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Autore: Kaede    14/03/2004    3 recensioni
..Beh, a me non dispiace..sono abbastanza orgogliosa di questa fanfic e ringrazio tantissimo Anne Rice perchè è il mio idolo... Questa storia, cmq, all'inizio era una cosa unica...ma l'ho divisa in capitoli (tutti senza titolo, a parte uno) x comodità di chi la legge e mia! Che la forza sia con voi!
Genere: Dark, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Musica. Calore spossante. Corpi di persone che si muovono ad un ritmo incessante e invariabile. Odore di alcool e di fumo che impregna ogni cosa. Luci stressanti e coloratissime cercano di dare un tono a quel luogo, a quella serata.

 

Ma non è questo, quello che sente lui.

 

Sangue. Profumo di sangue ovunque. È l’unico motivo per il quale lui rimane. Ha fame, ha bisogno di nutrirsi. L’unico modo per farlo, è prendere una persona di quelle che si agitano convulsamente e piantare i canini nella calda carne della gola di questa vittima.

 

Nessuno la sente quell’inebriante essenza, solo lui. Le sue narici lo captano costantemente in luoghi affollati come quello. Specialmente quando è affamato come ora, appunto.

 

Ma non può farsi scoprire. È solo per questo motivo, che ora se ne sta seduto al bancone, con una sigaretta in una mano e un bicchiere di havana nell’altra. Lui è un cacciatore, sì, ma non gli piace mettersi in mostra. Lui aspetta che le vittime si facciano avanti per prime. Ogni notte è così. Vengono attirate da quei capelli corvini non troppo corti, sempre spettinati, da quei grandi occhi, così espressivi, neri come le tenebre, messi in evidenza anche dalla pelle chiara, innaturale, del viso, da quel corpo immortale e etereo. Stupendo, in una parola. Sposta lo sguardo indifferente e sensuale sulla sigaretta, che porta alle labbra, inspirandone il fumo.

 

Gregorious Philippe IV, era il suo nome da mortale. Se lo ricordava come un sogno, quel nome. Da quanto era che non lo chiamavano così? Secoli, probabilmente. Ora per tutti i mortali e i non-morti lui era semplicemente Cassiel. Era stato colui il quale l’aveva fatto diventare vampiro, il suo maestro, a chiamarlo in quel modo. L’unica persona della quale lui si era innamorato. L’aveva amato davvero e c’erano state anche le occasione per dimostrarglielo fisicamente e sentimentalmente. Poi era scomparso, era morto…si era esposto alla luce del Sole. E lui l’aveva perso. Aveva pianto lacrime di sangue per giorni, mesi, anni. Poi aveva superato, aveva rinchiuso l’unico periodo felice della sua esistenza in un angolo, infondo al cuore freddo e morto di cui era padrone. 

 

Ora, non ci pensa quasi più.

 

Si guarda attorno, sicuro di se stesso e punta con lo sguardo una ragazza. Non è molto alta, vestita semplicemente di un abitino aderente e bianco. I capelli lunghi e ricci, biondi. Il viso da angelo. Il corpo formoso e sudato. Si accorge degli occhi invadenti puntati su di lei e lo guarda. Arrossisce. È uguale alle altre. Lui continua a fissarla, non la molla un momento. Lei si avvicina. Cassiel sapeva che l’avrebbe fatto, sorride.

 

-mi chiamo Kate…ho visto che mi guardavi, così mi sono avvicinata…posso sapere il tuo nome?- chiede la ragazza, continuando a osservare il viso perfetto di quello che per lei è un ragazzo. Bellissimo, pallido, ma un ragazzo.

 

-Cassiel. Ti guardavo perché sei bella, mi piaci.- dice lui, alzando un po’ la voce a causa della musica assordante…

 

-io…grazie…ti va se andiamo in un camerino?- lui sorride alla richiesta della ragazza. Come immaginava accadesse, è già sua. Ma lui non l’avrebbe presa. L’avrebbe illusa fino in fondo, poi l’avrebbe uccisa.

 

-certo…- annuisce, alzandosi e abbracciando la ragazza. Lei guarda le altre donne, con superbia, come a dire “lui è mio, è la mia conquista, non toccatelo”. Queste la guardano, invidiandola, mentre lei, orgogliosa e vanitosa, è stretta nell’abbraccio della Morte.

 

Il camerino è stretto, vuoto, rosso, profuma di mille fragranze. La ragazza lo abbraccia, baciandolo sulle labbra, togliendogli la camicia nera e trasparente…

 

-sei freddo…hai bisogno di essere scaldato…- sussurra. Quando qualcuno si accorge che il suo corpo è freddo, allora è davvero la fine. La ragazza sfiora con le labbra la spalla destra di Cassiel, lasciando il proprio collo scoperto. Ed ecco che lui l’afferra per i capelli, spostandole la testa di lato e mordendola all’altezza della giugulare.

 

Lei geme, urla dal dolore. Ma nessuno la sente. La musica copre tutto. Anche il delitto di un assassino. Anche le urla di una innocente.

 

Il sangue giovane e caldo della ragazza gli scorre in tutto il corpo, scaldandolo e dandogli un po’ di colore “ vivo”. Poi la lascia cadere a terra, immobile. Senza vita. Ora è apposto, non ha più fame. Per quella sera, lui ha mangiato. Esce dal camerino, abbottonandosi la camicia e leccandosi le ultime gocce di sangue rimastegli sulle labbra.

 

Tutti si accorgono di lui. Nessuno però, si accorge che ora è solo, che la ragazza non c’è più.

 

Lascia il locale, respirando a fondo l’aria fredda di quella notte d’inizio dicembre. Quante ne ha viste di nottate come quella? Innumerevoli.

 

Si dirige verso la spiaggia e, una volta arrivato, si siede sulla sabbia, guardando il mare. È immenso, là dove lui non riesce a vedere, pare si unisca al cielo. La luna si tuffa nella distesa d’acqua davanti a lui, frantumandosi i mille pezzetti danzanti.

 

Si distende, posa il suo sguardo sul cielo, osserva le stelle, se ne innamora. Brillano sole e vanitose, una più dell’altra.

 

Vorrebbe potersi addormentare lì ma sa che se lo facesse, non si sveglierebbe più. Mancano poche ore all’alba, non può rischiare. Così si limita a chiudere gli occhi, come fa ogni sera.

 

-hey, dormi o sei morto?- una voce maschile disturba la quiete che regnava prima. Apre gli occhi…un ragazzo sui vent’anni, con i lunghi capelli lievemente mossi, biondi come l’oro, gli occhi azzurri, profondi e leggermente truccati di nero, è inginocchiato dietro alla sua testa, proteso in avanti per guardarlo meglio. Se gli dicesse che è morto, scapperebbe sicuramente…o riderebbe?

 

-la seconda che hai detto.- mormora, serio…la pace e il silenzio tornano ad essere i sovrani assoluti. Poi una risata cristallina e dolce scaccia via quel regno.

 

-Raphael, piacere!- sorride il ragazzo, alzandosi e correndo accanto a lui, piegando il capo per guardarlo negli occhi…il collo limpido è sfiorato dai raggi della luna e il vampiro non fa altro che godersi le spettacolo. Ha già mangiato e per oggi quel ragazzo è in salvo. Si alza a sedere, scuote la testa per mandare via la sabbia…

 

-mi chiamo Cassiel- sussurra, tornando ad osservare il ragazzo…

 

-mio dio…che bello che sei! Non ho mai visto un ragazzo dotato di tale bellezza! E di ragazzi ne ho passati davvero tanti, credimi…poi hai un nome così strano…ti chiami come l’Angelo della Morte…- tace, riflette -cosa sei, un vampiro?- c’è ironia, nella sua voce. Non sa di aver appena detto una verità. Cassiel abbozza un debole sorriso.

 

-chissà…- sussurra, solamente. Raphael sorride dolcemente, spostandosi un ciuffo di capelli dietro l’orecchio…

 

-quanti anni hai, Cassiel?- chiede, sedendosi accanto a lui. Poi raccoglie i capelli in una coda, che ripiega più volte ed infine ferma con una pinza di plastica.

 

-più di te, sicuramente…- risponde il vampiro, notando la raffinatezza con la quale si esprime e si muove il ragazzo…

 

-beh, io ne ho ventuno! Quanti me ne davi?- sorride, di nuovo, Raphael.

 

-quelli.- reclama, Cassiel, tornando a guardare dritto davanti a se…

 

-quelli?- il ragazzo non capisce…

 

-ti davo quegli anni!- alza un po’ la voce. Non sopporta i mortali, non capiscono mai nulla…

 

-ah…strano, di solito me ne danno di meno! Infatti molte delle persone con cui vado a letto credono che io sia minorenne! Io te ne darei…ventitre! Sì, ne hai sicuramente ventitre. Sai, anche mio fratello ha ventitre anni. Lui si chiama Gabriel. I miei hanno scelto questi due nomi perché sono cattolici fissati, sai? Pensa che se avevano altri due figli li avrebbero chiamati Michael e Uriel…così portavamo i nomi dei quattro Arcangeli. Dimmi te, se non sono pazzi! Per me sono da manicomio e…cosa c’è, Cassiel?- Raphael lo guarda, sorpreso. Cassiel ha appoggiato una mano sulla fronte e fissa la sabbia sotto di se

 

-tanto…- mormora il vampiro, senza guardarlo in faccia

 

-tanto cosa?- chiede l’ingenuo ragazzo

 

-parli tanto!- esclama Cassiel, tornando a guardarlo…

 

-ah…e il fatto è che non riesco proprio a controllarmi! Scusami…- risponde, imbarazzato…Cassiel annuisce, in segno di perdono…

 

-che lavoro fai?- chiede il vampiro, guardandolo…

 

-faccio…l’impiegato…- sussurra, con la voce rotta da un nuovo imbarazzo…Cassiel annuisce, distendendosi e tornando a guardare il cielo.

 

-…e da quanto ho capito, ti capita raramente di dormire da solo…- continua il vampiro, intromettendosi nella vita privata di Raphael. Il ragazzo, però, non sembra affatto infastidito da questo interesse…magari un po’ triste, probabilmente per la risposta che avrebbe dovuto dare…

 

-beh…vedi Cassiel, io lì sono il più piccolo e ad alcuni piace vedermi come “sfogo” dopo le affaticanti ore di lavoro…questi sono gli altri impiegati e, soprattutto, il capo…- il mortale, che prima era così allegro e vivace, ora appare agli occhi di Cassiel come un ragazzino fragile e scontento…

 

-capisco…- sussurra, solo. Non è vero, non capisce. Lui è uno di quelli che violentano, piuttosto di venire violentati. Si guarda attorno, il cielo comincia a schiarirsi e lui deve assolutamente andare casa…si alza, pulendo un po’ i pantaloni dalla sabbia.

 

-devi andare?- chiede Raphael, imitando il vampiro e sciogliendo i lungi capelli. Cassiel nota che gli arrivano fino al fondoschiena…

 

-sì, devo.- risponde, avviandosi…

 

-ci sei domani sera?- chiede Raphael, correndo accanto a lui…

 

-sì, io vengo qui ogni notte…- confessa il vampiro, fermandosi un attimo a guardare il suo interlocutore…

 

-allora ci vediamo domani! Ciao ciao!- il ragazzo si mette a correre sul lungo mare e, dopo un po’, scompare…Cassiel non c’ha capito molto, da quell’incontro.

 

Ora però, deve assolutamente tornare casa, non ha tempo per fermarsi a pensare…a meno che non voglia rischiare di morire carbonizzato. Come il suo maestro…

…già, il suo maestro. Nonostante fosse convinto di averlo dimenticato, ogni tanto salta fuori dal nulla. E lui sta malissimo. Si chiamava Adam.

Il ragazzo che ha appena conosciuto, glielo ricorda davvero tanto. Lo stesso modo di essere, allegro, spensierato ma in fondo, molto triste. Poi è bello, come anche il suo maestro era.

 

Si mette a correre, come solo un vampiro può fare. Veloce come il vento. Quando apre la porta di casa, il cielo è già chiaro. Ma, prima che il sole possa fare capolino dietro ai monti, lui è già dentro la bara. Anche quella, gli è stata lasciata in eredità dal maestro. Quando era ancora assieme a lui, dormivano assieme, respirando l’uno i sospiri dell’altro, sfiorandosi, baciandosi. Nessuno li vedeva, lì dentro, nessuno li voleva, due esseri come loro. Due vampiri…due non-morti. Mostri, in pratica. Seppur affascinanti, erano sempre mostri!

 

Adam scelse di abbandonare la vita e lui, ma Cassiel, no. Cassiel vuole continuare questa sua esistenza. Ucciderà ancora persone e animali per tenersi in vita, ma vivrà. Vivrà fino a che non sarà stufo e, nel caso non si stancasse, vivrà per sempre.

 

***

Raphael adora la Notte.

 

Anche ora, mentre corre verso casa, respirando a fatica l’aria freddissima che essa porta, è sicuro di amarla profondamente. In questa vita, non c’è stata neanche una persona, degna del suo amore. Tutti lo tradiscono o lo usano per i loro sporchi scopi. È anche per questo motivo che si è innamorato di Lei. La Notte può forse peccare d’ipocrisia? No. No di certo. Con lei va sul sicuro, Raphael. Solo gli umani sono peccatori. O forse, anche gli animali. Ma, mentre gli animali lo fanno per la legge della sopravvivenza, gli uomini lo fanno per esaudire i loro desideri più macabri e angosciosi.

 

Avarizia, Pigrizia, Accidia, Ira, Superbia, Lussuria e Gola.

Non sono forse questi, i Sette Peccati Capitali?

E non sono forse questi, i desideri che tutti non celiamo?

 

Lui non è d’accordo con i suoi genitori. Il concetto che lui ha di “religione” è molto diverso. Raphael non crede nel Dio che tutti hanno o cercano. Non crede nel classico Dio buono, onnipotente, onnipresente e onni qua e onni là. Se questo, davvero, esistesse, non permetterebbe le guerre. Non le permetterebbe se non altro per non veder distrutto “il suo miglior lavoro”, come molti amano definire la Terra. Certa gente giustifica questa pecca, dicendo che Dio ha dotato gli uomini d’intelligenza.

 

Ma non c’ha forse creati a sua immagine e somiglianza? Se lo chiede spesso, Raphael. Una volta aveva posto questo quesito a sua madre, ma essa gli aveva risposto con un “non profanare la religione. Non metterti contro Dio.”. L’aveva minacciato, in poche parole.

 

Per Raphael, Dio, Buddha o qualunque sia il suo nome, non è un dio giusto. È un dio che aiuta le persone in stato di malattia e i suoi fedeli.

Non si preoccupa dei bambini che periscono ogni giorno sui lati delle strade per il freddo.

Non si preoccupa delle persone che muoiono di fame.

Non si preoccupa della gente che pensa al suicidio come unica via di salvezza da questo mondo assurdo e falso.

Ma, in generale, non ama le persone che non credono in lui. Le lascia soffrire, deprimere e morire. Ma come si può amarlo sapendo che succede tutto questo? Quando si sa che Dio aiuta solo in cambio di fede e amore? Avendo appreso che la fede stessa è, infondo, solo un ricatto?

 

Questa è, fondamentalmente, l’idea che ha di religione.

 

C’era stata, in passato, una persona che lui aveva amato. Ora però, non se la ricordava. Non ricordava neanche se essa fosse uomo o donna. Non avrebbe neppure saputo dire in che vita se n’era innamorato. Però è sicuro che qualcuno ci sia stato.

 

Oggi però, per la prima volta, ha parlato con una persona particolare. Cassiel. Gli sembra diverso, è così profondo, nei suoi silenzi. Quello sguardo sicuro, sprezzante e amaro non è da tutti, ha pensato vedendolo. E poi quella pelle…tanto chiara da riflettere la luce della Luna. In netto contrasto con gli occhi e i capelli, neri e lucenti come l’ossidiana. Infine quel nome…quale creatura può portare il nome dell’Angelo della Morte? Squallido. Oppure straordinario?  L’Angelo con gli occhi da Diavolo, come lo ha già soprannominato Raphael. Il fatto è che appena l’ha scorto, ha creduto d’aver visto Lucifero, il più bello tra i Serafini, che sono tra gli Angeli, i più belli.

L’Angelo che Dio ha scacciato dal Paradiso perché si ribellava a lui.

L’Angelo che ha costruito un nuovo mondo, pronto ad accogliere ogni genere di male.

Il Diavolo. 

 

Ora apre piano la porta di casa, cercando di non fare rumore. Nessuno deve sapere che lui è uscito. Così, lentamente, sale gli scalini, entrando in camera sua. Il silenzio soprannaturale che lo circonda, gli fa pensare che probabilmente ha faticato inutilmente: non c’è nessuno in casa. Spesso gli capita di fermarsi nella spiaggia, dopo il lavoro e tornare casa ad ore strane. A volte, come oggi, non trova i suoi genitori. Sua madre è infermiera ed ha il turno di notte. Ma suo padre dirige un’industria, alle 19 massimo, dovrebbe essere casa. A meno che non si sia intrattenuto con qualche suo amico in un bar…o non sia con un’altra donna. Raphael sa la risposta, la sa da tempo. Lo vede uscire, quando sua madre non c’è e lui è presumibilmente a letto, vestito elegantemente, salire sulla Mercedes e dirigersi di tutta fretta in qualche luogo a lui sconosciuto. A volte telefona alla sua amante, le dice che sta per arrivare.

 

Raphael tace, non dice niente a sua madre. Non vuole farla soffrire. Magari sta sbagliando e fra qualche tempo se ne pentirà e glielo dirà. Ma per ora non ne ha ne il coraggio e ne la voglia.

 

Passano pochi istanti, prima che Morfeo accolga Raphael nel suo caldo abbraccio.

 

 

  
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