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Autore: JoAngel    21/10/2011    0 recensioni
Due amanti si vedono per l'ultima volta, prima di affrontare un triste destino ...
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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One last night ...

 

Il tintinnio del ghiaccio nel bicchiere di vodka, forte.

Un sospiro. Lungo.

Si passò la mano tra i capelli.

Guardò fuori dalla finestra della stanza dell’hotel.

Delle tende rosse, che toccavano al pavimento, ricoperto con una moquette nera, gli impedivano di osservare per bene la sua città a quell’ora di notte.

Le luci delle insegne.

I rumori delle auto.

Chiuse gli occhi.

Sentì delle mani percorrergli il petto, lentamente.

“James …”.

Una voce sussurrò al suo orecchio.

Una voce femminile, calda.

Fece un altro sospiro.

Voltò il capo.

Aprì lentamente gli occhi, ed essi rimasero incantati dalla figura che si ritrovò davanti.

Un viso, dolce.

Due occhi profondi come il mare che lo fissavano, con uno sguardo pieno di vita.

Un sorriso. Candido. Come la neve.

Si lasciò accarezzare la guancia, mentre il suo sguardo si porse sulle sue labbra. Così invitanti da baciare.

“Non … dovrei essere qui, lo sai.”.

La voce di lui addolorata.

Si alzò dalla poltroncina, e si avvicinò alla finestra.

Scostò la tenda e tenne in mano il bicchiere.

Dopo qualche secondo, sentì un corpo, caldo, abbracciarlo da dietro.

Due braccia lo strinsero a metà busto.

“Almeno … godiamoci questa ultima notte.”.

La voce di lei, che faceva trapelare la tristezza al pensiero che il giorno dopo i due non si sarebbero ma più rivisti.

La morsa delle braccia di lei che si faceva più stretta.

Lui deglutì a vuoto, sospirando amaramente.

Bevve un sorso di vodka, gustandosene l’aroma così buono.

Era l’unica cosa che riusciva a fargli dimenticare tutto ciò che gli stava succedendo in quel periodo.

“James …”.

Ancora una volta disse il suo nome.

Lei poggiò la fronte alla sua schiena, chiudendo gli occhi, con forza.

“Non voglio addormentarmi stasera. Non voglio chiudere gli occhi, per poi aprirli l’indomani mattina e … non vederti più.”.

La voce di lui era tremante, come la mano che teneva il bicchiere.

Lei cercò di trattenere le lacrime, di disperazione.

Lui si voltò, corpo e capo, posando il bicchiere sul tavolino vicino.

Le prese il viso tra le mani.

“Non piangere … ti prego.”.

Il dolore nel vederla così era indescrivibile.

Quella donna lo aveva fatto tornare vivo, più di quanto non fosse stato in tutta la sua vita.

“Come posso non piangere sapendo che … dopo questa notte … noi …”.

La strinse tra le braccia, impedendole di continuare a parlare.

Deglutì a vuoto.

Non poteva sentire quelle parole, no.

Il suo cuore si sarebbe spezzato, sarebbe andato in mille pezzi.

Più di quanto non fosse già.

“Sarò un dolce ricordo … sarà così.”.

La voce di lei soffocata dal petto di lui, lui, che la stringeva quanto poteva a sé, per sentire ancora una volta e per inebriarsi del suo profumo, così buono.

“Non parlare …”.

La pregò. Parlandole all’orecchio, con voce spezzata dall’angoscia che il pensiero del domani gli dava.

“Sono egoista a … volerti per me?”.

Alzò il capo, e i suoi occhi, pieni di lacrime, lacrime che le rigavano ancora le guance, e non riuscivano a fermarsi.

I suoi occhi, lucidi, pieni di dolore.

Lui la guardò, sentendosi morire dentro nel vedere il suo bel viso così sporco dal trucco nero, pesante sui suoi occhi.

“No … non lo sei.”.

Le uniche parole che riuscì a dire, a fatica.

“Godiamoci questa notte,Cher.”.

Lei chinò lo sguardo.

“Non riuscirei mai a godermela quanto dovrei sapendo che tu tornerai da lei.”.

A quelle parole, un fitta al petto lacerò il cuore, già distrutto, di lui.

“Se potessi, starei con te. Sempre. Per tutta la mia vita.”.

Quelle parole.

Quanto voleva che potessero essere vere. Vivibili.

Il silenzio dominava la città ormai.

E pure quella stanza.

Un silenzio tombale.

Freddo, che agghiacciava la pelle.

Lei chiuse gli occhi, e tornò con il capo appoggiato al suo petto.

“Godiamoci questa notte. Questa unica e sola notte, mentre tutto il mondo continua a girare, ad andare avanti. Come … faremo noi, domani, non appena svegli. I nostri sguardi si incontreranno, e … non ci riconosceremo. Non saprò chi tu sia, con un dolore lancinante al petto. Ma dovrò farlo. Per salvare questo dolce ricordo, il dolce ricordo di questo noi. Questo noi che è stato breve, ma così intenso. Mi hai rapito subito, piccola Cher, non appena ti vidi seduta a quel bancone, in un bar di periferia. E sia benedetto colui che mi ha fatto incontrare te. Te che sei stata tutto ciò che avrei voluto avere nella mia vita. Una cosa lontana ora, che è un miracolo che io sia qui, davanti a te, che ti parlo, con il cuore in mano. Sappi che … anche se domani non ricorderò chi tu sarai, ricorderò ciò che tu sei stata. E questo … non potrò mai dimenticarlo.”.

Mentre diceva quelle parole, con un filo di voce, che solo lei doveva sentire e nessun altro, le accarezzava i capelli, con dolcezza.

Ne assaporò il profumo, socchiudendo gli occhi.

“P … perché non può esistere questo noi?”.

La voce spezzata dal pianto, di lei, echeggiò per tutta la stanza.

Lui, addolorato, abbassò lo sguardo.

Come poteva spiegarle che l’indomani  sera sarebbe dovuto partire per la guerra?

Come poteva dirle che non sarebbe tornato mai più da lei?

Come poteva dirle che a casa lo aspettavano moglie e figli?

Eppure … doveva trovarlo il coraggio.

Doveva sapere.

Perché lei se l’ho meritava.

Per colpa sua ora stava così.

Per colpa sua ora era tre le sue braccia a piangere per una storia che fin dal primo istante lui avrebbe dovuto sapere che non poteva essere che solo un illusione, dolce e lussuriosa illusione.

Immerse il suo viso tra i capelli di lei, non riuscendo a staccarsi dal suo corpo, dalla sua presa.

“Ti penserò in ogni momento.”

E sarebbe stato così.

Da quando l’aveva conosciuta, non faceva altro che pensare a lei.

In ogni momento.

Da quel giorno freddo di dicembre.

Il giorno che la sua vita cambiò.

In meglio.

I mesi erano passati così velocemente, che gli sembrava ieri che il suo sguardo si era posato su di lei, sul suo corpo, coperto solamente da un vestito, lungo, rosso, con lo spacco che faceva intravedere la coscia sinistra, avvolta da una calza a rete sottile, così come la destra. Il vestito brillava alla luce della lampada del bancone del bar.

Era stato così strano. Lei … era così straordinariamente bella, così semplice nei suoi gesti, nel suo modo di fare, nel suo parlare. Rimase incantato da come muoveva le labbra, così innocentemente, in modo sensuale. Le sue mani, così gentili, che presero le sue e le strinsero, mentre i suoi occhi, occhi che mai aveva visto in vita sua, lo guardavano nei suoi, con dolcezza.

Si era sempre chiesto cosa ci facesse una donna della sue bellezza in quel posto.

Venne a sapere che lei era una cantante. Lavorava lì da anni, ma solo quella sera si accorse di lei.

Sarà stato grazie ai troppi bicchieri di scotch che aveva buttato giù uno dietro l’altro.

Ricordava la sua camminata, sinuosa, verso il palco di legno.

Poi la luce accendersi su di lei, seduta su uno sgabello.

Tutta l’attenzione su di lei.

La sua voce, così melodiosa alle sue orecchie, lo stregò, e dal quel momento, ogni volta che si incontravano, la pregava di cantare per lui.

E lei, ogni volta, lo accontentava, mentre le sue mani gli toglievano la camicia, e gli accarezzavano il petto con brama.

Tra tutti quei ricordi, pensieri, sperduti in una landa di malinconia, avevano raggiunto il letto.

Lei fissava lui con occhi imploranti, imploranti di poter ancora una volta essere toccata dalle sue mani, ed essere amata come solamente lui aveva fatto fino ad allora.

Lui, che ricambiava il suo sguardo, con il cuore sepolto dal dolore che in quel momento stesso stava provando, nel percepire i pensieri di lei.

Si mise seduta a cavalcioni su di lui, e continuando a puntare gli occhi contro i suoi, iniziò a sbottonare la camicia di lui, che le impediva di poter ammirare quel corpo scolpito nel marmo, un corpo che un dio greco invidiava.

La lasciò fare, portando le sue mani sui suoi fianchi, che cinse con la forza della disperazione, prima di avvicinare il suo viso a quello di lei.

Le loro labbra si congiunsero, in un bacio dolce, dolce com’era il profumo di lei, che ormai aveva pervaso la mente di lui, come una droga.

Prese ad accarezzarle le cosce, coperte da una gonna larga, azzurra, stretta da una cintura di cuoio alla vita.

Rabbrividì ai tocchi di lui, continuando a baciarlo, trasformando la dolcezza in un’intensa passione.

Gli tolse la camicia, che fece scivolare sul letto. Scese a baciargli la gola, mentre le sue mani, con brama, cercavano di togliergli la canottiera bianca, che non le consentiva di toccare, accarezzare, baciare il suo petto.

La l’aiutò, liberandosi della canottiera, che buttò oltre al letto.

Lei poggiò entrambe le mani sui suoi pettorali, tornando a guardarlo negli occhi, profondamente.

Le fece un debole sorriso, bensì felice di avere ancora quell’ultima possibilità di averla per sé, prima di andare incontro ad un fato oscuro ai suoi occhi.

Quegli occhi non li avrebbe mai scordati in vita sua.

In punto di morte avrebbe ricordato quello sguardo dolce di lei, e sarebbe morto felice, lasciando solo il ricordo della sua esistenza in poche persone, una di esse sarebbe stata lei. Cher.

Ripresero a baciarsi, passionalmente. Nel contempo lui le slacciò la cintura, che lanciò via, prima di sfilarle la gonna, sfiorandole la pelle con le dita, la sua pelle che divenne d’oca a quel contatto.

La prese dalla cosce, e la fece più vicina a sé, prendendo a baciarle il collo.

I gemiti di lei erano lievi, appena udibili.

Socchiuse gli occhi ed iniziò a trafficare con la cintura dei pantaloni di lui, che dopo alcuni secondi di irrefrenabile attesa, riuscì a slacciare.

Gli sbottonò i pantaloni, che lui, nel frattempo che la coricava sul letto delicatamente, come se stesse maneggiando un vaso di porcellana, si tolse.

Prese a baciarle la gola, con voglia, voglia di passare quell’ultima notte con lei, voglia di vivere ancora una volta quel piacere che solo lei sapeva dargli.

Le sbottonò lentamente la camicetta, bianca, di lino leggero, dalla quale si potevano intravedere i suoi seni, sodi e perfetti, che, dopo averle tolto l’indumento che impediva di poterli ammirare, iniziò a baciare.

I gemiti di lei si fecero più forti.

Inarcò la schiena, che cominciò ad essere accarezzata dalle mani di lui, che dalle cosce, si spostarono in un primo momento ai suoi fianchi, fino ad arrivare alla prima detta.

“James …”.

Un suo gemito lo richiamò, e lui la guardò con un sorriso.

Poi le stuzzicò i seni, mordendoglieli delicatamente, mentre lei cercava di togliergli l’ultimo indumento che le impediva di rimanere incantata dalla perfezione di quel corpo.

Gemette ancora più forte, mordendosi il labbro inferiore, e intrufolando le mani tra i capelli biondi di lui, che prese a stringere sotto i morsi che lui le dava alla pelle, scendendo sempre più in basso dai seni.

Con le labbra arrivò alla sua vita, che baciò, mordicchiandola, continuando così a farla gemere, far gemere lei, che socchiuse gli occhi godendosi quei suoi baci, baci che sarebbero stati gli ultimi.

Le tolse infine l’intimo, che buttò non dando attenzione a dove potesse capitare.

Per ultimo, si calò i boxer, e si fermò da baciarla.

Si soffermò ad accarezzarle una guancia, guardandola intensamente negli occhi.

“Cher … questi momenti con te rimarranno vivi nella mia memoria, per sempre, fino alla fine dei miei giorni. Non roviniamo questa notte d’amore con le nostre parole, le nostri frasi che … ci metterebbero solamente tristezza. Godiamoci questa notte, che ricorderemo come la notte più bella della nostra vita. Amiamoci ancora una volta … prima che tutto questa finisca, perduto nel vento e che mai più verrà ritrovato.”.

Gli occhi di lei divennero, ad ogni parola detta, sempre più lucidi.

Socchiuse le palpebre, tirando su con il naso, e lui si chinò con il viso sul suo, per baciarla sulle labbra con dolcezza.

Ricambiò il bacio, mentre lui le accarezzava la pelle dolcemente, con cura, facendo scivolare le mani su ogni millimetro di pelle, bianca come la luna.

E poi diede una lieve spinta con il bacino, mentre lei rabbrividiva al suo tocco.

Entrò in lei con dolcezza, lentamente.

Si aggrappò alle sue possenti spalle con le unghie, emettendo un gemito di piacere.

Ed iniziarono.

Iniziarono a fare la cosa più bella del mondo.

L’amore.

Con la luce della luna che entrava timidamente dalla finestra, e accarezzava, con il suo impercettibile calore, i loro corpi, nudi, avvinghiati.

I loro corpi che si completavano.

Il corpo di lui aderiva alla perfezione con quello di lei, come se i due fossero nati per stare insieme.

Ma non era così.

Non fu mai così.

Cominciò, con timidezza, a muoversi in lei, baciandole la gola, e di tanto in tanto mordendogliela.

Altri gemiti, più forti.

Gli circondò la vita con le gambe, e scese con le mani ad accarezzargli la schiena, con lussuria.

“Questa notte … facciamo sii che sia indimenticabile.”.

Il sussurro di Cher all’orecchio rimbombò nella mente di lui.

Quindi prese ad aumentare un po’ il ritmo delle spinte che dava con il bacino, mentre le sue labbra erano occupate a baciarle il petto con brama.

“James …”.

La voce spezzata di lei, che inarcava più la schiena, mentre con le unghie gli graffiava la pelle a metà schiena.

I suoi movimenti si fecero man mano più veloci, e i loro gemiti sempre più forti, ad ogni spinta di lui.

Il respiro di lei si fece pian piano affannoso.

I loro corpi si muovevano in sintonia.

Ancora gemiti.

Di lui. Forti.

Gemiti di lui portati dai graffi e dai morsi che lei gli infliggeva sulla pelle.

“Oh sì James.”.

Nel silenzio di quella stanza di hotel si sentivano solamente le loro voci, spezzate dal piacere.

I loro ansiti.

Le strinse i seni, glieli palpò.

Quei seni tra i quali amava poggiare il suo capo, come fa un bambino con la propria madre.

E lei, vedendolo chiudere gli occhi, gli accarezzava i capelli con dolcezza, cullandolo nelle braccia di Morfeo con la sua voce, così melodica come quella di un usignolo.

I suoi movimenti si fecero ancora più veloci.

Strinse la morsa delle sue gambe alla vita, conficcandogli le unghie nelle spalle.

Degli urletti. Di piacere.

Inclinò la testa all’indietro, così che lui potesse morderle la gola. Ancora una volta.

Ora che poteva.

Ancora una volta soltanto.

Fece scivolare una sua mano sul busto di lei, continuando a darle piacere con i suoi movimenti, sempre più passionali e bramanti di averla una volta ancora.

Quando il suo ritmo divenne più veloce di quanto lei potesse aspettarsi, i loro respiri divennero sempre più affannati, e tra i gemiti si chiamavano.

Arrivarono al piacere insieme.

Urlarono ciò che in quel momento stavano provando uno per mano dell’altra.

Due urli in quella silenziosa notte.

Nascose il viso nell’incavo del collo di lei, mentre il suo respiro era accelerato, come il battito del suo cuore.

Gli accarezzò i capelli, mentre cercava fiato dopo aver gridato al mondo quanto quell’uomo poteva amarla, come nessuno aveva mai fatto prima.

Deglutì a vuoto.

Socchiuse gli occhi lentamente.

Le baciò il punto dove le sue labbra erano poggiate, mentre con le mani le percorreva le cosce con dolcezza.

“E’ … l’ultima …”.

Una lacrima rigò il viso di Cher, che chiuse fortemente gli occhi, non riuscendo a pensare ad un giorno senza lui.

Le baciò la guancia dove quella lacrima, pesante come piombo, stava scivolando.

“Non pensarci piccola Cher … non roviniamo tutto. Voglio fare l’amore con te ancora e ancora, fino a quando le forze me lo concederanno. Voglio vivere questa notte fino in fondo. Fino in fondo, mio amore …”.

I suoi occhi, di ghiaccio, puntati su quelli di lei.

I suoi occhi sinceri, così come le sue parole.

Era vero.

L’aveva chiamata “mio amore” perché lo pensava.

Ma mai le aveva detto una cosa, una cosa che provava ormai da tempo per lei, e che doveva dirle prima che quella notte terminasse.

“James … facciamolo allora, ancora e ancora.”.

E lo fecero.

Per tutta la notte.

Fino a quando lui, esausto, non si coricò vicino a lei, con il fiato corto.

E lei, che cercava di recuperare il respiro, guardando il soffitto.

“Cher …”.

Un sussurro appena udibile richiamò l’attenzione di lei, che gli si fece vicina, e si strinse a lui.

Socchiuse gli occhi.

“Cosa?”.

Un filo di voce, detto nel suo petto.

La strinse tra le braccia.

Si morse un labbro, facendo diventare gli occhi due fessure minime.

“Io …”.

Non resistette al dolce richiamo di Morfeo, che lo trasportò in un sonno profondo.

Lei fece un debole sorriso, che però faceva trapelare la sua felicità, che in quel preciso istante stava provando sentendo il corpo di lui, caldo, attaccato al suo.

E cercando di interpretare quella frase interrotta di lui.

“Buone notte, mio unico e solo amore.”.

La voce piena di amarezza e tristezza.

Chiuse gli occhi.

Le lacrime, nel sonno, tornarono a rigarle le guance.

Le luci dei lampioni si spensero, facendo calare così la città nella più profonda oscurità.

 

Il sole scaldava il suo corpo.

Lentamente aprì le palpebre.

La vista offuscata non gli concedette di capire dove si trovasse.

Su strofinò gli occhi e un sbadiglio gli venne spontaneo fare.

Allungò una mano sul letto.

Niente.

Non c’era più.

Era andata via.

Era andata via e lui non le aveva detto neanche quello che pensava.

Non le aveva detto la cosa più importante che lei doveva sapere prima di quella mattina.

Doveva sapere che lui …

“Cher … io ti amo …”.

La disperazione in quel sottile filo di voce, che pronunciò, mettendosi seduto e stringendosi i capelli.

I denti digrignati.

I gomiti poggiati sulle ginocchia.

Il suo corpo mezzo coperto dalle lenzuola, bianche.

Le lacrime presero a solcargli il viso.

Quelle parole le aveva detto al vento.

Quelle parole che doveva dire ad unica e sola persona.

A lei.

A Cher.

Restò lì.

In quella scadente stanza di hotel.

La sera di quello stesso giorno partì per la guerra, dopo aver salutato freddamente la propria famiglia.

Nove mesi da allora Cher ebbe un bambino.

James Junior.

Si, era figlio di James.

James, che in quello stesso anno era morto sul campo, colpito da un cecchino nemico.

Al suo funerale, Cher ci andò, ebbe il coraggio di andarci.

Con, tra le braccia, il piccolo.

E quando James Jr., un giorno, mentre erano seduti, lui e Cher, su una panchina del parco vicino a casa loro, mentre guardava il sole splendente in cielo, le chiese: “Mamma … ma chi è mio papà?”, lei, prendendogli il viso tra le mani e guardandolo negli occhi, occhi come quelli del padre, con voce spezzata dal pianto, gli rispose:

“Tuo padre … è un eroe.”.

  
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