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Autore: Tsu_Chan    20/10/2011    1 recensioni
Ti ho perduto, ti ho trovato... forse ho trovato me stesso. So solo che insieme siamo più forti.
-BurnxGazelle, Burn PDV-
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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<> Pensieri
"" Dialoghi

>Ho perso il mio migliore amico … perché è successo? Perché l’ho fatto?
Vorrei bruciare, ardere non solo nell’anima ma anche in corpo perché non ho motivo di continuare a vivere:  ho perso il mio migliore amico, ho perso colui che amo. Perché sono stato così stupido?
Vorrei avere il controllo su me stesso che ha lui, vorrei essere freddo come il ghiaccio, vorrei non sentire nulla, non avere sentimenti. Continuo a ripetermelo, ho perso il mio migliore amico, ho perso il mio migliore amico …  E’ una nenia mortale, fatale come una marcia funebre.
Ho perso il mio migliore amico. Io sono morto, sono morto perché sono impulsivo.
Sono morto perché sono impulsivo e perché amo. Amo il mio migliore amico<
Questo pensavo mentre correvo, con il cappuccio della felpa alzato sopra la testa, sotto il cielo che annunciava un temporale violento. Stavo scappando da me stesso e dai miei errori, dalla mia maledetta impulsività, da quel fuoco con il quale convivo. Lui è sempre così calmo, lui riesce a freddare il mio spirito, vorrei essere come lui: lui che è l’unico che ho mai amato.
“Insieme possiamo raggiungere la vetta” così dicevamo e potevamo farlo, potevamo raggiungere la cima. Nessuno ci poteva fermare, correre accanto a te mi rendeva forte e la tua presenza mi faceva restare concentrato.
>Quando è iniziato a bruciarmi dentro tutto questo? Quando ho iniziato a rovinare il nostro rapporto?
Quando ho iniziato a sognarti? Quando ho sentito la prima volta esplodermi il cuore in petto guardandoti di nascosto? Quando? Quando non importa più oramai che sai che sono un debole; ora che hai capito chi sono non arriveremo più in vetta insieme<
I miei pensieri erano inarrestabili, la mia resistenza al limite così mi buttai in un vicolo e, seduto rannicchiato dietro uno scatolone, mi tolsi il cappuccio lasciando che le prime gocce di pioggia mi cadessero sui capelli rossi afflosciandoli: lascia che le lacrime piombassero giù a grossi grappoli lungo le guancie bagnandomi la maglia.
Mi sentivo il ragazzo più debole della terra, accucciato in un vicolo sudicio sotto la pioggia a piangere come un bambino. Fu in quel momento che ti vidi passare davanti all’ingresso del vicolo, con i piedi che battevano sull’asfalto alzando schizzi d’acqua che già si radunava in pozzanghere e con il fiato corto per la corsa. Il cuore, che già mi faceva male da morire, iniziò a sanguinare e le lacrime a bruciare: come potevi avere il coraggio di corrermi dietro sapendo quello che provavo per te? Dopo quello che ti avevo fatto.
>Come vorrei venire li e proteggerti dall‘acqua, proteggere i tuoi bei capelli bianchi e la tua pelle, impedirti di prendere un malanno solo per correre dietro a uno scemo come me ...< Ero così distrutto che presi a sussurrare il tuo nome nella vana speranza che tu ti girassi verso di me sorridendomi di nuovo.
“Gazelle… Gazelle …”
Fu quando ti girasti veramente che il mio mondo si sgretolò  veramente e definitivamente: gli occhi lucidi, le guance arrossate, le labbra socchiuse nel tentativo di prendere aria dopo una corsa affannosa … >Quelle stesse labbra che solo pochi minuti fa ho osato violare con prepotenza: come mi sono permesso? Come ho osato? Tu che riservavi quel bacio per la persona che ami e amerai, ed io te l‘ho rubato, strappato senza cuore …<
“Burn? Sei li?” Ti vidi entrare nel vicolo e camminare nella mia direzione con il passo sicuro,mentre io non ero nemmeno sicuro di come mi chiamavo.
“Vai via fingi che io sia morto!” mi alzai in piedi e tentai di correre dall’altro lato del vicolo per potermi allontanare di nuovo da te e dai tuoi occhi che, come sempre, mi squadravano con diligente serietà.
“Non vorrai fuggire, vero?”
>E che altro potrei fare? Restare qui rannicchiato a terra a piangere davanti a te che, in piedi, freddo come una statua di marmo, mi accuseresti di aver ucciso la nostra amicizia, mi strapperesti quel poco di cuore che ho ancora in petto e lo getteresti in una pozzanghera<
“Che ti importa” riuscii invece a gracchiare con la voce vibrante per il piatto e l’isteria “Faccio ciò che voglio della mia vita.”
“Ma sei scemo?” mi urlasti dietro mentre mi afferravi la mano e mi tiravi indietro per poi farmi schiantare con forza contro un muro: il fisico ti tradisce, nonostante sembri longilineo ed affusolato, veloce ed agile, nascondi anche una grande forza bruta. “Scappi via come un pazzo sotto la pioggia e non mi dovrei preoccupare? Se ti ammali poi che faccio io?”
Esplosi nuovamente in lacrime, senza ritegno, come una ragazzina, tanto che quasi ti spaventai.
Dopo quello che ti avevo fatto tu riuscivi a corrermi dietro non per rimproverarmi ma per salvarmi da un raffreddore: poi mi chiedevo perché ti amavo. Ti amavo perché eri tu lo scemo dei due quello più innocente e che necessitava protezione, eppure ti atteggiavi a cavaliere prima di precipitarti ed abbracciarmi e nasconderti dietro di me.
“Tu devi essere tutto scemo! Che cazzo mi corri dietro?” sbottai afferrandoti per le spalle e ribaltandoti per terra “Dopo quello che ho fatto, tu mi corri dietro. IDIOTA!”
“Perché che hai fatto?”  Nonostante l’umiliazione che mi ruggiva dentro, ti sollevai di peso da terra e ti scossi con forza “Tu hai sul serio qualche problema!” ad un ennesima scossa fosti tu ad afferrarmi per il bavero della felpa. Pensavo mi avresti tirato un pugno in faccia o magari una testata percui chiusi gli occhi per prepararmi ad attutire o incassare al meglio il colpo.
Non mi preparai però al colpo che tu mi tirasti, mi colpisti nel più profondo, mi uccidesti un’altra volta: mi baciasti con delicatezza tanto dolce rispetto alla presa ferrea che esercitavi sul mio collo.
Sentii le tue labbra sulle mie. Sentii il tuo corpo vicino al mio, caldo, vivo. Sentii tutto il mondo scomparire un poco per volta: un poco per volta mentre le tue labbra e la tua lingua accarezzavano le mie.
Lasciai andare le tue spalle e ti feci scorrere le mani sulla schiena bagnata dalla pioggia, la quale oramai cadeva copiosa: ti sentii rabbrividire, sentii la tua schiena inarcarsi verso di me e mi sentii felice.
Felice come non lo ero da molto tempo:
“Burn …”
“Dimmi.”
“Nulla non farci caso.”
“Si anche io ti amo, stupido.”
   
 
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