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Autore: Vagabonda    19/10/2011    4 recensioni
Storia dell’infanzia solitaria di un bambino malaticcio, dell’adolescenza tormentata di un giovane mago, della morte accolta come un’amica di un uomo distrutto da tempo.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Severus Piton | Coppie: Lily/Severus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Occhi Verdi



Storia dell’infanzia solitaria di un bambino malaticcio, dell’adolescenza tormentata di un giovane mago, della morte accolta come un’amica di un uomo distrutto da tempo.



Atto primo: Infanzia.

Severus Piton venne al mondo in una grigia e piovosa sera d’inverno. Sua madre, una donna dal carattere fiero e irascibile, gli diede la vita con una smorfia sul viso. Tale smorfia rimase anche quando vide per la prima volta il suo bambino. Severus non era un bel neonato: aveva la pelle giallastra e malaticcia, e il cranio già folto di lunghi e unti capelli neri.
Non c’era stato amore nella sua infanzia, né per lui, né tra i suoi genitori. Il padre, Babbano di nascita e di fatto, non aveva apprezzato la notizia della gravidanza di sua madre. Come non aveva apprezzato la sua nascita, come non lo aveva fatto quando il piccolo Severus aveva dimostrato di essere come la madre: un mago. A dir la verità, Piton Senior apprezzava poche cose. In compenso, litigava molto spesso con la compagna.
Il piccolo Severus assisteva impotente alle sfuriate dei suoi genitori. Ogni brutta parola che volava in casa era come un coltello piantato nel suo giovane cuore. Così, Piton aveva imparato fin da piccolo a ignorare il dolore.
Siccome il padre era palesemente non magico, Severus preferiva stare in compagnia della madre, una strega dotata per cui provava una sconfinata ammirazione. Da lei aveva imparato a disprezzare i Babbani, creature indegne di calcare lo stesso suolo dei maghi. Loro erano costretti a nascondersi, a controllare la propria magia. “Ma un giorno le cose cambieranno” diceva sua madre. E Severus le credeva, e si beveva ogni sua parola.
Un giorno, dopo un litigio particolarmente violento tra i suoi genitore, Piton decise di uscire. Si stava asciugando ancora le lacrime dal viso, quando giunse in un parchetto poco lontano da casa sua. Notando delle persone, si fermò e si nascose dietro un albero per non farsi vedere. Una bambina stava andando sull’altalena, dandosi svogliatamente la spinta con i piedi, mentre un'altra era china sull’erba, intenta a raccogliere dei fiori. Severus stava per andarsene, quando la seconda bambina si voltò.
Aveva lunghi capelli rossi, mossi dal vento, guancie piene e rosee e due occhi verde smeraldo. Indossava un grazioso vestitino che le donava molto. Era circondata da una strana aurea. Era bellissima.
Corse dalla prima bambina, tendendo le mani.
-Tunia, Tunia, guarda!-
La bambina chiamata Tunia si sporse per vedere, incuriosita, e Piton la imitò. Sul palmo delle mani della bambina con i capelli rossi c’era un fiore. All’inizio non accadde nulla, poi il fiore piegò i petali e si librò nell’aria. Tunia si allontanò, spaventata.
-Lily! Ti ho detto di non farlo! È…è pericoloso!-
Ma Lily spalancò i grandi occhi –Oh no Tunia, non lo è!-
Le due bambine rimasero ancora un po’ al parchetto, poi se ne andarono. Severus le imitò, e mentre tornava a casa avvertiva un miscuglio di sensazioni nel petto. Era euforico: aveva trovato un’altra creatura come lui, una sua coetanea! L’immagine di Lily lo accompagnò fino a sera.
Ma anche nei giorni seguenti si ritrovò spesso a pensare a lei, anzi, sempre. Andrò ancora al parchetto e, nascosto dietro al suo albero, passò ore intere guardando le due bambine giocare.
Scoprì che erano sorelle. Nonostante ciò però, erano molto diverse tra loro.
Lily era una bambina allegra e curiosa. Era piena di magia e sorrideva sempre. Petunia, al contrario, era sempre imbronciata e scontenta, e non apprezzava affatto le doti della sorella più piccola. Davanti a lei, Lily cercava di non fare magie. Ma spesso non riusciva a contenersi, e allora finivano per discutere.
-Gli altri bambini non fanno quelle cose! Io non le so fare!- gridò un giorno Petunia.
Era una lite particolarmente violenta, e Piton assisteva silenzioso dietro un albero. Vedendo gli occhi di Lily riempirsi di lacrime non resistette, e decise di intervenire. Sbucò fuori dal suo nascondiglio, mostrandosi per la prima volta alle due sorelle.
-Certo che non puoi, tu sei una Babbana- disse.
Lily, che aveva sobbalzato come la sorella alla comparsa di Piton, adesso lo guardò incuriosita.
-Cos’è un Babbano?- chiese.
Lui la guardò, arrossendo -È uno che non sa fare magie-
La bambina spalancò la bocca –Quindi…quindi quelle che faccio sono magie?-
Severus annuì. Petunia rise forte.
-Non esiste la magia!-
Lui le rivolse appena uno sguardo –Per te no. Ma per noi sì-
Lily si alzò di scatto –Anche tu sai fare cose strane, come faccio io?-
Piton annuì –Magie. Sono un mago, e tu sei una strega-
Lei lo guardò, corrucciandosi un momento –Non è una bella cosa da dire!-
-Non dargli ascolto! È il figlio strambo dei Piton!- urlò Petunia.
Severus arrossì, stringendo con le mani il maglione sformato che indossava. Era appartenuto a suo padre.
-Andiamocene, Lily- disse Petunia, soddisfatta dalla reazione del ragazzo. Prese la sorella per mano e si allontanarono dal parchetto. Prima di sparire, Lily rivolse un’ultima occhiata incuriosita a Piton. Lui girò i tacchi e tornò a casa, gonfio di rabbia con la Babbana che gli aveva portato via la bambina con i capelli rossi.
Non rivide Lily per parecchio tempo. Quando si rincontrarono, lui era seduto sotto il suo albero. Lei lo raggiunse, guardandosi alle spalle.
-Non dovrei essere qui- spiegò –Tunia…Tunia non vuole-
-E allora perché sei venuta?- gli chiese Severus, trattenendo il respiro. Quando l’aveva vista, il suo cuore aveva cominciato a battere più veloce nel petto.
Lily lo guardò negli occhi –Tu sai delle cose. Cose che io voglio sapere-
Passarono le successive ore a parlare. Veramente, era solo Piton che parlava. Dopo le prime domande, Lily si era limitata ad ascoltare. Lui le parlò del loro mondo, senza fermarsi mai, senza smettere di guardare i grandi occhi verdi della bambina seduta di fronte a lui.
-Esiste davvero una scuola di magia?- lo interruppe Lily. Era la prima volta che apriva bocca dopo molto tempo.
Severus annuì, sorridendole –Anche più di una! Ma Hogwarts è la migliore: noi andremo lì, quando avremo undici anni-
Gli occhi di Lily erano enormi e lucidi.
-E impareremo a fare le magie? Magie come quelle che so fare io?-
-Anche altre. Useremo delle bacchette, ma dovremo stare attenti a non fare magie fuori da scuola. È proibito- spiegò lui.
Lily raccolse un rametto, agitandolo come aspettandosi di veder comparire qualcosa. Piton la guardò, e di nuovo avvertì quell’euforia che aveva provato il primo giorno che l’aveva incontrata.
Si salutarono quando calò il buio, con la promessa di rivedersi al più presto.
Gli incontri con Lily erano il momento della giornata che Piton aspettava. Era impaziente di incontrarla e non avrebbe mai voluto separarsi da lei. Inoltre, era in quelle ore che uno dei rari sorrisi compariva sul suo viso.
Ben presto però, scoprì che Petunia non era l’unica a non avere poteri magici, nella famiglia della sua amica.
-Per chi non ha i genitori maghi è…diverso?- gli chiese Lily, quando vide la sua faccia. Gli aveva appena rivelato che i suoi parenti erano tutti Babbani.
Severus guardò quel viso che tanto amava.
-No, non è diverso- disse. Lily trasse un respiro di sollievo. Poi ricominciò a bombardarlo di domande.
Petunia non veniva mai ai loro incontri, ma a Piton non importava, anzi, era contento di non essere sottoposto allo sguardo indagatore della più vecchie delle due sorelle. Non la rivide fino a un tiepido giorno di primavera. Come molti pomeriggi, era seduto sotto l’albero a parlare con Lily, quando Petunia spuntò da dietro un cespuglio, il volto rosso e gonfio per l’imbarazzo.
-Stavi origliando?- domandò Severus, non potendo nascondere un sorrisetto.
Lei arrossì –Non mi interessano i vostri discorsi, mostro!-
-Tunia!- saltò su Lily –non parlare a Severus in quel modo!-
-Ah, adesso lui è più importante di me? Tua sorella?- gridò Petunia, voltandosi e correndo verso casa. Lily le corse dietro, chiamandola per nome. Piton rimase a guardarla finché non fu sparita.
Come la prima volta, Lily non si fece viva per molti giorni. Quando Piton la rivide, aveva il volto segnato e un’espressione triste.
-Tunia mi detesta!- singhiozzò, gettandosi tra le braccia del suo amico.
Lui, preso alla sprovvista, rimase rigido. Lily lo lasciò, passandosi una mano sulle guancie bagnate.
-Non voleva che tornassi, ma io dovevo vederti! Ecco, guarda!- disse, estraendo una busta da sotto il golfino e porgendola a Piton. Lui la prese e l’aprì. Conteneva una lettera, che lesse tutto d’un fiato.
-È la lettera! La lettera di Hogwarts!- esclamò quando ebbe finito. La porse a Lily, che la prese raggiante e la mise via con cura.
-Sì! È arrivata proprio stamattina!- disse –Tunia non l’ha ricevuta-
-Ovvio, è una Babbana-
-Lo so però…penso che lei ci sperasse. C’è rimasta molto male-
Severus tacque. Non sapeva cosa dire. Per lui era scontato che una Babbana non ricevesse la lettera, ma non lo disse, temendo di offendere Lily. Lei lo guardò.
-A te non è ancora arrivata?-
-No-
Lei gli sorrise –Sono sicura che non tarderà. Sei un grande mago, ti vorranno di certo!-
Le guancie di Piton si chiazzarono di rosso.
Come previsto da Lily, la lettera di Severus arrivò il giorno dopo. Ma non fu l’unica busta ad essere recapitata.
-Una lettera da Hogwarts?!- esclamò Piton, prendendo la busta dalle mani di Lily.
Lei annuì nervosamente -È indirizzata a Tunia, ma lei non l’ha ancora vista-
Ignorando le proteste di Lily, Piton estrasse la lettera e la lesse. Dopo poche righe, il suo volto si rilassò.
-È dal professor Silente. Dice che tua sorella non può venire a Hogwarts- disse soddisfatto. Poi, rimise il figlio a posto e sigillò la busta con un tocco di mano. Nessuno si sarebbe accorto che la lettera era già stata letta.
Il giorno della partenza per Hogwarts, Severus era agitato per la prima volta in vita sua. Finalmente si darebbe liberato di quegli scomodi vestiti da Babbano, avrebbe imparato a fare magie, sarebbe stato tra i suoi simili. Alla stazione di King Cross si guardò intorno, cercando una figura familiare. Finalmente la individuò: Lily era poco distante da lui. La guardò raggiante, ma lei non parve notarlo. Era troppo impegnata a litigare furiosamente con la sorella.
-Mi dispiace così tanto Tunia!- la sentì gridare. Era davvero disperata, le lacrime solcavano il suo viso.
Ma l’altra rimase impassibile, il disprezzo chiaramente dipinto sul volto. Severus non riuscì a cogliere le parole che rivolse alla sorella, ma dovettero essere molto dure. Lily ormai singhiozzava e pregava Tunia di perdonarla.
-Non voglio le tue scuse, non adesso che stai andando in quella scuola di mostri con lui!-
Entrambe le bambine si voltarono a guardarlo. Piton arrossì, ma sostenne l’occhiata di disgusto che gli rivolse la maggiore delle due.
-Spero vi divertiate, insieme!- disse, prima di girare i tacchi e allontanarsi.
Severus rimase un attimo indeciso se andare da Lily o no, ma fu lei a raggiungerlo velocemente. Per la prima volta, i tratti del suo viso erano deformati dalla rabbia.
-Sarai contento adesso! Tunia ha scoperto che abbiamo letto la lettera, e adesso mi odia!- gli urlò in faccia, la voce distorta dal pianto –E io…io odio te!-
Detto questo, Lily Evans se ne andò.
E insieme a lei, finì anche la triste infanzia di Severus Piton.


Atto secondo: Adolescenza.

Per la prima volta nella sua vita, Severus Piton si sentiva a casa. Hogwarts era la dimora che non aveva mai avuto.
Delle quattro case possibili, Piton fu assegnato a Serpeverde. La sua bravura e la sua intelligenza fruttarono molti punti alla sua casa. Nonostante ciò, Piton non aveva amici. Forse per la sua aria malaticcia e poco invitante, o per i voti troppo alti, sta di fatto che gli altri ragazzi lo evitavano o, al contrario, lo prendevano di mira.
Tra questi ultimi, il peggiore e più detestato da Piton era senza ombra di dubbio James Potter. Potter apparteneva alla casa di Grifondoro, nemica giurata dei Serpeverde. Giocava come Cercatore nel gioco del Quidditch ed era uno studente eccezionale.
Di tutto questo però, a Severus Piton non importava niente. Lui vedeva Potter per quello che era: uno spocchioso, arrogante ragazzino viziato. Ma soprattutto, Piton era geloso di James, geloso marcio. Perché a James Potter piaceva Lily Evans, e molto probabilmente, a lei piaceva lui.
Per la prima volta nella sua vita, Severus Piton sperimentò cosa volesse dire odiare qualcuno.
Dopo la sfuriata alla stazione di King Cross, erano passati diversi giorni prima che Lily gli rivolgesse nuovamente la parola. Quando l’aveva fatto, era parsa imbarazzata dal suo comportamento, ma anche piuttosto rigida e distaccata. Piton non vi aveva dato peso: l’importante era che lei non lo abbandonasse.
Ma ben presto aveva dovuto rendersi conto che a quel comportamento freddo non era preferibile il distacco. Era abituato alle risate degli altri studenti quando Potter e i suoi amichetti lo prendevano in giro, però vedere quelle stesse risate sulla bocca di Lily non era la stessa cosa. Qualcosa dentro di lui si rompeva poco alla volta, come una montagna che lentamente si corrode.
Aveva poche occasioni per stare da solo con Lily: non solo era sempre carico di compiti, ma lei era una Grifondoro, e stava con i compagni di casa. Tra i Serpeverde, Piton imparò a riconoscere diversi tipi di maghi: i Purosangue erano i veri possessori della magia, coloro che non possedevano nemmeno una goccia di sangue Babbano nelle vene. Poi, c’erano i Mezzosangue, i Sangue Sporco, Babbani per nascita. Severus si univa agli insulti contro di loro, dimenticandosi, o ignorando, di farne parte lui stesso. Ma era sempre stato educato a disprezzare i più deboli, e adesso che gli insegnamenti di sua madre trovavano conferma, non poteva che esserne fiero.
Potter e i suoi amici non apprezzavano queste distinzioni. Ma Sirius Black, il migliore amico di Potter, era un Traditore del suo Sangue, un Purosangue che era finito a Grifondoro. E poi, c’era Remus Lupin. Dopo qualche ricerca su di lui, Piton era giunto alla conclusione che Lupin doveva essere un Lupo Mannaro. Per quale altra ragione se no spariva ogni notte di luna piena, insieme ai suoi fedeli compari?
Così una di quelle sere Piton decise di seguire Potter e i suoi amici. Li vide uscire dal castello e dirigersi verso un albero massiccio. Storse il naso: tutti avevano paura del Platano Picchiatore. Tuttavia non tornò indietro: era deciso a dimostrare a Lily che i suoi eroi non erano così puri come sembravano.
Raggiunto l’albero, Potter e gli altri scomparvero. Severus, che non aveva visto come avevano fatto, si avvicinò ancora al Platano. Appena fu a portata di ramo, quello cominciò a muoversi, cercando di schiacciare il ragazzo. Piton chiuse gli occhi, aspettando la fine. Ma fu violentemente sbattuto a terra, e il ramo si abbatté nel punto dove pochi secondi prima si trovava lui. Severus aprì gli occhi per vedere il suo salvatore: Potter era chino al suo fianco e ansimava.
-Ma sei impazzito?!- gridò, guardandolo furioso –cosa ti passava per quella testa unta, eh?-
Piton non rispose, arrossendo. Si alzò in piedi e corse verso il castello. Era furioso con se stesso, ma soprattutto con Potter: gli aveva appena salvato la vita.
La settimana dopo era una splendida giornata di sole. Era metà Giugno, l’ultimo giorno di esami. Severus stava camminando all’aperto, inspirando profondamente l’aria estiva e pensando all’esame appena dato. Era così assorto nei suoi pensieri che non si accorse di Potter e i suoi amici fino a quando non gli andò quasi addosso. Preso alla sprovvista, tirò meccanicamente fuori la bacchetta.
Prima ancora di poter aprir bocca, si ritrovò appeso per aria a testa in giù. Le persone intorno a lui ridevano, e lui si sentiva umiliato come non mai. Guardò con odio Potter, che però stava fissando con interessa un punto dietro le spalle di Piton. Lui si girò e vide Lily che camminava a grandi passi nella sua direzione.
-Mettilo giù!- la sentì dire.
Potter alzò un sopracciglio –Perché dovrei?-
-Cosa ti ha fatto di male?- gridò Lily. Piton l’aveva vista solo una volta così arrabbiata.
-Oltre al fatto che esiste, intendi?- rispose Potter, sorridendo sfacciatamente. Lily non rise, ma l’ombra di un sorriso sfiorò le sue labbra.
-Non ho bisogno della pietà di una sporca Mezzosangue!-
Le parole erano uscite con troppa facilità. Piton guardò Lily e vide i suoi occhi riempirsi di lacrime. Non sentì le parole di Potter e dei suoi amici. Esistevano solo quei grandi occhi verdi e tristi.
La sera andò per la prima volta nella torre di Grifondoro. Aspettò per quella che gli parve un’eternità, prima che il buco del ritratto si aprisse e comparisse Lily. Il suo viso era provato, segno che aveva pianto molto. A quel pensiero, il cuore gli si strinse nel petto.
Gli parve di pronunciare mille scuse diverse, e che nessuna di queste servisse a nulla. Lily continuava a guardarlo con quello sguardo di disprezzo che tanto la faceva somigliare alla sorella.
-Io ho scelto la mia strada- gli disse alla fine –adesso tocca a te-
La guardò sparire, uscire definitivamente dalla sua vita per la seconda volta.
Ma seppe che quella sarebbe stata la volta definitiva, che Lily Evans non gli avrebbe mai più sorriso.
E fu allora che Severus Piton fece la sua scelta.


Atto terzo: Morte.

Il serpente aveva colpito senza preavviso, prima ancora che lui potesse anche solo pensare di estrarre la bacchetta. Il dolore si propagava veloce nel suo corpo, facendolo tremare e indebolendolo.
Severus Piton stava morendo.
Poi, nella sua visuale comparve un ragazzo, e l’odio si accese nel suo petto stanco. Capelli neri, spettinati da una mano vanitosa, quel profilo così familiare…Potter, l’odioso e odiato Potter, quell’arrogante, saccente, tronfio…
Ma poi, vide gli occhi. Quegli occhi così verdi, quegli occhi così belli. I suoi occhi.
La sua Lily, il suo amore. L’unico motivo che l’aveva spinto a sopravvivere a lei era con lui, lì in quella polverosa catapecchia. Il suo unico figlio, il motivo che l’aveva spinta a sacrificarsi.
Aveva donato la vita per lui…ma Severus l’aveva protetto. L’aveva difeso dal Signore Oscuro fino alla fine, aveva prestato fede alla sua promessa. Si era umiliato per lei, aveva sofferto per lei, aveva ucciso per lei.
Ma ne era valsa la pena, anche solo per vedere un’ultima volta quegli occhi.
Non era quello morire, oh no, Severus Piton era morto molto tempo fa.
Era morto insieme alla donna in quella casa, quella terribile e gloriosa notte.
Era morto con la ragazza che gli aveva sbattuto la porta in faccia quella sera sulla torre di Grifondoro.
Era morto con la bambina dai capelli rossi che quel mattino alla stazione di King Cross gli aveva detto di odiarlo.
Ma Severus Piton, mentre sentiva la vita scorrere via dalle sue vene, era felice, perché aveva vissuto ogni attimo con lei.
Quando l’aveva conosciuta, quel mattino in quel parchetto.
Quando lo aveva difeso quel pomeriggio, davanti a tutta la scuola.
Quando aveva protetto suo figlio, dopo che lei non l’aveva più potuto fare.
Guardò per un’ultima volta quegli occhi verdi, e fu come la prima, e fu tutto perfetto.
E, fu con un sorriso che Severus Piton abbandonò questo mondo, e l’immagine di una bambina con i capelli rossi, le guancie rosse e due grandi e felici occhi verdi dipinta nella mente.






Ho dovuto scrivere questa storia.
Premeva per uscire dalle mie mani, per essere raccontata. È la storia di Severus Piton, la sua vera storia. O almeno, la sua storia come la vedo io.
Non pretendo di essere stata precisa né di essere stata fedele, e so che in parecchi punti non lo sono stata. Ma questa storia è nata per essere narrata, non per essere perfetta.
Se siete arrivati fino a qui, significa che l’avete letta. Se l’avete letta, significa che vi è interessata. Se vi va, lasciate un piccolo segno del vostro passaggio, una parola, una frase, un’opinione. Mi farebbe molto piacere. :)
   
 
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