa ci disse una volta? ‘Soffrire
vuol dire crescere’ come a voler intendere che sono
entrambe delle cose
inevitabili, si soffre ma poi il tempo passa e la crescita lenisce le
ferite”
le sussurrò in un orecchio, posandole le mani sulle spalle
in un amorevole
gesto. “Noi abbiamo perduto nostra madre, è vero,
ma abbiamo comunque avuto la
fortuna di passare del tempo con lei, pensa a Ranma invece: lui ha
dovuto
aspettare più di un decennio per conoscere la sua”
“Hai
ragione eppure non nascondo di provare un briciolo di invidia. Quando
la
signora Nodoka viene qui mi sembra quasi di riavere la mamma accanto,
è così
buona e gentile”
“Posso
capirti, è una cara persona e le assomiglia”
“Ora
è meglio che vada a cambiarmi e che inizi a studiare, almeno
mi
distrarrò un po’ e scaccerò via la
tristezza”
“D’accordo
ma scendi per il pranzo. E dopo cerca di riappacificarti con
Ranma”
Recuperati
un vaso e dell’acqua, Akane sistemò la rosa sulla
sua scrivania.
Quando,
nel pomeriggio, ebbe terminato i compiti si volse a guardare il
fiore e si lasciò sfuggire un lieve sospiro. Si sentiva
diversa. Così
all’improvviso, che strano. Eppure tutto ai suoi occhi
appariva finalmente
chiaro, come se si fosse appena svegliata da un lungo sonno.
In
quel momento bussarono alla sua porta.
“Sì,
avanti”
Fece
la sua comparsa Ranma.
“Akane”
fece seccato. “Kasumi l’ha trovato fuori di casa e
mi ha detto di
portartelo”
“Oh
no, P-chan! Cosa ti è successo?!”
s’allarmò strappando il porcellino
dalle mani del ragazzo.
“Non
preoccuparti per lui, è solo svenuto. Fra poco si
riprenderà”
Akane
allora posò P-chan sul suo letto, poi tornò a
rivolgersi a Ranma:
“Grazie per averlo portato qui, sai quanto tengo al mio
P-chan”
“Beh,
prego. Ma non sei più arrabbiata?”
domandò, cercando di ignorare il
fastidio che l’espressione il mio
P-chan
gli aveva procurato.
“Ma
no. Ho capito che è stato a causa di Happosai se sei entrato
nello
spogliatoio, ora so che non era tua intenzione, sei stato accusato
ingiustamente”
“E…
non ce l’hai più con me?”
“Certo
che no” confermò, sorridendogli.
Che
strano. Com’era possibile che tutto a un tratto Akane, il
maschiaccio
di casa Tendo, si comportasse in modo così cordiale,
ragionevole e maturo?
Ranma se lo domandava e non riusciva a darsi una risposta anzi, a dirla
tutta,
non credeva alle sue orecchie.
“E
quella rosa?” chiese poco dopo, con una poco probabile nonchalance.
“Bella,
eh?”
“Sì.
Quando l’hai comprata?”
“Non
l’ho comprata, mi è stata regalata”
“Ah,
sì? E da chi?”
“Ma
dai Ranma, non dirmi che sei geloso! Me l’ha data
Kasumi”
“Come
poteva essere altrimenti? Nessuno ti regalerebbe dei fiori. E anche
se fosse, non sono affatto geloso di te, a me di certo non interessa la
tua
vita larga” commentò, mettendosi sulla difensiva.
“Sì,
ho la vita larga, non ho sex
appeal e sono priva di fascino…ovvio non ti
interessi” fece lei, abbassando lo
sguardo.
“Ma
sei scema? Chi ha detto che non mi interessi?”
“Lo
hai detto tu un attimo fa. Allora, vuoi dire che invece ti
interesso?”
domandò speranzosa.
“Beh,
ecco io…”
“Perché
se è così ti prego di accettare il
mio… invito”
“Invito?!”
“Vediamoci
tra un’ora davanti al Maison
Cafe” l’informò con la
tranquillità e l’innocenza di una bambina alla
quale
non si può rispondere di no.
Ranma
mormorò una qualche risposta affermativa prima di uscire
dalla
stanza.
“Com’era carina”
pensò subito
dopo, arrossendo.
Immediatamente
si chiese il perché di quel gesto, non aveva idea del motivo
per cui l’avesse invitato a uscire con lei. Uscire con lei?!
Ranma non si
capacitava di averle detto di sì con tanta
facilità, era stata colpa delle sue
parole gentili e di quel sorriso, se fosse stata la solita Akane non
avrebbe
ricevuto una simile proposta e non sarebbe stato costretto ad uscire
insieme a
lei. Beh, in realtà non era stato affatto costretto, aveva
avuto facoltà di
scegliere e le aveva risposto di sì perché era
ciò che gli aveva dettato il
cuore alla vista di quegli occhi speranzosi, ma a lui faceva
più comodo
rigirare la frittata e pensarla a quel modo.
Puntualissima,
Akane arrivò al luogo dell’appuntamento trovandovi
già Ranma
che l’aspettava con evidente trepidazione. Alla sua vista le
guance le si
illuminarono.
“Sono
felice tu abbia accettato di venire” gli disse con un filo di
voce.
“Senti
Akane, perché hai voluto che ci vedessimo qui?”
domandò, un po’
accigliato.
“Che
domande, per passare del tempo insieme, dato che non lo facciamo
mai”
rispose con la massima naturalezza, come fosse ovvio.
Ancora
una volta Ranma era davvero stupito, ma era davvero Akane quella
strana ragazza che gli stava davanti? Era insolitamente disinvolta,
dolce e
anche bella. Sì, bella, dovette ammettere fra sé
e sé, seppur non senza
imbarazzo. Aveva legato i capelli con un nastrino e si era truccata. Da
sotto
il cappottino si intravedeva il leggero tessuto di un abitino dalla
fantasia
floreale che esaltava armoniosamente il corpo della ragazza, rendendola
ancor
più desiderabile agli occhi di chiunque, persino allo
sguardo esterrefatto del
ragazzo col codino.
“Allora,
hai scelto?” chiese Akane parecchi minuti dopo essersi
accomodati
a uno dei tavoli all’interno del locale.
“Ma possibile che qui sia tutto così
costoso?!” pensò Ranma sudando freddo
davanti al menù.
“Ordina
pure quello che vuoi, offro io”
l’incoraggiò con un sorriso, come
se potesse leggergli nella mente.
Ranma
si sentì ancora più imbarazzato. Non era la prima
volta che offriva
lei ma in quel frangente tutto era diverso: lui aveva
l’aspetto maschile e lei
si era fatta bella per l’occasione, insomma si capiva subito
che il loro era un
appuntamento. Cercando di non pensarci, sfogliò nuovamente
il menù sperando
così di eludere il suo sguardo dato che la ragazza non gli
toglieva gli occhi
di dosso. Nemmeno per un istante, notò nervosamente.
“Prendo
il dolce della casa e una tazza di cioccolato caldo” si
decise poi.
“E
per lei, signorina?” domandò la cameriera.
“Lo
stesso, grazie” si affrettò a rispondere.
Nei
minuti che seguirono calò il silenzio. Gli unici rumori
erano il brusio
creato dalla poca gente presente nel locale e dalle amabili note della
musica
di sottofondo. Akane di tanto in tanto guardava fuori dalla vetrata,
per il
resto teneva gli occhi su Ranma che, invece, era intento a spazzolare
il
delizioso dessert che aveva nel
piatto. Voleva solo risultare indifferente, non maleducato. Eppure bere
e
mangiare erano le uniche due cose che si sentiva di fare in quel
momento
perché, in fondo, non era mai uscito con lei – e
ancora cercava di capire come
ciò potesse essere accaduto –
e quindi
non sapeva come comportarsi. Quella nuova lei lo faceva sentire ancora
più
imbranato del solito.
“Ti
piace il dolce, Ranma?”
“S-s-sì.
E’ buonissimo”
“Lo
penso anch’io”
“Come
hai scoperto questo posto?” le chiese, sforzandosi di
collaborare
facendo un po’ di conversazione.
“L’altro
giorno mi ci ha portato un’amica così ho pensato: Perché non venirci con Ranma? Dato
che
anche tu sei un golosone mi sembrava un peccato non farti assaggiare le
squisitezze che preparano qui! E così, eccoci qui”
rispose, continuando a
sorridere teneramente.
“Già,
eccoci qui” ripeté.
Un
po’ di tempo dopo ebbero terminato e si ritrovarono fuori dal
locale.
“Beh,
io ora dovrei proprio andare…”
“Come?
Di già?!” sussultò Akane voltando la
testa di scatto.
“Sì,
non ho ancora fatto i compiti e, soprattutto, devo allenarmi”
spiegò,
risoluto.
“Ma
ti alleni intensamente ogni giorno, sei il ragazzo più forte
che
conosca, per una volta puoi anche saltare l’addestramento.
Per quanto riguarda
i compiti, invece, non preoccuparti perché io li ho
già fatti e sarò ben felice
di darti una mano dopocena, lo farò molto
volentieri” convenne semplicemente.
“Ma
come faccio a saltare gli allenamenti?!”
“Ranma
tu…” gli si avvicinò e lo
guardò negli occhi. “…non vuoi restare
ancora un po’ con me?”
Il
ragazzo rimase impietrito davanti a quegli occhi che
all’improvviso
divennero tristi.
“Naturalmente
voglio restare con te ma…”
“Ma cosa? Forse non ti piaccio,
Ranma?”
“Ma
che accidenti dici?! Come potresti non piacermi?”
sbottò allora, col
viso in fiamme.
“Dici
sul serio?” giunse le mani porgendogli quella domanda.
“Certo”
deglutì. “Penso che tu sia bellissima,
Akane”
A
quelle parole gli occhi di lei si spalancarono e la bocca si
piegò in un
gioioso sorriso che le illuminò il volto.
“Se
è così, allora, potresti esaudire un mio
desiderio?”
“Tutto
quello che vuoi” sospirò impercettibilmente,
sentendo il cuore farsi
improvvisamente più leggero.
“Vorresti
guardare il tramonto insieme a me?”
“Se
è solo questo, per me va bene”
A
quella risposta Akane si lasciò sfuggire un risolino
euforico, si
avvinghiò al suo braccio e iniziarono a camminare. A Ranma
tornò un po’
d’imbarazzo, ma solo un pochino, sperava soltanto che nessuno
di loro
conoscenza li vedesse così. In cuor suo gli piaceva che
Akane facesse così, sentire
la presa di lei, non rozza ma gentile, sul suo braccio forte e
vigoroso, lo
rendeva segretamente felice.
Il
sole si congedava, il vento spirava scuotendo dolcemente i capelli ed
il
vestito di Akane.
“Non
è bellissimo?” domandò lei.
“Sì”
convenne lui.
Akane
non aveva smesso di ammirare il tramonto nemmeno per un attimo eppure
il tocco delle sue mani si era spostato dal braccio al torace di Ranma
e la
rosea guancia posava sul suo petto. Lui era immobile, avrebbe voluto
contraccambiare quel tenero abbraccio ma, ancora una volta, la
timidezza gli
impediva di muovere anche un sol muscolo. Eppure voleva farcela, voleva
vincere
quel suo blocco interiore e smetterla di essere così rigido.
Akane era lì, così
sorprendentemente graziosa, avvinghiata a lui e che aspettava solo di
essere
abbracciata, col vento che li sfiorava e
quello
splendido tramonto come sfondo, in un momento davvero perfetto.
Sollevò
lentamente una mano per toccarle una spalla e i loro sguardi si
incrociarono. Akane, prendendo coraggio, si sollevò sulle
punte dei piedi per
potersi trovare alla sua stessa altezza. Ranma allora si decise, la
guardò con
intensità, le si avvicinò e…
“Akane
Tendo, ma che magnifica coincidenza! Usciamo insieme e ti prometto
che tutti i tuoi sogni si avvereranno!” gridò
Tatewaki Kuno dall’altra
parte del ponte iniziando a
correre in direzione della ragazza.
“Hai appena infranto il più grande”
pensò tristemente Akane.
“Maledetto,
non ti perdonerò mai!” gridò Ranma,
calciando lontanissimo
l’insopportabile rivale.
Akane
era immobile, accanto alla balaustra del ponte, aspettava Ranma.
“Forse
è meglio andare”
“Sì,
ormai si è fatto buio”
Ranma
allora iniziò ad incamminarsi verso casa, Akane rimase
indietro di
alcuni passi mentre le luci dei lampioni proiettavano sulla strada le
loro
ombre scure.
“Quel bastardo ha rovinato tutto!”
pensò Ranma.
Anche
Akane era delusa, ci aveva sperato davvero e invece era andato tutto
in fumo.
La
fresca brezza del tramonto aveva lasciato spazio ad un ben
più freddo
vento notturno che iniziò a sferzare l’aria. Akane
rabbrividì e presto non poté
trattenere un sonoro starnuto, nonostante indossasse il cappottino.
Ranma
allora si voltò, la raggiunse e, con galanteria, le cinse le
spalle con un
braccio non avendo addosso nulla che potesse scaldarla.
“Va
un po’ meglio?”
Per
tutta risposta lei annuì e tornò a sorridere non
appena iniziarono a
camminare insieme. Di lì a poco iniziò a
piovigginare ma Ranma non si trasformò
nella ragazza col codino perché Akane lo riparò
prontamente con un ombrellino
che aveva in borsetta. Così, abbracciati e sotto lo stesso
ombrello, sembravano
davvero una coppia di innamorati. Sembravano? Pardon, lo erano davvero.
Soltanto loro non se ne rendevano conto.
“Grazie,
Ranma” disse all’improvviso.
“Di
cosa?”
“Del
pomeriggio che hai trascorso con me. Sai, sono stata
benissimo”
“Di-di
nulla…” balbettò.
Prima
di entrare in casa però si staccarono l’uno
dall’altra, in fondo non
erano pronti a commenti di nessun tipo, così decisero di far
finta di niente.
“Chi
si rivede! Ma dove siete stati finora?” li
stuzzicò Nabiki.
“Fra
non molto si cena, avete giusto il tempo per un bagno”
aggiunse Kasumi
facendo capolino dalla cucina.
La
cena fu stranamente tranquilla: Ranma e Akane non dissero una parola,
Genma non litigò con suo figlio e nessuno strano individuo
fece irruzione in
casa Tendo.
Dopo
aver aiutato Kasumi a sparecchiare, Akane ricordò a Ranma
che doveva
ancora fare i compiti così lo invitò a prendere
la cartella e a salire in
camera sua. Ranma obbedì, anche se un po’
riluttante.
“Devo stare calmo. Sto andando in
camera sua per studiare, sì, studiare e
nient’altro. Non ho alcun motivo di
agitarmi” pensò.
Guardò
il cartello a forma di papera con su scritto Akane
e, deglutendo, bussò.
“Vieni
pure, Ranma”
Il
ragazzo afferrò la maniglia e aprì lentamente la
porta.
Akane
era seduta alla scrivania, stava di spalle alla porta e teneva la
testa china su un quaderno, accanto a lei era già stata
predisposta una sedia
per lui. Ranma si accomodò e non poté fare a meno
di guardarla. Indossava un
pigiama celeste a quadrettoni che regalava morbidezza alla sua figura.
“Siamo
fortunati, sai? Abbiamo pochi compiti per domani, questo vuol dire
che faremo presto”
Ranma
annuì e tirò fuori quaderni e penne dalla
cartella. Il sorriso e i
modi di Akane lo disarmavano totalmente. Non si era mai comportata
così prima,
cos’era cambiato in lei?
Cercò
di concentrarsi e di ascoltare quello che gli suggeriva ma
riuscì
soltanto a scrivere meccanicamente senza capire nulla.
Era
lì con lei, come poteva pensare ad altro?
Dopo
un po’, non si seppe mai come, Ranma terminò gli
esercizi e
dall’espressione soddisfatta di Akane non doveva essere
andato poi tanto male.
“Ti
va del caffè? Prima Kasumi ne aveva fatto un po’ e
le ho chiesto di
poterne prendere un pochino” chiese.
“Sì,
se lo ha fatto davvero Kasumi”
“Puoi
stare tranquillo, io non sono in grado di cucinare nulla, è
ovvio che
l’abbia fatto lei” assentì.
Ranma
avvertì subito la nota dolente nella sua voce
così, maledicendosi, le
disse: “Comunque se farai pratica un giorno
imparerai”
“Tu
credi, Ranma?”
“Certamente”
sarebbe stato impossibile dire qualsiasi altra cosa davanti a
quel visetto.
“Grazie”
Ranma
abbassò la testa per nascondere il rossore delle guance. Lo
sguardo
di Akane fisso su di lui non faceva che alimentare il nervosismo
dettato dalla
timidezza, così tra loro scese il silenzio.
“Abbiamo
fatto i compiti. In fondo
era per questo che sono venuto qui quindi sarebbe il caso di tornarmene
di
sotto ora, no?”
si
domandò fra sé e sé.
“Grazie
dell’aiuto Akane, direi che è ora di andare a
letto. A domani”
fece, cercando di mascherare l’imbarazzo con un tono di voce
vagamente freddo.
La
delusione si leggeva chiaramente sul volto di Akane mentre Ranma
raccattava
le sue cose e si avvicinava alla porta. Akane stava per augurargli la
buonanotte ma proprio mentre aprì bocca andò via
la corrente e la stanza venne
immersa nell’oscurità.
“Non
ci voleva, vado a vedere di che si tratta” si
offrì il ragazzo.
“No!”
fu la risposta decisa di Akane che lo afferrò per un braccio.
“Ma
come no?!”
“Ti
prego non andartene, resta qui”
“Perché
dovrei?”
“Perché… ho
paura”
“Paura
tu?! Questa sì che è buona! I maschiacci non
hanno paura”
“Non
so il perché ma non mi sento sicura quanto non mi sei
accanto… e poi,
sì, ho paura anche se sono un maschiaccio!”
“D’accordo,
resterò. Ma solo per un po’!” fece dopo
qualche secondo,
intenerito dalla frase della ragazza.
Akane
si sedette sul letto e Ranma fu costretto a fare lo stesso dato che
lei era attaccata al suo braccio e non sembrava intenzionata a
staccarsene.
Chissà, forse era vero che aveva paura.
Buio
e silenzio però fecero innervosire ulteriormente Ranma nella
cui testa
stavano nascendo sentimenti tra loro contrastanti.
“Oggi è stata una giornata snervante
e, anche se devo ammettere di essere stato bene, non vedo
l’ora che finisca.
Come vorrei andarmene…se solo non avesse paura…”
mentre pensava questo ed
altro sentì Akane tremare.
“Che
c’è, Akane?”
“Ecco
io…vorrei scusarmi con te. Scusami se sono un maschiaccio
completamente privo di fascino” sussurrò
debolmente.
Nel
sentire quel basso tono di voce Ranma ebbe un presentimento,
così
abbassò la testa verso di lei e le appoggiò una
mano sulla guancia. Avvertì una
goccia calda sotto le dita e il suo viso si contrasse in una smorfia.
“Akane…perché
piangi?”
“Perché
non ti vado bene”
“Ma
che dici, cretina?!”
“Perché
io… non sono la donna che
desideri” singhiozzò con voce rotta.
A
questo punto Ranma non ebbe più la minima voglia di
insultarla in alcun
modo, anzi si sentì uno stupido e anche di peggio per averlo
fatto sino a quel
momento. Come aveva potuto farla stare così male? Si era
sentita dire talmente
tante volte quelle parole da arrivare a crederci lei stessa, come se
fossero
vere. Non lo erano, certo, ma questo solo Ranma lo sapeva.
Non
aprì bocca, istintivamente si chinò su di lei, le
prese il viso fra le
mani e la baciò.
Un
bacio breve, fugace, impacciato e tanto dolce.
Un
bacio da Ranma.
Il
bacio che lei aspettava, il bacio che più di tutto
desiderava. Il bacio.
“Non
dirlo mai più. Se lo pensassi davvero non avrei mai fatto
questo.
Quelle sono cose senza senso, non hanno valore, non significano nulla.
Non sono
vere, ti prego di credermi” confessò sottovoce,
seppellendo il viso fra i suoi
capelli.
“Ranma,
allora io…ti piaccio?”
“Certo
che mi piaci”
“Ranma
io…”
“Non
dire niente. Fammi solo un favore: come ti sei comportata
oggi…resta
sempre così”
Lei
annuì, stupefatta.
“Si
sta facendo tardi…” cominciò a dire
alzandosi in piedi, allarmato da
come l’atmosfera si stesse scaldando.
“Ti
amo” sussurrò coraggiosamente al suo orecchio,
abbracciandolo.
Stava
accadendo un fatto impossibile dietro l’altro,
cos’avevano entrambi?
L’istinto
gli suggeriva di rispondere all’abbraccio e lui,
miracolosamente,
obbedì, stringendo Akane fra le braccia. E fece lo stesso
anche quando gli
venne detto di accarezzarle i capelli, di sedersi sul letto e di farla
sistemare sulle sue gambe. La baciò ancora,
all’inizio dolcemente poi quasi
fino a divorarle le labbra incoraggiato dal suo ansimare e dalla
morbidezza del
seno che premeva contro il suo petto. Akane fremeva leggermente, il suo
timido
amore non riusciva a stare al passo con il desiderio che iniziava a
infiammare
il ragazzo. Quando, però, la voglia di lei iniziò
a crescere troppo in lui e a
mandarlo quasi fuori controllo, decise di staccarsi. Quel dolce viso,
quel
corpo dalle curve sinuose, quella bocca fatta di velluto…
tutto di lei lo
attirava come una calamita. Ranma si allontanò a malincuore
ma si convinse che
non era quello il momento giusto e che non sarebbe stata la sua
emozione,
seppur molto forte, a rovinare tutto.
“Buonanotte”
le augurò prendendo la sua cartella.
Un
istante dopo tornò la luce e Ranma ebbe la scusa che
aspettava per
andarsene.
“Ranma,
vorrei solo dirti… grazie” fece la ragazza dopo
che lui ebbe
richiuso la porta, sapendo, in qualche modo, che si trovava ancora
lì.
“Non
sei tu a dover ringraziare… sono io a doverti dire grazie.
Grazie per
la giornata passata con me e grazie per avermi aperto il tuo
cuore” fece una
pausa. “Sappi che provo lo stesso per te ma spero tu possa
perdonarmi se ora
non riesco a dirti quelle parole…ma un giorno lo
farò, vedrai”
“Me
lo prometti, Ranma?” chiese, appoggiandosi di schiena alla
porta.
“Sì… ma
tu aspetterai, vero Akane?”
“Sempre”
sospirò.
“Posso
chiederti un'altra cosa?”
“Dimmi”
“Vorrei
che uscissimo… insieme… un po’
più spesso perché io con te… sto
davvero bene, come con nessun’altra”
“Sono
felice che tu me lo abbia chiesto… buonanotte,
Ranma” riuscì a dirgli
prima che se ne andasse.
“Dormi bene, piccola Akane”
pensò
scendendo le scale e portandosi un lembo della giacca vicino al naso
per
sentire ancora il profumo di Akane.
Se
la giornata era risultata fuori dal comune, la notte non fu certo da
meno. Akane abbracciò il cuscino facendo romantici sogni su
un ragazzo col
codino, Ranma invece non riuscì a chiudere occhio. Si
girò e rigirò nel letto
innumerevoli volte pensando ad Akane e a un mucchio di pensieri che lo
portavano a contraddirsi, come una parte di sé che voleva
tornasse da lei e
continuasse a baciarla e a tenerla fra le braccia, e un’altra
che gli
assicurava che stare ognuno nella propria stanza era la soluzione
migliore
perché il loro momento prima o poi sarebbe arrivato e
sarebbe stato speciale.
Poveretto, già lo sapeva: il giorno dopo avrebbe avuto una
pessima cera e
probabilmente si sarebbe addormentato in classe. E solo per colpa di
Akane.
“Accidenti a lei, perché tutto a un
tratto è diventata così carina?”
pensò, cercando la solita scusa che non
sta in piedi.
Nonostante
tutto provava a scacciar via il suo pensiero dalla mente,
probabilmente perché temeva che il suo cuore – e
il suo corpo – potessero
emozionarsi di nuovo al solo visionare nella mente quella nuova,
irresistibile
lei.
Sfortunatamente
la dolcezza di quel giorno non durò a lungo. Il giorno
successivo Ranma e Akane tornarono a bisticciare come se nulla fosse
accaduto,
sebbene ne fossero consapevoli e ne conservassero gelosamente il
ricordo.
La
rosa che Kasumi aveva comprato e che era stata presa da Akane si era
seccata completamente durante le ore notturne. Tuttavia era morta con
gioia
perché aveva svolto il suo compito: far sì che i
due riuscissero ad essere
sinceri l’uno verso l’altra, almeno una volta.
I
litigi di certo sarebbero continuati ancora qualche tempo ma
né Akane né
Ranma avrebbero mai dimenticato quel bacio nel buio dato con
lucidità e quei
bei momenti trascorsi insieme, come due veri innamorati.
Ranma
prima o poi avrebbe detto ad Akane quelle fatidiche parole e lei gli
sarebbe stata accanto aspettando quel giorno in cui i suoi sogni, i
loro sogni,
si sarebbero avverati, permettendo a quel tanto agognato e meraviglioso
amore
di poter sbocciare e fiorire.
FINE
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Ciao
gente,
allora… che ve ne pare? Storia
scritta in un paio di giorni estivi ma che vi faccio leggere solo ora
per le
mie solite, lunghe indecisioni… grazie infinite se
l’avete letta tutta, spero
non vi siate annoiati, mi farebbe tanto piacere conoscere le vostre
opinioncine
a riguardo anche se non dovessero essere positive, d’altronde
fa parte del
gioco, eheheh ^^
Un saluto,
Amy