Risveglio.

Sbattono lente le palpebre, nella confusione dell'incoscienza.
Lo sguardo si focalizza, frammentato, nella fuga di pochi attimi, accompagnato dai primi fiochi barlumi della coscienza.
Ma la consapevolezza si è già guadagnata, prepotente, uno spazio nella mia mente. La percorre devastante, nello stesso modo in cui un'onda, durante una burrasca, travolge cio' che incontra nel suo cammino. Ed è solo allora, solo in quell'attimo, che sono in grado di accorgermene.
E' mattina.

Una mano invisibile si torce,ubbidendo a un tacito richiamo. Compare dal nulla, e istantaneamente afferra il mio stomaco che ora giace intrappolato in una morsa agonizzante.
Un'altro giorno.
Un'altro maledetto giorno!

Con la mano scosto lembi di terra bagnati del pianto del mattino, unitesi alle mie vesti sacerdotali durante la veglia notturna.
Mi dovrei alzare, ma non ne ho l'intenzione.
Rimango immobile, mentre assaporo i pochi istanti di tepore prodotti dal contatto tra il mio corpo tombale e il terreno spruzzato dal sole. E' questo l'unico momento di calore che posso percepire nello stato sospeso della mia esistenza.
Il mio corpo è così simile all'elemento su cui ancora rimango adagiata, che mi sembra di fondermi in un tutt'uno con lui. La terra generatrice di vita, dalla quale sono rinata sotto forma non mortale, però, a differenza di me, riesce ancora a riscaldarsi sotto i tiepidi raggi dell'astro da poco sorto, che risplende nel cielo.

Mi dovrei rallegrare per aver avuto questa concessione. La possibilità di aprire lo sguardo su un nuovo giorno di vita, ma non riesco a esserne felice.
Eppure la maggior parte degli esseri viventi non chiede altro che vivere ancora.
Ma io non sono tra loro. Non più.
Memorie passate di antichi risvegli, di brevi attimi si affacciano nella mia mente e il mio nuovo corpo insensibile viene scosso da un brivido.
Quel poco calore che a malapena percepivo e' scomparso, al suo posto il freddo. E poi, inevitabilmente, il nulla.

Neppure il ghiaccio, per quanto glaciale e insensibile, mi si può addicere. Non posso essere paragonata a ciò in cui muta la neve con il gelo, perchè lui, prima o poi, si scioglie. Dentro di me, invece, ormai, l'inverno è perenne.

Mi piacerebbe affogare di nuovo in quel sentimento così spossante, stretta tra le sue braccia. Ma il vento caldo della primavera non è più in grado di scalfire la mia pelle marmorea.
Mi piacerebbe entrare in contatto con gli esseri umani di questo mondo. Ma non sono piu' in grado di farlo.

Sono sola.

"Isn't anyone tryin to find me? (Non c'e' nessuno che provi a trovarmi?)
Won't someone please take me home" (Non verra' nessuno a portarmi a casa?)

Sono sola.

"No one likes to be alone" (A nessuno piace stare solo)

Perche' dovrei alzarmi?
Per "vivere" un'altro giorno con la stessa insopportabile indifferenza?
Per sperare di trovare quel qualcuno che, solo, può rendere la mia prigionia senza uscita più dolce?
La speranza l'ho persa da tempo. La mia anima ormai vaga solitaria per le strade della rassegnazione.
L'ho capito, l'ho capito: devo smetterla di illudermi.
Ma e' difficile..maledettamente difficile!

Mi alzo.
Indosso la mia solita maschera austera e impassibile. Nel frattempo, la sensazione di pesantezza allo stomaco non accenna a scomparire.
Mi alzo.
Nonostante tutto ancora lo faccio. Mi viene automatico ormai.