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Autore: DiDi_Sunshine    22/10/2011    0 recensioni
"Perchè mi sento così diversa?". È solo uno dei tanti interrogativi che si pone la piccol a Jade Watson, di solo dodici anni. Perchè lei si sente distante dai suoi coetanei, dal mondo che la circonda. Fino a quando non scoprirà una verità incredibile quanto improbabile che la coinvolgerà a tal punto da farle rischiare la vita...
Dal capitolo uno:
"-Ora capisco perchè l'hanno chiamata Jade- disse incantata. Victoria guardò la piccola e rimase stupita da quello che vide: la bambina si era svegliata, probabilmente per il rumore delle voci delle ragazze, e aveva due enormi occhi smeraldini, tanto simili al colore della pietra che portava il suo stesso nome. Jade osservava le due donne facendo guizzare lo sguardo da una all'altra."
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La bambina dagli occhi smeraldini

 

Per una qualsiasi cittadino londinese che si rispetti, quell'ondata improvvisa di gelo che si era abbattuta nel giro di poche ore sulla Gran Bretagna, non era niente di strano. Abituati come erano loro alle piogge incessanti e al freddo pungente ce n'erano pochi. Anche dopo una settimana di caldo asfissiante era più che normale che un temporale torrenziale si abbattesse sulla città.

Ma Ginevra McDole, non era una persona normale. Non era neanche londinese a dirla tutta. Al freddo c'era abituata sì, dopotutto veniva dalla Scozia e il clima non era poi tanto differente, ma se per gli abitanti di Londra quell'improvviso cambiamento di temperatura significava solo mettersi una felpa anziché un t-shirt, per lei voleva dire tutt'altra cosa.

Un brivido non solo legato al freddo la percorse per tutto il corpo. La guerra sarebbe iniziata da lì a poco e lei lo sapeva perfettamente. Istintivamente si passò una mano tra i capelli cortissimi scompigliandoseli un po'. Quel gesto le metteva una sorta di tranquillità interiore. Si alzò dal muretto sulla quale era seduta stiracchiandosi le gambe: era rimasta ferma per quasi due ore. La luna era ormai alta nel cielo e lei si trovava a Greenwich da quella mattina. Sperava di potersene andare la sera senza preoccupazioni, ma non era mai stata particolarmente fortunata e non vedeva il motivo per cui avrebbe dovuto cominciare ad esserlo quel giorno.

Ginevra si strinse nel suo cappotto. Non poteva andarsene, non dopo aver resistito per quasi ventiquattro ore. La ragazza alzò lo sguardo, incontrando il Tamigi. Si avvicinò alla sponda per osservarlo bene. Da piccola era stata particolarmente affascinata da quel fiume, ma quando l'aveva visto con i suoi occhi non aveva potuto far altro che sentirsi offesa di essere un'umana. Era talmente inquinato che la superficie non era trasparente, ma praticamente marrone. Ginevra sbuffò: l'uomo stava distruggendo tutto e lei non poteva far altro che guardare.

SI allontanò piano dalla sponda del fiume per tornare al muretto dalla quale si era alzata. Il suo orologio segnava quasi mezzanotte e la ragazza non poté fa altro che invidiare le persone che se ne stavano al caldo, nelle loro case.

Improvvisamente la sua attenzione fu catturata da qualcosa che per un comune umano sarebbe parsa impossibile. Il Tamigi, che fino a un momento prima aveva una superficie liscia, si increspò. Ginevra si avvicinò al fiume scrutandolo attentamente. Poi quando vide cosa stava uscendo dall'acqua si rilassò e si permise di sorridere.

Una persona che conosceva bene la stava lentamente raggiungendo. Portava un classico paio di jeans e una felpa azzurra, disegnato il simbolo della Casata dell'Acqua. Aveva i capelli sciolti che le ricadevano sulle spalle, ma gli occhi azzurrissimi erano segnati da profonde occhiaie. Nonostante però il viso che lasciava trapelare un'infinita stanchezza, rimaneva sempre bellissima.

-Victoria, finalmente!- disse Ginevra andando ad abbracciare la ragazza. -Ce ne hai messo di tempo è?- continuò sempre sorridendo.

Victoria, per tutta risposta, si limitò abbassare lo sguardo, segno che qualcosa di sicuro non andava bene. Ginevra iniziò a sudare freddo. Conosceva perfettamente il significato di quel gesto, ma avrebbe preferito non riceverne conferma.

Ginevra guardò le braccia della ragazza. Un fagottino minuscolo era stretto con forza tra esse. La bambina dormiva, era in salvo, ma quello poteva significare solo il peggio. Ginevra si limitò a toglierla dalle braccia della sua interlocutrice e, quando scoprì che era fredda come il ghiaccio, a coprirla.

-Non ho fatto in tempo-. Victoria parlò senza alzare il viso, le mani bianche strette in un pugno, la voce rotta e sommessa. -Quando sono arrivata, per lui era troppo tardi. Non riesco ancora a capire come sia riuscita a salvare lei. Ho ancora la sua risata malvagia in testa-.

-Non è colpa tua Victoria. Non potevi prevedere che avrebbe accattato così...- tentò di dire Ginevra mentre stringeva la bambina, per trasmetterle un po' di calore.

-NON È COLPA MIA? E DI CHI SAREBBE? IO LO SAPEVO CHE ERANO IN PERICOLO, MA NON HO FATTO NIENTE PER AIUTARLI!- scoppiò Victoria che urlò con quanto fiato aveva in corpo.

Ginevra guardò la ragazza fremere, ma non disse nulla. Sapeva perfettamente che bisognava lasciarla sfogare prima di poter ricominciare a parlare civilmente senza rischiare di essere infamati. Cominciò inconsapevolmente ad accarezzare la testa della bambina: aveva pochi capelli, ma sembrava fosse pelata da quanto biondi erano.

-Assomiglia tanto a suo padre- disse Ginevra mentre guardava con istinto materno la piccola che teneva tra le braccia. Aveva un visetto tondo e il naso un po' a patatina. Ginevra non poté non ridere al ricordo di Andrew Watson, il ragazzo diventato uomo con il quale aveva condiviso gran parte della sua adolescenza.

-Già- si limitò a rispondere Victoria che aveva spostato lo sguardo sulla bambina. -Sembra proprio che dalla mamma non abbia preso niente- aggiunse poco dopo.

-Magari ha ereditato il carattere- disse Ginevra mentre sghignazzava. Roxanne Watson era il tipo di donna forte e indipendente che ogni persona di sesso femminile vorrebbe essere. Ginevra ricordò le sue sfuriate contro i professori e le sue continue liti con gli studenti della scuola.

-Se non sbaglio, dovrebbe avere la stessa età di tuo figlio- rispose Victoria mentre rideva, evidentemente divertita dal ricordo di Roxanne.

-Sì, lei è di maggio, mio figlio di gennaio- puntualizzò Ginevra. Il suo volto si scurì improvvisamente. -Cosa faremo Victoria?-.

L'altra si limitò ad abbassare lo sguardo e a riflettere. Aveva preso in considerazione diverse opzioni, una meno sicura dell'altra.

-Non lo so. Non può vivere nel nostro mondo adesso come adesso. La cercherebbero tutti: sai perfettamente che la vogliono morta- disse Victoria senza alzare gli occhi dal pavimento. Era a conoscenza del fatto che Ginevra avrebbe voluto crescere la bambina nell'ipotesi della morte del padre della piccola e che tenerla lontana da quello che era veramente non era contemplato tra le sue idee. -Ti ho fatto venire a Greenwich per un motivo preciso Ginevra. La lasceremo qui. Sai perfettamente che è l'unico posto in cui può essere al sicuro- terminò Victoria, con un tono che non ammetteva repliche.

-Già-. Fu tutto quello che Ginevra McDole riuscì a rispondere.

-Qua vicino abita una nostra vecchia conoscenza. È l'unica del nostro mondo con la quale non rischia di essere trovata- disse Victoria senza osare alzare lo sguardo. Aveva il timore di vedere Ginevra piangere.

-La signora Martin, giusto?- chiese quest'ultima, anche se sapeva perfettamente già al risposta.

-Sì, Ginevra. Sai chi è in realtà quella donna e sai anche che la può proteggere meglio di tutti noi messi insieme...-

Ma Ginevra McDole non la stava più ascoltando. Aveva lo sguardo punto sul volto della bambina, evidentemente rapita da qualcosa.

-Ora capisco perchè l'hanno chiamata Jade- disse incantata. Victoria guardò la piccola e rimase stupita da quello che vide: la bambina si era svegliata, probabilmente per il rumore delle voci delle ragazze, e aveva due enormi occhi smeraldini, tanto simili al colore della pietra che portava il suo stesso nome. Jade osservava le due donne facendo guizzare lo sguardo da una all'altra.

-È bellissima- si limitò a dire Victoria.

Ginevra riprese ad accarezzarle la testa e a fissarla in modo terribilmente materno. La piccola prese con la mano il dito della ragazza, fece uno sbadiglio e poco dopo riprese sonno. Ginevra la guardò sorridendo.

-Andiamo Victoria, dobbiamo portarla nella sua nuova casa- disse Ginevra, girandosi in direzione della dimora della signora Martin.

Victoria sogghignò. -Sai Ginevra, penso di avere capito il motivo per cui da quando abbiamo compiuto quattordici anni, hai voluto tenere i capelli così corti. Non ne potevi più di essere paragonata a me, vero?- disse sorridendo. -Non so come puoi essere così tranquilla: non hai fatto una replica, anche se Jade è la figlia del tuo migliore amico. Io probabilmente avrei dato di matto come mio solito. Ora scusami, ma non posso venire dalla signora Martin, lascio a te il compito di raccontarle tutto. Io sono richiesta per decidere la prossima mossa. Ci vediamo domani, sorellina- concluse Victoria scompigliando i capelli alla ragazza.

Poi fece un sorriso, si voltò e tornò nel Tamigi. Dopo qualche secondo, Victoria McDole sparì nell'acqua del fiume, lasciando Ginevra alle prese con un ingrato compito.

   
 
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